Finalmente dopo parecchio tempo qualcosa di nuovo nel cinema italiano che da tanto, troppo tempo, non propone qualcosa di simile: un thriller psicologico, angosciante e criptico fino alla fine. Si apre col botto, si dilata e rallenta nella parte centrale esasperandoci a livello emotivo, accelera il ritmo e diventa un susseguirsi di eventi e colpi di scena nel finale. Tutto il film a chiedermi come si sarebbe risolto, senza capirlo, senza arrivarci neanche lontanamente vicino. La sparizione all'improvviso di un figlio e la gogna mediatica sono il punto da cui parte la storia, un inizio al cardiopalma che ti incolla allo schermo, ma è solo l'inizio perché il film inizia con il ritrovamento del bambino e per 90 minuti ti tiene col fiato sospeso giocando sulle emozioni di una famiglia ed un paese diviso fra pregiudizi, superstizioni e il mistero di aver ritrovato un figlio dopo 5 anni. Un film imperdibile, che segna la nascita di un genere che in Italia è sempre mancato, il thriller-giallo di livello. Difatti questo è un thriller, un giallo drammatico italiano che sbalordisce, che nulla ha da invidiare ai prodotti di importazione, anzi si colloca quasi sopra la media. Clima inquietante, personaggi tormentati e trasfigurati, una storia credibile (sebbene originale) e di estrema attualità. Non credo esistano precedenti film che trattano un argomento di cronaca quotidiana dando uno sguardo così attento alle emozioni di una famiglia travolta da una tragedia così grande. Un intuizione giusta quella di raccontare una famiglia disfunzionale incastonata in un mondo tagliato con l'accetta attraverso un thriller, mostrando come certe comunità siano intrinsecamente violente nella loro incapacità di comprendere, o anche solo di accogliere, il disagio esistenziale e la malattia mentale.
Un film insolito per il nostro cinema: parte citando gli horror sui bambini indemoniati, ma il mistero (senza svelare troppo) è molto più terreno. La direzione degli attori funziona, ottenendo dal cast
interpretazioni credibili pur secondo i codici estremi del genere. Grande l'interpretazione di Filippo Nigro (che con la sua bravura mi ha trasportato nel suo personaggio completamente), ma lodi anche a Camilla Filippi e a gli altri familiari. Tutto funzionerebbe in modo ottimale però se la sceneggiatura non fosse percorsa da una deriva misogina (con tanto di battuta giustizialista finale), per la descrizione fortemente stereotipata del personaggio femminile principale. Senza nulla togliere alle sorprese del finale, Linda è del tutto inconsapevole, ostinatamente autolesionista e masochista nel rapporto con tutti i maschi che la circondano. L'unico asse etico portante sembra essere quello padre-figlio (comunque bello), al punto che In fondo al bosco ritrova la sua originalità solo quando pone al pubblico le domande più interessanti relative alla natura del legame paterno: quanto conta il richiamo del sangue nella genitorialità maschile? E cosa fa di un uomo un padre? A parte la storia e la trama interessante, fotografia eccezionale, così come le scelte musicali, e come detto buona l'interpretazione attoriale. Qualche pecca qui e lì c'è ovviamente (come la suspense leggermente assopita), ma stiamo parlando di minuzie in confronto al prodotto finale. Un prodotto eccezionale in confronto a tanti, peccato la distribuzione limitatissima cinematograficamente, ma televisivamente fruibile grazie a Sky. Un film da vedere e non perdere. Voto: 7-
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