Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/10/2021 Qui - Un'opera, una storia, minimale (e breve) ma molto intensa. Un'opera meno trascinante e articolata (era suddivisa in tre episodi incentrati su tre momenti diversi della vita dei due personaggi principali) di 5 centimetri al secondo (di cui tuttavia, vista la durata di 40 minuti, poteva tranquillamente farne parte), ma ugualmente e come d'abitudine per il regista Makoto Shinkai, sempre esemplare nel mettere in sinergica musica e immagini, nella scansione ritmica che si accorda alla ciclicità delle stagioni (la pioggia: accadimento naturale o fenomeno esistenziale?), è un altro valido tentativo di esplorare i paesaggi interiori attraverso il linguaggio degli anime. Egli nelle sue opere chiaramente ha deciso di indagare le mille sfumature degli amori impossibili, contrastati, improbabili, ma che nascono in qualche modo magico e, tragicamente, dolorosamente, sono costretti a svanire o, forse, a cominciare davvero. Diversamente ma meglio che in Viaggio verso Agartha od Oltre le nuvole, il luogo promessoci quindi, ne Il giardino delle parole riesce, incarnando le sue idee di fare animazione, a renderci partecipe di una storia d'amore non convenzionale ma sincera (tra insegnante e alunno). Pare quasi di esserci in quel giardino, le cui meraviglie, dipinte al variare delle stagioni (di cui sopra), evocano i sentimenti e le emozioni dei personaggi, e di riflesso le nostre. Arrivati ai titoli di coda si ha la piacevole sensazione d'aver respirato quarantasei minuti d'aria pura. Certo, manca di introspezione psicologica, ci sono sia i soliti pregi che i soliti difetti delle opere del regista giapponese, che qui oltretutto quasi si ripete narrativamente e non solo, ma a conti fatti un buonissimo prodotto. Voto: 7
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