Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/03/2021 Qui - A pochi anni di distanza dal non certo memorabile La ragazza nella nebbia, Donato Carrisi ci riprova, ma il risultato è ancor più sconfortante della sua opera prima: la trama, solo in apparenza complicata, è alquanto esile, il ritmo è da subito soporifero e la tensione, che dovrebbe essere essenziale in un thriller, latita totalmente, trascinandosi stancamente per le due ore abbondanti (ed estenuanti) della durata. Lo scrittore, regista e sceneggiatore ha ambizioni alte, poiché si passa con grande disinvoltura dalla letteratura (con "Alice nel paese delle meraviglie") alla mitologia (il labirinto e il minotauro) per giungere al cinema, da cui egli attinge a piene mani con citazioni risibili da "Inland Empire", frullato con "Donnie Darko", con il ripresentarsi più volte di un sedicente coniglio, e si presume l'inarrivabile "Il silenzio degli innocenti", ma il tutto provoca una sensazione di pretenziosità e vacuità sconsolanti (manco il piccolo colpo di scena finale risolleva le sorti di questo film). All'esito infelice de L'uomo del labirinto contribuisce un Toni Servillo ancora una volta manierato, mentre se c'è qualcosa da salvare va ricercato nella prova quantomeno misurata di Dustin Hoffman come co-protagonista, nonostante il ruolo sia anch'esso al limite del ridicolo e, ad un occhio avvezzo al genere, subito comprensibile dove va a parare il suo personaggio. Un passo indietro per il regista insomma, che pur mostrando discrete capacità dietro la macchina da presa, mostra ancora limiti nel tradurre la sua stessa opera in qualcosa che sia equilibrato sia nella narrazione che dal punto di vista visivo. E non è un limite da poco, considerando che la materia in questione sono i suoi stessi romanzi. Voto: 4,5
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