lunedì 29 aprile 2019

Il film della Memoria: Naked among wolves - Il bambino nella valigia (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/01/2018 Qui - Per il terzo anno consecutivo, anche se in verità ogni anno (come già detto nelle precedenti due occasioni) dai tempi della scuola ne ho sempre visto uno, mi ritrovo oggi a parlarvi di un film che ho visto durante Il Giorno della Memoria, e di cui non credo ci sia bisogno di spiegare cosa sia. Sono passati tanti anni infatti da quando le Nazione Unite istituirono, questa giornata e la data del 27 Gennaio, scelta perché in quel giorno, nel 1945, avvenne la liberazione da parte dell'Armata Rossa del campo di sterminio di Auschwitz, per commemorare tutte le vittime dell'Olocausto e della Shoah, con la speranza che il ricordo di tali atrocità aiutino l'uomo a non commetterle più in futuro. Ed è questo ovviamente il motivo per cui ogni anno l'industria cinematografica si mette all'opera per produrre sempre nuovi film, affinché il ricordo resti vivo sempre. E quindi quest'anno, poiché nonostante Sky e la sua settimana della Memoria, in cui però nessun film in prima visione è stato mandato, e poiché Il labirinto del silenzio, andato in onda sulla Rai, avevo già visto l'anno scorso insieme ad altri tre (anche se dopo un mese), ho optato per l'appunto per Naked among wolves: Il bambino nella valigia (andato in onda su Iris), adattamento del 2015 di un romanzo di Bruno Apitz (dal titolo originale Nackt unter Wölfen) e remake di un film tedesco omonimo del 1963 di Frank Beyer. Un film in cui, ancora una volta, dopo il bellissimo Corri ragazzo corri del 2013, e dopo lo scioccante ma toccante racconto intimista de Il figlio di Saul, è coinvolto un bambino, e si sa, quando in certi eventi tragici viene coinvolto un bambino l'emozione è assicurata. Anche se quello che manca al film in questione, bello e interessante da vedere, è proprio l'intensità e profondità di altre pellicole, perché certamente ci si emoziona, ma non in grande quantità. Comunque non per questo il racconto non appassiona e coinvolge, anche perché la storia (di impianto altresì storico/documentaristico) è discretamente toccante e ci sono alcune scene di grande impatto visivo.

Smetto quando voglio: Masterclass (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/01/2018 Qui - Se nel primo Smetto Quando VoglioSydney Sibilia ci aveva mostrato le singolari tecniche del riscatto morale della banda dei ricercatori, in Smetto quando voglio: Masterclass, film del 2017 e midquel dello stesso, allarga il punto di vista e ci mostra quanto ancora c'era da raccontare di questo universo affascinante e tragicamente divertente nonché riuscito. Giacché anche in questo discreto secondo episodio, girato con cura e con un'ottima padronanza del linguaggio cinematografico, il regista fa decisamente e nuovamente centro. D'altronde a differenza di quanto succede nella maggioranza dei casi, questa seconda pellicola infatti si rivela essere all'altezza della sua precedente, forse appena un gradino sotto per via di alcune inutili lungaggini (specie nella prima parte), ma pur sempre di livello. Poiché anche se senza alcun dubbio la prima, che porta lo stesso titolo (senza l'aggiunta di "Masterclass"), si era distinta per originalità, e questa seconda comunque riprende più o meno le situazioni ed i personaggi della prima, la trama generale in sé è nuovamente divertente, per quanto ovviamente assurda, ma ricca di colpi di scena e dunque piacevole a seguirsi. Dopotutto il film comincia facendo un salto indietro, e la prima scena (come in ogni film action che si rispetti) è subito adrenalina e bellezza. Il contrasto della musica classica del flauto magico di Mozart sul goffo e rocambolesco incidente di Alberto (ancora una volta uno straordinario Stefano Fresi) mette difatti subito in chiaro una cosa, non è il solito sequel "minestra riscaldata" a cui siamo (e ci hanno) abituati.

Batman v Superman: Dawn of Justice (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/01/2018 Qui - Chi ricorda la mia recensione di Suicide Squad ricorderà che vidi il film senza aver visto il suo precedente, il che mi mise un po' in difficoltà non sapendo e scoprendo solo dopo che Superman (il mio super eroe preferito, e di questo ne dovete tener conto) era "morto". Nonostante tutto vidi il film e mi piacque abbastanza, non tanto comunque, perché si rivelò e si è rivelata una delle mie grandi delusioni dello scorso anno. Ora però finalmente ho visto Batman v Superman: Dawn of Justice (2016) e qualcosa in più sulla sua dipartita e del perché della sua apparente morte (poiché era chiaro che non sarebbe successo davvero) ho saputo. Peccato che la pellicola in questione (seconda del DC Extended Universe), vista in ordine temporale dopo Wonder Woman (quarto in ordine di produzione, che sarà pubblicata dopo nonostante l'abbia visto appunto prima, il che rende questa recensione abbastanza strana e diversa da molte altre) e vista nella versione più completa ed estesa, si sia rivelata l'ennesima occasione sprecata, l'ennesima delusione. Perché per quanto sia indiscutibile che tale versione faccia probabilmente chiarezza su alcuni punti (apparentemente) oscuri della sceneggiatura che molti potrebbero non aver visto, e che quasi certamente approfondisce e/o addirittura introduce personaggi secondari di anche considerevole valore, il suddetto si perda (nonostante appunto una mezz'ora abbondante utile a capire meglio il tutto) in un racconto probabilmente e ugualmente confusionario, deficitario e irregolare, sicuramente colpa di un incomprensibile montaggio (e di una trama che presenta forzature infantili per giustificare lo scontro tra i due supereroi per eccellenza), in cui situazioni non spiegate (e se spiegate esse avvengono in malo modo) e verità negate, si susseguono (al contrario del ritmo narrativo comunque latente) a ritmo impressionante.

Train to Busan (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/01/2018 Qui - Mi ero ripromesso di vedere il prequel animato Seoul Station, ma non l'ho fatto, anche se certamente vedrò prossimamente, anche perché il suddetto, come mi sembra di capire e intuire non avrebbe comunque inficiato la visione del film originale, esso infatti non è propriamente la continua, ma un film a sé, e che film, perché Train to Busan, film del 2016 diretto da Yeon Sang-ho, uscito in home video solo ad ottobre e mandato in onda in Italia a metà dicembre del 2017, è un sorprendente "zombi" movie, dalla costruzione tutto sommato prevedibile ma di una potenza visiva pazzesca, con la tensione sempre altissima. Benché infatti sia difficile pensare di lasciarsi prendere da una trama abbastanza prevedibile come quella che riguarda gli zombie, il regista riesce abilmente e senza inventarsi nulla di particolare e inserendosi piuttosto bene negli schemi del genere, a ribaltare gli suddetti schemi, confezionando una pellicola ricca di suspense, ansia e partecipazione emotiva che non ti fa staccare lo sguardo dallo schermo neanche per un attimo, tant'è che non vuoi perderti niente di quello che succederà all'esiguo gruppo di persone sulle quali si concentra. Seguiamo difatti e con grande interesse lo svolgersi, e il progressivo deterioramento, della situazione all'interno di un treno in partenza da Seul e diretto a Busan, dove un giovane padre con sua figlia in viaggio per ricongiungersi con la madre della piccola, un gruppo di ragazzini in viaggio per un evento sportivo e una coppia in attesa del loro primogenito, si ritrovano costretti, a seguito di un anomalo incidente "infettivo" di una ragazza, ad escogitare un piano per sopravvivere il più a lungo possibile mentre la minaccia mortale, infernale incombe.

