sabato 31 luglio 2021

The Tax Collector (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - David Ayer, salvo il lodevole Fury, non si è mai dimostrato un regista particolarmente ispirato, eppure nel genere poliziesco/gangster ha pure realizzato discreto cose (ma comunque Suicide Squad non grazie a lui si salvò dal fallimento totale). Quest'ultimo lavoro è però tra i peggiori del regista statunitense, sia come regia, che come sceneggiatura. In questo racconto sanguinario e pieno di momenti forti, la storia non presenta particolari novità o caratteristiche peculiari in grado di farne risultare originalità o qualità di rilievo. Certo l'azione risulta efficacemente diretta, il ritmo piuttosto ben distribuito nel racconto, ma la routine latita ed il dialogo tra i personaggi appare assai piatto e senza alcun guizzo che possa rendere memorabile almeno uno dei personaggi, legati ai soliti cliché degni di un telefilm anonimo. Peccato perché la prima parte non mi era dispiaciuta, coinvolgente e metteva delle buoni basi. Poi sembra entri in campo un altro regista/sceneggiatore e la seconda parte è un disastro su tutta la linea, tra banalità e situazioni poco credibili (scivolando nella banalità del classico revenge movie a tema narcos). Sprecato il personaggio di Shia LaBeouf, che aveva delle carte per avere un'ottima caratterizzazione, anche il suo "Creeper" è stato buttato un po' alle ortiche. Troppe inquadrature ravvicinate, situazioni sbrigative e finale, insomma, incerto. Voto: 5

Lacci (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Daniele Luchetti è un bravo regista a cui si devono piccoli gioiellini come l'ultimo Momenti di trascurabile felicità, ma questo film mi è piaciuto e mi ha convinto in parte. Tuttavia questo Lacci, tratto da un romanzo di Domenico Starnone, resta una prova interessante sotto molti punti di vista, in particolare per il gioco di incastri temporali svolto con bravura nel montaggio, eppure alla fine sembra più un compitino dove il regista appare un po' distratto, non completamente coinvolto o a suo agio. Su una durata di quasi due ore il film (in cui di certo allieta la presenza della bella Linda Caridi di Ricordi?) ha buone intuizioni, affascina dove riesce a trasmettere il dolente rovello di una crisi di coppia destinata a durare per circa trent'anni, ma la tenuta complessiva dell'opera è troppo discontinua e il finale piuttosto deludente le fa perdere ulteriori punti. Per quanto le due coppie Luigi Lo Cascio/Alba Rohrwacher e Silvio Orlando/Laura Morante recitino con apprezzabile impegno, non c'è sufficiente continuità tra le scene che li vedono impegnati, tanto che quando il salto temporale arriva neanche si capisce bene che stiamo assistendo agli stessi personaggi ormai invecchiati. Il finale con i due figli cresciuti e inaciditi è un'appendice che resta sostanzialmente superflua ed estranea alla storia, e colpisce principalmente nel mostrarci una Giovanna Mezzogiorno fisicamente devastata. Non vorrei essere troppo severo, ma il film rimane un'occasione parzialmente sprecata nonostante il buon livello professionale dei vari contributi tecnici ed artistici. Voto: 6

American Skin (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Sulla scia del Black Live Matter un intensissimo dramma discretamente costruito e con dei dialoghi da brivido. E se il Joker di Todd Phillips ha come riferimento preciso il cinema di Martin ScorseseAmerican Skin di Nate Parker, oltre ad avere la tutela di Spike Lee in veste di produttore, guarda ai lavori di Sidney Lumet come La parola ai giurati e Quel pomeriggio di un giorno da cani. Egli (già calzante con il suo The Birth of a Nation) prende questi due film e li ingloba in un unico progetto. Un processo non soltanto ad un poliziotto che ha ucciso suo figlio e che rimanda a tanti casi successi di recente negli Stati Uniti. E' un processo ad un sistema giudiziario inefficiente come minimo e forse corrotto in molti casi. Un film del genere con un argomento del genere, la facilità di cadere nella più bieca retorica è un pericolo costante. Tuttavia il regista (qui anche attore) riesce, in un ottica di film di genere, a non far degenerare tutto, anche se qualche concessione è presente. Sono circa novanta minuti molto veloci, che pongono in maniera semplice e diretta un problema che sta diventando ultradecennale. Proprio dalle radici lontane di tale problema emergono le difficoltà di risolverlo, con le parti, in fondo, ostaggio dei propri estremismi e soprattutto con una giustizia inadeguata ad affrontarlo. Per il resto i messaggi che manda il film sono piuttosto chiari cosi come il finale sorprendente. Promosso. Voto: 6+

La vita nascosta - Hidden Life (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Terrence Malick torna alla narrazione lineare in un racconto biografico di un contadino austriaco, obiettore di coscienza, che fu ucciso dai nazisti come traditore al tempo della seconda guerra mondiale. Il risultato? Valido. Dopo gli ultimi che non mi avevano troppo convinto, anzi per niente, finalmente un buon film, sulla libertà e sul senso etico e morale per la vita. Un efficace inno contro la stupidità della guerra (ma non solo), privo di strepiti, retorica ed inutili giaculatorie. Un film penalizzato certo da almeno un'ora di scene ridondanti e allungate, che appesantiscono la visione e non aggiungono nulla alla poesia delle immagini (bellissimi i paesaggi dell'Austria), ma che non togliono incisività all'emozionalità del racconto, riuscendo ad incuriosire e coinvolgere fino alla fine, che non arriva certo a sorpresa. Il regista australiano non rinuncia infatti alle sue peculiari caratteristiche, però almeno stavolta "esagerare" non poteva, ed evanescente non è stato. La sceneggiatura è buona anche se soffre (come detto) una flessione nella parte centrale, buone anche le recitazioni dei protagonisti, su tutti ovviamente August Diehl (ultimo film per Bruno Ganz e Michael Nyqvist). Nel complesso un bel film che fa riflettere. Voto: 6,5

