Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/11/2019 Qui
Tema e genere: Un heist movie declinato al femminile che ha come punti cardine la miseria umana e la sete di potere. Ma è anche un thriller drammatico, purtroppo però sin troppo smaccato e dalla tesi prevedibile per convincere minimamente.
Tema e genere: Un heist movie declinato al femminile che ha come punti cardine la miseria umana e la sete di potere. Ma è anche un thriller drammatico, purtroppo però sin troppo smaccato e dalla tesi prevedibile per convincere minimamente.
Trama: A Chicago quattro donne, rimaste vedove dopo l'uccisione dei rispettivi mariti, si uniscono per scampare da debiti e minacce, e organizzano una rapina.
Recensione: Una Chicago attuale ma colma di irregolarità governative, stile Capone d'annata (dove il 18° distretto diventa l'oggetto dei desideri di due sponde, nessuna delle quali dedita a legge e onestà, nessuna delle quali presumibilmente avulsa di quattrini), è la location della quale si serve Steve McQueen per adattare, cinematograficamente parlando, l'omonima (e anonima) serie tv degli anni '80, aiutato dalla sceneggiatura di Gillian Flynn, non una qualunque, già scrittrice del romanzo Gone Girl e poi sceneggiatrice della trasposizione cinematografica diretta da David Fincher, ma non basta, tremenda delusione. Perché certo, non si può dire che manchi il materiale narrativo, in questo guazzabuglio convulso, serioso ed altamente improbabile che segna il ritorno in regia di Steve McQueen, un cineasta fino ad ora assai apprezzato con Shame, Hunger e soprattutto 12 Anni Schiavo, pellicole notevoli in grado di azzerare quasi la sua iniziale imbarazzante omonimia provocata dal suo nome "impegnativo", qui alla sua prima clamorosa débâcle (almeno secondo il presente punto di vista), ma molte, troppe, sono le cose che qui non funzionano: a partire dalla costruzione dei personaggi, concatenati l'un l'altro da un filo di combinazioni e probabilità assurdi. I due, anzi tre (c'è pure il grande vecchio Robert Duvall) politici coinvolti nella sporca vicenda sono così laidi, beceri e corrotti da apparire come caricature quasi comiche, Liam Neeson, marito della protagonista Viola Davis, è un delinquente incallito ed impenitente, ma viene celebrato al funerale con gli onori che si riservano ad un eroe nazionale, la coppia tra l'altro si scopre afflitta in precedenza da un grave lutto da intolleranza razziale (che accozzaglia incontrollata di carne sul fuoco..) mai elaborato che ha finito per dividerli, ancora, come se non bastasse, il colpo messo a segno comporta tutta una serie di circostanze "ad orologeria" tanto fantasmagoriche ed improbabili, che pare trovarci in un film di fantascienza, tanto risultano campate per aria le vicissitudini delle quattro serissime donne coinvolte, casalinghe frustrate e al verde a causa degli scellerati consorti.
E la mancanza totale di ironia (Viola Davis, altrove fino ad ora sempre bravissima, più o meno, che gira ogni dove accompagnata dalla cagnetta imbambolata non si sa bene come prenderla, e pare pure lei imbarazzata a doversi spupazzare la bestiola, bella certo, ma completamente scema ed inespressiva in ogni circostanza e situazione), la concatenazione assurda degli eventi, l'intreccio a sorpresa che ad un certo punto rimette molto in gioco (peraltro a pensarci bene nemmeno tanto sorprendente, ma certo assurdo) rende inaccettabile la dinamica di un film che si trascina avanti serioso e concitato sino ad un finale goffo e sbrigativo. Ed è un peccato, perché il film è comunque capace di intrattenere senza particolari cadute di ritmo, esaltato dalle notevoli sequenze più prettamente action, l'eleganza della messa in scena e della regia non sono poi in discussione, però difficile è portare a compimento la lunga visione della pellicola, di una pellicola che paga pegno appunto a causa di alcune scelte, sviluppi e intrecci il cui calcolo finisce per avere la meglio sulla credibilità stessa dell'intera narrazione, senza farsi immalinconire dalla pesantezza delle situazioni e dei personaggi protagonisti, giacché non c'è (come accennato) un momento di svago neanche a pagarlo oro: niente passaggi minimamente leggeri, niente battute sdrammatizzanti, nessuna figura da mandare a memoria, anzi, nel grigiore generale forse una c'è: il politico derelitto interpretato da quel vecchio leone di Robert Duvall, bastano i tre minuti di una sua sfuriata al figlio imbelle Colin Farrell per dimostrare a tutti chi comanda ancora. Il problema è che già dalla scelta della caratterizzazione delle tre protagoniste (un'afroamericana, una latinoamericana, un'immigrata polacca) è particolarmente evidente la volontà del regista di "infiltrare" connotazioni socio-politiche al suo film, di genere quanto si vuole ma pur sempre impegnato, in alcuni casi eccede (vedi la ridicola sequenza in cui scopriamo come morì il figlio adolescente di Veronica), in