Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/10/2021 Qui - The Birth of a Nation, 12 anni schiavo, Django Unchained, giù giù fino a Il colore viola: il filone è quello. Storia vera di Harriet Tubman che, nata schiava, scappa iniziando una battaglia che porterà alla liberazione di centinaia di altri schiavi. Un buon film, che purtroppo paga i suoi difetti. Se la storia ha infatti il pregio di dare risalto a un personaggio storico facendolo uscire dai confini americani, la messa in scena non osa granché e si affida a una scansione del racconto molto tradizionale attraverso immagini convenzionali. Tutto è da copione nella visione della Kasi Lemmons (per lo più attrice, era in Candyman), bene e male sono facilmente riconoscibili e non messi in discussione e l'assenza di dubbi impedisce un coinvolgimento emotivo, perché non si teme davvero mai per la sorte della protagonista, eroina senza macchia e senza paura guidata dai suoi ideali e dalle visioni mistiche (per cui fu soprannominata Mosè) che la aiutano a evitare i pericoli e a superare con successo ogni difficoltà. La carne al fuoco potrebbe quindi essere tanta, ma sceneggiatura e regia si limitano a illustrare la vicenda senza scalfire l'icona e non dando risalto alle ombre che potrebbero infondere verità alla cartolina. Se l'intento didattico quindi è raggiunto, l'agiografia non si scampa e il cinema sonnecchia. Un valore aggiunto è dato dall'interpretazione della britannica Cynthia Erivo (era in Widows), per la sua prova candidata all'Oscar come Migliore Attrice Protagonista, e dalla colonna sonora che si tinge di gospel ma imprime personalità solo nei titoli di coda, con la discreta "Stand Up", anch'essa candidata all'Oscar (nel 2020). Non male, sicuramente da vedere, ma sa comunque di occasione sprecata. Voto: 5,5
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