lunedì 3 dicembre 2018

Annie Parker (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/02/2016 QuiAnnie Parker è un film (del 2013), basato su una incredibile storia vera, quella di due donne, che "non mollano", mai, Annie Parker (Samantha Morton) che, insieme a tutta la sua famiglia, per tutta la vita si trova a dover fronteggiare il cancro e Mary-Claire King (Helen Hunt), una ricercatrice. Insieme si troveranno a combattere una comune lotta contro il tumore del seno. Le storie di due donne nel Canada degli anni sessanta, che separate da migliaia di chilometri di distanza e cresciute in ambienti molto differenti, si intrecciano a poco a poco fino al momento del loro incontro, quando le esistenze di entrambe cambieranno per sempre. Annie Parker, donna dal forte temperamento e con tanta voglia di vivere, è perseguitata dal cancro sin da quando undicenne vede morire la madre per un tumore al seno. Ed è solo ventenne quando anche la sorella maggiore soccombe a causa dello stesso male. La loro perdita instilla in Annie la convinzione, quasi ossessione, che anche lei sarà colpita dal cancro. Ripetutamente rassicurata da ogni medico che la sua famiglia è semplicemente stata "sfortunata" e che non c'è nulla di cui deve preoccuparsi, Annie (a 29 anni) scopre la presenza di un nodulo al seno, di cui verrà presto confermata la natura maligna, si sottopone così a un intervento di mastectomia radicale modificata a cui segue un ciclo di chemioterapia. Da quel momento per la giovane donna inizia una doppia battaglia: quella contro il tumore, e quella contro l'establishment medico scientifico che nega la possibile esistenza di un fattore ereditario nell'avvicendarsi di certi tipi di cancro. Forte e tenace non si dà mai per vinta, non perde la speranza e arriva a sconfiggere questo terribile male. La sua storia, insieme a quella di moltissime altre donne, accompagna, nella trama del film così come nella realtà dei fatti, gli studi della dottoressa Mary-Claire King, brillante ricercatrice che già ventenne si fa conoscere in tutto il mondo per la rilevanza delle sue scoperte scientifiche, che in un'epoca in cui l'informatizzazione era agli albori e i fondi per la ricerca genetica erano assai limitati e che contro il parere negativo di tutti, ostinandosi a lavorare su un particolare progetto, la porterà alla sensazionale scoperta dell’esistenza del legame tra il gene BRCA1 e il cancro al seno, di immenso valore anche nello studio di molte altre malattie.
Ultimamente il cinema ha cambiato metodo d'approccio alla malattia e a 'causa' di queste storie quindi, anche in questo caso, non aspettatevi una valle di lacrime, certo, si parla di sofferenza vera e di una malattia che in genere evoca istintivamente una prognosi infausta, ma non c’è solo quello. C’è la storia di una ricerca medica fondamentale, della speranza e della tenacia di Annie. Ma, soprattutto, c’è la storia, spesso divertente, di una donna come tutte, si parla anche di sesso. Ci si aspetterebbe infatti un documentario o una pellicola drammatica, invece, si ride spesso e sì, ci si commuove pure, ma ci si accende di speranza. Il film è ricco di quell'ironia che riesce a rendere sopportabili anche le situazioni più drammatiche. Ma al di là  e (quasi) nonostante la serietà della tematica principale, è un film molto gradevole: non c’è solo la malattia, ma c’è anche la vita di una donna come tutte, che affronta le gioie e i dolori giorno dopo giorno. E si viaggia attraverso i decenni, e la moda del momento. Protagonista è Samantha Morton, bella interprete di Annie Parker, strepitosa nel calarsi nei panni di una "predestinata" con un'autoironia e una leggerezza che contrastano la grevità (oltre che gravità) delle circostanze, non sbagliando una sfumatura, in un contesto filmico che di sfumature ne ha ben poche, sia per la natura di ciò che racconta, che per la messinscena parecchio artigianale (criminale l'utilizzo delle peggiori parrucche viste al cinema, in un film che parla della necessità, per i pazienti in chemioterapia, di indossare una). Nel ruolo della dottoressa King, c’è un’inedita e altrettanto convincente Helen Hunt, vedere per credere, relegata però al ruolo bidimensionale della scienziata ossessionata dalla sua ricerca e irrigidita dalla sua determinazione professionale. Del resto, questa è la storia di Annie (il film è basato sul resoconto che ne ha scritto uno dei suoi medici), non di Mary-Claire, e la totale mancanza di vanità di Samantha Morton nel raccontarcela ce la fa sentire vicina. Meno riusciti, come era prevedibile in un storia tutta virata al femminile, i personaggi maschili, a cominciare dal marito di Annie che ha il volto di Aaron Paul, ben noto al pubblico televisivo come lo spacciatore coprotagonista della serie Breaking Bad. Ma la forza del film risiede nella forza di queste due straordinarie donne perché le due protagoniste "trascinano" la narrazione con determinazione ostinata e invincibile. La vicenda di queste due guerriere resta impressa nello sguardo e nella coscienza.