domenica 28 aprile 2019

Batkid Begins (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2018 Qui - Ci sono volte in cui la realtà supera la fantasia, è questo quello che succede nell'emozionante e bellissimo documentario del 2015 diretto da Dana NachmanBatkid Begins. Il documentario racconta infatti la storia di Miles Scott, bambino americano sopravvissuto al cancro, che grazie all'associazione Make-a-Wish (che ormai opera in tutto il mondo e che ha sempre avuto in mente di realizzare i desideri dei bambini ammalati, spesso organizzando viaggi o visite ove non si ha facilmente accesso o per problemi formali o anche per pura carenza economica delle famiglie), ha potuto vedersi realizzato un desiderio. Un desiderio a prima vista innocuo e semplice, dato che voleva per un giorno essere "Batkid", il sostituto del supereroe Batman, ma che una volta reso noto, si trasformò, il 15 novembre 2013, in un qualcosa di incredibile. Perché a San Francisco, divenuta per un giorno una fittizia Gotham City, migliaia di volontari, funzionari, imprese e sostenitori si riunirono per trasformare in realtà il suo desiderio. E ci riuscirono, grazie all'appoggio del sindaco, del capo della polizia, di alcuni stuntman, di una folla di persone (per l'esattezza 25.000), di cui alcuni offrirono la loro (costosissima) auto sportiva per trasformarla nell'auto di Batman, ma soprattutto della direttrice, che fece davvero di tutto affinché il desiderio venisse esaudito. E il film quindi, prodotto nientemeno che dalla Warner Bros, segue appunto le vicende che portano fino al giorno in cui Batkid ha salvato San Francisco e spiega e fa vedere cosa succede quando un evento diventa involontariamente virale, non qualcosa di negativo ma di positivo, perché la sua storia toccò le coscienze e i cuori di molti, anche di Barack Obama, che lo salutò e incoraggiò su twitter, social che a sua volta con gli hashtag dedicati a Miles raggiunse quasi due milioni di utenti. E così, tra gesti di umana comprensione e di grande solidarietà, si segue un documentario che, emoziona, coinvolge e diverte, dove ti accorgi che a volte l'essere umano è capace di piccoli grandi gesti, come quella di far felice un bambino, perché l'espressione di Miles alla fine è la migliore ricompensa a tutto. Voto: 7

Un posto sicuro (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2018 Qui - Un film di denuncia sociale confezionato molto bene, a cui si perdona qualche cliché nella sceneggiatura (il figlio che non parla al padre da anni, e che si riavvicina pateticamente solo al momento della morte, scene già viste mille volte al cinema), questo è Un posto sicuro, film del 2015, diretto dall'esordiente Francesco Ghiaccio, perché si 'sente' e si vede che è un film sincero, raccontato in modo talmente efficace che in molti momenti non capisci dove finisce la finzione e dove inizia la vita reale. Anche perché il film racconta una storia tragica, inventata, ma incardinata in un fatto di cronaca vero, purtroppo, ovvero il disastro che provocò la fabbrica Eternit, i cui operai morivano come mosche a seguito dell'esposizione all'amianto. Senza dimenticare che questa strage, come le didascalie a fine film ci rammentano, finì dopo un tortuoso percorso giuridico, senza colpevoli. Il film per questo è tosto, un po' pesante, ma ben recitato, da Marco D'Amore, che qui da prova di grande versatilità e da un sempre intenso Giorgio Colangeli, e sicuramente interessante, tuttavia non esente da difetti oltre ad una sceneggiatura come detto non perfetta. Perché certamente in Un posto sicuro, che tocca le piaghe del dolore di padre e figlio e del dolore collettivo di una comunità devastata nel corso degli anni da quella risorsa che all'epoca dava prestigio e lustro e che invece provocava un cancro mortale, colpiscono i racconti del padre/Colangeli del mondo Eternit, colpiscono quelle immagini di repertorio che con il senno di poi fanno rabbrividire più di un horror, per l'inconsapevolezza e l'incuria di un male che ha colpito generazioni di persone, ma il regista, seppur ci metta vera passione in questo film tra finzione, documentario e teatro, non sempre è all'altezza. Il film infatti, nonostante guizzi visionari di grande impatto (su tutti, la scena metaforica in cui il protagonista svuota sul palco interi sacchi di palline da ping pong), perde parte del suo potenziale in un fragile schematismo, con rivoli narrativi prescindibili, a cominciare dall'inutile, seppur bene interpretata dalla splendida Matilde Gioli, sotto-trama rosa. Tuttavia per quanto questa possa ritenersi un'occasione parzialmente sprecata per raccontare un disastro sanitario e ambientale al quale la giustizia italiana ha aggiunto un'intollerabile quota di oscenità e iniquità, e per quanto esso non rimarrà nella storia del cinema italiano, questo è un film, non pretenzioso ma sincero e sufficientemente bello ed emozionante. Voto: 6+

The Most Beautiful Day: Il giorno più bello (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Prendendo forse spunto dal film Non è mai troppo tardi con Jack Nicholson e Morgan Freeman, il film The Most Beautiful Day: Il giorno più bello (Der geilste Tag), commedia del 2016 scritta, diretta e interpretata da Florian David Fitz e da Matthias Schweighöfer (due volti noti in Germania), racconta appunto ed attraverso il tema del viaggio che veicola altresì una riflessione sul senso della vita, di due giovani malati molto anti-convenzionali che, caratterialmente diversi ma accomunati dalla stessa volontà di non subire passivamente il destino che è stato loro riservato, decidono di andare incontro ad esso in maniera spensierata, trascorrendo il giorno più bello della loro vita, al quale il titolo del film allude. E una volta ottenuti i fondi (in che modo non è importante..) partono alla volta dell'Africa, trascinando così lo spettatore in un road-movie emozionale che si trasforma, inevitabilmente, in un inno alla vita. Un viaggio fisico e spirituale durante il quale i due amici faranno tutte quelle esperienze mai fatte prima. Un'avventura indimenticabile che li porterà a vivere situazioni tragicomiche fra divertenti gag e momenti seri.

La Madre (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Più che un horror, una favola nera, visivamente suggestiva, con trovate originali e momenti di tensione, questo è La Madre (Mama), film horror del 2013 diretto da Andrés Muschietti (sì proprio lui) e prodotto da Guillermo del Toro (sì proprio lui). E' chiaro sin dal principio infatti come il regista voglia puntare molto sulle atmosfere e, per farlo, sfrutta paesaggi molto d'impatto, una strada innevata praticamente deserta, poi un bosco. E ci riesce piuttosto bene, anche successivamente, quando dal prologo si passa alla vicenda vera e propria e ci si sposta in un tranquillo quartiere di periferia, da dove ha inizio la storia di due bambine che dopo 5 anni dalla loro scomparsa vengono ritrovate dallo zio e la sua amica, Nikolaj Coster-Waldau (nel ruolo anche di padre delle bambine) e Jessica Chastain, regredite allo stadio di bestiole spaventate e soprattutto "dipendenti" da "Mama", che negli anni di "solitudine" gli ha procurato loro cibo e tanto amore. Come potete quindi immaginare La Madre, è la classica ghost story, malinconica e commovente, che però utilizza l'elemento del soprannaturale per raccontarci una storia umanissima, che affonda le sue radici nel legame ancestrale e indissolubile tra madre e figlio, che scava nei rapporti familiari, evidenziandone le dinamiche complesse e spesso dolorosissime.