Shadows (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Un film che ha un approccio iniziale interessante. Tre soli personaggi, tutti femminili per tutta la durata del film isolati in un contesto perennemente notturno perché la luce del giorno può uccidere, almeno così dice la madre. Il lavoro di Carlo Lavagna ha meno venature gotiche horror di The Nest, essendo più legato al filone post-apocalittico, eppure tra questi due film italiani ho notato alcune similitudini (tuttavia il paragone con il film di Roberto De Feo è perdente). Prima di tutto il contesto isolato ed un mondo esterno che viene negato anche allo stesso spettatore, aumentando il grado di indefinibilità su cosa ci sia di veramente pericoloso in tale mondo. Inoltre c'è una figura materna a confronto con l'indole sempre più indisciplinata delle figlie. Figura protettiva da una parte, ma anche insofferenza crescente riguardo le regole imposte. Shadows quindi gioca molto sull'alchimia dei personaggi, sull'ambivalenza di luoghi e personaggi, protettivi e castranti allo stesso tempo. Il gioco a volte mostra la classica coperta corta, non esente da prolissità e con un twist finale abbastanza prevedibile. Comunque è pur sempre un prodotto riuscito, che i suoi aspetti positivi conta, da rispecchiarsi specialmente nella buona prova delle tre (straniere) attrici. Voto: 6+

Greenland (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Un genere, il disaster movie, che ha visto tempi migliori (sarebbe anche ora di smettere), che dopo un (mio) viaggio tra la Norvegia e la Corea, ritorna a casa America, il risultato è quello tipico del posto, mediocre. Che poi in verità questo Greenland (diretto da Ric Roman Waugh) è poco disaster, dato che punta più sui buoni sentimenti e il rapporto familiare che non sulla minaccia incombente. Nel complesso resta un film godibile che parte bene con una certa dose di angoscia e ansia ma che poi mano mano si perde nelle incongruenze (forzature qua e là, alcune anche piuttosto lampanti) e in certe scene fini a se stesse e non sviluppate come dovrebbero. Gerard Butler (qui reclutato per salvare non tutto il globo coi miliardi di umani ma soltanto il figlio diabetico e la moglie cornificata) se la cava e a suo agio in questo genere di pellicole (da Geostorm a Greenland il passo è breve), sacrificata Morena Baccarin, mentre il finale è consono, anche se poteva interrompersi con le sequenze dei ricordi del bambino, sarebbe stato un finale poetico e commuovente senza mostrare altro, lasciando allo spettatore immaginare se la razza umana si sarebbe estinta o meno, così facendo è invece (come) uno dei tanti. Alla fine guardabile ma dimenticabile. Voto: 5

Vivarium (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Dopo un inizio inquietantissimo, che riprende con efficacia il tema del quartiere residenziale apparentemente perfetto, ma in realtà incubatore di angosce ed incubi, già toccato in tanti film, dal Truman Show a Pleasantvillle, passando per innumerevoli horror "suburbani", l'opera di Lorcan Finnegan perde per strada un po' di smalto, cadendo nella  ripetitività della sua formula, senza ricucire ad andare molto oltre allo spunto iniziale. La curiosità però non manca: si ha voglia di capire cosa succederà e come finirà. Ma anche sotto quel versante, l'epilogo può deludere. Tuttavia meglio un finale del genere che uno che ricorre alla sorpresa a tutti i costi. Un incubo tra sci-fi, thriller e dramma che forse è una satira sul nonsense delle convezioni sociali moderne, angosciante nei suoi colori pastello e nell'estetica pittorica tra Magritte ed Escher, oltre che nei volti dei misteriosi "alieni", che certo, si avvale di una pertinente resa scenografica nella ricostruzione della casa e del quartiere, angoscianti non-luoghi trappola, ma ciò non basta per far raggiungere alla pellicola la minima sufficienza. Di sufficiente c'è il cast, dal bravo Jesse Eisenberg alla magnetica Imogen Poots. Il resto è un'occasione mancata. Voto: 5,5

Mortal Kombat (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Non mi aspettavo chissà cosa dal remake/reboot di Mortal Kombat (che tra l'altro parlando di videogiochi, non sono un fan dei picchiaduro e questo non l'ho mai provato) ed in effetti si sono verificate grossomodo le mie aspettative, cioè circa due ore di mazzate come fabbri, con l'ovvio aggiornamento per quanto riguarda gli effetti speciali, non invasivi ma pienamente all'altezza (graficamente è infatti ben realizzato, con anche un discreto tasso gore ma non eccessivo, e le location sono abbastanza valide). La storia è un po' più complessa, senza essere nulla di eccezionale per carità, però il capitolo originale di Paul W. S. Anderson era più sul pezzo, cioè c'era il vero e proprio torneo del Mortal Kombat. La volontà di creare un nuovo franchising del gioco quindi ha indotto questo prodotto ad essere allo stesso tempo un prequel di un eventuale seguito di questa saga. Niente di male, ma certamente meglio si poteva fare, e comunque alcune cose del film sono di livello, come lo splendido prologo o la presenza del marchio che decreta la partecipazione al torneo (più credibile dei tizi presi a caso) e l'ottima spiegazione dei poteri per fare le fatality (bene gli attori, giapponesi e non). Per il resto trama, sceneggiatura e dialoghi molto basilari, comunque l'ho visto con curiosità e personalmente mi ha divertito. E proprio perché le aspettative erano quelle che credevo gli do la sufficienza risicata. Voto: 6

Primal (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Ennesimo filmaccio commerciale che impegna Nicolas Cage in questo suo (continuo) turbine lavorativo che lo vede impegnato ogni anno in almeno 4 produzioni che lo trovano protagonista di action o thriller spesso piuttosto modesti, rari i miracoli alla Color out of space o alla Mandy, purtroppo anche questo Primal, che mi aveva in qualche modo intrigato (forse per il misto di serial killer e animali assassini), non riesce a distaccarsi da quell'effetto di mediocrità. L'intenzione non sarebbe neanche male, peccato però che la sceneggiatura, in corso d'opera, presenti una marea di cavolate, mostrando scene e dinamiche che con la logica hanno poco a che fare, finendo con il polverizzare quello che di buono poteva avere l'idea di base (la location, soprattutto). Il divertimento potenziale così si riduce di molto, tra lunghe passeggiate nei corridoi della nave in cerca del criminale e battibecchi stereotipati con un Cage abbastanza in parte, tanto in parte (incredibilmente) che alla fine è solo grazie alla sua presenza se il film non è una pietosa débâcle. In regia troviamo Nick Powell, già impegnato con Cage nel precedente action Outcast - L'ultimo templare, che dirige con il solo intento di rendere dinamico e scorrevole un plot che usa l'accumulo per assicurarsi ritmo senza sosta, ma riesce solo in parte a far dimenticare allo spettatore anche meno esigente gli errori e la vacuità del prodotto. Il basso budget non consente di avere effetti in CGI decenti e così ogni qual volta appare il giaguaro è un pugno nello stomaco, di questo film l'ennesimo. Voto: 4,5