Ma per meglio comprendere l'importanza della scoperta del BRCA-1, pensiamo a due storie «note». In quella di Annie Parker, si vede che effettivamente la familiarità al tumore ha colpito tutte le donne della famiglia, nonna, zia, mamma, sorella e anche lei. Un caso molto simile è quello dell'attrice Angelina Jolie, che nel 2013 si è sottoposta volontariamente ad un intervento di duplice mastectomia preventiva, avendo una storia di ereditarietà simile a quella di Annie. Questo gene, individuato grazie alla dottoressa Mary-Claire King (e la sua equipe di ricercatori), essendo legato al controllo del ciclo cellulare e legato alla codifica di una proteina suscettibile di cancro della mammella, può essere usato come sentinella: se lo si possiede, ci sono maggiori probabilità di sviluppare determinati tumori e quando muta, indica la perdita di controllo del ciclo cellulare. Inoltre, essendo un gene, permette di delineare l’ereditarietà (potenziale) tra soggetti della stessa famiglia. Insomma una scoperta sensazionale tra un dilagante scetticismo e superficialità medica. Comunque al di là delle sue tante pecche cinematografiche, Annie Parker "sfonda" il muro dell'indifferenza e racconta con pathos e humor una lotta contro il tempo e contro il senso di impotenza che ognuno di noi, sano o malato, prova almeno una volta nella vita. Il film rientra a pieno a titolo in quel nuovo gruppo di film, quelli socialmente e politicamente consapevoli e finalizzati a sensibilizzare il pubblico delle tematiche affrontate e a promuovere una collaborazione tra le istituzioni di beneficenza (e/o di ricerca) e l’industria cinematografica. Con la visione di Annie Parker il vantaggio è triplice: informazione, intrattenimento e beneficenza. Quella beneficenza che se aveste visto il film al cinema, non in televisione come me, avreste e avremo fatto. Infatti una parte dell’incasso del film è stata devoluta a sostegno dei progetti dell’associazione per la lotta dei tumori al seno. Il cinema però non racconta tutta la storia, nei titoli di coda apprendiamo come la realtà è certe volte più stupefacente e incredibile, perché la storia (vera) non finisce qui, a otto anni di distanza, le verrà diagnosticato un carcinoma dell’ovaio allo stadio 3, a sua volta trattato chirurgicamente e con cicli combinati di chemio. Nel 2004, quando ormai ha 53 anni, le viene diagnosticato una terza volta il cancro, questa volta nella parte superiore dell’addome. In tutti e tre i casi è riuscita a vincere ed è stata una delle prime donne in Canada a sottoporsi ai test sulla mutazione del gene BRCA (responsabile dell'insorgere della sua malattia) e a ricevere una diagnosi. Insomma, un epilogo tragico ma pieno di speranza. In conclusione però, levando di torno la malattia, il film convince, mescolando in modo eccelso una carica positiva e negativa, come già detto in precedenza, il film è anche divertente, con un cast di contorno di buon livello recitativo. Una visione la merita perché non solo ci fa conoscere una bella storia ma soprattutto la pellicola potrebbe aiutare le donne e tutti, sensibilizzando il mondo su un'argomento di grande interesse, come può essere un 'maledetto' tumore. Voto: 6+

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