giovedì 6 dicembre 2018

Ci vediamo a casa (2012)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2016 Qui - Nel film Ci vediamo a casa (2012), tre coppie molto diverse tra loro affrontano un problema comune che li unisce, la ricerca di una casa nella quale poter vivere insieme. Il titolo trae ispirazione dall'omonima canzone di Dolcenera, appositamente composta per la colonna sonora. La bibliotecaria Vilma (Ambra) e l'ex detenuto Franco (Edoardo Leo, che col suo carattere verace e romano coinvolge di più, una prova d’attore davvero sorprendente), nell'episodio che cattura di più, sognano una casa tutta per loro, e accettano di vivere con Giulio (Fassari), un pensionato malato di cuore, per assisterlo ma soprattutto per avere un tetto sotto il quale poter fare l’amore. All'opposto Gaia (Myriam Catania) e Stefano, nell'episodio più debole, dal punto di vista recitativo, che si perde in una storia legale che non riesce a coinvolgere, risultando per certi versi irritante, di problemi economici proprio non ne hanno: lei sta arredando il suo nuovo loft, lui, figlio del proprietario di un circolo sportivo, vive una vita da scapolo impenitente. Ma tra i due la convivenza proprio non funziona. Infine una coppia gay, che se da un lato promuove l'amore vero, da un lato è povero, inconcludente e superficiale, ma soprattutto inguardabile perché insopportabile per me, che sono (mi spiace dirlo) contro, Andrea (Reggiani) fa il poliziotto e Enzo (Vaporidis) canta nel coro della chiesa e vive in casa con una madre fricchettona e un po' invadente (la De Sio), che riesce nel corso del film a strappare gradevoli e ironiche risate. Con leggerezza il regista cerca di affrontare il problema dell'avere una casa al giorno d'oggi, ma lo sviluppo delle tre storie d'amore è affrontato superficialmente e la regia di Maurizio Ponzi è più adatta al piccolo schermo che al grande, esile nella scrittura, nelle idee, nella messa in scena e nell'interpretazione. Ci vediamo a casa si fa addirittura in tre per dire dell’inezia della borghesia, della disgrazia di piccola fattura, di immigrati compiacenti, di ardori adolescenziali, svolgendo a suon di maschere e cliché il tema della precarietà, della corruzione, della diversità, dell’omosessualità, della detenzione, dell'integrazione, dell'immigrazione, senza senso della misura, senza il senso delle cose (sociali), senza un senso. Ci vediamo a casa si sogna commedia applicata al sociale ma è più modestamente una favola che trasfigura la realtà, facendosi inconsistente lezione di civiltà. Le storie poi si sovrappongono solo nel finale senza un nesso logico. In conclusione, buoni attori, un'ottima fotografia, delle musiche riconoscibili e un tema intenso, ma il film manca quasi del tutto. Voto: 5,5

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