7 Minuti (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Tratto dall'omonimo testo teatrale di Stefano Massini (che ne ha scritto insieme al regista Michele Placido anche la sceneggiatura della versione cinematografica) e rifacendosi ad un fatto realmente accaduto in una fabbrica dell'Oltralpe, 7 Minuti (2016), racconta uno spietato aspetto della realtà concernente il mondo del lavoro e, più precisamente, quello, della fabbrica. Nel film infatti, di denuncia e girato quasi interamente in una stanza di una fabbrica, si assiste ad un gioco al massacro tra vecchie e nuove generazioni, diverse etnie che rivendicano ognuna le proprie ragioni per accettare o rifiutare l'accordo che una società propone all'intero cast femminile del film (che vede interpreti neofiti e di lunga data tutte egualmente brave, tra cui Ambra AngioliniCristiana CapotondiFiorella MannoiaViolante Placido e Clémence Poésy). Un accordo, quello di rinunciare a sette minuti della loro pausa, che facile da accettare proprio non è, perché se singolarmente significa poco, ma moltiplicato per tanti sono numeri ragguardevoli. In fondo è vero, cosa sono sette minuti con la sicurezza di un posto di lavoro sicuro, magari malpagato però con una certezza che ti porta in qualche modo ad andare avanti ed in tempi di crisi economica non è cosa da poco.

Elvis & Nixon (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Prendendo spunto dall'incontro che realmente vide come protagonisti il Presidente americano e il mitico "Re" del rock, Liza Johnson e il suo Elvis & Nixon (2016), vorrebbero raccontare in modo grottesco e con un tocco surreale l'improbabilità di un incontro incredibile. E ci riescono, perché il film, che racconta appunto, con ironia talvolta impietosa, l'incontro tra due degli uomini più famosi del mondo in quel momento storico, gli anni '70, e grazie ad una narrazione esile e bizzarra, è divertente, è scanzonato ma soprattutto è gradevole. Il film infatti scivola bene, non solo perché i dialoghi sono alquanto interessanti, ma perché ci fa conoscere (senza "divinizzare" nessuno dei due) la parte umana dei personaggi, entrambi serviti e riveriti, di caratteri diversi ma con obbiettivi simili. Difatti il film, non è affatto un film "musicale", perché chi si aspetta un film su Elvis e di fare una overdose del Re, si sbaglia, in tutto il film non si sente una nota delle canzoni di Elvis, e non è affatto un b-movie che scimmiotta questi due personaggi molto controversi, in tal senso la scelta dei due attori non è casuale, Michael Shannon e Kevin Spacey.

Raffaello: Il principe delle arti (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Non ero e non sono stato mai attratto dall'arte in generale, men che meno dai pittori, ma devo dire che con Raffaello: Il principe delle arti, il primo film d'arte mai realizzato su Raffaello Sanzio, prodotto nel 2017 da Sky e Magnitudo Film, in collaborazione con i Musei Vaticani e diretto dal regista Luca Viotto (deceduto poco prima della distribuzione del film e di cui all'inizio compare una dedica), qualcosa è cambiato. Certo, non che adesso son diventato un esperto o che ne vedrei a centinaia, ma quest'immersione nella straordinaria bellezza delle opere di Raffaello e nei momenti topici della vita dell'artista attraverso raffinate ricostruzioni storiche, mi è piaciuta. Anche perché nonostante le varie scelte non indifferenti di trattare la storia (ovvero con tecniche diverse, giacché dai primi 30 minuti di film possiamo infatti notare tre stili di "documentario" differenti in cui Raffaello, interpretato da Flavio Parenti, rompe persino la quarta parete, mentre la spiegazione da parte di tanti storici dell'Arte e la ricostruzione della vita di Raffaello Sanzio tramite attori creano il resto del lungometraggio) e le opere (non tutte da me conosciute) di un grande artista, il film è piacevole e alla portata di tutti, sia agli addetti al lavori dell'Arte sia a giovani esploratori curiosi. Il film infatti possiede un buon ritmo e il mix di diversi metodi non danneggia il prodotto finale. Un prodotto che (anche senza il 3D) affascina lo spettatore, grazie a inedite riprese, e in cui abbiamo la possibilità di rivivere la Cappella Sistina con gli affreschi originali grazie al grande lavoro di ricostruzione storica del film. Un film, un documentario, curato, interessante e decisamente suggestivo, ma comunque non eccezionale o imperdibile. Voto: 6+

Bad Moms: Mamme molto cattive (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Diretta da Jon Lucas e Scott MooreBad Moms: Mamme molto cattive (Bad Moms), commedia del 2016 sulle mamme e le difficoltà che possono accompagnare ogni donna con bambini nel corso della loro vita, che si avvale di una colonna sonora molto movimentata, racconta la (divertente e ingenua) storia di Amy Mitchell (Mila Kunis), e di altre due mamme super stressate (Kristen Bell e Kathryn Hahn) che, stufe di sentirsi richiedere la perfezione in famiglia e sul lavoro, decidono di ribellarsi alle regole diventando (prevedibilmente ad una prima occhiata), colpa dell'Associazione Insegnanti-Genitori, la presidente Gwendolyn (la brava Christina Applegate) e la sua cricca di mamme perfette, paladine indefesse di una maternità "politically correct", mamme "cattive". Il film infatti, anche se in modo forse troppo surreale per risultare credibile, offre il solito spaccato americano (e non solo) in modo prevedibile ma anche sincero, perché il film, carino e divertente, discretamente diretto e ben doppiato non è affatto un brutto film. Chiaramente non siamo davanti ad un film impegnato e nemmeno ad un teen movie, ma ad una commedia semplice che ironizza sulla vita delle giovani mamme, le milf per intenderci, e lo fa con un linguaggio spesso scurrile ma senza esagerazioni, che rispecchia molto la società odierna. Una società in cui le donne sembra abbiano davvero più responsabilità e compiti da fare rispetto agli uomini.

