martedì 15 gennaio 2019

Automata (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/04/2016 Qui - Automata (Autómata) è un thriller fantascientifico del 2014, ambientato in un futuro apocalittico distopico. Il film è diretto da Gabe Ibáñez, con Antonio Banderas protagonista principale della pellicola. In un futuro prossimo (2044), il pianeta Terra e la sua superficie, è al centro di una progressiva desertificazione a causa dell'uomo. La razza umana, rintanata in malsani agglomerati urbani, è in piena lotta per la sopravvivenza, e vive in un ambiente divenuto ostile, in una terra regredita tecnologicamente e resa inabitabile da eccezionali tempeste solari, vaste lande desolate e inabitabili a causa proprio delle radiazioni, che prima hanno decimato gli uomini e poi li hanno costretti ad arroccarsi in megalopoli. Per combattere l'incertezza e la paura, e per supportare la condizione di una società in declino, la tecnologia ha creato il primo androide quantistico, l'Automata Pilgrim 7000. Ciò ha portato alla crescita esponenziale della ROC, la società leader nel campo dell'intelligenza robotica che ha stabilito protocolli di sicurezza utili a garantire sempre il controllo dell'uomo sulle macchine. Hanno due direttive inalterabili: non possono mettere a rischio nessuna forma di vita e non possono alterare se stessi in nessuna maniera. Ma disobbedendo alle leggi fondamentali che ne regolano l'attività (riferimento ad Asimov), e contravvenendo al rigido di protocollo di sicurezza integrato nella propria intelligenza positronica, i robot iniziano ad automodificarsi per poter sopravvivere indipendentemente dall'uomo. Come agente assicurativo per conto della ROC, Jacq Vaucan (Antonio Banderas), che ha il compito di indagare sui modelli difettosi di androide, sarà al centro di una specie di cospirazione. Durante una delle sue indagini infatti, scopre che alcuni robot si sono evoluti. Scopre che da qualche parte esiste qualcuno che sta modificando i robot per dargli una vita migliore. Ma il detective ben presto scoprirà i segreti e le vere intenzioni che si celano dietro l'Automata Pilgrim 7000 con profonde conseguenze sul futuro dell'umanità. Combattuto tra le responsabilità per la moglie incinta ed il desiderio di fuga verso l'Eden incerto di un Oceano sconosciuto e lontano, dovrà risolvere il suo caso in una lotta per la sopravvivenza contro gli spietati emissari della sua stessa compagnia decisi a celare le sconvolgenti ricadute di una verità scomoda e inquietante, diventando lui stesso oltre ai robot, una possibile minaccia per l'umanità.
E' innegabile che nel bagaglio intellettuale di Automata come già scritto c'è principalmente Asimov  e il film non fa nulla per fingere che non sia così. Come le leggi, non esattamente quelle auree fissate dallo scrittore russo, ma che prendono le mosse dai medesimi principi per arrivare là dove solitamente ci si spinge quando si parte dal presupposto che le intelligenze artificiali non devono danneggiare l'uomo: che cosa succede se invece avessero dei motivi per farlo? Motivi simili a quelli che hanno gli uomini per danneggiare altri uomini. Ma anche la sua lentezza (uno dei suoi maggiori difetti), e non solo, è triste, desolato, fatalista, come può effettivamente essere un racconto che non fa dell'azione il suo punto di vista e che parte dell'antefatto che la vita sulla terra stia arrivando alla fine. Inoltre, il protagonista, che è il personaggio di Banderas, è un personaggio comune, quasi banale, che si trova al centro di eventi troppo grandi per lui. Da queste premesse sembrerebbe ovvio ma bisogna saper cogliere la sua filosofia. Filosofia che ricalca però un'opera del tutto simile (almeno nelle atmosfere) al mitico "Blade Runner", creando suggestioni del tutto vicine al vecchio grande capolavoro, ma non per questo sfigura, anzi, mi sembra che conservi una sua originalità, portando un nuovo punto di vista. Merito del regista, Gabe Ibanez, ex esperto di effetti visivi (l'aspetto migliore), che incrociando noir e fantascienza (come i classici degli anni '80), dimostra che non solo gli americani sanno fare validi film di fantascienza (questa e' una produzione ispanico-canadese). Ha una trama sufficientemente coerente (ma non più di tanto), location azzeccate, regia e attori che danno una buona prova di se, a parte Melanie Griffith quasi invisibile e Banderas che nella seconda parte diventa fastidioso, prima calmo e riflessivo, poi comincia a scimmiottare diventando irritante. Il film, che inizia abbastanza bene, con 10 minuti di buon intrattenimento, diventa man mano leggermente monotono con un ritmo macchinoso, a metà film poi, nonostante alcune scene d'azione che sembrano riavvivare la pellicola (anche se non è questo il suo obbiettivo), tutto diventa scontato e prevedibile. Del film mi è piaciuta comunque l'idea di fondo, il messaggio diverso da altri, un semplice e copernicano messaggio umanista, quello di intelligenze artificiali che, invece di ribellarsi all'uomo come avviene quasi sempre nella fantascienza più o meno tecno-paranoide, decidono semplicemente di allontanarsene per vivere la loro vita, giudicando l'umanità oramai talmente irredimibile da non sprecarsi nemmeno a sottometterla. Bella infine l'idea di usare il meno possibile il digitale a favore di prototipi-marionette, con ottime inquadrature che valorizzano una produzione a basso costo. Nonostante poi una certa riflessione filosofica sulla natura umana e sullo sviluppo futuro dell'intelligenza artificiale, il film sicuramente onesto e apprezzabile, rimane però un po' piatto e poco emozionante. Come il finale, anche se tutto il resto della pellicola non è male. Forse filmisticamente parlando non è uno dei migliori film di fantascienza che abbiamo visto ma, rispetto a questi (su tutti Blade Runner), incuriosisce ed è da apprezzare l'idea e l'audacia di voler "saltare il fosso". Discreto e più che intrigante, una bella sorpresa, da vedere per chi apprezza la fantascienza d'atmosfera, un film che gli appassionati del genere non possono perdere. Voto: 6+

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