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martedì 28 febbraio 2023

Chaos Walking (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2023 Qui - Mah insomma, speravo in qualcosa di meglio anche se non mi è del tutto dispiaciuto. Da bocciare di sicuro le scene concitate in cui non si capisce quasi niente. Trama se non altro con un po' di originalità anche se non nello sviluppo in cui risulta tutto molto prevedibile sin dall'inizio e scontato per come si evolve compreso il finale. Una visione alquanto leggera e divertente a tratti, ma sempre con una sensazione di fondo che gli manchi qualcosa. Tecnicamente nella media, recitazione così così. Diciamo che non mi sorprende che il film sia passato un po' inosservato. Brutto no, insipido più che altro. Gradevole all'esterno ma con poca sostanza, ecco. Di sicuro nulla di imperdibile. Doug Liman stavolta, dopo buonissime prove, un po' delude. Voto: 5+

venerdì 30 settembre 2022

Uncharted (2022)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2022 Qui - Quando vengono annunciati film o serie tratti da videogiochi si ha sempre un po' paura, quasi mai infatti sono stati fatti lavori degni di nota (solo Arcane ultimamente ci è riuscito), spesso si è rovinato completamente il titolo che si aveva fra le mani. Non è questo il caso, anche se risulta troppo anonimo e scontato per convincere pienamente (si spera che il probabile sequel sia un po' più intraprendente), ma l'intrattenimento proprio non manca. Uncharted difatti, a cui tuttavia non ho mai giocato (solo ad alcuni simili), che è praticamente una specie di Tomb Raider (videoludico e cinematografico) maschile, è un onestissimo avventuroso che si fa forte di un ritmo scoppiettante, navi volanti, Antonio Banderas con tanto di accento spagnolo e cattivoni vari. Appare chiaro che il modello sia sempre il vecchio Indy, ma appare anche difficile riuscire a superare del tutto questa sindrome ormai quarantennale. Ruben Fleischer (quello di Zombieland 2) parte quindi da lì e riesce però ad appassionare con una storia risaputa ma ben svolta, con qualche interessante inghippo e un paio di svolte repentine e riuscite. Tom Holland e Mark Wahlberg si divertono e si vede. Spettacolari alcune scene, per arrivare ad un finale molto d'impatto che riesce a chiudere la storia e aprire nuovi ed interessanti scenari, un prequel abbastanza simpatico a vedersi. Non è il nuovo Indy ma diverte. Voto: 6

mercoledì 31 agosto 2022

Spider-Man: No Way Home (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2022 Qui - C'è voluto un cavallo di razza per risollevare la Marvel dopo gli ultimi un po' deludenti e/o non convincenti film, c'è voluto Spiderman, con questo godibile (decisamente più di Eternals) film, ventisettesimo dell'MCU. Con un film difficile da commentare, particolare, studiato apposta per emozionare. Un viaggio lungo 20 anni se si vuole e che verrà ricordato con l'hype più alto di sempre per un film su Spiderman. Se lo si vuole analizzare a livello narrativo non è questa gran trama (il precedente Spider-Man: Far From Home mi è piaciuto di più come scene d'azione e storia) e di sicuro ha i suoi difetti e diverse forzature di trama, ma è piuttosto un pretesto affinché succeda quello che alla fine aspettavano tutti e infilarci dentro quanto più possibile e in modo massiccio del fan service in modo da accontentare tutti, e ci riesce bene, tra l'altro sono riferimenti e trovate intelligenti e non buttate lì a caso. Una storia semplice ma condita del solito umorismo e soprattutto dall'effetto nostalgia nel rivedere i "vecchi" Peter Parker ancora in azione. Certamente è un film bulimico e qualche personaggio ne soffre immancabilmente, specie nei "cattivi" dove il rapporto è sproporzionato, però il film è divertente e tiratissimo fino alla fine. Piacevole tutto sommato e se ci sarà un nuovo capitolo sicuramente questo film offre le basi per un restyling completo ed offrire un personaggio molto più maturo. E' questo infatti un degno finale che chiude un ciclo e forse ne apre uno nuovo sull'amichevole Spiderman di quartiere. Voto: 7

