Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2016 Qui - Non essere cattivo è un drammatico film del 2015 diretto da Claudio Caligari, al suo terzo e ultimo lungometraggio (deceduto poco dopo il termine delle riprese), trentadue anni dopo Amore tossico e diciassette dopo L'odore della notte, e prodotto dal suo amico Valerio Mastrandrea. Il film che pare essere una continuazione di Amore tossico (divenuto cult, ci sono anche molte similitudini), racconta una storia cruda con stile dissonante che unisce gusto del grottesco, lirismo poetico e realismo minuzioso, e mette in scena una storia di droga e di perduta giovinezza, in cui la necessità di maturare coincide con la necessità di sopravvivere in un microcosmo in cui il traffico di droga è la modalità più ovvia di lavorare e di mettere insieme un po' di soldi. In particolare, seguiamo le vicende di Vittorio e Cesare, amici da una vita e compagni di (dis)avventure tra traffici illeciti, cocaina e alcol, un modello topico di gioventù perduta. I due hanno infatti poco più di vent'anni, ma i due non sono solo amici da sempre ma sono "fratelli di vita". Fratelli e figli della borgata romana sottoproletaria con una vita di eccessi, si arrabattano per la sopravvivenza tra spaccio, furti e tentativi di riscatto sociale e umano. Vivono in simbiosi ma hanno anime diverse, entrambi alla ricerca di una loro affermazione, ma poiché sono ormai avvezzi agli sbalzi tra "il senza una lira" e parecchi soldi di equivoca provenienza che consente macchine potenti, locali notturni e droga, si azzuffano, si fanno di cocaina, eroina e altro, si ubriacano fino allo sballo, rischiando spesso la vita. Vittorio però dopo una crisi da overdose, in cui appare allucinato e vede un pullman con dei circensi in mezzo alla strada, che non c'è, con gli occhi sbarrati da rasentare il comico, decide fermamente di smettere e lavorare anche con scarso ma onesto guadagno. Incontra anche una donna Linda e per salvarsi prende le distanze da Cesare, che invece sprofonda inesorabilmente. Cesare infatti, il più impetuoso e sregolato, che vive con la madre e la nipotina affetta da Aids (trasmessogli dalla madre, ormai morta), alla morte di quest'ultima dà i numeri e mette a rischio quello che di buono era riuscito a creare anche grazie all'aiuto di Vittorio che ritrovato poco tempo dopo l'aveva aiutato coinvolgendolo nel lavoro. Cesare difatti finalmente intenzionato a cambiare vita, frequenta Viviana (una ex di Vittorio) e sogna di costruire una famiglia insieme a lei, ma il richiamo della strada avrà la meglio sui suoi propositi. Ma nonostante le continue cadute dell'amico (e anche a dispetto delle discussioni che deve affrontare con Linda su questo punto) Vittorio non abbandonerà mai veramente Cesare, in virtù del legame fortissimo che li unisce e nella speranza di poter guardare al futuro con occhi nuovi insieme, perché tragici imprevisti purtroppo accadono.
Partendo dal titolo si capiscono tante cose del regista, Non essere cattivo, una frase infantile, un monito, di quelli che si scandiscono ai ragazzini per farli rigare dritto, essere onesti, voltare le spalle al lato oscuro. Ma basterà? o le forze esterne avranno la meglio? Ecco nella sua apparente semplicità l'opera di Caligari narra la storia di un'amicizia nata e cresciuta nel posto sbagliato (Ostia) al momento sbagliato (1995). Quello di Cesare e Vittorio è un destino predestinato alla sconfitta, l'ambiente è ostile, le porte chiuse, i vicoli ciechi, il movimento immobile, il finale deve essere amaro. Il rapporto individuo-ambiente è senza dubbio uno dei temi cruciali della filmografia di Caligari, il contesto poi non è mai semplice sfondo. Il profilo sinistro dei paesaggi di Ostia si spartisce simmetricamente le inquadrature con i due meravigliosi antieroi. Vittime e carnefice. Qui non c'è posto né per l'affermazione né per l'accettazione del sé, qui c'è posto solo per l'odio, la rabbia, il terrore e la miseria, e la droga, intesa non come ricerca, non come cura, ma come fuga. Ma non c'è fuga dalla bocca di un vulcano, solo una discesa agli inferi. Così come non c'è cura per una bambina affetta da una malattia senza nome ma solo l'inesorabile, l'inesprimibile, nonostante tutti gli sforzi, gli sbattimenti, le buone intenzioni. Perché questo, a conti fatti, non è un paese per la speranza. La speranza è stata derubata, annientata, desertificata, da qualche osceno eco-mostro abusivo o da una squallida catapecchia di legno in cui si vanno a bucare i tossici. Non è un paese per la tenerezza, impalata senza pietà a una croce tra le tombe. E non è un paese neanche per l'amicizia, anche se è un'amicizia vera, genuina, morbosa, malata, "un'amicizia tossica", come quella di Cesare e Vittorio, di gran lunga la cosa più bella del film. Perché Vittorio fallisce, non redime l'amico, non lo salva, e il destino di Cesare si compie nell'unico degli esiti possibili: la tragedia. Ma non si tratta di un 'sacrificio', che porta a qualcosa di più alto, alla redenzione, al perdono, al riscatto, si tratta di una resa, perché nessuno può uscire vincitore dall'universo di Caligari. E se anche il figlioccio di Vittorio comprende, di fronte ai continui stenti economici, ai litigi, alle asprezze della vita, che l'unico modo per farsi strada è il codice della strada, allora come può il futuro colorarsi di una tinta che non sia del nero più doloroso e sinistro? Come può un paffuto bebè inatteso e imprevisto sperare (o farci sperare) in qualcosa di buono? Come può un singolo close-up sublimare una promessa di speranza e futuro quando ogni singolo fotogramma della storia appena raccontata viaggiava nella direzione opposta? E' un finale stridente, infelice (ma bello e in parte consolatorio), un pugno in faccia improvviso che non c'entra niente con tutto il resto, ma che non rovina un racconto amaro, crudo, dolente, vero e intenso, incredibilmente intenso.
