Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/04/2018 Qui - Poggia tutto (forse troppo) sull'intensa interpretazione di Penelope Cruz Ma Ma: Tutto andrà bene, film del 2015 di Julio Medem, regista di Lucía y el sexo. Il risultato finale di questo melodramma infatti, che in apparenza aveva tutte le carte in regola per convincere e per commuovere, lascia un po' a desiderare, sembra difatti di trovarsi di fronte a una di quelle operazioni costruite a tavolino che frenano il coinvolgimento dello spettatore. Non a caso il film, pur godendo di un buon cast e di accortezze registiche da occhio attento e raffinato (anche se solo in parte), rischia in più di un'occasione di afflosciarsi su un'eccessivamente lenta narrazione. Senza dimenticare che la trama, che racconta di una malata terminale che incontra un altro uomo a cui è capitato un grave lutto e insieme cercano di andare avanti, tra l'altro con una gravidanza inaspettata che ha il sapore di un riscatto di fronte alla morte incombente, non brilla per verosimiglianza, dato che allinea alcuni eventi tragici in modo troppo programmatico, ad esempio l'innamoramento di Arturo per Magda è un po' troppo repentino, soprattutto se si considera il doppio lutto di lui, poi anche i rapporti di Magda col ginecologo vanno un po' troppo oltre quello che ci si aspetterebbe nella realtà, e certe intuizioni come le visioni in cui appare la bambina russa Natascha si rivelano piuttosto inutili, finendo per appesantire un film che si appoggia soprattutto su un'intensa interpretazione di Penelope Cruz, qui anche produttrice, sicuramente degna di migliore causa, che tiene in piedi con il suo carisma un'opera altrimenti claudicante che punta troppo, troppo spesso alla lacrima dello spettatore senza essere poi in grado di far sfociare il tutto in un mélo di categoria. Anche il ricorrente espediente stilistico di alternare col montaggio due situazioni ben distinte, creando una serie di studiate corrispondenze, si rivela alla lunga piuttosto formalistico (non dimenticando una ridicola rappresentazione "calcistica").
Altresì anche la sceneggiatura, denota qualche limite nella descrizione dei personaggi, dato che molti aspetti non vengono approfonditi dignitosamente. Tuttavia grazie alla protagonista (e alla grande star spagnola), che letteralmente sacrifica non poco anima e corpo nell'affrontare la tematica della malattia incarnando una figura femminile che non crede in Dio e che vi sia una vita nell'aldilà, ma che crede nella vita e pensa che la cosa principale da fare sia cercare di essere il più felici possibili e incoraggiare chi le è vicino a fare lo stesso, il film respira nonostante tutto, un'aura, seppure ovviamente non allegra e spensierata, di serenità e positività che lo rendono (proprio per l'insegnamento più o meno diretto, ma molto evidente, che essa dà allo spettatore o, meglio, alle spettatrici, di non lasciarsi andare alla commiserazione eccessiva e cercare di lottare per affrontare al meglio il lungo e doloroso periodo della malattia) particolare ed affatto scontato. Così tanto che il film si fa tanto apprezzare, anche e non solo per la straordinaria performance della Cruz, ma per una fotografia abbacinante che aiuta non poco a creare quel tono da 'dramma felice' e lo stupendo accompagnamento musicale, soprattutto sul bel finale. Certo, i personaggi dei due uomini, pur importanti, non convincono, soprattutto il bravissimo Luis Tosar, qui quasi inespressivo, o comunque frenato, ed alcuni dettagli non risultano tanto efficaci (mi riferisco alle immagini dei battiti del cuore), ma pur scontando diversi difetti (tutti già evidenziati), quest'opera risulta riuscita, un'opera da vedere, a meno che non risulti per alcuni spettatori troppo pesante e difficile da guardare. Voto: 6,5
Altresì anche la sceneggiatura, denota qualche limite nella descrizione dei personaggi, dato che molti aspetti non vengono approfonditi dignitosamente. Tuttavia grazie alla protagonista (e alla grande star spagnola), che letteralmente sacrifica non poco anima e corpo nell'affrontare la tematica della malattia incarnando una figura femminile che non crede in Dio e che vi sia una vita nell'aldilà, ma che crede nella vita e pensa che la cosa principale da fare sia cercare di essere il più felici possibili e incoraggiare chi le è vicino a fare lo stesso, il film respira nonostante tutto, un'aura, seppure ovviamente non allegra e spensierata, di serenità e positività che lo rendono (proprio per l'insegnamento più o meno diretto, ma molto evidente, che essa dà allo spettatore o, meglio, alle spettatrici, di non lasciarsi andare alla commiserazione eccessiva e cercare di lottare per affrontare al meglio il lungo e doloroso periodo della malattia) particolare ed affatto scontato. Così tanto che il film si fa tanto apprezzare, anche e non solo per la straordinaria performance della Cruz, ma per una fotografia abbacinante che aiuta non poco a creare quel tono da 'dramma felice' e lo stupendo accompagnamento musicale, soprattutto sul bel finale. Certo, i personaggi dei due uomini, pur importanti, non convincono, soprattutto il bravissimo Luis Tosar, qui quasi inespressivo, o comunque frenato, ed alcuni dettagli non risultano tanto efficaci (mi riferisco alle immagini dei battiti del cuore), ma pur scontando diversi difetti (tutti già evidenziati), quest'opera risulta riuscita, un'opera da vedere, a meno che non risulti per alcuni spettatori troppo pesante e difficile da guardare. Voto: 6,5