Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/11/2019 Qui
Tema e genere: Film psico-fantascientifico tratto dal romanzo di Stanislaw Lem e messo su pellicola dal grande regista russo Andrej Tarkovskji.
Trama: Nella stazione spaziale in orbita intorno a Solaris, pianeta misterioso, accadono strani incidenti. Un celebre psicologo giunto in perlustrazione scopre che Solaris materializza tutte le immagini sepolte nella memoria degli astronauti. Individuato il "male", lo psicologo si trova a sua volta invischiato dall'entità aliena tanto da ritrovarsi (nella fantasia o nella realtà?) accanto alla moglie morta da anni, nella loro verdissima isba immersa nella campagna russa.
Recensione: Quella che, al momento dell'uscita, venne denominata come "La risposta della cinematografia sovietica a 2001: Odissea nello spazio", non mi ha del tutto convinto. Allora la principale destinazione delle critiche negative fu la sconsiderata opera di taglio e cucito imposta dalla distribuzione italiana, ma, a mio avviso, anche la versione integrale (di 2 ore e 40 minuti circa) è ben lontana dall'evocare le atmosfere ipnotiche e lisergiche del mitico film di Stanley Kubrick (mentre sul doppiaggio una parola, osceno, le parti non tradotte rendevan tutta un'altra atmosfera). Non che Andrej Tarkovskji non sappia il fatto suo in materia cinematografica e nemmeno che in questo Solaris non se ne veda l'impronta, eppure trovo che il risultato sia meno suggestivo ed avvolgente di quanto avrebbe dovuto o potuto essere. Il soggetto, fanta-coscientifico, della materializzazione dei pensieri (che siano ricordi piacevoli o paure) dell'uomo, è di una certa efficacia (tanto che in seguito verrà più volte ripreso e riproposto) e nelle mani del cineasta bielorusso si carica ulteriormente di pathos, fornendo l'occasione per riflettere sull'uomo e la sua condizione di solitudine e fragilità. Condizione dalla quale esso cerca di fuggire attraverso l'innaturale compagnia di riproduzioni, repliche, idealizzazioni materializzate, di figure che animarono il suo passato ed alle quali esso si appoggia per non fronteggiare la dura realtà del presente. Non solo: se l'uomo, reale, cosciente, fatto di atomi, si arrende alla debolezza e si rifugia tra le braccia di un ricordo animato, quest'ultimo, teoricamente immateriale, composto da soli neutrini, che nella realtà terrestre non avrebbe ragion d'essere, su Solaris prende coscienza di sé e della situazione, si arma di coraggio e consapevolezza e si sacrifica per il bene del suo involontario creatore, debole e spaventato. Insomma: un film dai contenuti social-filosofici assai pretenziosi e dalla forma virtuosa sia in termini di sceneggiatura, lentissima e faticosa, che di fotografia, pesante ed opprimente nei suoi colori desaturati, che di inquadrature, lunghe e fisse su particolari non preponderanti (immancabili i particolari su scrosci, o rivoli, o pozze d'acqua e gli scorci di vegetazione selvaggia). Le scenografie ovviamente futuriste, dalle geometrie abbastanza rigide, con una netta prevalenza di rosso, bianco e marrone, che, a turno, si contendono il dominio cromatico della scena, effettivamente richiamano parecchio gli ambienti dell'astronave Kubrickiana e fanno un certo effetto. Non male la prova degli attori, praticamente sconosciuti, che riescono a mantenere un livello di trasporto ed emozione tale da risultare credibili. Peccato per la scarsa fruibilità di un'opera (presentata al 25º Festival di Cannes dove vinse il Grand Prix Speciale della Giuria) che richiede un certo sacrificio, forse non ripagato a dovere. Anche se poi, alla fine, pesante, pesante come un mattone, ma affascinante e realizzato alla grande. Tanto che per chi riesce a digerirlo può essere un capolavoro. Non per me, ma in fondo è solo la mia opinione. Comunque, beh è da vedere, almeno una volta.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Opera etichettata in Italia come opera di fantascienza con il suo fuorviante slogan (è invece un film sulla psiche umana, sulla metafisica, un viaggio ipnotico e mentale, letteralmente), il Solaris di Tarkovskij non punta quasi per nulla sul piano degli effetti speciali, bensì si sviluppa più che altro come un viaggio nei meandri dell'inconscio e della mente dell'essere umano. La stazione spaziale del film è quanto di meno tecnologico ci possa essere: disordinata, sporca e poco accogliente. Inoltre l'elemento fantascientifico del pianeta (il non-luogo, questo enorme oceano pensante che fa da sfondo alle vicende) diventa per Tarkovskij il pretesto, l'invito a interrogarsi sui motivi che spingono l'uomo a esplorare altri mondi ma anche, e soprattutto, a riflettere sui limiti della propria conoscenza e razionalità (il suggestivo finale, aperto a molteplici interpretazioni, lascia un segno agghiacciante e sconvolgente, ed induce a riflettere sul ritorno alle proprie radici). Un film "pesante", complesso, di "fanta-coscienza" se si vuole definirlo tale, e di non facile comprensione a causa del ritmo lento e contemplativo che impernia tutta la pellicola (io ho apprezzato moltissimo la prima parte che incuriosisce e fa salire il mistero di Solaris e il finale abbastanza ambiguo e spiazzante, la parte centrale, con pochi dialoghi e un'atmosfera lenta, alla lunga invece mi ha un po' stancato). La scenografia scelta dal regista appare piuttosto semplice e antiquata, ma è comunque di forte impatto visivo per lo spettatore. Particolare è l'uso dei colori (il bianco e nero viene utilizzato in diverse scene). Molto bella e degna di nota la colonna sonora. Bravissimi gli interpreti, soprattutto Donatas Banionis.