M.F.A. (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Atipico rape and revenge, non tanto per l'assenza di cliché tipici del filone (certamente presenti), quanto per l'intelligenza e l'impegno sociale con cui viene trattato il vergognoso tema degli stupri all'interno dei college americani. Vera e propria piaga in cui spesso le numerose vittime passano per poco di buono (giusto per non dire di peggio) o, timorose dell'altrui giudizio, non sporgono denuncia, mentre i carnefici restano spesso impuniti e soprattutto liberi di continuare la loro corsa verso il successo. Non è quello che accade in M.F.A. dove la studentessa d'arte Noelle, a sua volta stuprata dal prepotente belloccio di turno, casualmente si trasforma in assassina, pronta ad ammazzare chiunque abbia usato violenza carnale passandola poi liscia. Ora, chi pensa di trovarsi il solito pippone femminista solo perché girato e sceneggiato da due donne (alla regia Natalia Leite, alla scrittura Lea McKendrick) si sbaglierà di grosso, in quanto la critica è duplice, rivolta anche al mondo femminile: al modo di approcciare il problema, ai goffi tentativi di risolverlo e all'incapacità di reagire davanti tali soprusi. Semmai il tocco "rosa" è deducibile dalla delicatezza con cui il tema viene trattato e dalla messa in scena elegante, quasi patinata, che stride piacevolmente con gli omicidi non troppo cruenti ma fantasiosi il giusto. Tuttavia nulla in confronto alle due scene d'abuso, che seppur in parte edulcorate alimentano un certo fastidio. Indovinata la scelta della (figlia d'arte) Francesca Eastwood nel ruolo principale. Dietro ad un fisico fragile, riesce a mostrare l'evoluzione del proprio personaggio ormai preso da un meccanismo da cui non ha più la capacità di venirne fuori (e poi caspita se non è bella). Insomma un buon film. Voto: 6,5

Viaggio verso Agartha (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - Un titolo originale più suggestivo di quello italiano (Bambini che inseguono le stelle) per il film più ambizioso (e però tra i meno riusciti) di Makoto Shinkai. Più intimista nelle sue opere precedenti (in 5 cm al secondo ci riuscì benissimo), affronta qui l'argomento del dopo vita. Perché Viaggio verso Agartha è in fondo la travagliata accettazione della morte. Se non si accetta tale concetto la vita è una continua impasse che impedisce di andare avanti, guardando sempre e comunque solo il passato. Un film che tratta una tematica come questa con estremo garbo e maturità, raccontando il viaggio di formazione dei personaggi fino alla scelta di rispettare il naturale circolo vitale o alterarlo secondo principi più o meno egoistici. Molto buona l'animazione che diventa sempre più minuziosa nei dettagli, soprattutto quando la storia si sposta ad Agartha (con livelli di eccellenza raggiunti nella rappresentazione della natura). Momenti di alto lirismo si alternano però a frammenti più scontati e banali, non bastasse che il tutto proceda molto lentamente, forse con un andamento quasi noioso (non curato al meglio infine il doppiaggio). Nonostante questo è facile affezionarsi subito ai vari personaggi ed ai loro scopi, ognuno di questi pieni di insegnamento e di determinazione per la loro riuscita, seppure non tutti riescono a portare a compimento la propria missione. Alla fine film d'animazione dalla trama piacevole (senza grossi colpi di scena per chi è avvezzo a questo genere di elaborati) e con disegni curati, certamente bello ed interessante, ma nemmeno paragonabile alle opere di Hayao Miyazaki da cui il regista sembrerebbe qui attingere. Voto: 6+

Il re di Staten Island (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2021 Qui - È una bella cosa ritrovare un ottimo stato di ispirazione il bravo, ironico e sin sferzante sceneggiatore e regista Judd Apatow, a sei anni ormai dal nulla più che divertente e malizioso, scurrile Un disastro di ragazza. Il film funziona, ironico, brillante ed acuto, senza mai credersi un'opera d'autore, ma piuttosto una semiseria riflessione sulle impellenze che a volte la società pretende da tutti noi come unica condizione per farci sentire risolti o sulla strada per raggiungere quell'equilibrio solo in apparenza perfetto, invero imposto e schematicamente condiviso come unico traguardo per una realizzazione più di principio, che di reale convinzione interiore. Un film sempre godibile per la sincerità dell'ispirazione e per l'ottimo lavoro della sceneggiatura nella caratterizzazione psicologica dei personaggi e nella descrizione del percorso emotivo del protagonista descritto in modo realistico. Sebbene il tono dell'opera rimanga incerto per tutta la sua (lunga) durata, sebbene ci siano piccole forzature, si tratta di un film riuscito che conferma (come se ce ne fosse il bisogno) il talento di Apatow, la sua capacità di realizzare accurati affreschi di un'America insicura ma del tutto consapevole della presa del suo immaginario. Senza dubbio tra le commedie americane più sentitamente divertenti degli ultimi anni, merito di una sincerità spesso senza pelle, capace di drenar linfa vitale da una trama sostanzialmente già vista (il loser tarato in cerca di contraddittoria redenzione), e merito dell'istrionico Pete Davidson, co-autore della sceneggiatura semi-autobiografica. Lui, attore comico di origine televisiva, nato col prestigioso Saturday Night Live, abituato a parlarci con ironia e sarcasmo della realtà e dei vizi della gioventù spesso irrisolta e confusa di oggi, abbagliata da falsi miti e letali, se non proprio tossiche consolazioni. Decisamente una bella sorpresa. Voto: 7