Life of Crime: Scambio a sorpresa (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Basata sul romanzo del 1978 Scambio a sorpresa (The Switch), scritto da Elmore Leonard, la pellicola (del 2013) Life of Crime: Scambio a sorpresa (Life of Crime), è una divertente commedia pulp scritta, diretta e montata da Daniel Schrechter, il quale omaggiando Tarantino e Soderbergh, riesce sufficientemente a farsi apprezzare. Certo, l'incipit non è tra i più originali, dato che racconta di due malviventi nella Detroit del 1978 che per fare il colpo grosso decidono di rapire la moglie di un ricco magnate (che però dalla moglie vorrebbe divorziare...e che ha anche una giovane amante, una sexy Isla Fisher), ma la storia (che diventa via via più ricca di particolari e resta sempre divertente) scorre bene e presenta anche dei momenti interessanti, oltre a una buona dose di ironia da commedia nera e un finale beffardo. Il film infatti, pur non essendo un capolavoro clamoroso (poiché in fondo il film non spicca mai il volo, rimane nel limbo delle buone intenzioni e nonostante una buona materia non è mai pungente) è comunque un film piacevole. Anche perché visivamente tutto funziona, discreto è l'uso dello zoom, e discreto (ma non memorabile) è anche la colonna sonora anni '70 e il montaggio, che alterna perfettamente situazioni che avvengono a breve distanza di tempo ma in luoghi distanti.

La corte (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/01/2019 Qui - Un'opera delicata e divertente che ruota interamente attorno (anche troppo seppur sostenuta dall'ottima interpretazione di Fabrice Luchini) al protagonista, è La Corte (L'hermine), film del 2015 di Christian Vincent (La cuoca del presidente). Il film infatti, una sorta di commedia che si divide tra il sentimentale e il dramma (non mettendo mai tristezza e regalando sorrisi), racconta del giudice Xavier Racine, uomo di legge rigido e inflessibile, maniacale e razionale, che riconoscendo nella giurata (di un processo delicato) Ditte (la fascinosa attrice olandese, Sidse Babett Knudsen) l'anestesista che lo aveva assistito durante una sua passata ospedalizzazione si innamora come un ragazzino ed inizia una corte tenace, ma non priva di garbo, nei confronti della bella signora. Ma se tutto, ruota attorno al suo protagonista, il suo centro assoluto dell'azione, il resto forse non è all'altezza, difatti nel film, Luchini è il mattatore (le sue battute e il modo con cui smonta ogni più piccolo particolare fuori posto, che rende le testimonianze un piccolo sketch, sono fantastici), gli altri invece lo seguono senza riuscire a stare al passo. Inoltre la regia appare abbastanza statica, tanto quanto la storia che non mostra grande propensione a coinvolgere lo spettatore in maniera totale e convincente.

sabato 27 aprile 2019

Palle di neve: Snowtime! (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/01/2018 Qui - Versione animata di un cult franco-canadese, The Dog Who Stopped the War (1984), Palle di neve: Snowtime! è un lungometraggio d'animazione del 2015 diretto da Jean-François Pouliot con la collaborazione di François Brisson, indubbiamente coraggioso per i delicati temi che tratta, è infatti un'allegoria della guerra, neanche troppo celata che tocca anche il tema della morte, argomento spesso tabù nel cinema pensato per i più piccoli. Perché la storia, ambientata in un non meglio definito paesino di montagna ricoperto di neve, e dove non si vedono né adulti né gli ultimissimi prodotti tecnologici, e che racconta di un gruppo di bambini che per combattere la noia, durante le due settimane di vacanze invernale, decide di ingaggiare una guerra di palle di neve (che però si trasforma presto in un conflitto molto più serio), diventa il pretesto per regalare ai più piccoli (ma più ai grandi) diversi punti di riflessione. In una così semplice trama difatti, le tematiche in gioco sono tante, dal bullismo alla perdita di un genitore, dalla guerra all'amicizia, anche tra gli animali. Anche perché anche solo inscenando la "guerra" quello che viene soprattutto fuori sono i suoi conflitti, lo spionaggio, i complotti, le strategie, fortunatamente però i protagonisti comprenderanno che è inutile combattersi a vicenda, quello che conta è divertirsi insieme in maniera spensierata. Tuttavia, se per gli adulti è facile notare ciò, per i bambini sarà soprattutto un divertente cartone animato natalizio dedicato all'amicizia e al divertimento.

Babbo bastardo 2 (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/01/2018 Qui - Era il 2003 quando sugli schermi di tutto il mondo uscì una delle commedie natalizie più anticonformiste, irriverenti ed ironiche di sempre. Ora a distanza di 13 anni dal primo Babbo Bastardo ecco nuovamente ritornare un fantastico Billy Bob Thornton nel suo sequel, Babbo bastardo 2 (Bad Santa 2), commedia del 2016 diretta da Mark Waters. Peccato che, seppur il film è meno divertente del primo film, anche se ugualmente sboccato, irriverente e maleducato, che assicura una visione soddisfacente e di discreta dinamicità, esso convinca solo a metà. Se infatti nel primo film l'atmosfera malsana, volgare e scorretta, ma anche emozionante e riflessiva che regnava lo aveva contraddistinto in modo piacevole e originale esaltando pubblico e critica, questo secondo atto, fuori tempo massimo, riporta quei tipici momenti, ma solo in determinate parti e determinati momenti. Ovvero i primi minuti e l'ultima mezz'ora (tranne forse i sentimentalismi finali e i volgari titoli di coda, che si potevano evitare), che rispettano onestamente lo spirito del primo film. Quella a non funzionare è difatti la parte centrale, quella dove il protagonista, che ha ceduto ancora una volta ai propri istinti e che entra in una squadra di improbabili delinquenti formata da una donna che si scoprirà essere la madre (un'inguardabile Kathy Bates, utile solo per spiegare in parte l'origine del nichilismo del figlio) e il nano del primo episodio (Tony Cox), con l'obbiettivo di scassinare la cassaforte di un'associazione di beneficenza che non redistribuisce l'intero ricavato della propria attività, condita solo di volgarità scurrile a volontà, con dialoghi senza senso snervanti e sesso go a go (tra cui incredibile è la presenza in questo della fantasmagorica Christina Hendricks).

La festa prima delle feste (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/01/2018 Qui - Partendo dal presupposto che La Festa Prima delle Feste (Office Christmas Party), film del 2016 di Josh Gordon e Will Speck (che dal precedente, e non memorabile, Due cuori e una provetta si portano dietro in dote la coppia formata da Jennifer Aniston e Jason Bateman) non è sicuramente il classico film di Natale dai buoni sentimenti adatto alle famiglie, ma un film anticonvenzionale, una commedia natalizia sboccata e piuttosto prevedibile nello svolgimento, esso comunque lascerà soddisfatti gli amanti del genere. Anche perché se dovessimo fare un confronto tra i nostri cinepanettoni e quelli degli altri paesi (in questo caso U.S.A.), non ci sarebbe comunque gara, il peggio degli altri è comunque (spesso ma per fortuna non sempre) meglio del nostro peggio. La Festa Prima delle Feste infatti, certamente e tecnicamente migliore dei nostri Natale a... e Vacanze a..., e pur trattandosi di un film di intrattenimento "leggero", per tutta la famiglia o quasi (riferimenti sessuali, scene sconce e parolacce non mancano), presenta un comparto narrativo che ha comunque una base solida. Esiste difatti una trama di fondo (uno scopo ben preciso, dato che non mancano riferimenti all'attualità e alla crisi globale), esistono personaggi scritti in maniera più o meno approfondita e questi ultimi, si muovono all'interno della storia creando altre sotto-trame, ma cosa ancor più importante, è una commedia che fa ridere.

