Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/03/2018 Qui - Dai e nei tempi di Twilight, la leggendaria figura del vampiro è stata messa a dura prova, perché purtroppo per colpa di quella sciagurata saga (almeno personalmente poiché alcuni fan ci sono ancora e non vorrei mai denigrare i suoi estimatori) la sua figura è andata via via sempre più scemando, tanto che da allora ho visto pochi film e apprezzati ancor meno. L'icona del vampiro infatti da sempre sinonimo ed emblema universale di dannazione, perdizione, tormento, desolazione interiore, struggimento, diversità ed emarginazione, fu gettata in pasto alle fauci spalancate della sfera della cosiddetta "normalità", del conformismo, dell'happy ending a tutti i costi, purgando di fatto la figura del vampiro da tutti i suoi aspetti sensuali, conturbanti ed oscuri, e proiettandola al di fuori di un contesto realmente metropolitano. Non di meno, numerosissimi emulatori che sono seguiti, hanno altresì tristemente privato i loro "luminescenti" e innamoratissimi succhia-sangue di qualsivoglia speranza di autentico appeal, o valenza simbolica, da quel punto di vista, un vampiro (e idem dicasi per un lupo mannaro, o per qualsiasi altra creatura sovrannaturale in generale) altro non è se non un bonazzo (o una bonazza, chiaramente, a seconda dei casi) dagli occhioni languidi e l'atteggiamento remissivo. Per nostra fortuna, Neil Jordan, veterano regista di pellicole di ogni genere (e alcuni altri registi che si sono ultimamente distinti in questi termini), pur prendendosi diverse licenze (ad esempio viene accantonato il classico morso sul collo a favore di un'unghia acuminata), soprattutto perché racconta gli aspetti più duri di un'esistenza solo apparentemente senza fine, riesce a ridarle (senza scadere nel ridicolo) lustro, un quasi miracolo che riconsegna la mitologia vampiresca al regno del decoro e del buon gusto (anche se da 6 anni fa molto è cambiato). Perché Byzantium, film del 2012 diretto dal regista irlandese con protagoniste Saoirse Ronan e Gemma Arterton, basato sulla pièce teatrale di Moira Buffini "A Vampire Story", autrice anche della sceneggiatura, e prima pellicola facente parte delle mie promesse cinematografiche del 2018 (che sarà continuamente aggiornato, e che trovate qui), è un film sui vampiri fatto bene. Un film in cui le mie aspettative (seppur mi aspettavo qualcosa di ancor migliore) non sono state disattese.
Il film infatti, un dramma di formazione notevole ed interessante sotto quasi ogni punto di vista, sia per quanto riguarda la parte più "tecnica" della sceneggiatura e del montaggio, sia dal punto di vista dei personaggi (secondo me davvero ottimamente caratterizzati), grazie al tono della narrazione, sommesso e intimista, che lo tiene distante dalla violenza gratuita (a parte qualche raro momento d'azione che però non fa risultare mai la pellicola troppo splatter o adrenalinica, anche se per fortuna queste scene ci sono), concentrandosi invece e soprattutto sulla psicologia delle due protagoniste (ottimamente interpretate dalle sue due protagoniste) e soprattutto su di un unico elemento soprannaturale (non aggiunge infatti altre bestie), si rivela un discreto lavoro. Perché l'ambiente lontano dai fasti è proficuo, la visione inoltre soffia abbondanti dosi di malinconia, tra bellezza e decadimento. Si respira anche, e con costanza, un senso di tragedia imminente, e se la sceneggiatura ogni tanto pare stentare, l'immagine invece paga l'occhio (soprattutto in alcuni excursus, non a caso il film è forte di alcune immagini molto belle ed evocative). Tutto ciò insieme ad altro arricchisce una storia coinvolgente seppur dal ritmo lento (giacché in principio scorre lenta, seppur a mio avviso questo serve a mettere l'accento sul fatto che il tempo per le protagoniste ha un'importanza relativa), che riesce anche ad incappare in qualche caduta di stile (nel finale, peccato) in mezzo comunque ad una splendida fotografia, belle inquadrature e scene che si ricordano. E per fare ciò il regista rimaneggia certamente i topoi classici, ma senza strafare, aggiungendo particolari e dettagli che sono segni di un tentativo di originalità, il vampirismo non è una maledizione, ma cura e sollievo, i vampiri non si creano ma si compattano in una fratellanza rigida ed esclusiva.