venerdì 16 luglio 2021

Cam (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Ancora una volta tocca evidenziare il fatto che non ci si trovi al cospetto di un horror, ma se proprio si deve trovare una catalogazione a Cam, forse il genere più adatto è il thriller-porn (soft). Scritto dall'esordiente regista Daniel Goldhaber con Isa Mazzei (ex cam girl che ha tratto spunto dai suoi trascorsi), un altro film sui pericoli di internet come Searching e Unfriended (ma qui la narrazione non privilegia lo schermo del pc). Non mancano tensione ed inquietudine (notevole l'inizio a sorpresa, e il fatto che a molti utenti sembri eccitare parecchio l'idea di assistere a un suicidio in diretta). La protagonista (ben interpretata dalla disinvolta Madeline Brewer, già in The Handmaid's Tale) è caratterizzata con intelligenza, cinica ma mai odiosa né uguale a chi cerca di approfittarsi di lei, ma la parte finale rovina tutto. Nessuna spiegazione, nessun colpevole e la storia ricomincia. La sceneggiatura è infatti piuttosto zoppicante e alla fine si capisce ben poco del perché avvenga il tutto (un inspiegabile doppio fa i suoi show online), molti personaggi sono buttati dentro alla rinfusa così come alcune parti della storia, regna confusione insomma sotto molti aspetti ma una cosa che sicuramente sono riusciti a trasmettere è la compulsione-ossessione per il web e tecnologie affini, cosa ben espressa dalla disperazione iniziale della protagonista e paradossalmente dalla deludente sequenza finale. Ciò che invece vale davvero poco è appunto il metodo usato per risolvere la "grottesca" situazione, alla fine non male, ma la sensazione c'è di occasione sprecata. Voto: 5+

Dov'è il mio corpo? (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Un cartoon di animazione tradizionale, che sceglie un'idea tanto bizzarra quanto azzeccata e a suo modo toccante per parlare di temi come solitudine, dolore del passato, difficoltà nei rapporti quotidiani e la forza di volontà per andare avanti. La narrazione in parallelo alterna le dolenti vicende del protagonista a quelle della "mano" (stile Famiglia Addams) in balia della metropoli sviluppando la storia in progredire e facendo chiarezza solo nell'ultima parte sul legame che c'è tra entrambi. E il regista (al suo esordio, e che adatta il romanzo "Happy Hand" di Guillame Laurant) è abilissimo ad intrecciare la sofferta storia d'amore con le peripezie dell'arto, limitando il macabro e privilegiando i toni lievi e fiabeschi per queste ultime, grazie alla forza delle immagini che devono sopperire alla mancanza di dialogo. Peccato per il finale enigmatico e sospeso, che seppur coraggioso e bello lascia un senso di incompiuto. Presentato a Cannes e candidato all'Oscar come miglior film di animazione (nel 2020), J'ai perdu mon corps è un bellissimo (breve ma intenso) film, anche e soprattutto per la struttura fortemente cinematografica delle "riprese", la cura per il sonoro, il nitore "sintetico" delle tonalità cromatiche e l'aura romantica e nostalgica che riesce a trasmettere (l'infanzia in b/n e le due storie che si intersecano). Non perfetto, ma riuscito e sicuramente da consigliare. Voto: 7+

I due papi (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Il regista brasiliano Fernando Meirelles (del quale ricordo City of God del 2002) e il drammaturgo neozelandese Antony McCarten, autore di "L'ora più buia" e di "Bohemian Rhapsody", confezionano un film intelligente che i due superbi protagonisti rendono suggestivo (un film che ricostruisce un vero/finto rapporto tra Papi e la storia che tutti conosciamo, dimissioni e tutto quanto). Sono Jonathan Pryce (Bergoglio) e Anthony Hopkins (Benedetto XVI) il vero valore artistico di un film con un chiaro impianto teatrale, scritto benissimo e confezionato in una location vaticana ancora più interessante di quella sorrentiniana del Young Pope. Infatti, a riprova, dove il film viene meno (da un punto di vista formale) è nella parte del giovane Bergoglio nell'Argentina del dittatore Videla, non all'altezza di tutto il resto. La sceneggiatura di questo biopic è il vero punto di forza, il suo valore è riuscire a mettere in luce due personalità e due dottrine diverse ma con una leggerezza e uno humour davvero incredibili. Pryce è così bravo che fa dimenticare subito dopo la prima scena la sua interpretazione dell'Alto Passero di GoT, e lo fa senza neppure doversi stravolgere con un trucco pesante. Hopkins è perfetto perché solo lui poteva rendere in questo modo così profondo, nella complessa personalità di Ratzinger, il "rottweiler del Vaticano" e il musicista colto consapevole della sua inadeguatezza a fronteggiare l'enormità dei problemi. Entrambi impegnati in un dialogo lunghissimo (circa due ore) ma capace di rapire letteralmente lo spettatore e di coinvolgerlo dall'inizio alla fine. Pur portando ovviamente avanti un discorso inerente alla fede, il film trascende il contesto religioso e offre un ritratto decisamente umano dei due eminenti personaggi, enfatizzato dalla regia che opta per riprese da simil-reportage. Fiction e attualità, recitazione e documenti veri, tutto in bel connubio interessante. Un film d'impatto, sicuramente, non brillante ma teso alla commozione sincera, inaspettatamente appassionante. Voto: 7,5

La babysitter (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Lei è la miglior babysitter che si possa desiderare, che Cole alias Judah Lewis (I See You) può desiderare, o forse no? Assomiglia al superiore (anche se di poco) Better watch out, ma è ugualmente un divertente b-movie, ben edificato sugli stereotipi dello slasher e della black comedy anni '80, omaggio a "Mamma ho perso l'aereo" (che tra l'altro viene esplicitamente citato) versione horror/violenta ed in perfetto equilibrio tra momenti leggeri (con gags per lo più convincenti) e morti atroci ben studiate con relativa abbondanza emoglobinica (splatter dosato ed efficace). Film da non prendersi sul serio come richiesto tra le righe dal regista McG (vivace quanto la sua regia, lui che all'attivo ha già parecchi film), il quale si affida ad uno script in cui prendere la decisione idiota non è da addebitarsi alla sceneggiatura sconclusionata, bensì da leggersi come vero e proprio omaggio ad un filone che sui comportamenti imbarazzanti ha costruito le proprie fortune. A volte le assurdità diventano un attimo eccessive e di conseguenza non sempre si riesce a far buon viso a cattivo gioco, anche se ritmo indiavolato e comicità spesso al limite del demenziale rendono la visione sempre piacevole. Di sicuro non un lavoro da tramandare ai posteri, anche se il bacio saffico tra Samara Weaving (spettacolare come in Guns Akimbo) e Bella Thorne (gnocca sempre e comunque) non può (giustamente) passare inosservato. Voto: 6,5