venerdì 26 aprile 2019

Bellezze cinematografiche edizione 2017

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 16/01/2018 Qui - Chi mi conosce sa o anche chi legge e vede i miei post dovrebbe sapere che post di questo genere (ovvero di puro omaggio alla bellezza) ne faccio uno, anzi due all'anno, e soprattutto che sono sempre molto rispettoso e non esagero mai nel mostrare certe foto, anche se esse sono di pubblico dominio, ma soprattutto le hanno viste milioni di spettatori. Questo per dire che se le foto di seni nudi o altro vi infastidiscono e le trovate disdicevoli, ignorate questo post! Per gli altri e per chi non si imbarazza ecco la classifica (della seconda edizione del Saba Cine Beauty Awards) delle più belle e sensuali donne viste durante i moltissimi film visti lo scorso anno, il 2017. Anno che ha portato via la madrina di questa edizione, Erin Moran, la dolce "sottiletta" di Happy Days (e di alcuni film, seppur dimenticabili), a cui questa edizione dopo quella dell'anno precedente, qui, intitolata a Carrie Fisher, è dedicata. Un edizione davvero "molto interessante" e alquanto intrigante, in cui altresì effettuerò un mini sondaggio alle blogger e visitatrici del blog, chi preferite tra Tom Hardy, Ryan ReynoldsJake Gyllenhaal e Michael Fassbender? Scrivete nei commenti il vostro preferito, mentre ai maschietti un solo quesito (anche se una risposta non serve), siete d'accordo o no con me e questa classifica?

26. La Eva Green italiana, Matilde Gioli, vista in Belli di papà - 25. La dolce Emily Browning vista in Legend - 24. La carinissima Ella Purnell di Miss Peregrine
23. La sempre attraente Kristen Stewart, vista quest'anno in American Ultra, Equals e Billy Lynn
22. Sempre dal film Billy Lynn, la delicatezza di Makenzie Leigh - 21. L'affascinantissima Courtney Zaya di Mad Max: Fury Road e Gods of Egypt
20. La sempre sensuale Maika Monroe, quest'anno premiata per It Follows - 19. La bombastica e intrigante Gemma Arterton, vista in 100 Streets

Le migliori colonne sonore dei film visti nel 2017

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 12/01/2018 Qui - Quest'anno ho voluto fare le cose in grande, e così dopo i migliori film, i migliori attori e attrici ecco nuovamente la classifica delle migliori colonne sonore, ma per questo 2017 c'è una novità. Infatti per essere più preciso possibile, la suddetta classifica sarà divisa in tre parti, prima la migliore colonna sonora originale, poi la migliore colonna sonora non originale, ovvero le musiche, ed infine la miglior canzone. Perciò aprite le orecchie e godetevi lo spettacolo.

Le migliori attrici dei film visti nel 2017

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2018 Qui - Come è stato ieri per gli uomini, è imprescindibile fare una classifica delle donne, bravissime e molte volte anche bellissime (ma di questo ci sarà spazio alla fine di tutto di parlarne), ma soprattutto attrici, che quest'anno si sono cimentate in grandi film, riuscendone sempre con la loro bravura ed espressività a farsi tanto apprezzare, tanto appunto da entrare nella classifica de Le migliori attrici dei film visti nel 2017, (qui l'edizione 2016). Film dove ovviamente il loro talento ha impreziosito queste pellicole, davvero tante che quest'anno ho visto. Prima però una piccola menzione per le posizioni 20-11.
20. L'efficace Maika Monroe per l'intrigante It Follows - 19. L'impeccabile Mary Elizabeth Winstead per il claustrofobico 10 Cloverfield Lane - 18. L'intensa Greta Scarano per l'altrettanto intenso Suburra - 17. La brillante coppia Micaela Ramazzotti-Valeria Bruni Tedeschi per la bella pellicola La Pazza Gioia - 16. La convincente Carey Mulligan per l'interessante Suffragette - 15. La funzionale e brava Matilde De Angelis per Veloce come il vento - 14. La perfetta protagonista dell'avvincente Paradise Beach, Blake Lively - 13. Rachel McAdams, l'unica ma straordinaria interprete femminile dell'intenso Il caso Spotlight - 12. La sorprendente coppia gemella Angela/Marianna Fontana nell'emozionante Indivisibili - 11. Le stupende Rooney Mara-Kate Blanchett per lo struggente film romantico Carol

I migliori attori dei film visti nel 2017

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 10/01/2018 Qui - Non credo ci sia bisogno di dire che i film non sarebbero tali, soprattutto nel caso in cui essi sono alquanto belli, intensi ed avvincenti se, non ci fossero degli attori (e attrici che ci saranno domani) capaci a sopportare il tutto e a renderlo interessante e coinvolgente, però siccome in quest'occasione è proprio grazie alla loro bravura che mi ritrovo a fare la classifica de I migliori attori dei film visti nel 2017, (qui l'edizione 2016) è doveroso dire complimenti a loro. Perché se il loro talento ci permette di gustarci un film è solo merito loro, merito di grandi attori come questi qui che sto per presentarvi, cominciando da chi merita certamente una menzione per il loro prezioso contributo.

20. Stefano Accorsi per il sorprendente Veloce come il vento - 19. Joaquin Phoenix per l'affascinante Vizio di Forma - 18. Viggo Mortensen per Captain Fantastic (solo grazie a lui digeribile) - 17. Jason Mitchell per il buon Straight Outta Compton - 16. Hugh Jackman per l'agghiacciante Prisoners - 15. L'efficacissima coppia Omar Sy-James Thierree per Mister Chocolat - 14. Michael Fassbender per l'intenso Macbeth, senza dimenticare Steve Jobs e X-Men Apocalisse - 13. Armie Hammer per il sorprendente action Mine, ma anche The Birth Of A Nation - 12. Il bravissimo Stephen James per il discreto Race: il colore della vittoria - 11. La funzionale e affiatatissima coppia George Clooney-Jack O'Connell nell'originale Money Monster

I migliori film visti genere per genere del 2017

Selezione pubblicata su Pietro Saba World il 09/01/2018 Qui - Torna anche quest'anno e quindi nuovamente la classifica finale dei migliori film per genere cinematografico dell'anno (che in questo caso saranno 12), ovvero escludendo i migliori 30 in assoluto visti ieri, qui, tutti gli altri discreti film di genere (intorno al 7 di voto insomma) che ho visto in questo 2017 e che mi sono moderatamente piaciuti, e che ovviamente consiglio di vedere a tutti, soprattutto agli amanti dei suddetti generi di questa lista, contenente 85 pellicole interessanti. Di questi però non ci sarà un link, per quello basta visionare l'archivio completo o quello inerente solo ai film del 2017 per leggere. Ma bando alle ciance, eccovi qui genere per genere i migliori film nel loro ambito cinematografico di quest'anno, cinematograficamente parlando intenso, appena trascorso. Ah dimenticavo, buona visione e buon 2018 cinefilo.

