Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/11/2019 Qui
Tema e genere: Film di fantascienza di stampo tragicomico ambientato in un mondo distopico, in cui la burocrazia ha preso il sopravvento in ogni attività dell'uomo e, combinata al cinismo spietato dei potenti, uccide chi tenta di ribellarsi e i pochi che ancora riescono a sognare.
Trama: Sam Lawry è addetto agli sterminati archivi di una megalopoli, capitale di un non identificato Paese, in cui la fanno da padrone il Potere e la Burocrazia. Nulla sfugge al sistema computerizzato del Dipartimento Informazioni. Nella città da qualche tempo hanno preso ad agire gruppi di terroristi, che seminano il terrore pur di smuovere qualcosa. Sam, dal canto suo, oppone al grigiore della routine la sua possibilità di evadere nel sogno. Un giorno, però...
Recensione: In un terrificante stato dominato dalla burocrazia l'uccisione di uno scarafaggio fa involontariamente premere a un responsabile un tasto sbagliato e una persona innocente finirà ingiustamente arrestata e uccisa. Finirà a occuparsi del caso uno stralunato funzionario alla disperata ricerca della donna dei suoi sogni e in fuga dall'invadente madre. Una gran bella pellicola che definirei tragicomica. Intanto troviamo la critica ad un potere sempre più burocratico e quindi di conseguenza bieco e senza scrupoli o sentimenti. Tutto è rigidamente controllato e burocratizzato. Il regista "americano" Terry Gilliam si ispira quindi liberamente al "1984" di George Orwell, ma ambienta il film in un imprecisato luogo temporale del futuro, scegliendo una scenografia retro-futurista piena di rimandi alle icone del fascismo e curata in ogni dettaglio estetico e simbolico grazie ad un indiscusso talento immaginifico (si pensi al cappello a forma di scarpa della madre di Sam, quest'ultimo interpretato straordinariamente dal Don Chisciotte ultimo Jonathan Pryce, o alle grottesche e inquietanti maschere da bambino dei torturatori). Brazil è indubbiamente un film fuori dal comune: un trattato di filosofia-politica dall'estetica barocca, una favola nera e visionaria che commuove, disturba e fa riflettere, rivelandosi come un coacervo di sogni, incubi e possibili realtà. Un inno alla libertà e alla fantasia, alla vita mite del povero Sam Lawry (straordinario anti-eroe: timoroso burocrate modello, ingenuo e miope, vittima del sistema ma ancora in grado di sognare e, pertanto, pronto ad abbracciare la giusta causa della resistenza a un potere tirannico) e al suo desiderio d'amore e di fuga, ma anche un grido disperato che nasce dalla paura di non poter più modificare ciò che non può essere tollerato. Brazil è spiazzante e folgorante (il terribile terrorista a cui lo stato sta dando la caccia è nient'altro se non un sovversivo elettricista che ripara le cose senza far parte della società addetta), disilluso e, al tempo stesso e nonostante il suo essere attuale e il suo ineluttabile pessimismo, pieno di speranza: perché quest'ultima, citazione di Vaclav Havel, "non è la convinzione che le cose andranno bene, ma la convinzione che quel che stiamo facendo ha un senso, indipendentemente dal risultato". Camei per Ian Holm, Bob Hoskins e Robert De Niro, in un personaggio diabolicamente sovversivo e istrionicamente baffuto, nonché per l'ex Monty Python Michael Palin, qui in un ruolo inquietante e desolante. Il suo ex collega Terry Gilliam, alla regia, firma e alla terza opera dietro la macchina da presa, firma così il suo miglior film, probabilmente il suo capolavoro, dando vita ad un racconto che non ha smesso di essere presente. Un racconto tragicomicamente delizioso, che anche grazie ad un tragicomico motivetto ti prende e non ti lascia più. Già, "Braaaasil parrappapaparaa" avete presente la musichetta carnascialesca che (specialmente nella versione medley con Brigitte de Bardò Bardò) ha allietato tanti dei vostri gaudenti trenini? Si? Bene, allora canticchiatela spensieratamente per l'ultima volta, perché dopo la visione di questo film assumerà un gusto un po' amaro e si velerà della lieve malinconia che talora avvolge il ridestarsi dei sognatori.