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venerdì 28 giugno 2024

Un colpo di fortuna - Coup de chance (2023)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/06/2024 Qui - Woody Allen ci parla ancora una volta di fortuna e casualità in una nuova variazione con "Coup de Chance". Chi conosce la filmografia del regista americano potrebbe percepire un senso di dejà vu, ma il cinema di Allen, anche se distante dai suoi massimi successi, offre sempre una visione che, nel peggiore dei casi, è "semplicemente" piacevole e sottilmente ironica, grazie a dialoghi originali, situazioni al limite del grottesco e personaggi disillusi. La coppia formata da Melvil Poupaud e Lou de Laâge, poco noti in Italia, è efficace. La trama classica di tradimento e "vendetta" in un contesto altoborghese, elegante e mondano, diventa intrigante con le evoluzioni psicologiche dei protagonisti, diretti con rinnovato entusiasmo da Allen alla sua "prima prova" in francese. Sebbene inizialmente didascalico, il film, con i suoi costumi raffinati e ambientazioni ricercate, giustifica il suo titolo nel finale attraverso un epilogo inaspettato e deciso. Elegante e piacevole, che tuttavia non aggiunge nulla di nuovo alla filmografia di Allen. Voto: 6 [Sky]

martedì 30 novembre 2021

Rifkin's Festival (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2021 Qui - I film di Woody Allen sono (quasi) sempre meritevoli di visione ma questa volta il "maestro" sembra meno ispirato che in altre occasioni (meno che in Un giorno di pioggia a New York per esempio) tanto da ricorrere all'escamotage di realizzare sequenze "ispirate" a celebri film europei (citazioni per Fellini, Pasolini, Truffaut, Bunuel, Godard, Bergman, e qualcun altro che mi sarà sfuggito) forse per "corroborare" una sceneggiatura che pare esile e troppo ripetitiva, basata com'è su un personaggio che appare essere un alter ego del regista (nei panni di un anziano signore con un matrimonio in crisi e che si sogna sempre al centro di alcuni film che hanno segnato la sua vita). Una commedia votata al sentimentale, un po' nostalgica e decadente nei dialoghi, anche se non manca una corposa vena ironica, dal ritmo ragionato, ma forse troppo lineare nelle dinamiche che offrono pochi spunti davvero degni di nota. E tuttavia si guarda volentieri dall'inizio alla fine. Merito al cast (Elena Anaya, Louis Garrel, Gina Gershon, Wallace Shawn) che mi è sembrato abbastanza credibile. Voto: 5,5

lunedì 31 agosto 2020

Un giorno di pioggia a New York (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2020 Qui - Sempre il solito Woody Allen, non cambia mai, eppure ci fa fessi ancora una volta. Nel leggere la trama avevo storto un po' la bocca perché avevo immaginato la solita minestra, cosa che in fondo è, ma nella sua frivolezza e banalità egli riesce nuovamente a deliziare lo spettatore, non smentendosi affatto. Una storia (una sorta di viaggio di formazione in una New York che sempre perdere coordinate predefinite fa) carica di humor, dotata di dialoghi ironici e intelligenti, come spesso capita di trovare nei film del buon vecchio regista americano, capace di divertire e intrattenere senza sforzo alcuno, palesando anche nei momenti meno intensi una spinta emotiva e interessante negli interpreti e nelle loro caratterizzazioni. Unico neo (personale) l'antipatia nei confronti di Timothée Chalamet per colpa del suo personaggio geniale ed inconcludente al tempo stesso (anche se scegliere tra Elle Fanning e Selena Gomez non è affatto facile), un personaggio con i tratti tipici del personaggio Alleniano che comincia però a diventare cliché. Ma è davvero poca cosa e la riuscita del film non è in discussione. Un film delizioso con un Allen in velocità da crociera. Voto: 6

