Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/10/2021 Qui - Dopo aver spiazzato il pubblico con Nymphomaniac, apologia del sesso, e prima ancora con Antichrist (ultimo suo film visto), suggestione e simboli, Lars Von Trier prova a scuotere nuovamente pubblico (e critica) con un film sulla violenza umana, incarnata nel folle Jack, serial killer autore di oltre 60 omicidi efferati. Ci riesce, ma solo in parte, difficile esprimere però un giudizio chiaro. Perché un film del genere è quasi incommentabile. Lo sforzo di ricerca, di accurata scelta dei simboli e dei richiami presenti all'interno di questo lavoro è talmente (e palesemente) enorme che non credo molti se non Lars Von Trier stesso sarebbero in grado di analizzarlo come merita. Per questo, mi sento di poterne parlare solo in base all'esperienza di visione, al di là di tutto. Ho trovato La casa di Jack un film molto, troppo auto-celebrativo, con delle grandi idee dietro e una direzione artistica innegabile, che cade però vittima sia del marketing assolutamente sbagliato (sembrava dovesse essere un torture porn inguardabile, quando in realtà c'è ben poco di così macabro) sia di un ritmo altalenante che in alcune parti lo rende quasi soporifero (la lunghezza esorbitante non aiuta). In ogni caso, i venti minuti finali sono così brillanti e poetici che eleverebbero anche i peggiori film a un livello superiore. Inusuale, particolare, con i suoi inciampi, ma che resta piuttosto impresso (simpatiche le canzoni usate come colonna sonora), La casa di Jack è un film riuscito (impeccabile tutto il cast, compreso Matt Dillon), ma non è un capolavoro assoluto. Voto: 6
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