Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/03/2021 Qui - Di tutte le dittature sorte in Sudamerica quella Uruguagia è tra le meno note ma non per questo la meno dispotica (stupisce il quasi disinteresse delle altre nazioni nei confronti di una repressione tanto cruenta). Il film di Álvaro Brechner analizza dodici anni di vita, anzi di non vita di tre Tupamaros catturati e segregati nelle fatiscenti prigioni del regime, tra torture e indicibili sofferenze. La quasi assenza di dialoghi costringe il regista a usare espedienti visivi per accentuare il senso dell'orrore: i primi piani dei tre sventurati per esempio, ma anche l'esasperazione di dettagli come il cunicolo angusto o l'altezza della cella, quasi a voler fare entrare anche lo spettatore. L'unica consolazione che il film ci propone è che dalle peggiori avversità possono risorgere i soggetti migliori. La parabola di Pepe Mujica, come Nelson Mandela, sta lì a rappresentarlo. Un film (basato sul libro Memorie dal calabozo. 13 anni sottoterra) schietto e intenso (momenti di grande impatto emotivo che culminano in un finale liberatorio), grazie anche al valido apporto dei tre protagonisti, tra cui spicca per notorietà Antonio de la Torre, coadiuvato dai validi Alfonso Tort e da Chino Darin (figlio di Ricardo). Una pellicola che ha il merito di aprire la mente e di raccontarci o ricordarci l'ennesima vergogna perpetrata da un regime assolutista degenerato, perverso, assassino delle più legittime individualità personali. Una pellicola solo un po' eccessivamente sbilanciata nella sua esageratamente lunga parte conclusiva, ma meritevole di attenzione e nota. Voto: 6,5
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