COMMEDIA
Nessuna tra i primi 30, ma ben 8 sono quelli belli e da vedere

La Top 30 dei migliori film visti quest'anno (2017)

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 08/01/2018 Qui - Dopo aver visto i peggiori film in assoluto, per genere e le delusioni, e dopo la scorsa settimana dedicata alle migliori serie, attori e attrici, sigle e colonne sonore (che trovate facilmente nell'archivio post), è finalmente arrivato il momento di presentare la top più importante dell'anno, quella dei migliori film visti quest'anno (il 2017, che saranno ben 30 a fronte dei ben 340 film visti, compresi un centinaio di quelli peggiori), in una classifica (come sapete o dovreste già immaginare se avete visto quelle dell'anno precedente) però abbastanza diversa per ovvie ragioni da molte altre. Ovvero che, siccome li ho solamente visti durante l'anno appena trascorso, non sono tutti film usciti quest'anno, anzi, in alcuni casi anche di due anni fa. Comunque a parte ciò, il livello di film e la loro qualità (solo pellicole che hanno ricevuto i voti più alti, quelli che vanno dal 7,5 al 10, tuttavia in questa classifica fino al 9) è indubbiamente alta. Quindi mettetevi comodi e allacciate le cinture, perché il viaggio che porterà il vincitore del Saba Cine Awards per il miglior film visto da me del 2017 sta per cominciare. E come già fatto l'anno scorso per leggere le recensioni basta cliccare sulla foto.

30. Emozionante ed educativo

29. Avvincente e spettacolare

I peggiori film genere per genere e le delusioni del 2017

Selezione pubblicata su Pietro Saba World il 29/12/2017 Qui - Dopo i peggiori film in assoluto di ieri, qui, è ora di conoscere i peggiori film genere per genere di quest'anno, ovvero il meglio (si fa per dire) del peggio visto in questo 2017. Ma prima di sapere quali film (dal 5 al 5,5 di voto) faranno parte della lista in questione, e quindi di sapere di quei film che, nel loro genere si sono contraddistinti almeno in parte in negativo (e di cui comunque non consiglio o sconsiglio una visione, fate voi, anche se io vi ho avvisati del "pericolo"), una piccola schiera di pellicole che durante l'anno mi hanno deluso, ovvero tutti quei film da cui mi aspettavo di più e decisamente qualcosa in meglio rispetto alle (mie e non solo) attese. Perché anche se in alcuni casi, essi hanno anche raggiunto la sufficienza (solo la metà) ed in altri l'insufficienza piena (soprattutto gli ultimi quattro, American Pastoral, Focus, Ben-Hur e Gods of Egypt), tutti non sono riusciti a sfruttare il loro potenziale e a lasciare per strada i pezzi, non riuscendo quindi a fare del tutto breccia. Questi nella prima immagine, poi finalmente la lunga lista genere per genere del "meglio del peggio".

I peggiori film visti dell'anno (2017)

Classifiche pubblicate su Pietro Saba World il 28/12/2017 Qui - Sembra passata una vita dall'ultima volta, ma è passato solo un anno da quando ho stilato le mie classifiche finali. Un anno, questo, ricco come sempre di tantissimi film che ho visto, e che ho altresì odiato (anche perché è difficile non trovarsi di fronte a certi film) ma anche amato, per questo però c'è tempo, per il momento è tempo invece di presentare la classifica dei peggiori film visti quest'anno, ed ovviamente al peggiore in assoluto verrà assegnato un mio personale Razzie Awards. In quest'occasione però il post verrà diviso in tre parti, per cominciare i film che, nonostante il buon cast si sono rivelati pessimi film, dopotutto a volte non basta una sufficiente interpretazione a salvare un film se questo è brutto per colpa della regia e della trama, poi la classifica vera e propria dei film più brutti anche per colpa dell'anonimo cast e delle insufficienti interpretazioni dello stesso, con prima dalla posizione 18 alla 11 ed infine i primi dieci posti (qui ci saranno anche i link). Vediamo quindi quali secondo me, e sempre personalmente parlando (poi decidete voi se ho ragione o meno), sono le pellicole in questione.

venerdì 19 aprile 2019

Cinevigilia: Santa Clause (1994)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/12/2017 Qui - Nel piccolo cinema del mio paese, che ora da anni non c'è più (quello più vicino e funzionale dista 20 km ed è un immenso multisala), avrò visto sì e no una dozzina di film, con la scuola più di tutti, con mio fratello due-tre volte e con mio padre due, una per La Vita è Bella e l'altra per Santa Clause, per l'appunto il film, The Santa Clause in originale (importante perché a tal proposito c'è un aneddoto), pellicola del 1994 diretta da John Pasquin, che ho scelto, soprattutto perché ho un ricordo davvero bello di quella visione e anche del film che sviscera in modo meraviglioso il rapporto padre/figlio (uno dei punti forti della pellicola), per la piccola rassegna denominata Cinevigilia (come da titolo) e istituita da quella sgangherata cricca di blogger che ogni tanto riprende vita. Questa pellicola (di Natale) infatti, distribuita da Walt Disney Pictures e Hollywood Pictures e interpretata da Tim Allen (che all'epoca adoravo grazie alla serie Quell'uragano di papà), l'ho visto appunto al cinema appena era uscito, proprio sotto Natale, e mi era piaciuto moltissimo, un po' come adesso che l'ho piacevolmente rivisto. Diretta dal regista John Pasquin (Da giungla a giunglaMiss F.B.I. - Infiltrata speciale), "Santa Clause" è difatti una pellicola, comunque sottovalutatissima e calcolata solo in era Natalizia, assolutamente gradevole, certamente con il classico spirito di Natale, seppur molto più commovente e cupo, ma con qualcos'altro in più da dire.

giovedì 18 aprile 2019

Masterminds: I geni della truffa (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2017 Qui - Ispirandosi all'incredibile storia di David Ghantt, l'uomo che nella storia degli Stati Uniti detiene il record insuperato della rapina bancaria più fruttuosa di sempre (ben 17 milioni di dollari, 2 dei quali mai recuperati) la simpaticissima (leggera ma briosa, dotata di interpreti bravi e scenette simpatiche capaci di intrattenere e divertire in maniera sufficientemente valida) commedia Masterminds: I geni della truffa (Masterminds), pellicola del 2016 diretta da Jared Hess (conosciuto per altrettanti spassosi film demenziali come Super Nacho), racconta gli incredibili retroscena di questo leggendario colpo ai danni di un deposito di denaro destinato a pagare gli stipendi degli agenti federali (tra cui quelli di una esuberante Leslie Jones). La trama, pur con qualche trovata spassosa sa un po' di già visto, anche se strutturata in modo geniale, giacché il merito del film (come tutti quelli che si appoggiano a vere storie assurde), è di avere un andamento molto strano, cioè di non seguire la tipica struttura ordinata dei film ma di mascherare quell'andamento dentro la cornice di una sequenza di fatti che ha il passo caotico delle cose come accadono nel mondo reale. Diventa così difficile anticipare gli eventi e si rimane sempre spiazzati dalla folle idiozia e dalle coincidenze, implausibili e assurde se fossero state inventate ma accettabili solo sapendo che sono davvero accadute. Comunque non mancano altri elementi per intrattenere il pubblico (e salvare il film), dalla comicità fisica e stralunata di Zach Galifianakis, l'indimenticato strambo Alan de Una Notte da leoni, che impersona il protagonista, un semplice e innocuo (goffo) addetto ai trasporti che si lascia coinvolgere nel piano criminale per amore della bella collega Kelly, interpretata dalla brava Kristen Wiig, agli inseguimenti rocamboleschi tra le strade assolate del Messico, agli stravaganti personaggi di contorno, tra cui il sicario con l'ossessione per la caccia e le armi anticonvenzionali che conserva pezzi delle sue vittime che ha il volto di Jason Sudeikis (sempre efficace).

