Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/04/2016 Qui - Black Sea è un avventuroso thriller 'sottomarino' del 2014 diretto dal regista inglese
Kevin Macdonald con
Jude Law e
Scott McNairy. Il protagonista del film Robinson (
Jude Law, ex comandante della Marina), è un uomo che viene improvvisamente licenziato (senza neanche una liquidazione) dalla Compagnia navale (la
Agora) presso cui ha lavorato fedelmente e molto bene per anni in qualità di responsabile di svariate operazioni da condurre con i sottomarini. Robinson, uomo molto pratico, mai sognatore, anzi totalmente distrutto, vessato e fiaccato dalla vita, da un matrimonio fallito per questioni economiche, dalla frustrazione di un figlio che non vede mai, preso dalla disperazione, alla sua ultima spiaggia per recuperare la dignità perduta e soprattutto, più prosaicamente, denaro, volendo così' un poco vendicarsi contro gli ormai suoi ex-datori di lavoro ed un po' riscattare la propria posizione, decide, arruolando alle sue dipendenze (dopo aver trovato un finanziatore e rintracciate le mappe) alcuni uomini,
selezionati tra il peggio (che paradossalmente è il meglio) disponibile sul mercato inglese e russo (in quanto il sottomarino che useranno viene da lì e occorre qualcuno che parli la lingua), di intraprendere la alquanto difficile e quasi impossibile operazione (nonché segreta e illegale) di recupero di un'ingente quantitativo di lingotti d'oro, un tesoro sommerso che si dice essere perduto nelle profondità del Mar Nero. Secondo alcuni infatti il sottomarino carico d'oro dato ai russi alla Germania di Hitler nel corso del Secondo Conflitto Mondiale affondò nel 1941 e mai più ritrovato. Dopo aver studiato un piano per nascondere il passaggio del sottomarino in acque georgiane dalla flotta russa stanziata nel Mar Nero e trovato l'equipaggio giusto,
abile, esperto, un po' pazzo, sufficientemente impavido e così disperato da essere disposto a rischiare la vita, non resta che partire.
Sin da subito però l’impresa appare difficile non tanto per il rischio di essere scoperti dalla flotta russa quanto per il coacervo di pulsioni che animano ciascuno dei componenti dell’equipaggio (poco addestrato, che prevede un gruppo ben assortito di “ceffi” cui spunta anche un giovane ragazzo cui i soldi, si scoprirà vedendo, servono per garantire un futuro a un figlio che sta per nascere), la cui unione inversamente proporzionale all'avidità, arrecherà non pochi disagi all'ambizioso Robinson, in lotta anche con il mare che tutto avvolge e tutto inghiotte. Le operazioni ovviamente si riveleranno quindi più complicate del previsto nel corso della vicenda ed il sottomarino diverrà il teatro dei vari rapporti, amichevoli o meno, instauratisi tra i vari componenti dell'equipaggio. La sete di ricchezza come in questo caso vince e non appena l'avidità e la disperazione prendono il controllo a bordo della nave, la crescente incertezza della missione spinge gli uomini della squadra a combattere l'uno contro l'altro per la propria sopravvivenza. Improvvisi e determinanti colpi di scena si susseguiranno sino ad un'inesorabile ed inevitabile soluzione tragica. Ma il vero pericolo è il mare, così nero, così oscuro, così letale, incapace di sottostare a chi osa profanare le sue leggi degli abissi.
Black sea è un thriller noir, ma nero sul serio, proprio nerissimo. E soprattutto claustrofobico fino all'inverosimile, perché per due ore tonde (a parte una decina di minuti) si svolge tutto all'interno di un sottomarino. Tuttavia, nonostante la location opprimente e la trama che non brilla certo per colpi di scena o per momenti d’azione mozza fiato che fa del sottomarino set claustrofobico di vendetta e morte, non annoia nemmeno per un secondo. E questo è dovuto ad un manipolo d'attori bravissimi (con in testa ovviamente il super e formidabile
Jude Law, duro e arido lontano dagli stilemi di sex symbol) e a una serie di meccanismi psicologici infallibili nell'intrigare lo spettatore. Infatti quel che affascina di più (oltre alla sfida estenuante tra l'uomo e la natura, rappresentata dalla Minaccia degli Abissi sempre incombente) è proprio la contrapposizione crescente tra i vari componenti di questo equipaggio (una decina di persone, che andranno via via calando di numero, come è facile intuire). I continui diverbi all'interno del sottomarino generano una tensione che si fa a tratti insostenibile, l'equipaggio infatti si spoglierà della propria umanità e lascerà lo spazio agli istinti più biechi dell'essere umano.