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Uno dei pilastri della fantascienza anni '80 (ed io non l'avevo ancora visto), qui non c'è azione, né alieni cattivi, né cyborg o replicanti, c'è solo una società in cui la libertà individuale è ridotta ai minimi termini, in cui un capillare apparato burocratico sovrintende ad ogni cosa, ma basta un moscerino per metterla in crisi e sconvolgere la vita del buffo protagonista, vittima di una madre possessiva e di una personalità priva di ambizione. Dopo Blade Runner era difficile creare un film di fantascienza che se ne discostasse sia a livello visivo sia contenutistico, ma il geniale (e sicuramente dispersivo) Terry Gilliam (che dirige con talento onirico una vicenda in bilico tra Kafka e Orwell) riesce nell'intento creando una città dal sapore retrò popolata da strani personaggi (tutti ben interpretati) in cui il protagonista insegue il proprio sogno d'amore tentando d'infrangere tutte le regole comunemente accettate. La carne al fuoco è sicuramente molta e il film è un po' troppo lungo e straripante ma ci regala momenti belli, visionari e ironici. Non è importante capire tutto quanto ma lasciare che le folli suggestioni proposte da Gilliam sedimentino nella nostra mente e acquistino nuovi significati ogni volta che ci ripensiamo.
Commento Finale: Film notevole ed impegnativo da seguire. In un mondo distopico, sogno e realtà si fondono ad un ritmo folle delineando una trama che, col passare del tempo, sembra raggiungere la sua naturale conclusione per poi piombare nella cruda realtà. Tutto si gioca sul binomio libertà-burocrazia. Indovinati gli attori che riescono tutti ad esaltarsi anche nelle piccole parti. Satira sociale estrema che però lascia le briciole alle numerose intenzioni diverse però da quella principale. In ogni caso una piccola perla di deliziosa perversione.
Consigliato: Certo che sì, un film per chi vuole riflettere e anche sorridere allo stesso tempo su una vicenda che viaggia inesorabilmente verso un tragico epilogo.
Voto: 7,5
Trama: Sam Lawry è addetto agli sterminati archivi di una megalopoli, capitale di un non identificato Paese, in cui la fanno da padrone il Potere e la Burocrazia. Nulla sfugge al sistema computerizzato del Dipartimento Informazioni. Nella città da qualche tempo hanno preso ad agire gruppi di terroristi, che seminano il terrore pur di smuovere qualcosa. Sam, dal canto suo, oppone al grigiore della routine la sua possibilità di evadere nel sogno. Un giorno, però...
Recensione: In un terrificante stato dominato dalla burocrazia l'uccisione di uno scarafaggio fa involontariamente premere a un responsabile un tasto sbagliato e una persona innocente finirà ingiustamente arrestata e uccisa. Finirà a occuparsi del caso uno stralunato funzionario alla disperata ricerca della donna dei suoi sogni e in fuga dall'invadente madre. Una gran bella pellicola che definirei tragicomica. Intanto troviamo la critica ad un potere sempre più burocratico e quindi di conseguenza bieco e senza scrupoli o sentimenti. Tutto è rigidamente controllato e burocratizzato. Il regista "americano" Terry Gilliam si ispira quindi liberamente al "1984" di George Orwell, ma ambienta il film in un imprecisato luogo temporale del futuro, scegliendo una scenografia retro-futurista piena di rimandi alle icone del fascismo e curata in ogni dettaglio estetico e simbolico grazie ad un indiscusso talento immaginifico (si pensi al cappello a forma di scarpa della madre di Sam, quest'ultimo interpretato straordinariamente dal Don Chisciotte ultimo Jonathan Pryce, o alle grottesche e inquietanti maschere da bambino dei torturatori). Brazil è indubbiamente un film fuori dal comune: un trattato di filosofia-politica dall'estetica barocca, una favola nera e visionaria che commuove, disturba e fa riflettere, rivelandosi come un coacervo di sogni, incubi e possibili realtà. Un