Tuttavia in questa fratellanza mal viste sono le donne (come vedremo durante la storia, storia intervallata dal racconto degli eventi successi nel 1800, riguardanti la vita di Clara come prostituta, la nascita della figlia Eleanor e la loro trasformazione in vampire, fino al giorno d'oggi), così tanto che le protagoniste di Byzantium, Eleanor (Saoirse Ronan) e Clara (Gemma Arterton), due giovani donne spacciandosi per sorelle, vivono in costante fuga da un "misterioso nemico" che le perseguita. Giunte in una desolata località di villeggiatura, Clara seduce l'imbranato Noel. Le due donne si insediano nella pensione della defunta madre di Noel, quella Byzantium che dà il nome al film. Si capisce presto che sono due vampire, madre e figlia, costrette a uccidere le persone per nutrirsi del loro sangue. Ma quando entrambe faranno i conti con il passato, qualcosa cambierà nelle loro vite, anche perché le due, legate da un morboso rapporto di conflitto/dipendenza l'una dall'altra, esperta e spietata la prima, compassionevole e schiva la seconda, seppur indissolubilmente legate ma pur sempre diverse come giorno e notte, dovranno trovare un punto d'incontro per sopravvivere e altresì vivere. D'altronde la storia di Byzantium ruota attorno ai caratteri opposti e conflittuali delle due vampire. La madre Clara esercita fin da secoli la prostituzione, e continua a farlo in maniera del tutto disinvolta, seducendo chiunque le possa essere utile per poter andare avanti e sopravvivere. Sceglie come vittime solo criminali, clienti maneschi o chiunque minacci la vita sua e della figlia. Di carattere opposto è Eleanor, che mal sopporta sia la sua condizione di vampira sia la madre opprimente e protettiva (e che nel frattempo conosce e si innamora di Frank, un giovane malato di leucemia). Le sue vittime sono persone anziane e in fin di vita, alle quali dà, quasi teneramente, l'eutanasia, nel senso letterale di dolce morte.
Tuttavia in questa fratellanza mal viste sono le donne (come vedremo durante la storia, storia intervallata dal racconto degli eventi successi nel 1800, riguardanti la vita di Clara come prostituta, la nascita della figlia Eleanor e la loro trasformazione in vampire, fino al giorno d'oggi), così tanto che le protagoniste di Byzantium, Eleanor (Saoirse Ronan) e Clara (Gemma Arterton), due giovani donne spacciandosi per sorelle, vivono in costante fuga da un "misterioso nemico" che le perseguita. Giunte in una desolata località di villeggiatura, Clara seduce l'imbranato Noel. Le due donne si insediano nella pensione della defunta madre di Noel, quella Byzantium che dà il nome al film. Si capisce presto che sono due vampire, madre e figlia, costrette a uccidere le persone per nutrirsi del loro sangue. Ma quando entrambe faranno i conti con il passato, qualcosa cambierà nelle loro vite, anche perché le due, legate da un morboso rapporto di conflitto/dipendenza l'una dall'altra, esperta e spietata la prima, compassionevole e schiva la seconda, seppur indissolubilmente legate ma pur sempre diverse come giorno e notte, dovranno trovare un punto d'incontro per sopravvivere e altresì vivere. D'altronde la storia di Byzantium ruota attorno ai caratteri opposti e conflittuali delle due vampire. La madre Clara esercita fin da secoli la prostituzione, e continua a farlo in maniera del tutto disinvolta, seducendo chiunque le possa essere utile per poter andare avanti e sopravvivere. Sceglie come vittime solo criminali, clienti maneschi o chiunque minacci la vita sua e della figlia. Di carattere opposto è Eleanor, che mal sopporta sia la sua condizione di vampira sia la madre opprimente e protettiva (e che nel frattempo conosce e si innamora di Frank, un giovane malato di leucemia). Le sue vittime sono persone anziane e in fin di vita, alle quali dà, quasi teneramente, l'eutanasia, nel senso letterale di dolce morte.