mercoledì 13 ottobre 2021

Onward - Oltre la magia (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/10/2021 Qui - La ricerca del padre ha in questo riuscito (ma non eccezionale) lavoro della Pixar un significato metaforico, si tratta di un racconto di formazione i cui significati sono "stratificati" con simbologie diverse a seconda della fascia di età dello spettatore. Il versante puramente spettacolare è come sempre accade di alto livello, con una magnifica ricostruzione di una società alternativa (l'universo costruito è ricolmo di colori, scenografie suggestive e personaggi con un ricco background) che ha perso la magia a favore della tecnologia (una critica forse leggera nell'economia del film ma giusta). L'espediente è quello solito del viaggio on the road che porta anche alla conoscenza di se stessi, non mancano perciò svariati luoghi comuni sparsi a riempire i vagabondaggi di due fratelli e del loro padre, metà di qua e metà nell'aldilà. Un film che mostra il suo lato emotivo e più divertente nella seconda parte, in quello che è un susseguirsi di crescente azione. L'immaginario fantasy integrato con l'ambiente urbano è arricchito da un percorso rocambolesco che ricorda Indiana Jones, con trabocchetti e trappole. Un'avventura quindi classica, ma appagante, completa ed emozionante come da tradizione Disney. L'utilizzo della magia permette qua e là di sbizzarrirsi in trovate divertente e ben congegnate. E tuttavia, per quanto esso rimanga un buonissimo film (sicuramente meritevole di una candidatura all'Oscar), non ha la forza di imporsi. Qualche forzatura, qualche cliché ed a livello grafico non è un lavoro strepitoso questo (non come altri almeno), però sì, è godibile. Non rimarrà infatti nella storia, ma fa (ed abbastanza bene) il suo sporco lavoro di intrattenimento. A conti fatti, e nonostante tutto, il 22° lungometraggio d'animazione Pixar (il secondo diretto da Dan Scanlon dopo Monsters University del 2013) merita indubbiamente la visione. Voto: 6,5

mercoledì 31 marzo 2021

Edison - L'uomo che illuminò il mondo (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2021 Qui - Delude il film, verboso e didascalico, delude il regista, quello del bel Quel fantastico peggior anno della mia vita. Una regia impersonale per una pellicola che non si cementerà nella memoria, facendosi celermente dimenticare. Il film di Alfonso Gomez-Rejon più che focalizzarsi solo su Thomas Edison che inventò la lampadina elettrica, riguarda la lotta tra 2 personalità dell'epoca (George Westinghouse e Nikola Tesla). Più consono il titolo originale The Current War. La guerra dell'elettricità in forma di bignami con avvenimenti che si susseguono nel quadro di un conflitto che non risparmia colpi bassi, ma proprio per questa semplice successioni di avvenimenti, poco coinvolgente nei personaggi. Il film infatti, che esce nel 2019 per le vicende legate al suo produttore Harvey Weinstein, pur disponendo di ingenti mezzi e grandi attori, Benedict Cumberbatch, Tom Holland, Michael Shannon, Nicholas Hoult, purtroppo scivola via senza emozionare. Non so di chi sia la colpa, forse della sceneggiatura di Michael Mitnick. Il problema infatti di questa storia è che sin dall'inizio lo spettatore capisce che, per il bene di tutti, i tre geni dovrebbero collaborare tra di loro, senza arrivare a sputtanarsi a vicenda, perché l'unione fa la forza. In Prestige del 2006 Christopher Nolan mise in scena la lotta tra due illusionisti (un ruolo lo ebbe anche Tesla) e riuscì da par suo ad emozionarci. Qui lo stesso momento topico di Manhattan che prende luce scorre via come un documentario. Con un cast del genere si poteva e si doveva fare di più, così c'è solo la freddezza del racconto e l'impeccabilità di un'ottima ricostruzione scenografica. Un film elegante ma senza una vera e propria anima. Voto: 5+

