lunedì 18 febbraio 2019

Self/less (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/11/2016 Qui - Self/less, thriller del 2015 diretto da Tarsem Singh, che ci mostra, ancora una volta, come il cinema nel corso degli anni ha fatto, con vari metodi sul come diventare immortali e ha seguito a sua volta il progresso scientifico, dal patto con il diavolo ed elisir di lunga vita siamo arrivati alla clonazione e, ultima novità, al trasformare la nostra mente in dati digitali da trasmettere in un involucro vivente all'altro come oggi si fa con i computer e relativi hard-disk. Tutto ciò ovviamente apre a meditazioni filosofiche su cosa sia la vita, su come la mente possa sopravvivere anche in altre situazioni, e, come accennato nel film, il cervello siano l'unico organo importante da preservare o se anche le nostre memorie e esperienze vivano in altre parti di noi. Il concetto base della vicenda infatti, è che esiste un sistema ultra avanzato che permette ad una persona defunta di rivivere una seconda vita dentro l'involucro corporeo di un'altra persona anch'essa ovviamente morta. Ed è quello che accade ad un ricco uomo d'affari condannato da un tumore irreversibile, che (sottoposto ad una sperimentale ed innovativa procedura medica) rinasce nel corpo di un ragazzo sano ed aitante ma tormentatissimo perché inseguito dai fantasmi di quello che fu il passato (soprattutto famigliare) di un'altra persona a cui (a sua volta) fu rubato il corpo dopo la sua morte. Non tutto però fila così liscio come dovrebbe e l'uomo inizia a svelare il mistero legato all'origine del suo corpo e all'organizzazione segreta pronta ad uccidere per proteggere i propri intenti. Una storia insomma complessa (mi rendo conto che a raccontare una storia del genere si rischia di creare solo confusione, ma vederne l'evolversi sullo schermo è molto più agevole) ma appassionante, una sceneggiatura intelligente che mescola tante chiavi narrative, ponendosi tanto come intrattenimento pop quanto come amara riflessione sul delicato rapporto tra etica, scienza, affari e aspirazione dell'uomo all'immortalità. Una sceneggiatura che nonostante le 'complicazioni' e grazie alla buona recitazione dei protagonisti rendono credibile un copione che di per se sarebbe assolutamente inverosimile. Dato che è fantascienza, nel senso che si parla di progressi scientifici avanzatissimi ma chiaramente non verosimili, ma lo si fa con una grande attenzione ai sentimenti e tutto il film è dominato da un umanesimo che non ti aspetteresti in una pellicola che ci viene presentata con tutti i crismi dell'action-thriller.

Il regista in ogni caso ci fa intravedere tutto questo solo in minima parte, e dopotutto è cinema e il cinema come primo dovere deve intrattenere il pubblico, perciò il resto della sua opera scorre più o meno banalmente tra inseguimenti, ravvedimenti e tristi finali pieni di speranza già visti in altri film di fantascienza (The island, Transcendence, Minority report). Self/less però è un film che si espone senza paura, scavando nella psiche devastata del protagonista, senza timore di apparire ridicolo. Un film di chiaroscuri, che alterna momenti cupi a momenti action e momenti di grande dolcezza. Il ritmo è elevato e l'azione sostenuta, non ci si annoia e anche se lo scorrere dei minuti sembra gestito da un sapiente copia-incolla di clip, scene e momenti quasi a se stanti, e non come un unico filo narrativo, è una pellicola originale e interessante. D'altronde il regista di origini indiane Tarsem Singh ha sempre avuto idee originali ed interessanti da proporre, nonché l'opportunità di lavorare con le maggiori stelle del firmamento hollywoodiano. Ma questo ultimo suo lavoro conferma luci ed ombre delle sue produzioni perché se l'incipit narrativo e la tematica trattata sono allettanti, lo svolgimento ed il finale franano con l'irruenza di una demolizione programmata verso l'ovvietà e la scontatezza. Una pellicola che pare un monito verso la superbia dell'uomo che in questo film, tuttavia, viene soltanto abbozzato. C'è indubbiamente un messaggio didascalisco in questo lungometraggio fanta-scientifico ma è annacquato da un montaggio frenetico forse per colmare la pochezza dei dialoghi nonché l'incapacità del regista di creare momenti topici, in grado di sostenersi senza che qualcosa esploda o che qualcuno le prenda. Ma nonostante ciò non si tratta certamente di un film da ignorare perché a quanto affrescato finora, c'è da aggiungere la buona prova attoriale del cast con un combattivo Ryan Reynolds ed un cinissimo Ben Kingsley (è sempre un piacere vederlo sul grande schermo, in The Walk fu bravissimo), ricco tra i più ricchi ma nudo dinanzi alla natura umana che inesorabilmente lo sta conducendo verso la morte. Il cast infatti funziona perfettamente, Ryan Reynolds (attore piuttosto ondivago nelle sue scelte artistiche) qua aderisce alla perfezione a questo personaggio dolente e tormentato. Su Sir Ben Kingsley che posso dire, se non che si tratta di un autentico gigante della recitazione contemporanea, magnifico ad ogni suo battito di ciglia, un attore assolutamente unico. Poi ci sono i personaggi di contorno, anche quelli affidati a validi professionisti. Matthew Goode, inquietante coi suoi occhialini da impiegato, la splendida Natalie Martinez, mamma affranta ma coraggiosa e Victor Garber che fa pensare ad un ottimo caratterista (è un socio in affari di Ben Kingsley nella storia e anche lui custode di dolorosi, uno sconvolgente, segreti). Infine solo un cenno alla musiche che commentano il film, senza essere eccezionali, sono però assai funzionali al film, ricche di stacchi che spesso attingono ad un piacevolissimo drum'n'bass. E il discorso musicale ci porta inevitabilmente allo sfondo di questo film, uno scenario coloratissimo, quello della meravigliosa città di New Orleans. Nelle scene iniziali infatti, ci viene mostrata la città attraverso le sue strade animate dalle band, da tanto tanto jazz popolare, da un senso del ritmo che quasi inebria i sensi tra spettacolarità ed entusiasmo. Peccato solo che questo sfondo, si veda solo all'inizio e poi sparisca per far luogo alla cupezza dell'aspetto "dark" della vicenda. Senza dimenticare il comparto visivo di spessore con una fotografia adeguata e accompagnamento mai invadente per un film consigliato (che per me si è rivelato una bella sorpresa), ma che testimonia come la regia abbia ancora un lungo percorso da intraprendere. Insomma, è un film di intrattenimento ma tutt'altro che banale, poco ma sicuro. In conclusione un film che scorre bene nonostante tutto e si può vedere senza pretendere troppo anche se vale davvero. Voto: 7