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giovedì 26 ottobre 2023

Outlaw King - Il re fuorilegge (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/10/2023 Qui - L'epopea di Robert Bruce nella lotta per la liberazione della Scozia dal dominio britannico. Un film diretto da David Mackenzie che dopo Hell or High Water ritrova l'attore Chris Pine, qui valido protagonista. Buon film/dramma storico ambientato tra gli splendidi scenari scozzesi, che si ricollega per la vicenda raccontata a Braveheart di Mel Gibson, pur non possedendone l'ampio respiro narrativo. Scene di battaglia ben realizzate ma anche un buon ritratto psicologico di un personaggio che credette fermamente all'indipendenza della sua terra. Anche se non si rivelerà qualcosa di indimenticabile (abbastanza classiche le dinamiche, alcuni riempitivi inutili) è comunque una visione interessante e scorrevole. Voto: 6+

venerdì 29 maggio 2020

Il ribelle - Starred Up (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/05/2020 Qui - Film carcerario dall'ambientazione accattivante e dalla discreta regia (David Mackenzie, quello dell'intenso Perfect Sense e del polveroso Hell or High Water, gira bene e ci sono anche inquadrature di buona fattura). Il giovane interpretato dal sempre più bravo Jack O'Connell non riesce a controllarsi e ha continui attacchi di violenza, fino a quando non inizia a partecipare alle sedute di un gruppo. Nel mentre deve vedersela con il padre, anch'egli in prigione. Inevitabile che il film ci racconti la "redenzione" del protagonista che però non è quella di chi affronta se stesso per auto-sconfiggere il proprio carattere, ma quella della riconciliazione con il padre (interpretato da Ben Mendelsohn), abbastanza telefonata. E nonostante un indugio fin troppo calcato sulla violenza, che a tratti la fa da padrone quando ci si poteva concentrare di più sulle dinamiche interpersonali, il film riesce comunque ad andare a segno, raccontando il microcosmo del carcere e della mente, ma senza riuscire ad andare veramente a fondo. Voto: 6

giovedì 3 ottobre 2019

Hell or High Water (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/10/2019 Qui
Tema e genere: Western moderno dai caratteri esistenzialisti firmato David Mackenzie.
Trama: Due fratelli, un ex detenuto e un padre divorziato, si confrontano con il rischio chiusura della fattoria di famiglia nel Texas e decidono di collaborare per mettere a segno una serie di rapine. Un uomo di legge, però, segue le loro tracce ed è determinato a fermarli.
Recensione: Finalmente completata la trilogia informale ideata da Taylor Sheridan che tratta della moderna frontiera americana. Infatti, dopo l'ottimo Sicario e il discreto I segreti di Wind River, ecco l'ultimo buon capitolo finale, anche se è questo in verità il secondo dei tre. Comunque dettagli a parte, con Hell or High Water, primo film prodotto da Netflix a ricevere una candidatura all'Oscar come miglior film, lo sceneggiatore statunitense coadiuvato dal regista britannico David Mackenzie (regista tra l'altro del bellissimo Perfect Sense con Eva Green) chiude il suo cerchio. Appunto con un western contemporaneo ad alto ritmo (che comunque si prende i suoi tempi nel far decollare la storia) e dai caratteri esistenzialisti (in questo è bravo il regista nel soffermarsi sui personaggi, e far capire il movente del crimine, di cui alla fine siamo un po' tutti colpevoli, perché egli non vuole giustificare i misfatti, ma farne comprendere l'origine, nella speranza che qualcosa possa cambiare). Hell or High Water (il cui titolo si riferisce ad un modo di dire: "come hell or high water", che significa "qualunque cosa accada", ma anche "ad ogni costo") è infatti un affascinante western postmoderno in cui al posto dei cavalli ci sono le auto e in cui è fortemente accentuata l'idea della fine di un'epoca (è il caso della scena della transumanza dei capi da bestiame da parte di cowboys che suonano quasi anacronistici), una tragica parabola sull'America, in cui a contare è solo il denaro, in tutte le sue declinazioni. Un film in cui si posa uno sguardo amaro su una società persa e sugli individui che la popolano, una società divisa, ferita, in cui la distinzione tra giustizia e vendetta sommaria è quanto mai labile (agli occhi di un europeo risulta sempre impressionate vedere il numero di persone armate e alcune di loro che, in una sequenza da vero western, si mettono ad inseguire i criminali per farsi, per l'appunto, giustizia da soli). Ma non vi è solo questo: il motore di tutto, com'è reso palese ed evidente, ciò che sta dietro ad ogni cosa è l'avidità delle banche, che, costringendo gli individui a scelte disperate, è all'origine dell'escalation di sangue e violenza del film. Ci sono poi riflessioni non banali circa le contraddizioni di una nazione fondata sul sangue (al pari di molte altre), spazzando via intere popolazioni e specie.

venerdì 31 maggio 2019

Perfect Sense (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2018 Qui - Non è certamente il film che ti aspetti, Perfect Sense, film del 2011 diretto da David Mackenzie. Perché di solito quando si pensa ad un film apocalittico, viene da pensare a tutt'altro, ma la pellicola (presentata in anteprima al Sundance Film Festival nel 2011), che è comunque un film apocalittico, fantascientifico, è però ben altro, molto di più. Si tratta infatti di una raffinatissima riflessione sull'amore e la condizione umana, fatta con un budget ridotto, regia minimalista, dialoghi essenziali, poche parole ma incisive. Difatti come in Melancholia di Lars Von Trier, l'elemento fantascientifico è soltanto un pretesto, sfruttato dal regista con uno scopo ben preciso: parlare di amore, in un modo (approccio) insolito (inusuale e spiazzante), mai tentato prima. Un'approccio molto minimalista che si differenzia da altre pellicole di genere e che in un certo senso gli dona una certa originalità. E' innanzitutto, infatti, un film romantico, ricco di intimismo, che si da l'obiettivo di scrutare l'animo umano, analizzarlo nelle sue più recondite particolarità, sezionarlo in modo quasi scientifico, metterne a luce le contraddizioni (ma anche le infinite possibilità di quella che è una macchina sensazionale, il nostro corpo, la nostra mente). Non a caso il film (semisconosciuto in Italia, dove non è nemmeno arrivato nelle sale, ed arrivato qui da noi solo 7 anni dopo grazie a Sky), è un inno alle cose essenziale della vita, in una nera metafora sul consumismo, i rapporti di coppia, la crisi economica e il materialismo dilagante nella società odierna. In tal senso non bisogna perciò cercare la razionalità della trama, assurda ed irrealistica, quella di un mondo invaso da una strana epidemia (priva di fondamenti scientifici), che non si riesce bene ad identificare, che fa perdere alle persone l'uso dei sensi, a partire dall'olfatto, ma vivere il film a mente libera come un esperienza sensoriale. Ben presto ci si rende conto che tutti i sensi, prima o poi se ne andranno. L'esito finale dell'epidemia appare ineluttabile, intuiamo la paura, riflettiamo su ciò che abbiamo e che diamo per scontato, ne avvertiamo la grandezza. Lo avvertono soprattutto i due protagonisti (mentre attorno a loro esplode la follia), interpretati da un bravissimo Ewan McGregor e da una straordinaria e sontuosa (di meno non si può dire perché è praticamente una Dea) Eva Green (con un feeling eccezionale tra i due), rispettivamente un affermato chef di Glasgow ed una epidemiologa che sta studiando la malattia, che s'incontrano, si compensano, si amano.