Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/10/2021 Qui - Qualche dubbio sulla sincerità complessiva dell'operazione ma il documentario (candidato per il miglior film internazionale e il miglior documentario agli Oscar 2020) ci svela, con una fotografia spesso emozionante, una realtà remota e sconosciuta. Un film sulla dignità che vive nella povertà. C'è chi decide di rimanere umano, di trovare sempre del bello. La nostra protagonista è adorabile, ama tutto, ama sua madre, la natura, i suoi animali, ama anche chi le fa del male. E la natura avverte questo amore, sembra immune a tutto, soprattutto messa in comparazione con l'altra famiglia. Può essere solo l'uomo a farle del male (perché dai su, tutti abbiamo i vicini rompiscatole). Ecco, in questo caso, ma non solo (ci sono infatti alcuni dettagli che lasciano perplessi), la sceneggiatura sembra scritta esattamente come per un film di finzione (il fortuito sopraggiungere di una famiglia nomade, fatto che peraltro innesca l'ossatura della narrazione, senza la quale il film avrebbe finito per risultare più descrittivo che narrativo, potrebbe non essere così fortuito). Eppure il documentario è visivamente bello e sono certo che racconti una realtà inesplorata che dove non è vera è probabilmente verosimile. Diretto da Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov, al loro esordio alla regia di un lungometraggio, Honeyland o Medena zemja dir si voglia (in quest'ultimo caso in originale della lingua della Macedonia del Nord), è sicuramente un documentario interessante, forse troppo flemmatico, ma comunque consigliabile, se non a tutti, agli appassionati del genere. Voto: 6
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