Abbiamo quindi la riproposizione di alcune tematiche già presenti nei film Intervista col Vampiro e In Compagnia dei Lupi. Come nel primo film citato, abbiamo la rappresentazione del vampiro come creatura eternamente dannata dalla sua immortalità e dalla sua condizione di diverso. Del secondo film ritorna il tema della perdita dell'innocenza e la fine dell'adolescenza. Il risultato è perciò un'avvincente (seppur non perfetta) storia di ricerca dell'indipendenza da un passato opprimente che non lascia pace, con l'incubo di vivere un presente sempre uguale e senza cambiamenti, in cui il vampiro è una metafora del disagio sociale e psicologico, che in Byzantium viene esasperata dall'atmosfera dismessa della località di villeggiatura fuori stagione (ambientazione che ricorre spesso nei film dell'autore) e dagli interni della pensione abbandonata. Purtroppo però non sempre riesce il film, dalle due facce molto diverse, una abbastanza in verità trascurabile, ovvero quella contemporanea, risolta in truculente scene d'azione e negli stucchevoli patemi sentimentali della ragazzina con nostalgia di normalità (anche se bisogna dire che Saoirse Ronan ha la faccia giusta per certi ruoli sofferti, vedi Amabili Resti o il suo ultimo Brooklyn), l'altra più suggestiva grazie a i flashback del primo '800, che spiegano la genesi di tutto (visivamente abbaglianti le scene nell'isola misteriosa, con le cascate d'acqua che all'improvviso diventano rosse di sangue) a convincere pienamente. Non solo il già citato finale, di cui specificherò tra poche righe, ma su altro, come l'espediente usato nella storia per la mutazione (che tuttavia è molto scenografico) e perché contrariamente a quanto il titolo sembra promettere, viene quasi del tutto sprecata l'ambientazione decadente nell'albergo (le stanze si vedono poco e non hanno nulla di particolare, solo l'ascensore fa una certa impressione), e inoltre la "paura" al contrario del sangue scorre pochissimo.
Tornando al finale, il suddetto è un po' affrettato e precipitoso (soprattutto inquadrandolo all'interno della cornice della durata complessiva del film, quasi centoventi minuti filati, che comunque non sono pochi) e forse anche, ahimè, un tantino prevedibile e tirato per i capelli. Negli ultimi minuti infatti c'è un cambio di ritmo e anche, cosa ancora più importante, di tono e di atmosfera, che mi ha lasciato leggermente perplesso, anche se non al punto da avermi guastato l'intera visione, per fortuna. Nulla da dire invece sulle interpretazioni, seppur c'è assai meno qualità tra gli uomini, se Caleb Landry Jones è una lieta sorpresa, Jonny Lee Miller si limita al compitino, Sam Riley non ha invece le caratteristiche fascinose del vampiro senza tempo, e la sua parte da tale qualità ne avrebbe tratto beneficio. Tra gli interpreti femminili al contrario è corsa a due tra le donne, dove ancora una volta svetta Saoirse Ronan, aiutata da un personaggio acuto per personalità, ma anche elettrizzante di suo a partire dallo sguardo, ruolo maturo invece per Gemma Artenton che bella lo è da sempre (ed indubbiamente questo aiuta), ma questa volta mette in campo anche doti umorali da attrice navigata e di temperamento. Tutto ciò da vita ad un'opera passata troppo inosservata (tanto che ho saputo della sua esistenza solo poco tempo fa), non che possa vantare i crismi della perfezione (e non so nemmeno se gli amanti dei vampiri possano apprezzare fino in fondo, non è un horror), ma ripropone un Neil Jordan ringiovanito, una versione vampiresca che non si limita a riecheggiare il mito e tanti dilemmi propri dell'esistenza. Un'opera dolce/amara gradevole ed estremamente affascinante, anche se non del tutto risoluta che, nonostante un ritmo sommesso in alcuni frangenti, è comunque capace di regalare una visione senza fronzoli e interessante quanto basta. Perché Byzantium, uno dei film di vampiri più bello e delicato che abbia mai visto, è un ottimo film di vampiri, capace di catturare l'interesse dello spettatore grazie all'atmosfera che il regista riesce a creare e alle particolari dinamiche che si instaurano tra i personaggi, che forse non sarà per tutti, ma che un'occhiata certamente se la merita. Voto: 7