Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/05/2016 Qui - Giovanni è un ragazzino patito del calcio brasiliano di cui condivide l'ardore della passione, del coraggio dell'attacco, convinto che nella vita si debba a tutti i costi cercare la felicità. Portiere della squadra della scuola, soprannominato Banana per la sua incapacità di tirare in porta, per la sua passione per i colori brasiliani, giallo verdi emblema di un coraggio di cui si sente portatore, si innamora di Jessica, ragazzina più grande di lui e ripetente che il goffo ragazzino cerca di salvare da una bocciatura certa secondo i dettami del calcio brasiliano da lui adorato: lotta, sacrificio e impegno. Ma Banana vive nel complicato mondo italiano che il regista, esordiente, Jublin, non ci nasconde di tratteggiare a tratti con intenti grotteschi, dove l'ardore del sogno, della conquista, della determinazione, cozza con il "De profundis" della realtà umiliante che uccide i cervelli fini costringendoli a emigrare e nel caso migliore, a "ritagliargli" delle posizioni assai inferiori alle proprie capacità. La sorella Emma bilaureata disposta a rinunciare ad un futuro di archeologa ricercatrice all'estero per stare vicino a un fidanzato "fallito bipolare", gli insegnanti di Banana come quella di lettere, annoiata, stanca, refrattaria all'emotività e alle scusanti degli alunni che ripete il suo rito di fiera "colonna" (di nome e di fatto) austeramente assuefatta a riflessi di una bellezza morente e persino i genitori oramai quasi avvolti da un velo di mancata comunicazione ne sono i più vivi rappresentanti.
Banana non è un film piacevole, non è una candida commediola italiana dove "dai che ce la fai" vince sull'odore di bocciatura o sulle disgrazie della vita ma non è neanche imperniato sul pessimismo cosmico leopardiano di uno studente inviso da tutti e ingabbiato nel suo ideale mondo interiore. E' un affresco, a tratti amaro, a tratti tragicomico dei vizi dell'Italia di oggi abbandonata e stravolta dal cinismo (quello della prof. Colonna è esemplare) e vessata dalla romanticheria maschile che nasconde vette di sentimentalismo utopico nella figura del giovane protagonista convinto che si possa riuscire, perché no, dare una mano a chi si vuole bene senza ottenere nulla in cambio (nemmeno il pacchiano scotto sessuale adombrato da Jessica). Le musiche infine (in questo film del 2015) scorrono lungo le strade spaesate che Banana percorre in bicicletta adattandosi magicamente al puro mondo in cui il protagonista crede (come se dovesse scartare tutti con facilità da fuoriclasse e segnare il suo personale gol in porta), crudelmente oppresso dai mali di ogni società capitalistica: il denaro (incarnato dall'amico per interesse che è disposto a vendere qualunque cosa, persino a ricevere succo di limone negli occhi incatenato alla Prometeo per far ridere i compagni), la raccomandazione e il male che su tutti regna sovrano: l'indifferenza. C'è una speranza in fondo. Che quel tiro calciato da Banana oltre il muro della superficialità possa avere effetto almeno una volta, almeno su una persona. Quello di ricevere in cambio un pallone integro dai proprietari dell'altra parte. A volte i sogni si avverano. Come schegge impazzite. Voto: 6
Nessun commento:
Posta un commento