domenica 11 agosto 2019

L'uomo che uccise Don Chisciotte (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/08/2019 Qui
Tema e genere: Dramma di fantasia liberamente ispirato al Don Chisciotte di Miguel de Cervantes.
Trama: Un cinico regista pubblicitario si imbatte in un vecchio attore impazzito che si crede Don Chisciotte e si ritrova immerso in diverse avventure.
Recensione: Dopo 25 anni di produzione a dir poco travagliata, finalmente è uscita l'interpretazione in chiave comica e, come sempre, grottesca del mitico regista Terry Gilliam, ex componente dello storico gruppo Monty Python nonché regista del cult "Brazil" e altri grandi film, della celeberrima storia di Don Quixote. La domanda che sorge spontanea, date la lunga attesa, la storia che lo ha reso cult già prima che uscisse e le numerose speculazioni che lo hanno accompagnato nel corso degli anni, è non solo se il film meritava di essere finito, e la risposta è sempre sì perché ogni film bello o brutto che possa essere merita di essere visto da un pubblico, ma se tutta questa difficile e complessa lavorazione ha influito negativamente sul profitto finito. Purtroppo la risposta è anch'essa un sì. Perché purtroppo, L'uomo che uccise Don Chisciotte è essenzialmente questo: un tentativo quasi eroico, ma al tempo stesso alquanto confusionario, raffazzonato, quasi strampalato, esattamente come le imprese del protagonista del libro di Cervantes. Lo scorrere del tempo influisce su ogni cosa, e nemmeno il più sincero dei film è esente da questa legge inflessibile. Eppure il film ha un inizio perfetto, un inizio che cattura subito l'attenzione dello spettatore catapultandolo immediatamente nella storia e abituandolo già dai primi minuti al timbro costantemente in bilico tra il comico e il grottesco con il quale praticamente ogni film di Terry Gilliam viene da lui caratterizzato, purtroppo però più il tempo passa, più la storia prosegue e più il film si perde in sé stesso in un nodo sempre più stretto ed irriparabile di strade imboccate e strade abbandonate in quanto al proseguimento della trama. La difficoltosa produzione ha difatti portato a degli enormi problemi nella scrittura e soprattutto nella narrazione all'interno dell'intera pellicola che appare confusa, confusionaria e indecisa su quale genere appartenere finendo per staccare da genere a genere in maniera fastidiosamente netta: drammatico poi comico poi parodistico, ma mai riuscendo né a far prediligere uno di questi genere né ad amalgamare i vari generi che sceglie di seguire. Fa confusione anche con le varie sotto-trame che vanno ad incatenarsi in maniera forzata e poco chiara finendo per far perdere nella confusione totale anche la trama principale che infatti finisce per risultare quasi assente, o meglio raccontata in maniera da farla sembrare tale, proprio perché imbocca troppe strade senza accorgersi di aver lasciato quella precedente senza averla prima conclusa o collegata. Il film si conclude con un finale altrettanto confuso e assolutamente mal contestualizzato che lascia lo spettatore alla fine della visione con più domande che risposte, tanto dispiacere e un pizzico di frustrazione. Un vero peccato perché la regia del punto di vista visivo riesce in diversi tratti a stupire con varie inquadrature e scene suggestive, tecnicamente impeccabili ed inventive, anche la fotografia, con i suoi splendidi colori e la sua luce ben calibrata, e la colonna sonora irriverente ci provano a rendere il tutto più piacevole ed in parte ci riescono, viste anche le ottime interpretazioni, ma la confusione la fa da padrone. Tanto che, ancor più che in altri film di Terry Gilliam, risulta qui abbastanza difficile definire con precisione di che cosa parli la pellicola. Sarebbe fin troppo facile, e forse anche riduttivo, parlare di un semplice adattamento dell'omonimo romanzo. Più in linea con la poetica di Gilliam, è corretto ravvisare in L'uomo che uccise Don Chisciotte una personalissima rielaborazione emotiva, un pretesto per parlare d'altro.