The Cloverfield Paradox (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Dopo Cloverfield, esperimento mokukaiju riuscitissimo e 10 Cloverfield Lane, di difficile collocazione in un genere e a mio parere riuscito anche questo, arriva The Cloverfield Paradox, che sceglie di percorrere la strada della fantascienza mista a orrore. La sceneggiatura è quasi maldestra ma la messinscena e alcune sequenze (la donna intrappolata dentro una parete) lasciano il segno. Meno potente rispetto ai due film che lo precedono, è comunque un gioiellino d'intrattenimento che sa il fatto suo. Certo, alcune cose risultano alquanto confuse e non ben sviluppate, ma alla fine risulta senza infamia e senza lode, onesto nella sua non originalità. La pellicola, che si salva anche grazie (appunto) ad una impeccabile realizzazione tecnica e ad una convincente prova degli attori (da Gugu Mbatha-Raw a Daniel Brühl, fino a tutti gli altri), cerca di dare una pseudo spiegazione dell'apparizione del gigantesco mostro protagonista del primo capitolo, ma vi riesce solo in parte ed in maniera anche un po' forzata (cosa comunque comprensibile dato che inizialmente non doveva essere collegato agli altri), ma nonostante questo si lascia seguire fino al suo finale ad effetto. Voto: 6

Wounds (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - A seguito di una pesante rissa tra energumeni, un barman recupera da terra un cellulare lasciato a terra da un gruppo di studenti fuggiti via. Sarà l'inizio di un incubo senza fine. La notizia positiva è che non è tutto da buttare, in quest'horror (l'idea di base), quella negativa è che una volta arrivata la "spiegazione" i conti non tornano. Alcuni personaggi che sembrano fondamentali rimangono poi in disparte e la sceneggiatura da metà film in avanti ha molte falle. La pellicola infatti (che associa la moderna tecnologia al male) era partita anche bene, c'era una certa suspense, un certo ritmo (anche nei dialoghi), una certa attesa per qualcosa che sarebbe successo, purtroppo attesa vana poiché è qualcosa di indecifrabile (si tirano in ballo lo gnosticismo e le sconosciutissime, misteriose e misteriche teorie della traslazione delle ferite) ad avvolgere questo film di Babak Anvari. Un finale maldestro (con annessi scarafaggi in stile Creepshow) rende difatti nullo un inizio che potenzialmente appariva valido. Se devo salvare qualcosa di definito salvo solo l'interpretazione di Zazie Beetz (presente anche nel film Joker). Armie Hammer e Dakota Johnson? Il primo è in balia degli eventi (confusi), la seconda sempre più convinto che porti sfiga. Voto: 4,5

Annientamento (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Affascinante, lento ma avvolgente viaggio non tanto in una terra strana e inesplorata (l'Area X, un luogo dove le leggi della fisica e della biologia sembrano non rispondere ai normali canoni umani) quanto nella mente umana. Annihilation, ibrido fra Cronenberg e Villeneuve (con spruzzate alla Tarkovskij), racconta il cancro come mai era stato fatto: applicandolo all'intero pianeta. Fantascienza con pochissima azione (ma con un paio di sequenze molto tese) e anche poche risposte ai tanti quesiti che apre, ma ben fatta, con dialoghi interessanti e una calibrata quanto progressiva discesa negli "inferi". Brava la sempre bella Natalie Portman, che ha anche l'unico personaggio davvero caratterizzato, mentre le sue compagne di viaggio sono abbozzate in modo piuttosto banale. Visivamente molto riuscito, si abusa un po' con i flashback, non sempre necessari. Alcune scene sono decisamente forti e il finale è volutamente ambiguo. Meno solido rispetto a Ex machina, se vogliamo anche più imperfetto, però al tempo stesso rimane un lavoro intrigante. Un lavoro di Alex Garland, che si conferma regista da tenere d'occhio, che scorre via senza infamia né lode dall'inizio alla fine. Color out of the Space, film che cito poiché un po' il romanzo scritto da Jeff VanderMeer a quello di H. P. Lovecraft gli si assomiglia, era/sarà poi migliore, ma Annientamento ha il suo perché e una sua validità. Voto: 6,5

Bird Box (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Anni dopo il non del tutto convincente Una folle passione, seguito da un intermezzo seriale assai più convincente (The Night Manager), la danese Susanne Bier, già autrice di un'opera premiata con l'Oscar per il miglior film straniero (In un mondo migliore), tornando a prendere le redini di una produzione americana finalmente riesce a non deludere (cosa che farà paradossalmente dopo con The Undoing). Nel complesso è infatti un film godibile, che non ha particolari difetti, ma nemmeno quei pregi che rimangono impressi nella memoria (incisiva ma non troppo invadente la colonna sonora, ben usati senza troppo eccedere gli effetti speciali). Nonostante il mestiere della regista emerga difatti in più tratti e il cast funzioni alla perfezione (oltre a Sandra Bullock è da menzionare anche John Malkovich nel ruolo ormai a lui congeniale ma comunque nuovamente efficace del rude bastardo senza scrupoli), Bird Box emerge come un cocktail pure un po' annacquato di E venne il giorno e A Quiet Place. Tutta la prima parte, pur ripercorrendo schemi già battuti (il/la protagonista che si trova improvvisamente al centro di un'apocalittica furia mortale collettiva e trova riparo assieme a un pugno di superstiti) è trascinante e trova un'inedita energia nell'esposizione violenta e implacabile di un racconto teso e serrato, come più non si potrebbe. Nella seconda metà purtroppo scemano idee e vigore e Bird Box incappa nella ripetitività di schemi e modelli già visti troppe volte. Il film risulta inoltre eccessivamente lungo: venti minuti di meno lo avrebbero reso molto più scorrevole. Sufficiente, senza infamia e senza lode, ma con un finale che più fiacco e telefonato non si potrebbe. Voto: 6

