mercoledì 17 aprile 2019

Zeta (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/04/2018 Qui - Questa è la storia di Alex in arte Zeta, giovane rapper che insieme ai suoi amici cerca di sfondare con la musica. Alex ci riesce ma il successo da alla testa e solo dopo alcuni imprevisti ed errori troverà la forza, nonostante le tante avversità, di capire sé stesso e ciò che vuole veramente. Con una costruzione lineare e schematica, che fa della divisione in tre atti una missione primaria, Zeta, film italiano del 2016 diretto da Cosimo Alemà, è facilmente collocabile nel filone del teen-movie musicale (d'ispirazione soprattutto anni '80) che così prepotentemente vuole omaggiare e rilanciare. Giacché l'idea alla base della pellicola, sicuramente radicata in un immaginario giovanile caratterizzato dalla ribellione adolescenziale, è la ricerca, smodata e forse superficiale, di un riscatto attraverso il canto e la musica, raccontata sì con molta semplicità e linearità, ma anche con una banalità e prevedibilità senza eguali. Il film di Alemà, infatti, segue una struttura ben riconoscibile che rispetta tutti i topoi del genere, e lo fa in maniera così certosina da risultare inevitabilmente telefonato e prevedibile per un pubblico minimamente alfabetizzato. Questo non è essenzialmente un male, visto che Zeta non ambisce a rivoluzionare nulla ma semplicemente a inserirsi onestamente in un percorso già avviato da altri, ma dà la sensazione di essere il classico prodotto fuori tempo massimo, arrivato senza un reale bisogno. Perché il film, vorrebbe ricordare Saranno famosi e Footlose, però vira spesso ne Il tempo delle mele sfociando così nel banale, ha comunque contenuti solidi e qualcosa di veramente importante da comunicare, ma con un coinvolgimento emotivo quasi a zero.

Forse, nelle intenzioni voleva essere un 8 Mile "all'italiana" o essere una versione più light di Straight Outta Compton (con l'unica differenza rappresentata dalla periferia di borgata romana molto meno glamour e patinata), ma purtroppo soffre di alcune pecche che inficiano parecchio il risultato di un film che di certo ha tra i pregi l'utilizzo della musica, perfettamente amalgamata alla storia e capace di cadenzare il ritmo degli eventi, un rigore tecnico apprezzabile e una riuscita generale formale (anche se non coincide sempre con una reale bontà di scrittura). La storia infatti seppur sufficientemente credibile non è sempre "fluida" (colpa di qualche ingenuità e qualche forzatura che sicuramente potevano essere evitate o meglio gestite) e retorici sono in verità i monologhi in voice-over del protagonista. Tuttavia qualcosa di buono c'è, certamente nell'insieme i protagonisti seppur dimostrano talvolta rigidità e inesperienza funzionano, senza decollare buona la prova di Diego Germini (passabile quella di Jaopo Olmo Antinori) e nonostante la candida ingenuità apprezzabile quella di Irene Vetere. Non eccezionali invece i cammei dal mondo del rap italiano, alcuni più incisivi (Clementino, Salmo, Fedez, Briga, Rocco Hunt etc.), altri più raffazzonati (J-Ax), mentre totalmente sprecato è Salvatore Esposito, assurdamente finto. In definitiva, l'ultimo lavoro di Cosimo Alemà è un'opera incompleta e allo stato primordiale che forse avrebbe avuto bisogno (con un approccio più dimesso e meno forzato) di un forte spessore e di maggior sostanza, anche se alla fine, se presa per quella che è, ovvero un'opera senza troppe pretese, la leggerezza e la godibilità c'è e si vede, seppur al massimo da vedersi alla tv. Voto: 6-