Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/12/2017 Qui - Questo è un film che ti spiazza completamente, soprattutto se quando lo guardi non conosci assolutamente niente di esso. La sorpresa sarà immensa. Non tanto con riferimento alla bellezza del film, ma al suo contenuto. Perché The Sacrament, thriller drammatico del 2013, diretto da Ti West e prodotto da Eli Roth (The Green Inferno), racconta un'agghiacciante ed assurda storia vera, di certi tragici eventi (di cui sarebbe illogico riferire qui, pena la rivelazione degli sviluppi della storia) accaduti moltissimi anni fa, che sconvolsero il mondo. Ed proprio grazie a ciò che il film riesce a coinvolgere e intrattenere egregiamente, senza annoiare e cercando, riuscendoci abbastanza bene, di mantenere per tutta la sua durata un certo realismo sia nello sviluppo dei fatti narrati che nell'uso perenne della telecamere. Giacché nel film, una sorta di ibrido che fonde insieme il cinema "classico" con le tecniche del Mockumentary, vediamo immagini realistiche e dialoghi molto asciutti che si susseguono con un ritmo incalzante, trascinando lo spettatore fino in fondo nella vicenda da incubo. Il risultato non può che essere quindi discreto, anche perché Ti West, promettente regista dalla formazione di matrice marcatamente horror (e qui di sfumature horror c'è ne sono abbastanza), tramite l'escamotage del servizio giornalistico, quello di un cameraman e un giornalista che accompagnano un amico alla ricerca della sorella, ex tossica e ora affiliata al gruppo controllato dal personaggio conosciuto con l'eloquente soprannome di "Padre", tra l'altro ottimamente interpretato da Gene Jones, sforna un prodotto decisamente accattivante. D'altronde egli riesce a dare alla sua opera un perenne alone di credibilità, non scadendo altresì mai nelle forzature, se non leggermente sul finale.
In più egli si fa notare per uno stile di regia intelligente (come intelligente è l'inevitabile provocazione su vari temi, la manipolazione delle masse, la situazione sociale, ma anche assistenziale, i sentimenti religioso-esistenziali), mai banale, pur restando fedele ai dettami del falso documentario. Purtroppo non riesce a dare consistenza ai personaggi, semplici figure disorientate in balia degli eventi. La forza del Padre però è indiscutibile, capace di lasciare traccia indelebile nella memoria dello spettatore, un manipolatore nato il cui carisma viene a galla nell'ottima scena dell'intervista. La storia inoltre, come detto, prende abbastanza e malgrado sia prevedibile il regista riesce a costruire per bene un discreto climax che fra tensione e dubbi si concluderà nell'assurdo finale, il finale di una storia che mostra l'estremo esito folle a cui può giungere il fanatismo religioso, un fanatismo che riguarda una storia del passato, ma che ci parla anche del nostro presente. Dopotutto il regista, riuscendo ad unire le due concezioni di cinema (cinema classico e mockumentary) con meticolosità ed attenzione, dato che la tecnica è ben applicata (le riprese in soggettiva infatti sono efficaci pur senza lasciare il mal di mare) ottiene un risultato impressionante capace di coinvolgere davvero tanto. Dato che questo film atipico, che è riuscito a regalarmi qualcosa di nuovo ed interessante, forse un po' ingenuo per alcune cose affrontate con troppa superficialità a beneficio del ritmo e degli eventi principali, ma comunque notevole per tanti fattori, e dove la prova del cast di contorno (l'unica che ho riconosciuta è Kate Lyn Sheil di Outcast) è decisamente buona, e dove la gestione degli sviluppi e della componente thriller è ottima, merita una visione. Anche perché questo titolo, comunque non terrificante o innovativo ma piacevole e avvincente, si lascia vedere con gusto (e sdegno allo stesso tempo). Voto: 7