giovedì 11 luglio 2019

La ruota delle meraviglie - Wonder Wheel (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/04/2019 Qui - La ruota delle meraviglie - Wonder Wheel (Dramma, Usa 2017): Lo dico subito, il film è assolutamente guardabile, se non avessi mai visto altri film di Woody Allen potrei dire che aveva un paio di spunti interessanti e mi è piaciuta molto l'ambientazione di Coney Island e i costumi, ma, avendo visto altri lavori del vecchio Woody, questo non è valso la visione (o almeno non del tutto). Non c'è infatti assolutamente nulla di nuovo da vedere che non abbia stradetto e straripetuto in tutti i suoi film precedenti. E insomma passi la prima volta, passi la seconda (e in pochi anni) ma alla terza dico basta. Difatti non vi è più nulla di nuovo nelle opere di Woody. Lo dico con rammarico perché i suoi lavori sono sempre tecnicamente curati e beneficiano dell'interpretazione di grandi star, qui ad esempio Kate Winslet per la prima volta. E' però difficile catalogare questa sua ultima fatica, che racconta di un bagnino che ripercorre una storia che potrebbe essere filtrata dalla sua fervida immaginazione: una coppia, formata dal giostraio di mezza età Humpty e dalla moglie Ginny, un'ex attrice che lavora come cameriera, vive sul lungomare, la loro esistenza scorre tra alti e bassi fino al giorno in cui i due ricevono la visita dell'alienata figlia Carolina, in fuga dai gangster, con tutte le conseguenze del caso, più che in altre occasioni (i precedenti simili per esempio, ovvero Magic in the Moonlight e Cafè Society, i miei primi due "passi", decisamente migliori, almeno come coinvolgimento od emozione), al di fuori del mero bozzetto di un'epoca o del tipico esercizio di stile fine a se stesso: la didascalica per quanto sentita rappresentazione di tempi gloriosi, le difficoltà del ménage famigliare, il peso del fato, la commedia che si fa tragedia, la bizzarria dell'amore in tutte le sue declinazioni sono cose che abbiamo ampiamente già visto e che oggi non suscitano quasi più nessuna emozione. E' vero, l'Allen senile è stato anche capace di sorprenderci con (rare) pellicole superiori alla media, non è il caso di questo Wonder Wheel, film prevedibile (ed alquanto noioso in alcuni punti) dall'inizio alla fine. Il cast de La ruota delle meraviglie è quasi ineccepibile ed è, probabilmente, la nota più lieta del film. Difficile trovare sbavature nella prova di un Jim Belushi in stato di grazia, forse a tratti eccessivo ma convincente nel ruolo del tragicomico "sconfitto". Ancor più arduo muovere critiche alla Winslet, sempre molto brava, però mi sembra che il suo personaggio così nevrotico (che come una ruota panoramica gira e gira ma non va da nessuna parte) sia un po' troppo simile da quello interpretato da Cate Blanchett in Blue Jasmine, film che in verità non mi piacque granché. Buona anche la prova della giovane Juno TempleJustin Timberlake invece senza voto. Il ritorno al dramma di Woody Allen, però e nel complesso, non lascia il segno. I personaggi, tutti ben descritti e, nel complesso, ben interpretati, costituiscono infatti il solo asse portante di una pellicola che si trascina stancamente senza mai entusiasmare troppo. La pochezza della trama, inoltre (che tra le sue fila ha un irritante bambino piromane), pare soffocata da una fotografia talmente accesa che, paradossalmente, oscura più di quanto illumina. E quindi stavolta decisamente rimandato il film ed il regista. Voto: 5