martedì 30 giugno 2020

Spider-Man: Far From Home (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2020 Qui - A distanza di vari mesi dalla conclusione dell'ultimo (vittorioso) combattimento con gli Avengers, Peter Parker si appresta a viaggiare in direzione Europa con la sua classe. La prima tappa del viaggio di Peter è Venezia dove lo attende un mostro acquatico che viene distrutto da Quentin Beck, alias Mysterio, un nuovo possibile membro (a detta di Nick Fury) della squadra degli Avengers. Mentre Umberto Tozzi e Mina cantano sullo sfondo del volo che unisce la tratta New York-Venezia un adolescente è pronto a tornare alle prese con i classici drammi di quell'età, fra problemi di cuore che paiono irrisolvibili ma ancora più difficili da superare se ad affrontarli è un arrampica muri in perenne lotta con ogni nemico pronto a soverchiare il globo (in ogni caso anche troppo infantile diventa la storiella con la bella Zendaya). Nuovo episodio ben calato (anche senza un collegamento preciso oltre a quello inerente alla figura del padre putativo Iron Man ahimè scomparso) nel MCU (l'omaggio fatto in principio agli eroi scomparsi è tuttavia e certamente opportuno) firmato nuovamente da Jon Watts, già autore del primo e precedente reboot (qui) di Spidey (un pelino migliore di questo a parer mio), ancora presente un Tom Holland ancor più sicuro delle proprie possibilità ma che ancora una volta viene privato del ruolo di protagonista dall'antagonista di turno ovvero Quentin "Jake Gyllenhaal" Beck. Quest'ultimo, nei (efficaci) panni di un supereroe proveniente da un'altra dimensione, replica quello che in precedenza era accaduto alla presenza di Michael Keaton, capace di enfatizzare lati oscuri e giustificazioni del senso di essere diventato un villain senza rimpianti, ma solo per necessità personali. Alla stessa maniera Beck denuncia una profondità di emozioni che appartengono anche al giovane Parker, ma declinate in un'età molto più adulta e distanti dalla voglia adolescenziale di volersi divertire come ogni suo coetaneo. Ironia e molti effetti speciali (notevoli soprattutto le sequenze lisergiche del film, autentico trip fatto di illusioni, sogni e cadute) in un viaggio itinerante fra Berlino, Praga, Venezia, Londra e Parigi completano una pellicola (un plus lo merita sicuramente per le due fantastiche sequenze post titoli di coda, e per la carinissima Marisa Tomei) che fa ben sperare per il continuo della serie dell'eroe creato da Stan Lee. Con l'augurio che non si voglia nuovamente pensare a un nuovo reboot ma che si prosegua lungo la strada maestra tracciata da Watts e soci. Voto: 7+