Commento Finale: Visto nella versione integrale, con la prima parte in russo con i sottotitoli in italiano. Non è mai facile commentare film come questi, sarebbe come discutere di un trattato di teologia o filosofia, comunque rimane difficile pensare ad un'unica chiave di lettura. Sicuramente si tratta di un film interessante e di ampio respiro che mostra il talento narrativo e intellettuale di un grande regista, ma devo ammettere che il sentimento prevalente durante la visione è stato il tedio. Anche perché a me ha trasmesso un senso di smarrimento e pessimismo, ineluttabilità. Bello ma inutilmente lungo e, come apparentemente tanto di quel che arriva dalla Russia, pesantemente tragico.
Consigliato: Solaris è un film impegnato ed impegnativo, fondamentalmente privo di azione in cui la fantascienza non è che un'ambientazione per analizzare l'animo umano. Sconsiglio la visione a chi vuole solo divertirsi, ma almeno una volta nella vita Solaris va visto, come del resto 2001: Odissea nello spazio.
Voto: 7+
Trama: Nella stazione spaziale in orbita intorno a Solaris, pianeta misterioso, accadono strani incidenti. Un celebre psicologo giunto in perlustrazione scopre che Solaris materializza tutte le immagini sepolte nella memoria degli astronauti. Individuato il "male", lo psicologo si trova a sua volta invischiato dall'entità aliena tanto da ritrovarsi (nella fantasia o nella realtà?) accanto alla moglie morta da anni, nella loro verdissima isba immersa nella campagna russa.
Recensione: Quella che, al momento dell'uscita, venne denominata come "La risposta della cinematografia sovietica a 2001: Odissea nello spazio", non mi ha del tutto convinto. Allora la principale destinazione delle critiche negative fu la sconsiderata opera di taglio e cucito imposta dalla distribuzione italiana, ma, a mio avviso, anche la versione integrale (di 2 ore e 40 minuti circa) è ben lontana dall'evocare le atmosfere ipnotiche e lisergiche del mitico film di Stanley Kubrick (mentre sul doppiaggio una parola, osceno, le parti non tradotte rendevan tutta un'altra atmosfera). Non che Andrej Tarkovskji non sappia il fatto suo in materia cinematografica e nemmeno che in questo Solaris non se ne veda l'impronta, eppure trovo che il risultato sia meno suggestivo ed avvolgente di quanto avrebbe dovuto o potuto essere. Il soggetto, fanta-coscientifico, della materializzazione dei pensieri (che siano ricordi piacevoli o paure) dell'uomo, è di una certa efficacia (tanto che in seguito verrà più volte ripreso e riproposto) e nelle mani del cineasta bielorusso si carica ulteriormente di pathos, fornendo l'occasione per riflettere sull'uomo e la sua condizione di solitudine e fragilità. Condizione dalla quale esso cerca di fuggire attraverso l'innaturale compagnia di riproduzioni, repliche, idealizzazioni materializzate, di figure che animarono il suo passato ed alle quali esso si appoggia per non fronteggiare la dura realtà del presente. Non solo: se l'uomo, reale, cosciente, fatto di atomi, si arrende alla debolezza e si rifugia tra le braccia di un ricordo animato, quest'ultimo, teoricamente immateriale, composto da soli neutrini, che nella realtà terrestre non avrebbe ragion d'essere, su Solaris prende coscienza di sé e della situazione, si arma di coraggio e consapevolezza e si sacrifica per il bene del suo involontario creatore, debole e spaventato. Insomma: un film dai contenuti social-filosofici assai pretenziosi e dalla forma virtuosa sia in termini di sceneggiatura, lentissima e faticosa, che di fotografia, pesante ed opprimente nei suoi colori desaturati, che di inquadrature, lunghe e fisse su particolari non preponderanti (immancabili i particolari su scrosci, o rivoli, o pozze d'acqua e gli scorci di vegetazione