Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/03/2021 Qui - Dopo un primo film che dettava le coordinate del genere (ispirarsi a una lettera che rappresentasse l'iniziale del titolo), il ritorno dei terroristi dell'alfabeto, nuovamente intenzionati a declinare la morte e la sofferenza in meno di cinque minuti (26 nuovi registi all'opera, pochi quelli conosciuti, almeno da me, dal grande pubblico non saprei, molti i nomi nuovi, addirittura c'è un episodio diretto da un regista nigeriano, Lancelot Oduwa Imasuen, di cui segmento tuttavia, L is for Legacy, nella schiera dei due peggiori insieme a G is for Grandad di Jim Hosking). Ebbene, missione compiuta anche questa volta, anzi, rispetto al primo, mediamente i cortometraggi sono più interessanti e meno banali (va bene che non c'è la vetta assoluta che faccia ombra agli altri episodi, ma gli eccessi gratuiti sono molti di meno e più di un lavoro è di buonissima qualità). Se devo infatti scegliere fra la prima antologia e questa, propendo per questa seconda, generalmente più omogenea e di qualità complessiva leggermente superiore. Con diversi dosaggi ma l'ironia nera è una costante per tutti gli episodi o quasi, a volte con risultati persino sorprendenti o fulminanti. Difatti tra i migliori eccone alcuni, E is for Equilibrium di Alejandro Brugués e O is for Ochlocracy di Hajime Ohata, e poi da segnalare (ironia nera o no) ci sono I is for Invincible di Erik Matti, K is for Knell di Kristina Buožyte e Bruno Samper, S is for Split di Juan Martinez Moreno e V is for Vacation di Jerome Sable. Sempre tra i migliori, ma di registi noti, non deludono affatto, anzi, C is for Capital Punishment di Julian Gilbey (regista di A Lonely Place to Die), N is for Nexus di Larry Fessenden (regista ed attore, l'ultimo in questa veste I morti non muoiono), T is for Torture Porn di Jen e Sylvia Soska (American Mary) e X is for Xylophone di Alexandre Bustillo e Julien Maury (registi di Leatherface), delude invece Vincenzo Natali (si ricordi di Cube - Il cubo) con U is for Utopia. Per il resto, discretamente riusciti B is for Badger di Julian Barratt e Y is for Youth di Soichi Umezawa, solo sufficientemente riusciti A is for Amateur di E. L. Katz, F is for Falling di Aharon Keshales e Navot Papushado, H is for Head Games di Bill Plympton, M is for Masticate di Robert Boocheck e Q is for Questionnaire di Rodney Ascher, poco riusciti invece J is for Jesus di Dennison Ramalho e R is for Roulette di Marvin Kren. All'appello ne mancano quattro, decisamente diversi dagli altri, infatti ci sono due episodi che omaggiano qualcosa, il primo, P is for P-P-P-P SCARY! di Todd Rohal, le gag anni '30, purtroppo irritante, non male invece il secondo, W is for Wish di Steven Kostanski, che omaggia le linee di pupazzi della Mattel. E infine ci sono due episodi decisamente malati (più di alcuni altri), ma se non del tutto riuscito è D is for Deloused di Robert Morgan, lo è (seppur in parte) Z is for Zygote di Chris Nash, assurda fiaba moderna con finale efficace. In tal senso, la cosa più bella di The ABCs of Death 2 è il ritmo e la capacità di raccontare tante storie con semplicità e quasi sempre con efficacia. Anche in questo caso tuttavia complicato è dare un voto generale ai ben 26 episodi, ma a parte la bella sigla accompagnata da primi piani sulle pagine di un libro contenente una lezione e il livello di base leggermente più alto rispetto al precedente, è comunque un pochino migliore, per il fatto che a questo secondo giro non ci sono (troppi) corti inutili e che complessivamente ogni palato può essere soddisfatto. Voto: 6+
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