giovedì 11 luglio 2019

Terre selvagge (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/04/2019 Qui - Terre selvagge (Avventura, USA, Irlanda, 2017): Le Crociate sono un'ambientazione e uno spunto ricorrente nella storia del cinema, declinati in generi diversi o utilizzati per sviluppare una varietà di argomenti. Brendan Muldowney, da una sceneggiatura originale di Jamie Hannigan, non ne fa una missione nell'Oriente o l'occasione per scontri epici e nemmeno un film a tema religioso. Terre selvagge è un viaggio attraverso una terra straniera ai suoi stessi abitanti: il pericolo e lo sconosciuto incombono, ogni tratto e ogni incontro riservano sorprese. Ambientato nell'epoca medievale in terra irlandese (molto più brulla e cupa rispetto ai soliti panorami da cartolina) Pilgrimage è infatti un dramma avventuroso in cui fede e superstizione, oltre all'immancabile brama di potere, si fondono in un mix ambizioso in cui l'introspezione si fonde con aspetti più affini al cinema di intrattenimento leggero. Non mancano quindi azione e scene piuttosto brutali, a caratterizzare il viaggio di uno sparuto gruppo di monaci incaricati di portare a Roma una reliquia dal valore inestimabile. Il prezioso carico farà presto piombare su di loro l'attenzione di parecchi malintenzionati, tra cui quella di un nobile normanno. Peccato che la vicenda, oltretutto preceduta da un prologo che si prende qualche libertà storica, sia spesso noiosa. Perché certo, il film non ha molte pretese di lasciare tracce e si accontenta di raccontare in modo convenzionale un'avventura ammantata di mistero, portandola a compimento senza troppe cadute, perché certo, nel complesso si tratta di un prodotto ben fatto, orgogliosamente indipendente e interessante (anche perché riesce a condensare nella sua ragionevole durata molteplici degli argomenti chiave di una storia ambientata nell'Alto Medioevo: religione contro fede, guerra e barbarie, superstizione acritica contro paganesimo), ma funziona solo in parte per via di un insieme di figure poco interessanti, spesso sviluppate in modo elementare o prevedibile. In tal senso la descrizione del villain rende bene l'idea dei limiti di questo film cui fondamentalmente mancano le sfumature, ogni personaggio è descritto in maniera rigida ai limiti dell'ottusità, il solo Tom Holland (nei panni di un giovane religioso) viene fornito di alcune peculiarità fortunatamente adatte ad allontanarlo dalla banalità generale. Avrebbe meritato miglior approfondimento il personaggio del "Muto" (Jon Bernthal) sorta di guerriero inarrestabile dal passato oscuro, il resto non impressiona più di tanto, anzi, alcune scene di violenza gratuita sarebbe stato opportuno evitare. Senza tanti fronzoli e con una storia lineare, risulta anche piacevole per più delle metà della sua durata perdendo però, secondo me, mordente nella parte finale che non ho apprezzato molto. In definitiva quindi, film interessante e dal notevole impatto visivo, ma prevedibile, non benissimo costruita e recitata, un film giustamente tutta al maschile ma ingiustamente troppo soporifera. Voto: 5

martedì 25 giugno 2019

Avengers: Infinity War (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2019 Qui - Era il 2008 quando il mondo conobbe il primo film del Marvel Cinematic Universe: Iron Man. E fu subito amore a prima vista, come quello che si vede nei film in bianco e nero, un amore incondizionato e trasparente da parte mia e degli spettatori (tutti) verso il capostipite di uno sterminato universo cinematografico che non sembra essere minimamente vicino all'oblio o ad annoiare il pubblico. Ora, dopo dieci anni (ora 11), ecco arrivare lo scontro finale, la summa di un percorso produttivo ed artistico che ha cambiato per sempre il cinema, il modo di concepirlo e soprattutto il rapporto di quest'ultimo con un pubblico sempre più interattivo e interconnesso: Avengers: Infinity War. Quest'ultimo è infatti cinema allo stato puro, è spettacolo incalzante che incolla allo schermo, stupisce, diverte, fa piangere, spaventa, crea sconforto ma non dimentica mai di dare continua speranza. Diretto da fratelli Anthony e Joe Russo (quelli di Captain America: Winter Soldier, Civil War e di Ant-Man per intenderci), questo diciannovesimo film del MCU difatti, che si basa su una complicata, sfaccettata e curatissima sceneggiatura di Christopher Markus e Stephen McFeely (i cui script hanno interessato tutte le precedenti avventure di Captain America), di cui si continua ancora a parlare a distanza di mesi, che è forse il miglior cinecomic Marvel di sempre (personalmente però dopo i due Guardiani della Galassia e Deadpool), è un film davvero eccezionale. Sì, perché Avengers: Infinity War, un film che i fan dei supereroi aspettavano da tanti anni (ed anche di tutti gli estimatori de La Casa delle Idee), è davvero una gemma cinematografica, apice e scintillante apogeo (per ora) dell'Universo Cinematografico Marvel, di un percorso iniziato con un Tony Stark "spaccone" e presuntuoso che allargando le braccia sembrava volesse dirci: "Sto per offrirvi il più grande spettacolo del mondo!". Ecco, questo film del 2018 dei fratelli Russo è lo splendido risultato di un decennio di cinecomic Marvel, una pellicola epica e spettacolare che porta con sé il corredo genetico di tutto quello che l'ha preceduta, esaltandolo in un film d'insieme che nell'unione di cuori e di spiriti, piuttosto che in quella fisica, regala ai fan uno show che è quanto di più fumettoso si possa immaginare: un gruppo di valorosi, generosi ed impavidi supereroi contro una minaccia spietata e crudele dai poteri inimmaginabili, desiderosa di distruggere l'Universo e sacrificare innumerevoli vite innocenti.