Storia di un matrimonio (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Quando Kramer contro Kramer, pluripremiata pellicola della notte degli Oscar del 1980, viene proiettata quarant'anni nel futuro il risultato è un'eccellente rivisitazione del dramma famigliare che colpì prima Meryl Streep e Dustin Hoffman e che oggi non da scampo nemmeno a Scarlett Johansson e Adam Driver, attori talentuosi capaci di descrivere, grazie all'aiuto del regista e sceneggiatore Noah Baumbach, che continua a raccontare storie piccole ma di grande impatto emotivo (vedasi Giovani si diventa, ma non solo), cosa significhi separarsi negli anni '20 del XXI secolo. Storia "normalissima" e ordinaria ma che diventa speciale grazie all'estremo realismo della sceneggiatura e delle interpretazioni (tutte e di tutti, tra queste anche quella di Laura Dern, suo l'unico Oscar a fronte delle sei candidature che nel 2020 il film ricevette). Alcuni personaggi secondari un po' macchiettistici (mamma e sorella di Nicole) ma nel complesso il film fila molto liscio e intrattiene. L'anatomia di un divorzio in cui non esiste il bianco o il nero, il buono e il cattivo, ma solo aree grigie per entrambi i protagonisti: anche qui nulla di nuovo naturalmente, però la messa in scena nobilita la pochezza o meglio semplicità estrema della trama. Film molto parlato, anche molti dialoghi in sovrapposizione che talvolta rendono difficile seguirlo. Avrei dato anche un voto più alto se non fosse stato per il finale, che sinceramente non mi ha soddisfatto in quanto la melassa e il buonismo mi sono parsi eccessivi, in generale mi sembra che il regista non abbia voluto pigiare troppo sull'acceleratore. Anche la famosa scena del litigio, che accresce la tensione di parecchio ed è un piccolo gioiello recitativo, purtroppo viene smorzata poco dopo da scelte di sceneggiatura che tengono a buttare acqua sul fuoco. Avrei apprezzato un po' più di coraggio. Nonostante ciò, ed anche se sull'argomento comunque continuo a preferire "Kramer contro Kramer", notevole. Si sorride qualche volta, si riflette più in generale, giudizio positivo. Voto: 7

Highwaymen - L'ultima imboscata (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Film su Bonnie e Clyde (tanti negli anni) senza Bonnie e Clyde che ha come protagonisti i due ranger texani che diedero la caccia e uccisero gli amanti criminali più famosi e iconici della storia americana (spunto interessante: raccontare la storia della più famosa coppia criminale adottando il punto di vista delle forze dell'ordine, con un occhio di riguardo verso il ruolo dei giornali del tempo nel crearne il mito). Più che un film su guardie e ladri questo Highweyman è infatti un guardie, in quanto i ladri si vedono solo a metà e alla fine della storia (in questo senso azzeccata la scelta di mostrare pochissimo i loro volti). La coppia protagonista funziona e riesce a reggere sulle spalle l'intero film. Difatti il pregio principale di questa pellicola di John Lee Hancock (convincente il suo precedente The Founder), oltre all'eccellente ricostruzione scenografica del periodo degli Anni '30, con i miseri accampamenti dei disperati senza lavoro, è l'interpretazione della coppia di appesantiti protagonisti, Kevin Costner e Woody Harrelson, che appaiono convinti e si intendono benone tra loro. Il difetto principale mi pare che sia la lentezza, che porta la durata del film ben oltre le due ore, decisamente troppe per la poca azione reale che si vede. Le indagini risultano così sempre un po' affrettate, lasciando abbondante spazio alla riflessione su possibili parallelismi tra la Grande Depressione e l'attuale, grave, crisi economica mondiale. Niente di male, ma troppa dispersione per un film meno banale di quanto possa sembrare e che arriva senz'altro alla sufficienza. Voto: 6+

Triple Frontier (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Artista versatile (i suoi film hanno affrontato diversi generi), il regista J. C. Chandor dirige una storia che parla di un furto ad un boss del narcotraffico compiuto da ex militari americani. Il tema non è nuovo ma il film è ben realizzato, anche per la scelta delle suggestive location del continente sudamericano. Gli attori sono ben scelti ed offrono una buona prova corale (c'è pure il Ben Affleck ugualmente palestrato già visto in Tornare a vincere), sebbene la sceneggiatura caratterizzi i personaggi in modo alquanto basico. In fin dei conti una pellicola piacevole e ben fatta. Un buon action, teso e avvincente, anche se con le premesse che c'erano (il promettente, seppur deluse un po' con All Is Lost, regista statunitense alla regia, Mark Boal allo script, già premiato sceneggiatore e spesso al servizio di Kathryn Bigelow, e il vasto cast, comprendente anche Oscar IsaacCharlie HunnamGarrett Hedlund e Pedro Pascal), mi aspettavo di più. Qualche discreto twist qua e là e qualche buona sparatoria, le due ore di durata scorrono fluide e nel complesso non delude. Voto: 6+

