Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/12/2017 Qui - Nato come strumento per il sociale, per sensibilizzare l'opinione pubblica contro lo sfruttamento e il lavoro minorile, Iqbal: Bambini senza paura, pellicola d'animazione del 2015 diretta da Michel Fuzellier e Babak Payami, liberamente ispirata al romanzo Storia di Iqbal di Francesco d'Adamo e dedicata alla vita di Iqbal Masih, è una bellissima favola, con lieto fine d'obbligo (anche se nella realtà non è stato purtroppo così), la cui confezione semplificata punta solo a far emergere, ben scandito dalle parole del protagonista, il messaggio contro lo sfruttamento minorile e per il diritto dei bambini allo studio e al gioco. E ci riesce, anche perché l'intenzione dei registi era farne una storia senza confini e di respiro universale, che parli ai bambini di tutto il mondo per sensibilizzarli verso un tema importante e delicato come lo sfruttamento del lavoro minorile, a tale scopo, evitano di dare all'azione una localizzazione certa, ambientandola simbolicamente in città dai nomi fittizi e senza riferimenti diretti a nazione alcuna, e preferiscono edulcorare alcuni passaggi che potrebbero urtare la sensibilità dei bambini cui il film è diretto. La storia infatti, graficamente e concettualmente semplice con il grande pregio di affrontare con slancio creativo argomenti complessi, controversi e sempre assai difficili da raccontare, ci parla di un ragazzo intelligente e generoso che, dotato di un particolare talento nella tessitura, un giorno viene rapito e, con l'inganno (l'offerta di soldi per curare il fratello malato), venduto a un mercante di tappeti che lo tiene prigioniero insieme ad altri bambini in una casa-prigione per costringerlo a lavorare all'infinito, dietro l'illusione di liberarlo quando il suo "debito" sarà ripagato.
Ma scoperto l'inganno e grazie all'aiuto di altri sei bambini segregati insieme a lui, non perderà la speranza e proverà a fuggire. Iqbal: bambini senza paura è un film che merita di essere visto, perché in questa fiaba colorata in cui gli elementi drammatici non prevalgono mai sulla dimensione fantastica e favolistica, che è anzi sapientemente potenziata dal ricorso, in diversi momenti, alla messa in scena dei sogni di Iqbal e di bellissime (e suggestive) sequenze oniriche (come quella in cui i fili della trama del tessuto si trasfigurano grazie alla libera immaginazione del piccolo protagonista), caratterizzate altresì da disegni dall'estrema semplicità grafica e cromatica (dallo stile diverso da quello del resto del film), tutti gli elementi sono capaci di far riflettere con una certa naturalezza e genuinità. D'altronde il film, terminato dopo una lavorazione durata oltre cinque anni, ha dalla sua una sceneggiatura semplice, lineare e godibile, che comunque dà il meglio di sé nel comparto visivo, dove come detto, efficace (ma non eccezionale, seppur è un dettaglio decisamente secondario e non inficiante) è l'animazione 3D intervallata da intermezzi in 2D, e nel sonoro, con discrete musiche ricche, anche se fin troppo presenti. Insomma un film culturalmente interessante e bello ma non straordinario, che però grazie alla storia, abbastanza ritmata, altresì drammatica per le tematiche affrontate ma trattata con un certo garbo, è capace di coinvolgere quanto basta e assicurare una visione lineare. Voto: 6,5