martedì 4 giugno 2019

Civiltà perduta (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/08/2018 Qui - Civiltà perduta (Avventura, USA, 2016): E' inutile girarci intorno. The Lost City of Z, film del 2016 scritto e diretto da James Gray (I padroni della notte e C'era una volta a New York), è un film a basso budget, perciò più giusto considerarlo (nonostante sia stato salutato dalla critica come un film di grande appeal) un film per la televisione (un film di impianto classicissimo). Tant'è che non ti coinvolge mai, neppure nelle scene più "selvagge". Purtroppo il problema è proprio questo, l'assenza di ogni coinvolgimento, storia sulla carta molto interessante (quella un uomo che, in cerca di un'occasione di riscatto e rilancio, sullo sfondo di un impero inglese che già si avvia al tramonto ma che conserva tutta la sua rigidità di classi e meccanismi di carriera, finisce per appassionarsi a una ricerca così totalizzante da diventare un'ossessione), ma affrontata in modo approssimativo, con scene troppo scollegate (si decide di partire e via, eccoci nella foresta, siamo nella foresta dopo mesi di permanenza ed eccoci in un lampo a casa) e quelle ambientate in Sud America ai confini del ridicolo. Il regista infatti si concentra in modo implacabile sugli aspetti più noiosi e pericolosi dei viaggi, della loro sofferenza oppure ritorna a Londra proponendo dei snervanti cliché razzisti e sessisti. Certo, notevole è la fotografia e ineccepibile l'aspetto tecnico, ma proprio per questo (per le aspettative tradite, per i pregiudizi del racconto e per lo scarso coinvolgimento dello stesso) che l'impatto complessivo lasci parecchio a desiderare, d'altronde la lunga durata non fa che amplificare i difetti della pellicola che, basata sul libro Z la città perduta di David Grann che ripercorre appunto la storia vera dell'esploratore britannico Percy Fawcett, intento nella ricerca di una antica città perduta in Amazzonia e scomparso nel 1925 assieme al figlio, di drammatico ha poco, che nulla ha di avventuroso e che di noioso ha tanto. E quindi, anche se ritengo comunque la prova degli attori vicina alla media (da un comunque esagerato Charlie Hunnam ad un ambiguo Robert Pattinson, da un irritante Angus MacFadyen ad una quasi inutile Sienna Miller, non dimenticando uno sprecato Tom Holland) da sconsigliare è questo film, perché in fin dei conti qui l'unico che si è perso è il regista, perché questo film è il risultato pigro di ricreare una scoperta emozionante. Voto: 5+