The Irishman (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/07/2021 Qui - Quando Martin Scorsese non è impegnato a dire cavolate, ma a lavorare, nel 90% dei casi ne uscirà sempre qualcosa di notevole, è il caso di questo film, che conferma, come se fosse ancora necessario, il talento immenso di un grande regista. Lui che torna nuovamente a rappresentarci un mondo criminale che ci fa sentire ed immaginare atmosfere che non vorremmo mai veramente conoscere, ma che al "cinema" ci attraggono come una calamita. Sappiamo che al di qua dello schermo, non ci fanno troppo male. Quelle storie accadono in America, ma quei personaggi provengono da diverse nazioni lontane e conservano radici a cui rimangono saldamente legati, con propri codici e consolidate ritualità (anche ambiguamente). Una storia di mafia che egli ha raccontato più volte sullo schermo eppure The Irishman l'ho percepito in maniera diversa dagli altri. E' un film cupo, quasi funereo, dai toni crepuscolari e disillusi di un uomo, apice di un triangolo fra il mondo criminale della mafia e il mondo corrotto del sindacato. Frank Sheeran è solo un meccanismo di un sistema perverso, dalle regole fuorilegge applicate con orrenda disinvoltura. Non ci sono esplosioni di violenza incontrollata, quanto la freddezza di un burocrate del crimine, escluso a sua volta dalla propria famiglia che gradualmente scompare dal film per fare ogni tanto capolino nello sguardo muto ma accusatorio della figlia (brava Anna Paquin, dice in tutto due battute nell'intero film, ma quel volto accusatorio nei confronti del padre dice più di mille parole). Passato e presente che si confondono in linee narrative apparentemente differenti e distinte, ma accomunate da una colpa che non darà redenzione e lascerà Sheeran solo e vecchio in un ospizio in compagnia del proprio rimorso verso una scelta che in fondo non ha mai avuto. La fine cinematografica della mafia nella ricostruzione dell'uccisione della discussa e discutibile figura di Jimmy Hoffa. Al di là della stranezza di vedere attori anziani ringiovaniti digitalmente (le cui movenze riflettono tuttavia l'effettiva età, un errore che pesa ai fini del giudizio complessivo e finale), tre ore e mezzo di durata e non sentirle minimamente, ma essere impaziente di proseguire con la visione per vedere come va a finire. Eccellente opera (la critica l'ha celebrata come un nuovo capolavoro, per quanto poi agli Oscar, pure ottenendo 10 nomination, non abbia vinto neanche una statuetta, e in alcuni casi anche giustamente, per quanto la querelle Netflix sì o no abbia probabilmente influito) con i grandi vecchi del cinema americano capaci di un'ultima epocale interpretazione. Robert De NiroAl PacinoJoe Pesci e gli altri riprendono i panni ricoperti nei grandi film degli anni '70 e '80, lasciandoci immagini di epica decadenza. Per quello che è un grande omaggio al suo cinema e non solo suo. E per quanto non sarà forse ricordato come l'apice della carriera di Martin Scorsese, questo film ne è il punto di arrivo, è la chiusura di un cerchio di pellicola lungo mezzo secolo. Non ai livelli del suo Quei bravi ragazzi o del non suo capolavoro C'era una volta in America, ma ottimo affresco d'epoca e tematiche senza tempo. Voto: 8

mercoledì 7 luglio 2021

La metà oscura (1993)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/07/2021 Qui - Dopo la riuscita collaborazione per CreepshowGeorge A. Romero e Stephen King s'incontrano nuovamente, ed insieme danno vita ad un mix di horror, thriller e fantasy interessante ma purtroppo non esaltante. In questo caso infatti il risultato non è all'altezza delle aspettative più elevate, ma comunque non delude regalando parecchi aspetti che possono soddisfare un cinefilo appassionato. La metà oscura difatti, adattamento dell'omonimo romanzo di King, è un film affascinante, che seppur non riuscitissimo in tutto e per tutto, possiede tanti meriti, come affrontare temi diversi, possedere più chiavi di lettura, sviluppare in maniera articolata il tema del doppio e mettere in mostra il rapporto tra arte ed artista. Complessivamente riesce a creare suggestioni azzeccate, con più di un momento confezionato con notevole maestria (anche se il tema faceva pensare a registi diversi per rappresentarlo, Romero è sempre Romero anche se sotto ai suoi livelli massimi) anche se non sempre lo sviluppo è compatto in tutte le sue articolazioni (storia interessante anche se infarcita da un po' troppi corollari tipo la storia degli uccelli), ma le atmosfere sono spesso efficaci. Molti gli spunti presenti, così come gli eventi, personalmente ho trovato più consistente la prima parte rispetto alla seconda anche se poi il finale riesce a toccare le corde giuste ed è di un certo impatto. Pregevole il contributo del cast, con un Timothy Hutton in forma come poche volte è capitato nella sua carriera. Il ruolo gli calza dannatamente bene e riesce ad esprimere a dovere la dualità del suo personaggio con movimenti schizofrenici, tremolii e sguardi ambigui ben calibrati, da segnalare anche la presenza di Michael Rooker alias Merle, alias Henry pioggia di sangue, alias Yundu nei guardiani della galassia, beh devo dire che vederlo nei panni di un poliziotto fa strano ma è gradevole come interpretazione. Dunque da questo La metà oscura (The Dark Half) mi sarei aspettato qualcosa di più (dannate aspettative), ma rimane un film interessante e ricco di aspetti e che per questo merita di essere visto e successivamente discusso ed interpretato, nel bene e nel male. Voto: 6+

Due occhi diabolici (1990)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/07/2021 Qui - Discreto film diretto da due mostri sacri del cinema come George A. Romero e Dario Argento ad omaggiare un maestro della letteratura come Edgar Allan Poe (originariamente gli episodi dovevano essere quattro, con un Stephen King e un John Carpenter in più, ma per fortuna o per sfortuna non se ne fece più nulla). Romero dirige il primo episodio, che si inspira al racconto "La verità sulla vicenda del signor Valdemar" per poi elaborarlo in modo molto personale. Il risultato non è dei più esaltanti, bene gli effetti, il finale (dove compare la solita critica al capitalismo tanto cara al regista), e la famosa scalinata con le urla dello sventurato Valdemar. Il ritmo invece non è molto alto e alcune scelte dell'autore americano non mi sono piaciute molto, la trama inoltre sa di già visto e alcune incongruenze concludono il quadro di un episodio godibile (in cui menzionare comunque la buona prova di Adrienne Barbeau, musa ed ex moglie di Carpenter) ma che poteva essere sviluppato meglio. L'episodio di Argento è più curato, e nel complesso risulta superiore al segmento precedente. La trama è maggiormente fedele all'opera originale ("Il gatto nero"), alcune scene sono davvero indovinate, Harvey Keitel è in grande forma (quasi in forma I duellanti) e la colonna sonora, elemento (a volte) costante nei film del regista romano, è discreta. La regia infatti riesce a regalare delle scene e delle sequenze interessanti ed affascinanti, riuscendo a mantenere alta la tensione e l'attenzione nello spettatore fino ad un finale veramente convincente (e gli effetti speciali curati da Tom Savini davvero ottimi). Purtroppo una parte centrale troppo confusionaria e tirata per le lunghe limitano la riuscita del prodotto. Nonostante ciò, strano ma vero, dal confronto fra i due cineasti, quello ad avere la sorte migliore è proprio il nostro connazionale (paradossalmente proprio colui accusato d'aver rovinato anni prima "Martin"). In generale quindi Due occhi diabolici è un film carino e da vedere, soprattutto per gli amanti (come me) dei due autori e dell'horror. Sfortunatamente nessuno dei due episodi riesce ad imprimere al meglio il marchio dello scrittore statunitense, e le trovate personali dei registi non riescono a colmare questa mancanza. Parecchie anche le défaillance, che vanno a inficiare sul prodotto nonostante alcuni colpi da maestro dei registi e le tante citazioni presenti. Voto: 6

