giovedì 7 novembre 2019

L'uomo che comprò la Luna (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/11/2019 Qui
Tema e genere: Singolare commedia "trasognata e stralunata". Omaggio alla Sardegna e ai suoi abitanti.
Trama: Un giovane agente dei servizi segreti viene mandato in Sardegna, sua terra d'origine, per indagare su qualcuno che si è impadronito della Luna.
RecensioneL'uomo che comprò la Luna, opera seconda di Paolo Zucca, ha analoghi pregi e difetti dell'esordio: L'arbitro, che in un inconsueto ed efficace bianco e nero, dilatava uno spunto da cortometraggio (quale era in origine) mescolando grottesco e riflessioni serie sull'essere sardi (e sull'etica sportiva). Qui la Sardegna è ancor più in primissimo piano, ma lo spunto è ancora più forzato, da apologo letterario surreale che però sullo schermo mostra subito la corda. Già credere ai pur bravi e simpatici Stefano Fresi e Francesco Pannofino come agenti segreti è dura, tanto più a Benito Urgu (comunque sempre notevole) "mediatore culturale" per quanto sui generis per rieducare il commilitone che deve rientrare nell'isola mescolandosi ai nativi, e non parliamo dell'acquisto della Luna da parte di un misterioso sardo da smascherare a tutti i costi. Pur con raffinatezza, il gioco parrebbe divertire solo chi conosce bene quei luoghi (comuni e no) e quel tipo di umanità (gli uomini col basco, i ragazzi che si muovono in contemporanea, le donne col velo): agli altri, il film un po' strappa qualche sorriso e un po' stucca, con battute e situazioni che non riescono mai a diventare davvero travolgenti (giusto un paio di capocciate a sorpresa, per dire l'originalità). Il surreale riesce ai registi nordici come Aki Kaurismaki, noi latini funzioniamo meglio sul grottesco. La chiusa seria e "romantica" regala quanto meno l'ingresso in campo di due grandi attori come Angela Molina e Lazar Ristovski, ma anche la galleria dei grandi sardi del passato che si sono battuti per la loro terra e contro ogni ingiustizia suona parecchio retorica e sfonda le porte (presumibilmente) solo di chi ha già deciso di emozionarsi. Agli altri, rimane qualche punto interrogativo. L'operazione, ovviamente molto personale e sincera del cagliaritano Zucca, fa comunque simpatia (al netto della visione "anni 70" degli americani "padroni" in Italia) anche per la prova di Jacopo Cullin, lui sì credibile come giovane sfuggito da una cultura ora "rinnegata" che lo richiama alle ragioni del cuore. Ma serviva una scrittura più robusta di quella di Geppi Cucciari (non a caso, molto a sketch) e Barbara Alberti, e un intreccio più interessante. Insomma, il bicchiere risulta mezzo vuoto, se la cosa migliore è la musica settecentesca di Luigi Boccherini ("La musica notturna delle strade di Madrid", che molti ricorderanno in Master & Commander). Certo, per chi ha a cuore la bandiera dei 4 mori, è probabile che il bicchiere l'abbia trovato mezzo o del tutto pieno, ma agli altri quello che resta è un film riuscito appunto a metà, pur restando un'opera con elementi innovativi, soprattutto nel trovare una chiave inedita per raccontare le peculiarità della civiltà sarda, da sempre in constante connessione con la sua dimensione più arcaica e mistica, comunque da vedere.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Il cagliaritano Paolo Zucca si misura con una nuova commedia ambientata nella sua Sardegna, sempre assecondando toni picareschi e surreali (scherzando con luoghi comuni che conosce bene). Questo suo secondo film è infatti una commedia insolita e originalissima, favola surreale e racconto stralunato e sarcastico, che strizza l'occhio al western, alla fantascienza e perfino un po' alle saghe a fumetti. Egli quindi sembra attingere alla tradizione minimalista e surreale di alcuni cineasti nordici, ma dagli stessi non riesce a recuperare essenzialità e intensità di forma e scrittura (pesca troppo e da troppi). Sembra, in altri termini, di trovarsi di fronte ad un film schizofrenico formato da due sotto-trame, uno spy-story e un road movie, non sempre ben amalgamate in modo funzionale. Certo, nonostante queste carenze, il film offre comunque sequenze memorabili, uno su tutte l'esame di "sardità", ma la mancanza di armonia è evidente. Non aiuta la costruzione approssimativa e sbrigativa del protagonista, né l'eccessiva caricaturalità dei personaggi di contorno, seppur tutti gli attori non sono affatto da condannare, fortunatamente troviamo però gli spettacolari entroterra sardi ben fotografati.
Commento Finale: Al secondo lungometraggio, Paolo Zucca mette sul piatto un progetto assolutamente ambizioso: raccontare la sua magica isola con filtri narrativi di genere, con un occhio a cinematografie apparentemente distanti. Il risultato, però, manca a tratti di una visione organica e coerente, non riuscendo sempre a far coincidere le vocazioni drammatica e surrealista dell'impianto narrativo. La sensazione è quella di un prodotto che talvolta divaga eccessivamente dalla via maestra segnata dall'incidente scatenante, ossia l'acquisto apparentemente illegittimo della Luna da parte un abitante sardo. Tuttavia, il film centra sufficientemente il suo obiettivo (anche se non quello prettamente cinematografico, complessivamente di poco meno), ossia celebrare la riappropriazione del proprio retaggio culturale, baluardo che le ingerenze imperialiste non potranno mai erodere e sgretolare definitivamente.
Consigliato: Sì, soprattutto ai "nativi" del luogo, agli altri dipende dai gusti.
Voto: 5,5

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