giovedì 27 dicembre 2018

Youth: La giovinezza (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/04/2016 QuiYouth: La giovinezza (Youth) è un film del 2015 scritto e diretto da Paolo Sorrentino. Il regista dopo l'Oscar per La Grande Bellezza ci riprova, ma come il precedente film, secondo me, fa un gigantesco buco nell'acqua. Personalmente molto deludente anche se visivamente bello. Ma cercando di trovare qualcosa di positivo infatti devo purtroppo affossare questo film che ritengo sopravvalutato come l'illustre pellicola precedente. E' chiaro che quando parliamo di Sorrentino e i suoi film c'è una spaccatura enorme, tra chi piace o no, tra chi lo giudica un grande regista chi un'accattone, uno che senza un'idea chiara confeziona film senza una logica, senza una vera trama, riuscendo però in modo abbastanza incredibile, agli occhi di sopraffini intellettuali, ad essere così tanto apprezzato. Secondo me lui è un furbetto, si avvale di trucchetti che ad un certo numero di persone può piacere ad altri no, come me. Si avvale infatti di un cast eccezionale, qualche scena bollente e qualche nudo (non solo femminile), ambientazioni favolistiche e naturali impagabili, musiche sopraffine, recitazioni di tutto rispetto e qualche altro mezzuccio per imbastire un tavola ricca ma vuota e senza senso, riuscendo comunque a farsi apprezzare. Ritroviamo praticamente lo stesso incipit della Grande Bruttezza italiana, personaggi vuoti interiormente ed esteriormente senza una direzione, tristi che non sanno più vivere, che si lasciano andare in modo inesorabile al tempo che passa. Come due amici da moltissimo tempo che ora, ottantenni, stanno trascorrendo un periodo di vacanza in una specie di hotel nelle Alpi svizzere. Questa "Spa" di lusso nascosta tra le montagne svizzere fa da sfondo alle umane vicende di ospiti non proprio comuni: Fred (Michael Caine), un compositore e direttore d’orchestra famoso ma in pensione, che non ha alcuna intenzione di tornare a dirigere un'orchestra anche se a chiederglielo fosse la regina Elisabetta d'Inghilterra, un attore hollywoodiano (Paul Dano) in cerca di ispirazione, Mick (Harvey Keitel) un regista affermato ma ormai al capolinea, che sta lavorando al suo nuovo e presumibilmente ultimo film per il quale vuole come protagonista la vecchia amica e star internazionale Brenda Morel (Jane Fonda), ma anche una giovane moglie tradita e lasciata e, addirittura, “Miss Universo” in soggiorno speciale. Soprattutto i due amici, che hanno una forte consapevolezza del tempo che sta passando, sanno che il loro futuro si va velocemente esaurendo e decidono di affrontarlo insieme. Guardano con curiosità e tenerezza alla vita confusa dei propri figli, all'entusiasmo dei giovani collaboratori di Mick, agli altri ospiti dell’albergo, a quanti sembrano poter disporre di un tempo che a loro non è dato. Ma la vita riserverà ai due un futuro non proprio luminoso.