mercoledì 22 maggio 2019

Come vivo ora (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/04/2018 Qui - Non ho letto il libro e non posso purtroppo fare paragoni, dato che Come vivo ora (How I Live Now), film del 2013 diretto da Kevin Macdonald è basato sull'omonimo romanzo di Meg Rosoff, mi sono buttato sul film alla cieca e senza troppe aspettative e ne sono rimasto da una parte contento, dall'altra abbastanza freddo. Il film infatti e il regista scozzese, già dietro la macchina da presa per il famoso L'ultimo Re di ScoziaState of Play e The Eagle nonché vincitore di un premio Oscar per il miglior documentario nel 2011, senza dimenticare il suo ultimo buon lavoro visto ovvero Black Sea, decidendo di cimentarsi in una pellicola appartenente al genere apocalittico, ambientandola in un futuro prossimo non tanto però lontano dall'odierno presente, riesce non sempre a soddisfare, lasciando altresì parecchi dubbi. Partendo proprio dalla trama che tenta di portare alla luce una storia (quella di alcuni ragazzi, tra loro cugini, che si ritrovano soli in mezzo alla campagna inglese e dovranno adattarsi alla nuova situazione che si verrà a creare dopo l'esplosione di un ordigno nucleare e in dove essi verranno bruscamente separati fino ad possibile non tanto probabile ricongiungimento) il cui tema principale è quello della guerra e delle nefaste conseguenze che essa comporta, ma senza riuscirci appieno. Perché se difatti dal punto di vista visivo questo romanzo di formazione è valido specialmente quando lo scenario della guerra si presenta all'interno della storia con durezza e brutalità e dal punto attoriale azzeccata è la scelta di affidare il ruolo della protagonista alla ex ormai enfant prodige Saoirse Ronan, la bella e bravissima attrice di EspiazioneAmabili RestiHanna e Brooklyn, senza dimenticare il suo ultimo buon lavoro visto Byzantium, ed anche qui bravissima nel ruolo di cugina americana stronzetta e confusa che si tramuta, grazie all'amore a alla guerra, in eroina implacabile e confusa, è sulla sceneggiatura che ho più di una perplessità perché i personaggi presentano le loro problematicità ma non sono molto approfondite, come poco approfonditi vengono passati in fretta alcuni passaggi importanti a scapito di altri alquanto ridicoli (uno su tutti una sorta di pseudo legame telepatico tra i due protagonisti principali).

domenica 19 maggio 2019

Spider-Man: Homecoming (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/04/2018 Qui - È la rivisitazione del tema classico di Spider-Man ad opera di Michael Giacchino ad accompagnare il ritorno a casa dell'Uomo Ragno (un ritorno schietto, sincero, che vuole ridare lustro ad un eroe che forse sin troppo ne aveva perso a causa dei ben noti e gravosi problemi di licenza), e queste splendide note messe in fila con cosi tanto gusto e maestria dichiarano apertamente le intenzioni dei Marvel StudiosSpider-Man: Homecoming vuole essere un film unico, una storia mai raccontata prima, capace di divertire, appassionare, emozionare. C'è tutto in queste note, l'epicità, la freschezza giovanile, la coerenza storica di un personaggio che finalmente torna a casa per stupire, per prender davvero parte a quell'enorme progetto che è il MCU. E per farlo, in questa terza release del super eroe, la Marvel decide di spostare indietro le lancette dell'orologio, dopo la sua apparizione in Captain America: Civil WarTuttavia Homecoming non compie i voli pindarici di molti altri film Marvel, non si perde in spiegoni che ricostruiscano una certa continuity a uso e consumo dei più sprovveduti. Non fa nulla di questo, anche perché non pretende neanche di essere un tipico film sulle origini. Si prende infatti la briga di scorrere, anche grazie ad un cambio generazionale molto interessante, dall'inizio alla fine con invidiabile eleganza, complice un ritmo sostenuto e talvolta incalzante, in cui praticamente non si assiste ad alcun scivolone e in cui tutto ruota attorno a Spider-Man, alla sua adolescenza, lasciando che i comprimari facciano il loro lavoro, quando serve, ma senza ingombranti interferenze. Homecoming comincia così, con la sua filosofia da (classico) teen movie che presenta, fin dall'azzeccatissimo titolo, che sottintende sia al ritorno a casa Marvel dell'Uomo Ragno, sia alla settimana dell'Homecoming (ovvero il ritorno sui banchi scolastici dei giovani studenti americani), però alcuni risvolti etici e morali che lo rendono assimilabile a un vero e proprio racconto di formazione a sfondo supereroistico, ma senza tuttavia troppo giocare sui drammi adolescenziali, senza puntare troppo i riflettori sulle situazioni paradossali che proprio i teen movie sembrano tanto amare.