Insospettabili sospetti (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2017 Qui - Commedia semplice e abbastanza leggera, condita con quel pizzico di critica sociale utile per imbastire una storiella fluida e rendere ancora più simpatici i protagonisti è Insospettabili sospetti (Going in Style), film del 2017 diretto da Zach Braff, alla sua terza regia dopo il riuscito Wish I Was Here, e remake del film Vivere alla grande del 1979, scritto e diretto da Martin Brest. Sì perché la pellicola si manifesta come una (ben riuscita) commedia godibile ed intelligente, dove a farla da padrone è un umorismo leggero, intelligente, che non si accosta minimamente alla volgarità (la pellicola, infatti, cerca di essere il più divertente possibile senza però esagerare) e che sa cogliere con ironia il mondo d'oggi, piegato da una crisi che non conosce fine e che colpisce tutti indiscriminatamente lavoratori e pensionati. Sì perché Joe, Willie e Albert lo sono. Sono ottantenni tutt'altro che ladri che come i sociologi ben direbbero sono stati spinti dalla società sulla cattiva strada. Dopotutto quando si perde tutto, si è disposti a fare qualsiasi cosa per riprendersi ciò che è nostro di diritto. È proprio questo che accade a tre amici di vecchia data, impersonati da tre grandissimi attori Morgan FreemanMichael Caine e Alan Arkin (discreta la loro prova, giacché mimica e battute strappano qualche sorriso), i quali decidono di abbandonare per la prima volta la retta via quando vedono i loro fondi pensione andare in fumo. Furiosi per non poter pagare i conti e preoccupati per il futuro delle loro famiglie, vogliono vendicarsi della banca che si è dileguata con i loro soldi. Come? I tre organizzano una rapina da manuale, pensando anche a un alibi perfetto per il giorno dell'evento. Ma spesso, come sappiamo, quello che sembra essere un piano perfetto nasconde un errore madornale. Sarà il loro caso?

Moglie e marito (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2017 Qui - Dopo tanti film italiani dignitosi (seppur non del tutto memorabili ma parecchio buoni) visti durante l'anno e di quelli anche troppo scemi usciti al cinema, finalmente una discreta commedia ben sviluppata, comica quando deve far ridere (e la sceneggiatura, comunque non eccezionale, sfrutta bene tutte le occasioni), anche con un suo significato e con due grandi interpreti come Kasia Smutniak (lo ammetto, ero un po' prevenuto nei suoi confronti) e Pierfrancesco Favino, capace come pochi di essere credibile sia come comico sia nei momenti più seri, senza mai cadere nella macchietta. Moglie e marito infatti, commedia del 2017 diretta da Simone Godano, senza troppe pretese, con una morale scoperta ma non pesante, dove per capirsi bisogna acquisire anche il punto di vista di chi si ha accanto, e nonostante la non originalità, anche se la stessa non è difatti la base del film, è una buona commedia, divertente il giusto e nel suo piccolo, una piacevole sorpresa. Perché anche se l'idea dello scambio di cervelli, o identità cerebrale, non è nuova, anzi, ce ne sono tante di commedie americane che trattano lo stesso argomento, e anche se se non è originale nemmeno l'asse portante vero della storia, cioè il rapporto di coppia in crisi che genera allontanamento e ribaltamenti in corsa, non è un film così banale come sembrerebbe. Poiché quello che si apprezza in questo film, che narra come detto la storia di una coppia di coniugi in crisi che dopo un esperimento scientifico di Andrea (geniale neurochirurgo che porta avanti una sperimentazione sul cervello umano) si ritrovano improvvisamente uno dentro il corpo dell'altra, Andrea è Sofia (un'ambiziosa conduttrice televisiva in ascesa) e Sofia è Andrea, e dove da quel momento non avranno altra scelta se non quella di vivere ognuno l'esistenza e la quotidianità dell'altro, è la capacità e la voglia di intrattenere con brio e ironia, nonostante delle caratterizzazioni incomprensibilmente forzate e gonfiate ad arte per gag dalla facile risate che però sembrano funzionare (non si capisce infatti perché un neurochirurgo debba avere il comportamento di un coatto e una donna apparentemente decisa e dinamica quello di una piagnucolosa e isterica sprovveduta).

Il fascino indiscreto dell'amore (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/12/2017 Qui - Come la protagonista anche io non sono indifferente al fascino del Giappone (e dell'estremo oriente in generale) ed anche se non ho quasi mai approfondito o assecondato il mio interesse, seppur ho visto tante pellicole, orientali più che giapponesi (animazione e wuxia), questo film del 2014 di Stefan Liberski ha avuto il merito di riaccendere questa passione dormiente, che ultimamente ha avuto altresì un picco per la visita, e quindi il racconto fotografico e non, di due blogger che ci sono state pochissimo tempo fa. Perché anche se Il fascino indiscreto dell'amore (Tokyo Fiancée), è una gradevole commedia romantica, forse adatta più ad un pubblico femminile, è comunque capace di accontentare tutti, mostrando sentimento e passionalità tali da rendere tutto molto scorrevole, coinvolgente e godibile. Denso di avvenimenti seppur al contempo un po' ridondante, questo è un film infatti ad ogni modo (e a suo modo) assai godibile, dato che si ride e ci si commuove in egual misura. Giacché il racconto, questo racconto (per niente stucchevole) tratto dal romanzo "Né di Eva, né di Adamo" di Amélie Nathomb, della singolare scoperta dell'amore da parte di una giovane donna belga in Giappone, tra le gioie e i dolori del toccante scontro culturale tra Oriente e Occidente, scivola via senza grossi problemi. Il film infatti, nell'ambito di una produzione Belgio, Francia, Canada, girato tutto in Giappone, che ha per protagonisti la giovane attrice belga Pauline Etienne, e dall'attore giapponese Taichi Inoue, è piacevole per la delicatezza con cui la storia sentimentale tra i due protagonisti viene raccontata e presentata, e pertanto essa risulta sicuramente piacevole.

The Salvation (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/12/2017 Qui - A volte la semplicità paga, è il caso di The Salvation, western (del 2014) asciutto ed essenziale (semplice ma avvincente) di produzione danese diretto da Kristian Levring (uno dei fondatori di Dogma 95). Questo western danese infatti (che si lascia piacevolmente vedere), che narra della vendetta di Jon, soldato danese emigrato nel West nella seconda metà del 1800, a cui viene trucidata la famiglia da una gang di banditi, ex soldati nordisti ora convertiti a scagnozzi di una grande compagnia petrolifera, a cui non resterà (nonostante il tradimento dei suoi cittadini) che salvare la città da solo, rispecchiando la tradizione del genere americano (e Sergio Leone) e affondando lo spettatore in medias res nel clima di violenza che si respirava all'epoca, ma risparmiandoci la lentezza affettata e i tempi morti delle vecchie pellicole, propone delle chiavi di lettura nient'affatto banali (proprio l'assenza di salvezza conducono il protagonista verso lo stesso percorso di violenza e vendetta da cui era sfuggito nella terra natia). Certo, i cliché del genere vengono sciorinati in serie, ma è grazie ad essi che The Salvation, western moderno girato con molta cura dei particolari, una splendida fotografia e un cast di tutto rispetto, riesce a creare un'importante tensione culminante nella crudele introduzione (la scena iniziale è infatti di grande impatto e complessivamente la crudeltà è il sentimento principe di tutta la pellicola). Poi la frontiera diventa luogo ideale per l'ennesima storia di vendetta, messa in atto da un Mads Mikkelsen (meglio sfruttato che in Doctor Strange e Rogue One: A Star Wars Story) glaciale ma efficace (un vero e proprio Clint Eastwood danese).