Non essere cattivo è perciò un film semplice e vero (realistico e allo stesso tempo poetico), con una magnifica fotografia e un racconto che certamente non offre nulla di nuovo, comprese le dettagliate descrizioni di come si prepara la droga e come la si spaccia, che pone lo spettatore al centro dell'ambiente senza troppo malessere, con uno sguardo benevolo, anche se io odio tutto quello che riguarda la droga. La storia è quindi convenzionale, già vista molte volte, ma il modo in cui Caligari sa raccontarla, dirigendo al meglio i suoi attori, scegliendo con cura le inquadrature, riproducendo le atmosfere di un epoca, la rende convincente e appassionate. E anche per chi, come me, non ha mai amato il genere, "Non essere cattivo" è senza dubbio un signor film. Sin dalla partenza scoppiettante seguiamo con partecipazione e pathos le vicende tragiche e a volte comiche (molte risate in alcune scene) dei due protagonisti, il sorprendente e irriconoscibile Luca Marinelli e l'ottimo Alessandro Borghi. L'approccio del regista nella prima parte del lungometraggio è notevole, oltre ad azzardare una lunga serie di sequenze ammalianti in cui penetra nel mondo veloce e allucinato dei due protagonisti, azzarda anche una tenerezza sporadicamente pietosa nell'osservare i suoi giovani sbandati, tradotta in un'ironia pungente e talvolta grottesca. Non pago di raccontare una semplice storia, nella prima metà di Non essere cattivo, Caligari propone una presentazione dei personaggi mai scontata che passa attraverso le loro azioni e le loro serate allucinate, ma anche attraverso il contesto. I vari personaggi di contorno sono lo specchio di un mondo in cui la criminalità è inevitabile, e nel quale gli spiragli di innocenza sono perseguiti soltanto da coloro che maturano affetti. Sembra proprio che a far sopravvivere i due giovani sia il rapporto che li lega, e il comune interesse a fare della loro vita una totale nullafacenza. Quando Caligari inquadra i toni assurdi delle ubriacature, si lancia anche in sequenze deformanti, giocando con il ralenti e i dettagli, evitando saggiamente lo "sballo", tenendo a una discreta distanza dallo stile di vita rappresentato dai "tossici" e questo bisogna dargliene atto. Ma il dilemma sta proprio nel momento in cui cominciamo a parteggiare per i due protagonisti, ad immedesimarci con loro, e prima che Non essere cattivo diventi davvero un film "cattivo", ha inizio quella parabola discendente che è la seconda metà del film. Il lungometraggio si snoda così nelle storie dei due personaggi, che vanno sempre allontanandosi per ovvie divergenze nelle rispettive scelte di vita. Soprattutto per Cesare che una tragedia familiare lo costringe a una gravissima ricaduta. Una tragedia cui si associa l'ammonimento del titolo, Non essere cattivo, che Cesare, nonostante cerchi di sistemarsi anch'egli con una donna, non riesce a rispettare. L'epilogo appare alla fine prevedibile, di ovvia costruzione narrativa, riconciliante rispetto all'allegra anarchia della prima metà di film, e addirittura lacrimevole. Non essere cattivo però è riuscito a metà, incapace di prendere una strada che si distacchi dall'ordinarietà, incapace di non usare un linguaggio cinematografico che pur con le medesime scelte narrative non ripercorresse canoni estetici banali e quasi anacronistici. Nonostante sia un film di sconcertante e rara sincerità. In conclusione un film (che non è un capolavoro) potente, crudo e da non perdere perché un motivo c'è se ha vinto tanti premi, nonostante una certa lentezza. Voto: 7,5
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