martedì 4 giugno 2019

Café Society (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2018 Qui - Dopo il dramma moderno di Blue Jasmine, la dolce pacatezza di Magic in the moonlight e il nichilismo ironico di Irrational man, torna Woody Allen con una commedia sentimentale degli intrecci e degli equivoci ambientata nei ridenti anni '30. Malgrado le trame ormai siano quasi sempre quelle e le storie risultino molto prevedibili e già viste, il regista americano riesce anche questa volta a confezionare un prodotto godibile e piacevole, a questo giro grazie principalmente ad un'atmosfera nostalgica e sognante, che si rispecchia nei tanti nomi di attori e attrici che Allen cita nel film, nomi che fanno sì che il tono dolceamaro del racconto sia ancora più percepibile nello spettatore, in modo da cogliere il contrasto tra le brillanti e distratte apparenze di certo mondo e il desiderio semplice e sincero di stare con la persona che si ama. A mancare, purtroppo, è anche la vena dissacratoria dei tempi migliori, ma fortunatamente i dialoghi sono sempre curati e brillanti ed anche la storia, nonostante l'effetto minestra riscaldata, riesce a lasciarti a fine visione una sensazione di piacevole appagamento grazie ad un ambientazione ricostruita perfettamente e ad alcuni passaggi fra il divertente e il malinconico. Café Society infatti, un film del 2016 scritto e diretto dal regista Ottantaduenne, una commedia dal sapore agrodolce, ambientata nell'America degli anni Trenta, che segue la storia del giovane Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) che insoddisfatto della sua vita a New York, lascia la gioielleria del padre per trasferirsi a Hollywood, dove suo zio Phil (Steve Carell) è uno dei personaggi più influenti dello showbiz, e dove conosce la segretaria di suo zio, Vonnie (Kristen Stewart, i due tornano a lavorare insieme dopo American Ultra), di cui si innamora, che vedrà però il suo piano di sposarla e portarla a vivere a New York fallire, motivo per cui il ragazzo deciderà di tornare nella sua città da solo per dirigere insieme al fratello gangster un locale che ben presto diventerà il ritrovo più frequentato dall'alta società newyorchese, almeno fino a quando il passato, presto o tardi, non ritornerà, è un film elegante e ricco (non a caso dal primissimo fotogramma balza subito all'occhio l'eleganza della fotografia e la ricchezza delle scenografie), è un film di ampia portata, ricco di personaggi, capace di svolte improvvise e decisi cambi di registro, seppur mantenendo un sottofondo pieno di ironia talvolta drammatica, ma soprattutto è un film romantico (non a caso con questo suo film, Woody Allen ci riporta ai suoi temi più cari, il destino, l'amore difficile e impossibile), eventi e personaggi sembrano difatti fare da sfondo alla storia di Bobby e Vonnie, un amore dal sapore dolceamaro fatto di scelte sbagliate e di sogni ad occhi aperti che è il fil rouge di tutto il film.

mercoledì 22 maggio 2019

Magic in the Moonlight (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/04/2018 Qui - Con Woody Allen ho sempre avuto un rapporto conflittuale durante la sua lunga filmografia, solo in parte ultimamente acuito dal passabile "thriller" Irrational Man, meno dal suo precedente visto Blue Jasmine, che se non fosse stato per Cate Blanchett, sarebbe risultata ancor più una ritrita accozzaglia. Ora con Magic in the Moonlight, film del 2014 scritto e diretto dal regista statunitense, qualcosa sta nuovamente cambiando in meglio, sperando che i suoi ultimi lavori che mi mancano non facciano l'effetto opposto. Anche se lo stesso è comunque un film in pieno stile Woody Allen, uno stile (che credo ormai tutti conoscono) che può piacere o non piacere, ma che stilisticamente e formalmente è sempre parecchio affascinante ed interessante. Non a caso Magic in the Moonlight è una commedia divertente e raffinata, un film arguto e brillante che pone in maniera lineare e a modo di semplice storiella (alternando ironia, battute sagaci e anche numerosi riferimenti letterari e filosofici) un interrogativo chiave dell'essere umano. Siamo effettivamente solo logica e ragione o al mondo c'è qualcosa in più? Il film infatti, che riprende comunque l'usuale canovaccio della screwball comedy anni '30 e di molti suoi film classici, ci racconta di un inguaribile misogino (se non misantropo, un istrionico Colin Firth, un cinico e razionale prestigiatore di fama internazionale "cinese") che dopo aver accettato l'invito di un amico a smascherare una presunta sensitiva (la graziosa e magnetica Emma Stone) che sta letteralmente imperversando nella Francia del sud presso una ricca famiglia, e dopo aver constatato che in verità la sua visione del mondo è "probabilmente" sbagliata, alla fine si innamora della stessa fanciulla che gli mostra il lato positivo dell'esistenza. Niente di originale quindi, tuttavia l'originalità della pellicola (un'opera sì leggera eppure di grande sostanza, che sembra quasi rinverdire i fasti del passato) sta forse nella profondità "filosofica" che pervade la vicenda (che riserverà parecchie sorprese), nella capacità del regista newyorkese di riflettere in modo non scontato e ironico sui grandi temi dell'umanità come la morte, l'aldilà, il destino, la felicità. Paradigmatica a questo proposito risulta la parabola interiore di Stanley (si può parlare quasi di "romanzo di formazione") che oscilla tra materialismo disincantato e slancio mistico, tra razionalismo scientifico e spiritualismo religioso.