Man of Tai Chi (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/12/2017 Qui - Inizialmente avevo deciso di scartare (ad ottobre) l'esordio alla regia di Keanu Reeves, e di non vedere quindi Man of Tai Chi, film del 2013 diretto ed interpretato da lui stesso, ma dopo un commento positivo di Cassidy, che mi consigliava di dargli una possibilità dicendo "non è male sai, un buon film di menare, onesto", e dopo un altro passaggio televisivo, l'ho finalmente visto. Ebbene, aveva ragione, perché Man of Tai Chi, è un film onesto e apprezzabile, che non fa gridare al miracolo ma che mantiene le sue premesse di partenza. Certo, il film segue un canovaccio classico per una pellicola che è per lo più indirizzata solo e probabilmente ai fan del filone, che difficilmente ne resteranno delusi, ma per gli altri non sarà proprio disprezzabile in tutto. Anche perché nel film, un buon action movie sulle arti marziali (dal buon Reeves tanto amate), sullo spirito da "guerriero" che non combatte ma si difende, e in cui il regista si ritaglia anche un ruolo da villain, e in cui affida il ruolo del protagonista a Tiger Chen, già al lavoro con lui in Matrix (da cui arriva anche il maestro delle coreografie Yuen Woo-ping), c'è una retorica apprezzabile dietro, il Tai Chi è un'arte marziale ed è soprattutto un percorso di vita, che porta alla realizzazione del sé. Il cambiamento del protagonista (Chen, come uno degli stili di Tai Chi) che rischia di perdersi nella futilità dei beni materiali, denaro e popolarità, salvo poi ritrovarsi al termine di uno scontro coi suoi demoni, e col suo ultimo avversario.

Criminal (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/12/2017 Qui - Un po' Jason Bourne, un po' Self/LessCriminal è un action-movie del 2016 che sfrutta abilmente i temi delle neuroscienze in salsa futuribile, e che, grazie ad un pregevole (ed un pochino originale) incipit e scena iniziale si fa minimamente apprezzare. Perché questa spy story diretta dal semi sconosciuto Ariel Vromen è una discreta pellicola anche se di certo non indimenticabile. Giacché seppur la trama sembrerebbe anche abbastanza interessante e il cast di attori presenti nel film fa ben presagire, purtroppo essa viene sviluppata in maniera troppo superficiale, facendo da contorno alle solite sparatorie che lo rendono il classico film "scappa e spara". Comunque la trama racconta di Bill Pope (un sufficiente Ryan Reynolds), un agente della CIA che viene ucciso prima di poter rivelare ai suoi capi dove ha nascosto un hacker che può sventare un attacco nucleare terroristico che scatenerebbe una guerra mondiale. L'unico modo per recuperare i ricordi di Pope è trapiantare una parte del suo cervello in un uomo che ne sia sprovvisto. E questi è Jericho Stewart (Kevin Costner), un galeotto rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, proprio perché la sua anomalia cerebrale lo rende un killer senza sentimenti. L'operazione chirurgica sembra essere fallita, e in più Jericho fugge. Ma qualcosa sta lentamente facendosi strada nella mente del criminale. A questo punto sia i buoni che i cattivi devono per forza ritrovarlo. Il film quindi, anche per colpa di figure poco credibili, non riesce a soddisfare a pieno, non riesce a colpire nel suo intento, perché persino l'operazione al cervello che permette il trasferimento di memoria, un'operazione fantascientificamente accattivante, viene quasi banalizzata sul finire del film.

American Ultra (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/12/2017 Qui - Un po' Chuck, un po' MatrixAmerican Ultra è una commedia d'azione del 2015, per fortuna con più azione che comicità, che nonostante la poca originalità e la non eccezionalità della trama, senza infamia e senza lode, porta a casa il risultato. Anche perché la prima impressione guardando questo film, è che sia derivato da un fumetto, un po' come (il passabile) Scott Pilgrim o (l'ottimo) Kick Ass, il giovane e solitario Mike (Jesse Eisenberg) vive con la coetanea Phoebe (Kristen Stewart) e quando non lavora (ma anche quando lavora) in un market sempre deserto, passa il tempo a fumarsi canne su canne e disegnare fumetti di scimmie astronaute. Salvo essere preso da assurde crisi di panico ogni volta che cerca di allontanarsi dalla routine o dal paese tra i boschi della Virginia dove vive. Potrebbe essere l'inizio di una commedia alla Clerks, ma la svolta si fa interessante, e il tono più drammatico, non appena si scopre che in realtà Mike è un operativo della CIA cui è stata piallata la memoria e data una nuova identità. Il progetto che lo vedeva "dormiente" è stato annullato e un ambizioso capetto dell'Agenzia (Topher Grace) vorrebbe toglierlo di torno definitivamente, ma un'altra dirigente con scrupoli di coscienza (Connie Britton) decide di "risvegliarlo" perché possa difendersi. Mike è rappresentato come un tenero stordito che naturalmente non si capacita delle doti assassine che scopre di avere. E questo riesce però a rendere le situazioni più divertenti e la violenza meno realistica, specie in alcune scene dagli effetti speciali molto azzeccati (la prigionia nella cantina dello spacciatore illuminata da luci UV, l'uso di una padella come sponda per sparare stando nascosti, ecc.).

martedì 16 aprile 2019

Taxi Teheran (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/12/2017 Qui - E' un documentario? un film di finzione? un film di protesta? cos'è veramente Taxi Teheran? L'ultima opera (vincitrice nel 2015 dell'Orso d'oro come miglior film al Festival internazionale del cinema di Berlino) di Jafar Panahi è soprattutto un regalo al cinema e alla gente che di cinema vive (e muore). Il film infatti, fotografato, montato, musicato, prodotto, scritto, diretto e interpretato da lui stesso, è una forma di libera espressione, un esempio di cinema coraggioso. Un cinema, una pellicola, seppur apparentemente semplice ma di grande coraggio intellettuale. Giacché la giustizia iraniana ha proibito al regista di girare film per i prossimi 20 anni, pena la prigione, ma lui non ci sta e gira lo stesso, e ci dimostra che non ci sono barriere che il pensiero libero non possa far cadere. Soprattutto in questo caso in cui un regista è capace di raccontare un Paese intero dall'interno di un taxi. Anche perché il regista stesso è conduttore di questo taxi che gira per la capitale iraniana, raccogliendo testimonianze di passeggeri (parenti, amici e sconosciuti) sulla vita quotidiana che si svolge nel paese.