selvaggia). Le scenografie ovviamente futuriste, dalle geometrie abbastanza rigide, con una netta prevalenza di rosso, bianco e marrone, che, a turno, si contendono il dominio cromatico della scena, effettivamente richiamano parecchio gli ambienti dell'astronave Kubrickiana e fanno un certo effetto. Non male la prova degli attori, praticamente sconosciuti, che riescono a mantenere un livello di trasporto ed emozione tale da risultare credibili. Peccato per la scarsa fruibilità di un'opera (presentata al 25º Festival di Cannes dove vinse il Grand Prix Speciale della Giuria) che richiede un certo sacrificio, forse non ripagato a dovere. Anche se poi, alla fine, pesante, pesante come un mattone, ma affascinante e realizzato alla grande. Tanto che per chi riesce a digerirlo può essere un capolavoro. Non per me, ma in fondo è solo la mia opinione. Comunque, beh è da vedere, almeno una volta.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Opera etichettata in Italia come opera di fantascienza con il suo fuorviante slogan (è invece un film sulla psiche umana, sulla metafisica, un viaggio ipnotico e mentale, letteralmente), il Solaris di Tarkovskij non punta quasi per nulla sul piano degli effetti speciali, bensì si sviluppa più che altro come un viaggio nei meandri dell'inconscio e della mente dell'essere umano. La stazione spaziale del film è quanto di meno tecnologico ci possa essere: disordinata, sporca e poco accogliente. Inoltre l'elemento fantascientifico del pianeta (il non-luogo, questo enorme oceano pensante che fa da sfondo alle vicende) diventa per Tarkovskij il pretesto, l'invito a interrogarsi sui motivi che spingono l'uomo a esplorare altri mondi ma anche, e soprattutto, a riflettere sui limiti della propria conoscenza e razionalità (il suggestivo finale, aperto a molteplici interpretazioni, lascia un segno agghiacciante e sconvolgente, ed induce a riflettere sul ritorno alle proprie radici). Un film "pesante", complesso, di "fanta-coscienza" se si vuole definirlo tale, e di non facile comprensione a causa del ritmo lento e contemplativo che impernia tutta la pellicola (io ho apprezzato moltissimo la prima parte che incuriosisce e fa salire il mistero di Solaris e il finale abbastanza ambiguo e spiazzante, la parte centrale, con pochi dialoghi e un'atmosfera lenta, alla lunga invece mi ha un po' stancato). La scenografia scelta dal regista appare piuttosto semplice e antiquata, ma è comunque di forte impatto visivo per lo spettatore. Particolare è l'uso dei colori (il bianco e nero viene utilizzato in diverse scene). Molto bella e degna di nota la colonna sonora. Bravissimi gli interpreti, soprattutto Donatas Banionis.
Commento Finale: Visto nella versione integrale, con la prima parte in russo con i sottotitoli in italiano. Non è mai facile commentare film come questi, sarebbe come discutere di un trattato di teologia o filosofia, comunque rimane difficile pensare ad un'unica chiave di lettura. Sicuramente si tratta di un film interessante e di ampio respiro che mostra il talento narrativo e intellettuale di un grande regista, ma devo ammettere che il sentimento prevalente durante la visione è stato il tedio. Anche perché a me ha trasmesso un senso di smarrimento e pessimismo, ineluttabilità. Bello ma inutilmente lungo e, come apparentemente tanto di quel che arriva dalla Russia, pesantemente tragico.
Consigliato: Solaris è un film impegnato ed impegnativo, fondamentalmente privo di azione in cui la fantascienza non è che un'ambientazione per analizzare l'animo umano. Sconsiglio la visione a chi vuole solo divertirsi, ma almeno una volta nella vita Solaris va visto, come del resto 2001: Odissea nello spazio.
Voto: 7+
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