domenica 12 maggio 2019

Irrational Man (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/03/2018 Qui - Il tema del significato della vita umana e soprattutto della suo inevitabile epilogo torna prepotente in Irrational Man, film del 2015 scritto e diretto da Woody Allen, che non è tra i suoi migliori (ma certamente e personalmente meglio dell'ultimo suo visto, Blue Jasmine), ma che comunque sempre affascina e coinvolge per la sicurezza della regia, per la capacità innata di sublimare il dramma in ironia, per riuscire a farci sempre riflettere a fine visione sul significato delle nostre vite. Anche perché nonostante il vecchio Woody (che ha forse perso un po' di quel cinismo e acume che hanno contraddistinto la sua carriera decennio dopo decennio) continui a girare sui suoi temi nel suo solito stile (che molto spesso non mi piace), e malgrado i difetti ed una verve appunto non più freschissima, il regista riesce a confezionare un buon prodotto piacevole e godibile, formato da dialoghi colti e intriso di filosofia e letteratura. Ma non solo, perché questa ennesima variazione sul tema colpa, castigo, destino e caso, già al centro di altri suoi lavori e che formano il fondamento anche di questo nuovo lavoro, e che qui assume una dimensione diversa, strana, da commedia macabra, grazie alla struttura in due blocchi ben definiti, che alterna una prima parte pressoché romantica ad una seconda dai toni decisamente più drammatici, si fa seguire senza affanni. Giacché bastano pochi secondi per trasformare il film (da una storia di amori proibiti costellata da bizzarre avventure sessuali e riflessioni confusionarie su teorie di grandi scrittori) in un (abile e intrigante) giallo misterioso e "irrazionale" (che assume tinte noir e in cui la suspense imbriglia sempre più lo spettatore) dove a farla da padrone è ancora una volta un omicidio e tutto ciò che ne consegue. Niente quindi di nuovo all'orizzonte? In un certo senso no, perché come detto, il tutto riprende appieno la mentalità registica di Woody abbondantemente vista in altre produzioni delle ultime annate (sempre incentrato sui famosi e noti problemi esistenziali), ma nonostante Irrational Man non abbia alcun punto di genialità esso si lascia seguire grazie ad un ritmo discreto e ad un interesse quanto mai vivo e presente.

sabato 30 marzo 2019

Blue Jasmine (2013)

Mini Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/09/2017 Qui - Blue Jasmine (Commedia, Usa 2013): Come forse saprete verso Woody Allen ho sempre avuto, seppur qualche suo film m'è comunque piaciuto, una certa antipatia. E dopo aver visto questo film, la suddetta cresce, perché in bilico tra commedia e dramma il regista tira fuori una storia che non ingrana mai le marce alte, si prova certamente tenerezza e allo stesso tempo ribrezzo per il personaggio principale, questo comunque per gran abilità indiscussa del regista, lodevole nel costruire un'antieroina di gran consistenza interpretata in maniera magistrale da Cate Blanchett (bravissima nell'interpretare una donna sempre sull'orlo di una crisi di nervi, una persona distrutta che ha perso tutto e non riesce a rimettere in sesto la propria vita), ma il resto è un foglio bianco dal quale ogni tanto spunta qualche idea poi reiterata all'infinito. La debole sceneggiatura infatti, priva di un effettivo "quid" (e poco appassionante), fa acqua da tutte le parti, anche perché sottolineando sino allo sfinimento le nevrosi di Jasmine (che ha perso il farabutto del marito, interpretato da Alec Baldwin), non fa che irritare (centomila scene insomma per dire la stessa cosa). Per la prima mezz'ora il film è difatti inguardabile, inutile e fastidioso (per alcuni aspetti come i dialoghi confusionari e sovrapposti come da stile del regista, i flashback un po' buttati lì e il ritmo veramente blando). Nella seconda parte, effettivamente la pellicola migliora, diventa più interessante, ma c'è ancora troppo poca attenzione destinata alla psicologia della protagonista e troppo spazio dato invece a gag simil-comiche abbastanza scontate e quindi non molto divertenti. Discreto invece il personaggio della sorella (Sally Hawkins) e del fidanzato di lei (Bobby Cannavale), due o tre scene minimamente simpatiche, per il resto poca roba (neanche la musica dove il blues qui ha poco a che fare). Perché in fin dei conti è sempre la solita storia, la solita minestra con i soliti tradimenti, scappatelle, bugie, divorzi. Tanto che l'unico motivo di esistere e di vedere, questo personalmente deludente film, è solo per Cate Blanchett, premio Oscar attrice protagonista per questo film, vedibile ma non memorabile. Voto: 5,5