venerdì 12 aprile 2019

Il Clan (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/12/2017 Qui - Vincitore per la regia del Leone d'Argento al festival del Cinema di Venezia del 2015, e vincitore del Premio Goya 2016 come miglior film straniero in lingua spagnolaIl Clan (El Clan), film argentino del 2015 scritto e diretto da Pablo Trapero, racconta la storia, apparentemente incredibile ma ahimè drammaticamente vera, della famiglia argentina Puccio, che all'inizio degli anni '80, e precisamente tra il 1982 ed il 1985, organizzava (sotto la protezione del regime) e perpetuava rapimenti e, dopo avere incassato il riscatto dai familiari dell'esponente rapito, lo uccideva a sangue freddo. Saranno poche infatti le vittime a salvarsi da un capo-clan luciferino e dai suoi fedeli parenti, fino a che non torna la democrazia e qualcosa necessariamente cambia. Davvero un grande film, che riflette su responsabilità individuale, etica di gruppo e, in maniera indiretta, memoria collettiva è questo qui. Il film difatti è molto ben diretto dal giovane regista argentino, con uno stile rigoroso, lucido e freddo, riflettendo adeguatamente le azioni e soprattutto il carattere e la personalità del carismatico capo famiglia, il quale costituiva la "mente" principale di tutti i misfatti in cui egli riusciva anche a coinvolgere, chi più chi meno riluttante, tutti i parenti. Giacché il regista, descrivendo appunto come anni di militanza al servizio della dittatura abbiano trasformato l'assuefazione al binomio violenza/impunità in assenza di rimorso e in indifferenza, l'orrore in ordinarietà, riesce bene a rappresentare (senza indulgenze e dove ad emergere è la storia di un paese in cui nessuno è veramente innocente) un'epoca cupissima. Un'epoca e un'opera questa, che ha comunque una sua innegabile originalità, in cui la violenza è però necessaria e funzionale al racconto.
Racconto che ha il merito di descrivere i meccanismi, che trasformarono l'inferno all'interno del Clan Puccio, in modo incredibilmente "normale". Ma il film non si limita alla documentazione di una pagina di storia criminale o a proporre la versione autoctona di un genere hollywoodiano, quanto mette in scena appunto una famiglia allucinante in cui si passa da momenti intrisi di normale quotidianità alla realizzazione di crimini a sangue freddo. E in cui un padre (uno straordinario Guillermo Francella) "compra" la collaborazione di un figlio con soldi e privilegi, mentre il giovane si dibatte nei suoi dilemmi con un candore fin troppo ingenuo (mentre dimostra molto più coraggio il fratello più giovane). Anche se sarà l'uscita di scena clamorosa e quasi beffarda (e sconvolgente) di Alex la vendetta contro un padre violento e scaltro. Ma non tanto da non comprendere che una stagione è finita anche per lui, e che presto o tardi anche i protettori più potenti ti possono abbandonare. Assai apprezzabile della pellicola è anche l'atmosfera con cui viene raffigurata l'Argentina degli anni '80, sia dal punto di vista della situazione politica e sociale attraverso filmati di repertorio che dal punto di vista strettamente della ricostruzione ambientale e dei costumi nonché della musica del tempo. Insomma, un quadro ben riflettente l'epoca e la crisi di un paese in aggiunta alla mente malata e perversa di alcuni suoi esponenti. Anche se proprio per questo, che il film, comunque non adeguatamente sviluppato, con troppa carne al fuoco forse e dove alcuni aspetti vengono tralasciati, è più interessante che bello, con uno stile pesantemente televisivo che fortunatamente sa riscattarsi solo verso l'epilogo finale. Giacché nonostante le potenzialità dello script davvero enormi, la famiglia Puccio è descritta forse troppo come una blanda telenovela qualsiasi, anche se resta tuttavia la mastodontica prestazione del protagonista (il viscido e glaciale) padre-padrone. La sua è infatti una prova attoriale di prim'ordine (consegnandoci in tal senso uno scomodo personaggio, difficilmente dimenticabile), che riscatta sia qualche falla emotiva della sceneggiatura, sia appunto le caratterizzazioni (didascaliche e televisive) degli altri personaggi. Il film però, molto ben montato, e nonostante qualche salto logico, qualche passaggio a vuoto e una colonna sonora (comunque alquanto discutibile) è importante e da non perdere. Voto: 7-