Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/08/2019 Qui
Tema e genere: Il film (basato sul libro autobiografico Le journal de Fanny, scritto da Fanny Ben-Ami) è un viaggio emozionante sull'amicizia e la libertà raccontato attraverso gli occhi dei bambini.
Trama: Basato su una storia vera, il film racconta la vicenda di Fanny, una ragazzina ebrea di 13 anni che nel 1943, durante l'occupazione della Francia da parte dei tedeschi, viene mandata insieme alle sorelline in una colonia in montagna. Lì conosce altri coetanei e con loro, quando i rastrellamenti nazisti si intensificano e inaspriscono, scappa nel tentativo di raggiungere il confine svizzero per salvarsi.
Recensione: Fanny è una tredicenne ebrea, che con le due sorelle viene lasciata dai genitori in una colonia francese per minori, durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando i rastrellamenti tedeschi s'inaspriscono, le bimbe e alcuni loro coetanei, rifugiati nella colonia, sono costretti alla fuga. Inizia così il viaggio di Fanny (e di tutti) tra peripezie, rifugi e nascondigli. Tratto dal romanzo autobiografico della stessa protagonista, Il viaggio di Fanny è la storia di chi è costretto a crescere velocemente: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza per Fanny arriva presto (forse troppo per una bambina della sua età) a causa delle insidie e della missione di sopravvivenza. Proprio questo passaggio tra l'infanzia e l'età adulta, imposto dalle condizioni in cui si trovano i ragazzi/bambini, sembra essere la chiave di lettura del film. L'opera di Lola Dolloin è infatti piena di momenti di sconforto: fame, freddo, sonno e paura sono i principali compagni di viaggio dei bambini, ma a proteggerli c'è lei, lei che diventerà il leader del gruppo, dovrà proteggere e portare in salvo tutti gli altri bimbi e prendere decisioni sulle sorti del gruppo. Un'opera quindi di grande intensità, tuttavia se da un lato efficace è la distanza della guerra rispetto al centro del film, un paradosso se pensate che ogni azione di ogni personaggio della storia ha come motivazione principale il dover scappare dalla guerra o il voler andare a combattere, dall'altro è inefficace. Infatti, il conflitto e i bombardamenti sono presenti nell'angoscia e nella paura dei ragazzi, separati dai genitori e lasciati in questo stato di oblio e di abbandono, ma questi non vengono esplicitati. Difatti il secondo conflitto mondiale è presente quasi solo in termini di uniformi naziste. Va bene che la vicenda è raccontata dal punto di vista dei ragazzi/bambini, e quindi mostrare combattimenti o efferatezze gratuite era giustificato (anche se un po' di coraggio in più non avrebbe guastato), ma ciò viene edulcorato in maniera eccessiva. Eccessivo come l'utilizzo dell'escamotage dell'età, i protagonisti sono pur sempre dei bambini e come tali hanno la capacità di divertirsi con poco, cancellando anche solo per qualche istante l'orrore della guerra, ma alla terza scena di gioco e allegria nate con poco, si comincia a storcere il naso. Tuttavia nonostante ciò il film fa quello che deve fare. Il viaggio di Fanny racconta infatti efficacemente (seppur sufficientemente) la storia di un gruppo di bambini in fuga dagli orrori della guerra (in tal senso gli attori, partendo dai piccoli protagonisti, si dimostrano all'altezza). Senza alcuna guida né alcuno strumento se non la loro determinazione e la fanciullesca ingenuità che muove ogni bambino, i piccoli protagonisti dovranno far fronte a delle difficoltà che li costringeranno a crescere prima del previsto. E' insomma un film più importante che bello, utile più per avvicinare le nuove generazioni alle tematiche della guerra e dello sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, che per chi ha già visto i grandi capolavori sullo stesso argomento, ma ci si può accontentare.
Regia: Di Lola Doillon, seppur alcune scelte non convincono, è lineare e tiene un buon ritmo per tutti i 90 minuti di durata della pellicola, capace di cogliere attimi particolari in maniera sempre elegante, sorretta da una fotografia di buon livello.
Regia: Di Lola Doillon, seppur alcune scelte non convincono, è lineare e tiene un buon ritmo per tutti i 90 minuti di durata della pellicola, capace di cogliere attimi particolari in maniera sempre elegante, sorretta da una fotografia di buon livello.
Sceneggiatura: La storia è intensa, come detto, però anche qualcos'altro lascia a desiderare a quello di già detto. Le scene di tensione nelle rare sequenze di incontro/scontro con gli occupanti nazisti sono, forse, leggermente forzate. In alcuni momenti mancava solo la slow motion per esasperare ulteriormente i toni drammatici della scena. Infine, vedere dei soldati tedeschi sparare peggio degli stoormtrooper di Star Wars strappa più di un sorriso. Ma, evidentemente, era tutto funzionale alla storia.
Aspetto tecnico: Non si può certamente che elogiare il lungo lavoro di ricerca che il cast tecnico ha dovuto fare: le ambientazioni sono in alcuni casi mozzafiato e i costumi sono estremamente curati.
Cast: La piccola Léonie Sochaud, all'esordio cinematografico, interpreta in maniera impeccabile il ruolo della protagonista. Degna di nota anche l'interpretazione dell'ancor "più" piccola Juliane Lepoureau nei panni di Giorgette, sorella minore di Fanny, di una tenerezza unica e con due occhioni blu che bucano lo schermo. Particolare nota di merito a Cécile de France che, nei pochi minuti in cui appare, riesce a rappresentare magnificamente la direttrice del secondo istituto in cui sono ospiti i bambini: è lei che, con la sua lungimiranza e il suo coraggio, mette in moto gli avvenimenti di tutto il film.
Commento Finale: Senza nulla aggiungere alla già ampia cinematografia di genere, Il viaggio di Fanny si limita purtroppo a romanzare la storia che ben conosciamo partendo da uno spunto biografico. Riconfermando come non sempre il cinema sia "larger than life", il film non fallisce nei suoi intenti (educativi) ma nemmeno colpisce, mancando forse l'obiettivo più grande, ovvero stamparsi in modo indelebile nella memoria collettiva, permeandola e innescando quei meccanismi alla base del ricordo. Le avventure dei bambini smarriti protagonisti commuovono e sciolgono anche il cuore più misantropo, ma non instillano nessuna riflessione nel cervello, troppo spesso portatore sano (e causa primaria) di immani catastrofi perpetuate ad opera del genere umano.
Consigliato: Nonostante tutto Il viaggio di Fanny è un film che va visto e soprattutto vissuto, per non dimenticare gli orrori commessi in passato, con la speranza (piuttosto utopica) di non rivederne in futuro.
Voto: 6
Nessun commento:
Posta un commento