inno alla libertà e alla fantasia, alla vita mite del povero Sam Lawry (straordinario anti-eroe: timoroso burocrate modello, ingenuo e miope, vittima del sistema ma ancora in grado di sognare e, pertanto, pronto ad abbracciare la giusta causa della resistenza a un potere tirannico) e al suo desiderio d'amore e di fuga, ma anche un grido disperato che nasce dalla paura di non poter più modificare ciò che non può essere tollerato. Brazil è spiazzante e folgorante (il terribile terrorista a cui lo stato sta dando la caccia è nient'altro se non un sovversivo elettricista che ripara le cose senza far parte della società addetta), disilluso e, al tempo stesso e nonostante il suo essere attuale e il suo ineluttabile pessimismo, pieno di speranza: perché quest'ultima, citazione di Vaclav Havel, "non è la convinzione che le cose andranno bene, ma la convinzione che quel che stiamo facendo ha un senso, indipendentemente dal risultato". Camei per Ian Holm, Bob Hoskins e Robert De Niro, in un personaggio diabolicamente sovversivo e istrionicamente baffuto, nonché per l'ex Monty Python Michael Palin, qui in un ruolo inquietante e desolante. Il suo ex collega Terry Gilliam, alla regia, firma e alla terza opera dietro la macchina da presa, firma così il suo miglior film, probabilmente il suo capolavoro, dando vita ad un racconto che non ha smesso di essere presente. Un racconto tragicomicamente delizioso, che anche grazie ad un tragicomico motivetto ti prende e non ti lascia più. Già, "Braaaasil parrappapaparaa" avete presente la musichetta carnascialesca che (specialmente nella versione medley con Brigitte de Bardò Bardò) ha allietato tanti dei vostri gaudenti trenini? Si? Bene, allora canticchiatela spensieratamente per l'ultima volta, perché dopo la visione di questo film assumerà un gusto un po' amaro e si velerà della lieve malinconia che talora avvolge il ridestarsi dei sognatori.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Uno dei pilastri della fantascienza anni '80 (ed io non l'avevo ancora visto), qui non c'è azione, né alieni cattivi, né cyborg o replicanti, c'è solo una società in cui la libertà individuale è ridotta ai minimi termini, in cui un capillare apparato burocratico sovrintende ad ogni cosa, ma basta un moscerino per metterla in crisi e sconvolgere la vita del buffo protagonista, vittima di una madre possessiva e di una personalità priva di ambizione. Dopo Blade Runner era difficile creare un film di fantascienza che se ne discostasse sia a livello visivo sia contenutistico, ma il geniale (e sicuramente dispersivo) Terry Gilliam (che dirige con talento onirico una vicenda in bilico tra Kafka e Orwell) riesce nell'intento creando una città dal sapore retrò popolata da strani personaggi (tutti ben interpretati) in cui il protagonista insegue il proprio sogno d'amore tentando d'infrangere tutte le regole comunemente accettate. La carne al fuoco è sicuramente molta e il film è un po' troppo lungo e straripante ma ci regala momenti belli, visionari e ironici. Non è importante capire tutto quanto ma lasciare che le folli suggestioni proposte da Gilliam sedimentino nella nostra mente e acquistino nuovi significati ogni volta che ci ripensiamo.
Commento Finale: Film notevole ed impegnativo da seguire. In un mondo distopico, sogno e realtà si fondono ad un ritmo folle delineando una trama che, col passare del tempo, sembra raggiungere la sua naturale conclusione per poi piombare nella cruda realtà. Tutto si gioca sul binomio libertà-burocrazia. Indovinati gli attori che riescono tutti ad esaltarsi anche nelle piccole parti. Satira sociale estrema che però lascia le briciole alle numerose intenzioni diverse però da quella principale. In ogni caso una piccola perla di deliziosa perversione.
Consigliato: Certo che sì, un film per chi vuole riflettere e anche sorridere allo stesso tempo su una vicenda che viaggia inesorabilmente verso un tragico epilogo.
Voto: 7,5
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