Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Molto probabilmente la risposta del perché Shia LaBeouf sia una testa calda (documentato dai suoi numerosi arresti) sta proprio in questo film che ripercorre parte della sua adolescenza. Un'infanzia piuttosto complicata di un dodicenne, attore di sit-com, in perenne conflitto psicologico con il padre, alcolista e violento, alla ricerca dell'affetto desiderato e del dialogo perduto, dove neanche il tempo trascorso riesce a mitigare ferite ancora aperte. La storia è abbastanza interessante, la regia (di Alma Har'el) non mostra sbavature e la recitazione è convincente (il giovanissimo Noah Jupe fa un'interpretazione toccante e Lucas Hedges si riconferma il grande talento che è, entrambi nei panni di un LaBeouf targato, rispettivamente, 1995 e 2005 con Shia che interpreta, magistralmente, suo padre), così anche i dialoghi che inquadrano bene il ritratto descritto dalla sceneggiatura, scritta dallo stesso attore, capace di incuriosire e intrattenere discretamente. Discreta è anche la fotografia, sebbene risenta di un'estetica indie. Nel complesso quindi un buon film, in cui il protagonismo dell'attore viene per una volta messo da parte in favore di una messa a nudo che sa di auto-analisi, chissà se anche il vero Shia sia cambiato davvero col tempo. Voto: 6,5
Nessun commento:
Posta un commento