Il tema conduttore di Youth – La giovinezza è senza dubbio lo scorrere del tempo, dove la tristezza, la gioia, il trionfo, sono visti nella prospettiva di chi è prossimo al congedo: al centro dei discorsi dei due amici più anziani (Fred Ballinger e Nick Boyle, interpretati con convinzione da Caine e Keitel) appaiono un vecchio amore, qualche tradimento, progetti mancati, malinconia e diversi rimpianti. I temi sono interessanti, purtroppo però il film non convince. Ottima la fotografia, la colonna sonora funziona, Michael Cane e Harvey Keitel sono una coppia di "vecchietti" convincenti, ma manca qualcosa. La pellicola sembra orfana di ritmo, i dialoghi sono spesso retorici, chiusi quasi sempre da un'aforisma o una frase ad effetto, le diverse storie (la figlia, l'attore, gli sceneggiatori, la massaggiatrice, etc) sono appena accennate mai approfondite, mai convincenti. Un film che non emoziona, non smuove, non fulmina. Purtroppo e ripeto, purtroppo, "La Giovinezza" (titolo già ingannevole, al massimo la vecchiaia) lascia nel palato il sapore dei film dimenticabili. In Youth: La giovinezza ci sono comunque molti riferimenti e temi "cinematografici" interessanti, e riflessioni del regista stesso sul cinema, il suo ruolo, e il suo senso. E interpreti e situazioni che hanno storie che vengono da lontano e che aggiungono alla storia frequenti relazioni con la realtà, con diversi livelli di lettura di molte situazioni. Idee buone sicuramente, ma che nel giro di due ore stancano, con la sola pretesa di riempire il vuoto, l’abilità tecnica e i virtuosismi di Sorrentino annaspano. Come le sequenze del finto videoclip della popstar o il sogno acquatico iniziale a Venezia, decisamente orrende. Spiace poi che alcuni passaggi, belli e strazianti (il discorso di Lena al padre durante la cura dei fanghi, il gioco al massacro tra Caine e la Fonda, la visita di Fred alla moglie toccata dal "sacro segno dei mostri") anneghino nel mare magnum della vacuità a buon mercato. Se poi la sequenza più memorabile del film, è quella che ha per protagonista Madalina Ghenea nel ruolo di Miss Universo (che dà e mostra il meglio di sé per nostra grazia e piacere) siamo alla frutta. Scena che insieme è tragica ed erotica, tragica perché i due protagonisti, anziani, non potranno più godere di un tal frutto, per loro non solo metaforicamente proibito, erotica, perché il corpo nudo di Madalina fa esplodere lo schermo, una gnocca in piena regola. Per il resto il film è tutto molto vecchio (più del suo protagonista Michael Caine, che da probo attore qual è ce la mette tutta) e che rientra in quel fenomeno che è stato definito dagli anni trenta del novecento con il nome di kitsch.
Insomma niente di così eccezionale di come avevo sperato. Commentando un post di un blogger avevo sperato di non assistere ad una 'tamarrata', invece è proprio quello che secondo me ho visto. Nel senso che la pellicola non ha una definizione di cinema, è una commedia? è cinema impegnato? d'autore? io non l'ho capito. Una trama efficace, principale o convincente non c'è, l'introduzione di un personaggio come Maradona non ha nessun senso, solo pubblicitario forse, se voleva far ridere, a me ha invece irritato, che c'azzeccava? Certe sequenze veramente enigmatiche e a tratti discontinue e superficiali, solo per fare scena e numero. Certamente qualcosa di buono c'è ma è scarso. A parte le grandi recitazioni, c'è poesia, ci sono emozioni, paure, ma niente di veramente concreto. Io questo film vorrei dimenticarlo, mi spiace solo delle star hollywoodiane che si sono cimentate in qualcosa di assurdo e totalmente a mio parere inverosimile. Non credo che quello che il regista fa vedere della condizione umana sia effettivamente vero o plausibile. Sia chiaro che non odio Sorrentino, in This must be the place mi era anche piaciuto, soprattutto Sean Penn, ma in questo, proprio no. Una cosa però mi ha fatto sorridere e storcere il naso, quando il regista ormai fallito vigliaccamente si suicida, non perché ha un futuro cinematograficamente segnato, ma solo perché la sua musa ha detto la verità, ovvero che i suoi ultimi film facevano pena, per non dire altro. Ora non vorrei essere nei panni di Sorrentino ma se questo è uno dei suoi riferimenti e temi cinematografici ha forse inconsciamente capito che lui non è da meno. Io comunque spero che Sorrentino, dopo l'ubriacatura del mediocre La grande bellezza e del peggiore Youth, cambi definitivamente rotta. Sia chiaro però che questo è un mio personalissimo parere, di cinema forse non ci capisco niente, ma certamente questo non è un capolavoro, non è un film per tutti, ma soprattutto non pagherei un centesimo per vederlo un'altra volta, già questa prima volta è più che sufficiente. Voto: 5,5

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