A distanza di più di 30 anni dal primo, ormai mitico "Terminator", il quinto capitolo della saga del Cyborg più famoso della storia del cinema di fantascienza è comunque ben riuscito. Il confronto con i primi due capitoli, firmati Cameron, è inevitabilmente a suo svantaggio, ma rispetto al terzo e al quarto, il film di Alan Taylor e' decisamente migliore. Questo Terminator Genisys non è né un prequel né un sequel né un remake, ma una fusione parziale dei succitati tre elementi: e dato che la trama della serie ruota da sempre attorno ai viaggi nel tempo (e agli stravolgimenti che questo tipo di operazione comporta), si può dire che l'operazione sia più che giustificata. Questo film dimostra che non tutti i remake/reboot sono spazzatura o mancanza di idee, Scwharzy è tornato, certo è vecchio, ma non obsoleto (cit.) e lo dimostra più e più volte nella pellicola (assieme però a tante, troppe, battute che alleggeriscono solo in parte i toni del film). Per quanto riguarda la narrazione, ha un solo punto debole: è necessario conoscere i primi due film per apprezzarla pienamente, e perdere qualche minuto a specularci sopra per venire a capo di molti dettagli lasciati volutamente oscuri onde alimentare la sceneggiatura dei due probabili sequel. Il tema ovviamente dominante sono i viaggi nel tempo, e la ricerca di tornare nel passato per cambiare/migliorare il presente/futuro. La pellicola però riesce a creare un continuum narrativo con i precedenti film ben congeniato, cercando di raccontare qualcosa di diverso. I continui viaggi nel tempo, come nell'Esercito delle 12 scimmie o Ritorno al futuro, per restare sul genere, rischiano di creare paradossi spazio temporali e incongruenze con quello raccontato nei capitoli precedenti. Ma grazie ad uno script molto ben articolato, la trama scorre fluida e i conti tornano tutti, o almeno quasi tutti. L'intreccio di per sé non brilla tanto per l'inventiva, dato che procede per cumulazione (aggiungendo di continuo variabili e deviazioni) ma per la volontà di integrarsi con l'eredità dei capitoli originali realizzando al contempo qualcosa di nuovo: nuovi, subdoli modelli di Terminator, nuove incarnazioni di Skynet (ora molto più "attiva"), nuove relazioni tra i personaggi e conseguenti sbocchi inediti che suggeriscono sviluppi imprevisti.
In tutto questo lavoro di reimagining il terzo (il più scemo e inutile) e il quarto capitolo (stilisticamente e narrativamente diverso che doveva essere il nuovo rilancio della saga poi cancellata) vengono lasciati (fortuitamente) fuori, infatti questo sembrerebbe in parte riprendere la storia dal secondo capitolo. Pur tuttavia, un paio di elementi rimangono intatti: la dilazione dell'attacco di Skynet e il focus sull'infanzia perduta di Kyle. Gli attori si dimostrano generalmente all'altezza, Schwarzenegger in gran forma, calato alla perfezione nel suo ruolo più celebre e congeniale, un ruolo cucitogli addosso. Anche se il paragone è pesante (Linda Hamilton resta un'icona irraggiungibile, anche se il suo sorriso somiglia molto all'originale) a me è piaciuta molto la nuova Sarah Connor, Emilia Clarke (la madre dei draghi ne Il trono di Spade), a dir poco amabile e meravigliosa nonché bellissima. Bene anche Jason Clarke (Apes Revolution), un po' meno l'attore di Kyle (Jai Courtney) che sinceramente non mi ha ispirato molto nella sua parte, un po' fiacca la sua l'interpretazione, ma in fondo (più che un protagonista) è il collante che tiene insieme le varie vicende. Lo spirito del film nella prima parte ha un gusto retrò che non si sentiva da anni ormai, ed è bello sentire un film così "familiare", ma dalla seconda parte in poi vira verso qualcosa di nuovo, scontato in certi punti, fortunatamente mantenendo un buon ritmo, nonostante qualche buco narrativo di troppo e anche grazie a vari colpi di scena ben piazzati. Colonna sonora funzionale, arrembante, a volte anche troppo monolitica nella sua ripetitività, ma ideale per un film di Terminator. Concludo dicendo che se c'è una cosa che non si può criticare al regista, quella è la direzione delle scene d'azione: sono ben coreografate, piene di ritmo ed energia cinetica, creative, pirotecniche, in definitiva convincenti. Magari troppe, ma ben girate. Terminator Genisys è come un T-800: programmato per intrattenere e pronto a tutto, ma tuttavia a millemiglia dall'essere perfetto, come fu quel Terminator 2 che ancora oggi rimane un cult, e a proposito, due le frasi cult, una all'inizio e una alla fine: "Vecchio, non obsoleto", dice giustamente l'immortale T-800, e "il futuro non è scritto" chiude in bellezza John Connor. In definitiva però Terminator Genisys, è un film che nonostante alcuni problemi e stravolgimenti incoerenti, non è corretto definire brutto (non è peggio di tanto altro cinema d’azione sempliciotto) semmai è più giusto considerarlo leggermente sbagliato. Sbagliato rispetto a quello che un film, anche d’intrattenimento, dovrebbe essere e soprattutto sbagliato rispetto a tutto quello che la saga di Terminator è stata e ha dimostrato, rispetto alla sua identità, ma questo lavoro, questo film è comunque sufficiente ai canoni e per gli amanti del genere. E mi raccomando, dopo i titoli di coda non perdete gli ultimi 10 secondi del film, perché qualcosa di importante c'è da vedere. Voto: 7-
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