Cioè, un tentativo di mettere in scena l'animo dello stesso Gilliam, la sua personalità, le sue convinzioni e la sua indole. Non a caso, il film si muove sempre sul sottilissimo e labilissimo confine tra mondi (diegetici e non): tra la finzione del film e la realtà, tra l'illusorietà del sogno e la fattualità del reale, tra presente e passato, tra identità mescolate e rimescolate di continuo. Un film in cui tutto accade senza una benché minima traccia di logica, e nel quale la poetica di Gilliam prende presto il sopravento su una narrazione spesso pasticciata e su delle tematiche abbozzate e mai sviscerate. L'uomo che uccise Don Chisciotte (film che non aggiunge nulla di nuovo alla visione di Gilliam) è letteralmente una poetica dell'eccesso, in cui la creazione si fa troppo artificiosa e sovraccarica, appesantendo oltremisura ogni scena e lasciando il creatore vittima dei suoi stessi stilemi. Lo spettatore affezionato non ha alcun problema a muoversi tra le fluide realtà concepite dal regista, che mescola amore, sogno, illusione e riflessione meta-cinematografica in un tutt'uno poco armonico. C'è la lotta contro nemici misteriosi e dall'identità mutevole, c'è l'immancabile "bella" (bellissima, Gilliam ha buon gusto bisogna dargliene atto) da salvare, c'è la consapevole riflessione di un autore che fa i conti con ciò che filma e che crea, generando (in sé stesso, ma anche negli altri) aspettative e speranze spesso disattese. Ma anche volendo accordare al regista una certa benevolenza, ravvisando nel cavaliere errante che combatte contro i mulini a vento l'esatta trasposizione di un uomo (lo stesso Gilliam?) costretto a barcamenarsi tra mille impedimenti, sospeso tra i suoi stessi sogni, stralunato e comunque a dispetto di tutto "sognatore", si deve registrare con amarezza che il risultato è al di sotto delle aspettative, aspettative che del resto il progetto aveva incolpevolmente suscitato, data la lunghissima gestazione.
Regia: La pellicola risulta dignitosa dal punto di vista registico e conferma la professionalità di Terry Gilliam (regista, sceneggiatore, comico, animatore, scrittore, produttore cinematografico e scenografo statunitense naturalizzato britannico, ha rinunciato alla cittadinanza statunitense nel gennaio 2006), ma l'originalità in quest'ultima occasione non è così preponderante come in molte sue opere precedenti ed il film appare un poco "forzato" e quasi un "già visto". Peccato, sebbene nel suo complesso la pellicola risulti piacevole.
Sceneggiatura: Nella valanga di trovate narrative e sceniche Terry Gilliam (anche co-sceneggiatore) ci affonda di nuovo in un'atmosfera sovraccarica come in Brazil, o in stile The Zero Theorem. Qui però qualcosa sfugge, e il caos certe volte prende il sopravvento sul pastiche, rendendolo irto e un po' farraginoso come un luna park dove a volte ci si perde. Alcuni spunti sono interessanti, ma dopo un'ora il film diventa un teatrino ingovernabile, che tuttavia vent'anni e più or sono il regista avrebbe saputo tenere a bada, diversamente da qui. Perché certo, non è certo disastroso, ma certo non riuscito appieno.
Aspetto tecnico: A cavallo tra realtà e sogno, tra un film in fieri e dei protagonisti che vengono via via risucchiati dalla stessa finzione che creano, L'uomo che uccise Don Chisciotte non tradisce sul piano della scenografia, ora magniloquente ed eccessiva, ora scarna e povera. In questo Terry Gilliam ha pochi eguali, e l'occhio dello spettatore ne esce rinfrancato. Anche la fotografia, all'insegna dell'eccesso e dell'occhio visionario del regista, va presa per ciò che è: una manifesta sovrabbondanza, adatta agli amanti del genere.
Cast: Bravo come sempre Jonathan Pryce, impegnato in una parte molto fisica e rutilante, un po' imbarazzato Adam Driver, mentre tutto il resto del brillante cast (da Olga Kurylenko a Stellan Skarsgard, da Jordi Mollà a Rossy de Palma, fino ad Oscar Jaenada) serve più che altro a far meramente da contorno estetico ad un guazzabuglio ingovernabile. Comunque una menzione la merita (per la sua bellezza "Angelica") la pulzella con il viso di Juana Ribeiro.
Commento Finale: Dopo oltre vent'anni, Terry Gilliam (a cui gli si vuol comunque bene) dirige uno dei film ai quali ha sempre detto di tenere in modo particolare. L'uomo che uccise Don Chisciotte, tuttavia, è un film carente sotto molti punti di vista, raffazzonato e confusionario. Seguendo vari spunti narrativi, la pellicola tenta di fondere in un tutt'uno l'amore, la riflessione meta-cinematografica ed il sogno in relazione alla realtà fattuale della vita dei protagonisti, ma alla fine riesce solo a produrre confusione e spaesamento. Più ancora che in altri suoi film (The Zero Theorem era un pelino migliore), Terry Gilliam risulta alla fine vittima dei suoi stessi stilemi, spingendo oltremisura la sua poetica dell'eccesso. Solo la prova di un commovente Jonathan Pryce, ed una scenografia magniloquente (adatta tuttavia solo agli amanti del regista adesso britannico) riescono a salvarsi in un film che, purtroppo, precipita in abisso caotico nel quale, oltre alla logica, manca ogni ragione di reale interesse.
Consigliato: Perdersi in questi parco giochi firmati Terry Gilliam fa sempre piacere, anche se ci si trova coinvolti in esagerate iperboli un po' troppo pericolose per l'equilibrio della storia, ma la piacevolezza a volte non basta, almeno non in questo caso.
Voto: 5+

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