Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2017 Qui - Come la protagonista anche io non sono indifferente al fascino del Giappone (e dell'estremo oriente in generale) ed anche se non ho quasi mai approfondito o assecondato il mio interesse, seppur ho visto tante pellicole, orientali più che giapponesi (animazione e wuxia), questo film del 2014 di Stefan Liberski ha avuto il merito di riaccendere questa passione dormiente, che ultimamente ha avuto altresì un picco per la visita, e quindi il racconto fotografico e non, di due blogger che ci sono state pochissimo tempo fa. Perché anche se Il fascino indiscreto dell'amore (Tokyo Fiancée), è una gradevole commedia romantica, forse adatta più ad un pubblico femminile, è comunque capace di accontentare tutti, mostrando sentimento e passionalità tali da rendere tutto molto scorrevole, coinvolgente e godibile. Denso di avvenimenti seppur al contempo un po' ridondante, questo è un film infatti ad ogni modo (e a suo modo) assai godibile, dato che si ride e ci si commuove in egual misura. Giacché il racconto, questo racconto (per niente stucchevole) tratto dal romanzo "Né di Eva, né di Adamo" di Amélie Nathomb, della singolare scoperta dell'amore da parte di una giovane donna belga in Giappone, tra le gioie e i dolori del toccante scontro culturale tra Oriente e Occidente, scivola via senza grossi problemi. Il film infatti, nell'ambito di una produzione Belgio, Francia, Canada, girato tutto in Giappone, che ha per protagonisti la giovane attrice belga Pauline Etienne, e dall'attore giapponese Taichi Inoue, è piacevole per la delicatezza con cui la storia sentimentale tra i due protagonisti viene raccontata e presentata, e pertanto essa risulta sicuramente piacevole.
Dopotutto per quanto non si addentri profondamente nell'anima del Giappone, il film (una commedia dal sapore agrodolce, molto simile al Il favoloso mondo di Amélie per frivolezza narrativa e leggerezza emotiva) riesce a comunicare perfettamente allo spettatore il concetto dell'impenetrabilità e della distanza che separa una persona occidentale da quella giapponese, descrivendo il paese ed i suoi abitanti in un modo quasi "macchiettistico" per ciò che concerne le loro usanze. Si intuisce benissimo che il Giappone è molto di più di quanto mostrato nel film, ma questo poco importa e la maniera, forse un poco superficiale con cui esso viene rappresentato, serve solo, appunto, a sottolineare la sua impossibilità a farsi conoscere. E pertanto Amélie (interpretata da una fascinosa Pauline Etienne, forse più concreta e meno sognatrice di quella interpretata da Audrey Tatou nel film di Jeunet, anche se entrambe hanno in comune non solo l'avvenenza ma anche il garbo e la ricerca dell'amore, con tutti i dubbi e gli imprevisti che comporta) ne uscirà delusa e sconfitta, sebbene arricchita (maggiore coscienza del suo ego e della sua cultura) e sempre in ammirazione. In quanto è pressoché impossibile immedesimarsi, imparare completamente e soprattutto capire a fondo l'anima delle "leggi" comportamentali in base alle quali il popolo giapponese regola e concepisce la propria esistenza. La sua invece subirà scosse improvvise da una lunga passeggiata in montagna, la catastrofe di Fukushima (ripresa dal vero nel 2011 dalla troupe di Liberski), oltre una improvvisa richiesta di matrimonio di Rinri (interpretato in modo convinto da Taichi Inoue, apparentemente romantico, ma inconsciamente misterioso e realisticamente responsabile) che cambierà il suo destino e la sua visione del mondo. Il fascino indiscreto dell'amore è quindi un opera ben condotta, con narrazione incalzante e ritmata dai pensieri figurati della protagonista, dove le musiche sostengono adeguatamente le sfumature emotive di quello che per la Amélie di Pauline Etienne (perfetta, determinata e compostamente euforica e simpatica all'inizio, poi spaesata e alla ricerca di ciò che non riesce a trovare) è una sorta di romanzo di formazione. Insomma un buon film, con splendidi paesaggi (che certamente piaceranno ai "nippofili"), bella fotografia e sceneggiatura comunque senza buchi, forse pecca un po' nel ritmo soprattutto nella seconda parte e forse ha delle situazioni un po' ambigue che vengono lasciate senza grande approfondimento, ma alla fine dei conti la storia (con un finale coerente e malinconico) si sviluppa bene e lascia soddisfatti senza bisogno di artifici vari. Voto: 6,5