Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/12/2017 Qui - La Heineken è un marchio consolidato, in molti abbiamo bevuto, almeno una volta, una birra prodotta dall'azienda olandese. Quel che non tutti sanno, è che il fondatore della casa, Freddy Heineken, nel 1983, venne sequestrato per chiedere un ingente riscatto, e che riscatto, è tutt'oggi la più alta mai versata per una persona di pubblico interesse, 50 mln di dollari (circa 35 mln di corone danesi). Il film Il caso Freddy Heineken (Kidnapping Mr. Heineken) infatti, film del 2015 diretto da Daniel Alfredson (regista scandinavo, che abbiamo conosciuto grazie ai due ultimi capitoli della trilogia Millenium da lui firmati) ci informa di questa incredibile vicenda (di cui è stato scritto un libro e ne è stato tratto questo lungometraggio), un fatto di cronaca molto conosciuto, in cui un gruppo di insospettabili ragazzi precari di Amsterdam (con a capo Jim Sturgess), decidono di mettere a segno (giacché il loro obbiettivo, interpretato da Anthony Hopkins, è uno degli uomini più ricchi al mondo) quello che in seguito sarebbe stato definito il crimine del secolo. Peccato che come spesso capita, anche se il finale apre a scenari diversi, così da distinguersi da molti altri (e far sì che sia più originale, perché è successo davvero), non tutto andrà come previsto. Anche perché narrativamente parlando, il film si perde a metà apparendo a tratti incerto e a tratti scialbo, non sapendo se voler seguire lo stile narrativo di un vero e proprio (thriller) poliziesco in perfetto stile anni '70-'80 o se osare di essere un action movie misto ad un docu-film che percorre fedelmente le tappe del rapimento e le relative conseguenze.
Tuttavia nonostante l'indecisione, che in parte penalizza la pellicola, giacché non riesce a contraddistinguersi o risultare mai veramente incisiva ed elevarsi a un piano superiore alla media, è comunque un film che funziona decentemente, in primis grazie alla location e l'atmosfera (accentuata da un buon uso della fotografia anni '80) che riesce ad evocare. Certo, non c'è un approfondimento culturale ed esistenziale del clima socio-politico, e nemmeno dei motivi che spingono questa banda di insospettabili ragazzi-qualunque (tra cui Sam Worthington, visto quest'anno in Everest) a mettere a punto un piano curato nei minimi particolari e volto a fargli ricchi in breve tempo (tanto che manca qualcosa in termini di emotività, spessore del profiling psicologico ed introspettivo), ma per il resto il film corre via fluido e senza particolari intoppi e con una sceneggiatura che non brilla di originalità e pathos ma riesce comunque a galleggiare in modo più che dignitoso. Non solo grazie alla presenza dell'insuperabile Anthony Hopkins che nonostante il breve tempo di apparizione riesce giustamente ad imporsi e rubare la scena ai suoi giovani co-protagonisti, altresì bravi a reggere i propri ruoli (con un'interpretazione moderata ma convincente, senza eccessi), ma anche grazie alla sceneggiatura che offre comunque (nonostante non riesca a racchiudere all'interno momenti di vera tensione e suspense che possano restare impressi) un intrattenimento in chiave documentaristica di buon livello, senza troppi colpi di scena o inseguimenti eclatanti. Da notare che il film introduce anche momenti alquanto imbarazzanti o esilaranti, seppur il film non contenga affatto nulla di comico, ma anzi, una dose molto equilibrata di drammaticità (comunque ridotta all'osso). Si tratta perciò di una pellicola più che dignitosa (che può essere vista comodamente senza aspettarsi particolari scene memorabili o la visione di un film cult) che immancabilmente si appresta ai fan del mitico Hopkins i quali potranno gustare una performance piccola ma di certo discreta, e da chiunque abbia voglia di conoscere un fatto di cronaca vero. Voto: 6