lunedì 15 aprile 2019

Wilson (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/03/2018 Qui - Se date un'occhiata alla locandina, Woody Harrelson è "Wilson", ma il bravissimo attore americano, che qui è perfetto con le sue smorfie, le sue battute al vetriolo o gli atteggiamenti grotteschi vero marchio di fabbrica, non è solo Wilson, perché lui è il "film". Wilson infatti, film del 2017 diretto da Craig Johnson, senza di lui non sarebbe niente (non di certo una pellicola sufficientemente ironica, piacevole e vedibile). La pellicola difatti, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo grafico di Daniel Clowes, autore anche della sceneggiatura, che racconta di un solitario, misantropo e nevrotico uomo di mezz'età (che non ha filtri tra ciò che pensa e ciò che dice, una sfacciataggine che non è un toccasana nei rapporti sociali), che dopo aver scoperto di avere una figlia adolescente di cui non sapeva l'esistenza, che chiede aiuto all'ex moglie Pippi, per poterla incontrare per la prima volta, che a modo suo, scandaloso e anche un po' contorto (perché anche se in verità riesce facilmente a farsi voler bene, è una persona emotivamente disturbata), si ripropone di stabilire un legame con lei, sceglie l'attore perfetto. Dopotutto Woody Harrelson è nato per questi ruoli così ai limiti del grottesco e border line, e perciò la scelta di affidargli questo tipo di personaggio non fa una grinza. Tuttavia in questo film curioso, in qualche modo interessante, perché qui i cliché sono banditi, non tutto funziona a dovere.

Non solo il film è incompleto dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi, ma ci sono problemi nella struttura del film, causata dalla episodicità delle situazioni. Mancando questo ci si affida agli attori (non solo l'ottimo Harrelson, ma anche Laura Dern, che dimostra ancora una volta la sua abilità nel passare da un ruolo drammatico a uno più leggero, ed entrambi infondono qualità per raggiungere comunque un risultato sufficiente, ma non di più), i quali un apporto positivo lo forniscono, ma nulla possono quando i toni da commedia nera della prima parte si sciolgono nelle sfumature malinconiche della seconda, svilendo la parte più scorretta dell'operazione. In particolare la seconda parte si perde un po' proprio quando compare il personaggio della figlia (a mio avviso scritto in modo superficiale). Doveva insomma spingere di più sul pedale del "politically scorrect". Ma nonostante ciò miscela bene dramma e ironia senza trascendere da una parte o dall'altra, anche a fronte del personaggio principale sopra le righe in alcuni aspetti (giacché questo è un ritratto surreale, di uno spirito libero, ma inadeguato, di un personaggio grottesco, che è sempre fuori dalle righe, che non trova mai la sua dimensione, che viene maltrattato, insultato, picchiato, ma che continua a guardare verso il prossimo con ottimismo), che riesce comunque a essere interessante quanto basta per intrattenere degnamente e senza danni, anche se non viene spiegato chi Wilson è o cosa fa nella vita, dato che la pellicola è un semplice spaccato della sua vita nella ricerca della ex moglie e susseguenti vicissitudini, finirà perfino in carcere (da l'impressione insomma di essere capitato per caso nella "giostra" della vita, calato dall'alto senza che in lui ci sia consapevolezza del contesto in cui si trova). Per questo la pellicola è meritevole, anche grazie alla sua originalità, il ritmo e l'ambiguità, di essere vista, soprattutto ai fan del grande attore statunitense. Certo, il plot in verità è decisamente modesto ma alcune divertenti battute e, soprattutto appunto, un Woody Harrelson strepitoso, fanno di Wilson una discreta, spassosa e simpatica commedia agrodolce da non perdere. Voto: 6,5