altri sottostà alla misandria neanche troppo strisciante che struttura l'intera operazione (non c'è una sola figura maschile positiva nel film), finendo per trasformare il tutto in un film dalla tesi tanto palese quanto prevedibile. Insomma una brusca frenata, questo Widows, per un regista che fino ad ora aveva dimostrato sempre un gran talento, e che mi auguro almeno, abbia in questo contesto deludente e colmo di forzature, lavorato su commissione per pure esigenze "alimentari". Il cast coinvolto appare di gran richiamo (e lo è, attori mica da quattro soldi, alcuni anche da Oscar), ma la circostanza non aiuta affatto a risollevare le sorti di un thriller forzato e sopra le righe che non possiede il senso della misura né del ridicolo.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: C'è da dire nei riguardi di Steve McQueen che è ammirevole il modo con cui lui intenda diversificare il suo cinema, cimentandosi stavolta in qualcosa di molto lontano da ciò che ci aveva abituati a vedere, e con Widows - Eredità criminale arriva a tanto prendendo a cuore questo crime movie e stendendo addirittura l'intricato script con l'aiuto del Gillian Flynn de L'amore bugiardo - Gone girl, il problema è che, dopo un inizio folgorante preso a mostrare il pronunciato colpo andato a male con esiti spettacolari, il racconto tende ad ammosciarsi, cercando di creare delle tensioni interiori nei suoi protagonisti ma finendo invece di sviluppare una trama fatta esclusivamente di noia. In più lo stile tipico del suddetto regista qua si mette al servizio di un manierismo tipicamente hollywoodiano, regalando giusto un paio di trovate tipiche del suo cinema ma adeguandosi ad una regia senza guizzi, stantia e impersonale. Cynthia Erivo è molto meno figa di quella vista solo qualche settimana fa in 7 Sconosciuti a El Royale di Drew Goddard, Viola Davis è lontana anni luce dalla prova da Oscar datasi in Barriere di Denzel Washington, la bravissima Carrie Coon compare in tre scene tre e poi non si capisce bene che fine faccia, Daniel Kaluuya di Scappa - Get Out fa il criminale sadico più sadico dei cattivoni dell'horror di Jordan Peele (scelta che è pure stonata col resto delle atmosfere del film, per lo più mogie e depresse) e un Liam Neeson fintissimo nella parte del maritino tutti baci e abbracci e carezze. Messe di nomi forti a fare da contorno, oltre al succitato Neeson anche Colin Farrell, Robert Duvall, Jackie Weaver, Lucas Haas, Jon Bernthal e Michelle Rodriguez, tutti pedine di un racconto noir dalle forti premesse ma con risultati alterni, se non proprio noiosi, che non riescono a rendere accattivante il plot che smuove l'intera vicenda narrata da Widows - Eredità criminale. Forse per McQueen è meglio tornare a parlare di storie drammatiche, vicende con cui creare delle istantanee filmiche su cui concentrarsi, perché il passo verso le storie criminali fatto in questo lungometraggio (dove pregevole è forse solamente la colonna sonora) è un vero proprio errore di percorso per il nostro autore, spingendolo in una retrocessione creativa che lo fa girare a vuoto.
E la mancanza totale di ironia (Viola Davis, altrove fino ad ora sempre bravissima, più o meno, che gira ogni dove accompagnata dalla cagnetta imbambolata non si sa bene come prenderla, e pare pure lei imbarazzata a doversi spupazzare la bestiola, bella certo, ma completamente scema ed inespressiva in ogni circostanza e situazione), la concatenazione assurda degli eventi, l'intreccio a sorpresa che ad un certo punto rimette molto in gioco (peraltro a pensarci bene nemmeno tanto sorprendente, ma certo assurdo) rende inaccettabile la dinamica di un film che si trascina avanti serioso e concitato sino ad un finale goffo e sbrigativo. Ed è un peccato, perché il film è comunque capace di intrattenere senza particolari cadute di ritmo, esaltato dalle notevoli sequenze più prettamente action, l'eleganza della messa in scena e della regia non sono poi in discussione, però difficile è portare a compimento la lunga visione della pellicola, di una pellicola che paga pegno appunto a causa di alcune scelte, sviluppi e intrecci il cui calcolo finisce per avere la meglio sulla credibilità stessa dell'intera narrazione, senza farsi immalinconire dalla pesantezza delle situazioni e dei personaggi protagonisti, giacché non c'è (come accennato) un momento di svago neanche a pagarlo oro: niente passaggi minimamente leggeri, niente battute sdrammatizzanti, nessuna figura da mandare a memoria, anzi, nel grigiore generale forse una c'è: il politico derelitto interpretato da quel vecchio leone di Robert Duvall, bastano i tre minuti di una sua sfuriata al figlio imbelle Colin Farrell per dimostrare a tutti chi comanda ancora. Il problema è che già dalla scelta della caratterizzazione delle tre protagoniste (un'afroamericana, una latinoamericana, un'immigrata polacca) è particolarmente evidente la volontà del regista di "infiltrare" connotazioni socio-politiche al suo film, di genere quanto si vuole ma pur sempre impegnato, in alcuni casi eccede (vedi la ridicola sequenza in cui scopriamo come morì il figlio adolescente di Veronica), in altri sottostà alla misandria neanche troppo strisciante che struttura l'intera operazione (non c'è una sola figura maschile positiva nel film), finendo per trasformare il tutto in un film dalla tesi tanto palese quanto prevedibile. Insomma una brusca frenata, questo Widows, per un regista che fino ad ora aveva dimostrato sempre un gran talento, e che mi auguro almeno, abbia in questo contesto deludente e colmo di forzature, lavorato su commissione per pure esigenze "alimentari". Il cast coinvolto appare di gran richiamo (e lo è, attori mica da quattro soldi, alcuni anche da Oscar), ma la circostanza non aiuta affatto a risollevare le sorti di un thriller forzato e sopra le righe che non possiede il senso della misura né del ridicolo.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: C'è da dire nei riguardi di Steve McQueen che è ammirevole il modo con cui lui intenda diversificare il suo cinema, cimentandosi stavolta in qualcosa di molto lontano da ciò che ci aveva abituati a vedere, e con Widows - Eredità criminale arriva a tanto prendendo a cuore questo crime movie e stendendo addirittura l'intricato script con l'aiuto del Gillian Flynn de L'amore bugiardo - Gone girl, il problema è che, dopo un inizio folgorante preso a mostrare il pronunciato colpo andato a male con esiti spettacolari, il racconto tende ad ammosciarsi, cercando di creare delle tensioni interiori nei suoi protagonisti ma finendo invece di sviluppare una trama fatta esclusivamente di noia. In più lo stile tipico del suddetto regista qua si mette al servizio di un manierismo tipicamente hollywoodiano, regalando giusto un paio di trovate tipiche del suo cinema ma adeguandosi ad una regia senza guizzi, stantia e impersonale. Cynthia Erivo è molto meno figa di quella vista solo qualche settimana fa in 7 Sconosciuti a El Royale di Drew Goddard, Viola Davis è lontana anni luce dalla prova da Oscar datasi in Barriere di Denzel Washington, la bravissima Carrie Coon compare in tre scene tre e poi non si capisce bene che fine faccia, Daniel Kaluuya di Scappa - Get Out fa il criminale sadico più sadico dei cattivoni dell'horror di Jordan Peele (scelta che è pure stonata col resto delle atmosfere del film, per lo più mogie e depresse) e un Liam Neeson fintissimo nella parte del maritino tutti baci e abbracci e carezze. Messe di nomi forti a fare da contorno, oltre al succitato Neeson anche Colin Farrell, Robert Duvall, Jackie Weaver, Lucas Haas, Jon Bernthal e Michelle Rodriguez, tutti pedine di un racconto noir dalle forti premesse ma con risultati alterni, se non proprio noiosi, che non riescono a rendere accattivante il plot che smuove l'intera vicenda narrata da Widows - Eredità criminale. Forse per McQueen è meglio tornare a parlare di storie drammatiche, vicende con cui creare delle istantanee filmiche su cui concentrarsi, perché il passo verso le storie criminali fatto in questo lungometraggio (dove pregevole è forse solamente la colonna sonora) è un vero proprio errore di percorso per il nostro autore, spingendolo in una retrocessione creativa che lo fa girare a vuoto.
Commento Finale: E' buffo questo film, che fa la stessa cosa di Ocean's 8 (mostrare il riscatto delle donne e dar loro un ruolo, quello del rapinatore, che iconograficamente è sempre appartenuto agli uomini) ma che al contrario del film di Gary Ross vuole essere sempre così mesto, serioso e intellettuale, e i cui strafalcioni sono di conseguenza meno perdonabili. E ne commette di strafalcioni il film di Steve McQueen, tanto che ci pensa un bel cagnolino paffuto e dolcissimo a trovare indizi, innescare svolte di trama e lanciare il colpo di scena più sorprendente, che arriva oltre l'ora e mezza e un po' ti risveglia dalla sonnolenza generale emanata dallo schermo. Il soggetto vorrebbe fare "troppo" ma gli sceneggiatori non riescono a ricavarne nulla e poco può qualche buon tocco registico, perché il film non prende mai quota e alla lunga annoia pure. Delude anche Viola Davis, che non sembra riuscire a far suo il personaggio: non riesce a graffiare come al solito, il suo ruolo da protagonista non è travolgente. Piuttosto sembra in balia con un continuo susseguirsi di espressioni amare di poco impatto. Gli altri personaggi proprio per lo scarso approfondimento non possono incidere. L'unica che sembra davvero a proprio agio e che è capace di convincere è Elizabeth Debicki, davvero molto brava. Ma davvero per una cosa riuscita, ce ne sono quattro appena abbozzate e il film non può convincere.
Consigliato: Per me è no, soprattutto agli amanti del genere dico no, ma a tutti gli altri può anche piacere, ma non mi prendo la responsabilità.
Voto: 5
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