Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2016 Qui - Take five è un film italiano del 2014 diretto da Guido Lombardi. La trama è semplice, movimentata ma piena di colpi di scena (che svelano psicologie sempre più complesse e un realismo affilato, mai noioso): una gang di semi-credibili rapinatori, cinque per l'esattezza "irregolari", organizzano un leggendario furto. Un giovane idraulico (con il vizio del gioco) riparando una perdita d'acqua nel caveau di una banca, partorisce l'idea di organizzare proprio lì una clamorosa rapina, organizza quindi insieme a un ricettatore, un gangster leggendario e depresso, un pugile squalificato a vita e un fotografo di matrimoni, ex rapinatore, reduce da un infarto questa incredibile rapina milionaria, ma non tutto va come previsto (niente è destinato a funzionare come dovrebbe, i cinque solisti non riescono ad armonizzarsi come una band), e finisce in tragedia come era prevedibile vista la poca professionalità dei componenti della banda. Diffidenti, solidali, infine travolti da un reciproco gioco al massacro, dove contano soltanto il denaro e la lotta per la sopravvivenza. Il film, che fin dal titolo si ispira al jazz di Dave Brubeck, si sviluppa come una partitura in cui le variazioni contano più della melodia di base, senza però un pizzico di originalità. Scene di quotidiana e grottesca malavita interpretate da attori ex detenuti (alcuni buoni altri irritanti), che alla fine risultano banali. Non c'era bisogno secondo me poi di improntare il film su Napoli e i Napoletani con il loro indecifrabile dialetto, dato che senza sottotitoli alcune frasi si perdono nel nulla. Ma nel complesso il film si lascia guardare, anche se il primo tempo si trascina lento autocompiacendosi un po' troppo, nella seconda parte il ritmo diventa più incalzante con vari flashbacks che spiegano i retroscena inediti delle motivazioni dei personaggi coinvolti nella rapina, incluso un inaspettato coming out omosessuale del più temibile del gruppo, che concluderà la sua esistenza con un colpo in testa dopo avere giustiziato l'oggetto del desiderio che lo ha umiliato, in perfetto stile da sceneggiata napoletana. La cosa più positiva del film sono le musiche originali, che ispirandosi al jazz del brubeckiano "take five" appunto, ci accompagna verso la conclusione drammatica della storia, un finale sorprendente e ironico. Un film che delude un po' e che non convince troppo, se vi piace il genere potete vederlo, altrimenti è tempo perso, come il mio. Voto: 6-
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