giovedì 7 marzo 2019

Captain America: Civil War (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/04/2017 Qui - A seguito dell'acclamato Captain America: The Winter Soldier (anche se io preferisco il primo), che ha segnato un punto di svolta fondamentale per l'Universo Cinematografico Marvel, i fratelli Antony e Joe Russo tornano in cabina di regia per un sequel (il terzo capitolo) del celeberrimo Vendicatore a stelle e strisce, Captain America: Civil War (2016), ispirato (e parzialmente adattato) all'omonimo crossover del 2006 di Mark Millar e Steve McNiven, che racconta di come Captain America e Iron Man si ritrovino a capo di due opposti schieramenti di supereroi in seguito all'approvazione di una legge che regola le attività degli Avengers in seguito all'ennesimo incidente, questa volta a Lagos, che causa numerose vittime e soprattutto dopo le conseguenze del grande scontro avvenuto in Avengers: Age of Ultron, che sì salvò l'umanità dall'estinzione, ma che a sua volta distrusse e causò numerosi danni e vittime al popolo di Sokovia. È così, quindi, che le forze politiche di tutto il globo (tra cui Thaddeus Ross, alias William Hurt, segretario delle Nazioni Unite) chiedono che venga istituito un sistema di registrazione per gli Avengers, in modo che siano sotto controllo, intervenendo solo quando richiesto dal governo. Però mentre (il capitano morale) Steve Rogers/Captain America (Chris Evans) si oppone, convinto che i supereroi debbano operare in completa autonomia e assumersi le responsabilità delle loro azioni, (il capitale economico) Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Jr.), sentendosi in colpa per una serie di errori commessi, spinge per la firma del documento mettendosi così al servizio degli enti governativi. Ma anche gli altri Avengers si trovano in contrasto tra loro, dando vita quindi a due fazioni, alcuni si schierano dalla parte di Captain America e altri da quella di Iron Man, scatenando un conflitto che avrà non poche conseguenze. Intanto, Bucky Barnes/Il Soldato d'Inverno (Sebastian Stan) è tornato, ma è ancora instabile mentalmente a causa del suo oscuro passato (che viene chiarito durante la proiezione, e che coinvolgerà direttamente il nuovo ed efficace innesto Pantera Nera e la figura del terrorista Zemo alias Daniel Bruhl, ossessionato dal desiderio di distruggere gli Avengers, e vero responsabile di tutto) nelle grinfie dell'Hydra e ha bisogno di Steve ora più che mai. Ma non tutto andrà per il meglio per tutti.

Heart of the Sea: Le origini di Moby Dick (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/04/2017 Qui - Ci sono dei film che hanno uno strano destino, pur godendo di una trama, una regia ed una fotografia di tutto rispetto vengono crocefissi da una critica super-esigente che per una serie di ragioni aveva ben altre aspettative. In questo caso le aspettative sono dettate, dato che la pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Nel cuore dell'oceano: La vera storia della baleniera Essex (In the Heart of the Sea: The tragedy of the whaleship Essex), scritto da Nathaniel Philbrick nel 2000 sulla storia della baleniera Essex (evento che ha ispirato Herman Melville per la stesura del suo celebre capolavoro), dal riferimento a Moby Dick ed al libro appunto di Melville, con tutto il suo bagaglio di significati che il film possiede solo in parte limitata. Qui si narra invece solo del sorgere della leggenda di Moby Dick, che ha provocato una serie di disavventure tutto sommato ben rappresentate dal film. Dunque Heart of the Sea: Le origini di Moby Dick (In the Heart of the Sea), non è un film (del 2015 diretto da Ron Howard, con protagonista Chris Hemsworth) con grandi pretese letterarie, ma un onesto e godibile film di avventure marinaresche, ben rappresentate, anche se con qualche luogo comune (la scontata lotta tra il capitano incapace ed infingardo ed il primo ufficiale esperto e coraggioso). Un'opera perciò onesta e di sicuro impatto spettacolare, sicuramente e probabilmente lontana dal capo d'opera la cui storia ha ispirato, ma degna di essere vista, perché grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard indaga l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano, e lo fa benissimo.