Interamente girato all'interno di questo sottomarino, il film inizia facendo un quadro generale sul personaggio principale, Robinson (interpretato magistralmente da un'eccezionale Jude Law) per poi arrivare a dei punti di svolta importanti. Davvero un bel film, rigoroso, coerente, sincero anche nell'evidenziare l'origine umile di quelle persone che non sono altro che poveri 'cristi' che hanno perso il lavoro e vanno inseguendo un umanissimo sogno di riscatto. Ma, sia di fronte all'obbiettivo finale (un sacco di soldi) e davanti a presagi di morte (rimanere intrappolati in fondo al mare), ecco che esplodono gli istinti peggiori di ognuno ma anche qualche barlume di solidarietà (nei confronti in particolare di un ragazzino che si è aggiunto all'equipaggio all'ultimo minuto). Si parte da un gruppo di persone che si incontrano al pub (sono inglesi non a caso) per affogare nell'alcool i dispiaceri di vite malandate e che fanno una bella "pensata". L'equipaggio non è ovviamente costituito da damerini, anzi, ognuno coi connotati e con lo spirito 'sgamato' di chi ha nella vita ne ha combinate (e subite) di ogni. In particolare il "capo" Jude Law, che è reduce da una vita veramente fallimentare che ha visto coincidere un licenziamento in tronco con l'abbandono da parte della moglie e dei piccoli figli. Sfigato totale, dunque e perciò più che mai attaccato al sogno di cambiare il verso alla propria esistenza grazie a quei lingotti che se ne stanno là in fondo al mare. Tante cose accadranno all'interno del sottomarino, ma per non rovinare il piacere della visione a chi non l'ha visto, vorrei solo dire che, nella seconda parte del film, quando la situazione precipita e la tensione è massima, viene a galla una verità assolutamente inaspettata che rovescia ogni convinzione, un colpo di scena in piena regola che mette in discussione ciò che si era visto nelle sequenze iniziali.
Con un finale che ricorda molto "Armageddon" (anche se in quel caso eravamo su un altro pianeta), il film regala colpi di scena continui, e totalmente inaspettati, ed è questo che lo rende speciale. Una visione molto appassionante, mai scontata e inaspettatamente originale.
Questo film che comunque rientra a pieno diritto nel filone di tutti quelli che raccontano vicende ambientate nei sottomarini e che pertanto possiede tutti gli elementi necessari a questo tipo di storie e, cioè, l'ambiente ovviamente claustrofobico del sottomarino stesso, un equipaggio composto da individui caratterizzati dai più svariati modi di essere, dove i buoni si alternano in maniera più o meno equilibrata ai cattivi, che si nutre di contraddizioni, che unisce le convenzioni dei film di guerra, d'azione e thriller, con le regole ferree dei drammi d'interno, necessariamente alimentato dalla parola che adotta uno stile (quello dei film virili) per il quale occorre parlare il meno possibile e "fare" il più possibile, in cui quel che viene detto non conta mai quanto ciò che viene fatto e spesso in contraddizione con esso, non è il solito film sui sottomarini. Il più importante tra i tanti colpi di scena in questo film è proprio l'originalità su un tema più volte affrontato in passato. Complimenti dunque alla sceneggiatura di
Dennis Kelly e alla direzione sapiente di
Kevin McDonald (navigato e trasformista regista,
L'ultimo Re di Scozia, State of Play, The Eagle), il quale sa manovrare in modo eccellente i meccanismi che generano tensione, e benché
troppo spiccio nel giungere alle proprie conclusioni, sa tenere bene a mente l'obiettivo ultimo. Quello, comunque, che rende piacevole ed in un certo qual modo anche pregevole questa pellicola, sebbene ovviamente non la assurga al livello di capolavoro, è soprattutto la figura del protagonista principale stesso, molto efficacemente interpretato da Jude Law, che presenta il ritratto di un uomo sconfitto su tutti i fronti della sua personale esistenza e dunque il ritratto di un uomo assai disperato che ala fine tenta il tutto per tutto per, forse, un riscatto finale personale. E quello che più colpisce di quest' uomo, nonostante l'impresa da lui ideata fallisca inesorabilmente, è la sua profonda umanità che lo riscatterà senza alcun dubbio e che lo innalzerà quasi a figura di eroe. Una vicenda entusiasmante ed allettante per il pubblico, provvista della giusta dose di colpi di scena, di suspense e di avventura. C'è una crescente epica nella maniera in cui l'equipaggio lotta e si danna per l'oro, con la disperazione umana della povertà alle spalle e un futuro di ricchezza nella loro testa, i dannati del sottomarino di Robinson mantengono lungo il film una tensione fantastica verso il possesso che regala diverse svolte inattese. Questa la bellezza di un film rapace, epico, che fa uso di una steady-cam giustamente adattata al claustrofobico contesto, fatto di leve arrugginite, radar mal funzionanti, strumenti mai tecnologici (la vecchia radio verrà distrutta per motivi di "sicurezza") che insiste nel voler indagare con voyeurismo, nel voler penetrare l’abisso insondabile del Black Sea che alberga in ciascuno di noi. In conclusione, film interessante, bello ed avventuroso, da vedere. Voto: 7
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