Wampyr (1977)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/07/2021 Qui - Rilettura, con evidenti elementi grotteschi, dei miti vampireschi, da parte di un maestro del genere. Un film strano, particolare e non del tutto riuscito che comunque coinvolge e affascina non poco grazie alla sua commistione di elementi orrorifici e grotteschi e con una componente spiccatamente erotica. Sebbene infatti la versione italiana (rimontaggio di Dario Argento, musiche affidate ai Goblin) non renda piena giustizia al film (questa volta la collaborazione non funziona egregiamente), riducendolo di durata e comprensività (purtroppo solamente a visione ultimata ho scoperto che ne esiste una versione americana senza tagli, e in tal senso dovrei forse vedere "Martin" poiché visto cosi non mi ha lasciato tantissimo), è comunque soddisfatto l'intento di Romero (perché in qualunque versione si veda il film, la sua mano si nota) di offrire una versione moderna e aggiornata del vampirismo, liberandolo degli stereotipi cine-letterari (crocifissi, aglio) e calandolo in una dimensione di critica sociale. Difatti gli dona le fattezze di Martin, un adolescente leggermente tardo e sicuramente ben poco affascinante, che si aggira in una bigotta cittadina statunitense alla ricerca di donne da aggredire, uccidere per poi berne il sangue. Ciò che non viene chiarito, ma lasciato all'interpretazione dello spettatore, è se Martin sia realmente un vampiro oppure un serial killer, ma l'intenzione del regista è ben altra, come al solito basta scavare un pochino per trovare il vero messaggio di fondo e cioè puntare il dito verso quell'America puritana e ricca di pregiudizi che condanna il diverso a priori, rappresentata nell'occasione dalla comunità cittadina e più nello specifico dall'anziano ed inquietante (quasi più del protagonista) cugino Cuda (il Lincoln Maazel del ritrovato The Amusement Park, distribuito quest'anno dopo 48 anni dalla sua produzione) accecato da una fede cristiana che travalica nel fanatismo. Suggestivi i flashback in bianco e nero con cui il regista si diverte a mischiare le carte in tavola, cercando di fuorviare ulteriormente lo spettatore, cercando di non permettergli di dare con sicurezza un interpretazione della vera identità del ragazzo. George A. Romero (che in questo film si ritaglia una particina per sé) si conferma così solo in apparenza innocuo artigiano dell'horror, ma in verità si dimostra capace di mescolare pellicole di genere con un messaggio ben più profondo. Ovviamente come spesso è successo con le opere di questo autore le penalizzazioni hanno reso più valido il lavoro a parole e non nei fatti, e anche in questo caso il basso budget a distanza di anni si vede tutto e la realizzazione sfortunatamente ne risente. Ritmo non elevatissimo, sequenze non particolarmente ispirate ed attori non particolarmente ispirati (anche se il giovane John Amplas esprime appieno l'ambiguità, la solitudine, l'emarginazione del necrofilo-ematofago Martin) completano il nugolo di difetti (Tom Savini meglio decisamente con gli effetti speciali che come attore). Il film ad oggi infatti, risulta decisamente datato ed a tratti anche un po' noioso e ridicolo, da qui il mio voto non eccelso, tutto sommato però il messaggio di fondo ed il fatto che lo abbia firmato un grande regista come Romero vale sicuramente una visione, possibilmente cercando la versione originale. Voto: 6,5

George A. Romero Filmography

Post pubblicato su Pietro Saba World il 07/07/2021 Qui - Negli ultimi anni ho voluto vedere e/o rivedere alcuni suoi film, ci sono riuscito (come testimoniano le recensioni), vorrei vedere anche altri (rivedere soprattutto il suo capolavoro), ma per il momento mi accontento di aver recuperato questi tre, che della sua filmografia mi mancavano. Di un regista (ma non solo, ha fatto un po' di tutto) che purtroppo non c'è più, deceduto in seguito ad una breve battaglia contro un aggressivo cancro ai polmoni nel luglio del 2017, all'età di 77 anni. Proprio per omaggiarlo in quell'anno organizzammo (noi della cricca di blogger cinefili) un Day speciale, in cui personalmente mi occupai di Monkey Shines (che non avevo mai visto). Successivamente non ho più avuto occasione di rivedere un film di George A. Romero (la A sta per Andrew), fino a quest'anno, in cui proprio per prepararmi a questa Promessa cinematografica, ho rivisto prima La città verrà distrutta all'alba e poi Creepshow. Film di un regista "considerato un maestro del genere horror, il suo La notte dei morti viventi è ritenuto un film di culto e ha lanciato nel cinema il tema dell'apocalisse zombie. La saga sui morti viventi è proseguita con Zombi, Il giorno degli zombi, La terra dei morti viventi, Le cronache dei morti viventi e Survival of the Dead - L'isola dei sopravvissuti. A Romero è inoltre riconosciuto il merito di aver unito ad una forte componente horrorifica e splatter anche una violenta critica alla società occidentale" (fonte Wikipedia). Insomma uno dei tanti che alla cinematografia mondiale ha dato tanto, lui come altri citato ed omaggiato spesso. Ricordiamo, statunitense naturalizzato canadese, sceneggiatore, montatore, attore, scrittore, direttore della fotografia e fumettista, se volete sapere altro prego rivolgersi a Wiki, oppure più semplicemente passate da Cassidy (anche più informato dell'enciclopedia libera amica di tutti noi), la sua La Bara Volante alla sua leggenda è infatti molto legato, ha visto, letto e recensito tutto (ma proprio tutto), vedere/leggere per credere. Prima però fermatevi un secondo a leggere me, che qualcosa ho anch'io da dire.

venerdì 2 luglio 2021

Divorzio a Las Vegas (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Commedia brillante in gran parte ambientata a Las Vegas in cui due italiani tornano negli USA per sciogliere un matrimonio contratto anni prima. Benché prevedibile nel suo svolgimento (il finale è oltremodo "telefonato") nel complesso è piacevole un po' per l'ambientazione (che "esce" dai confini nazionali), per le numerose citazioni cinematografiche, ma sopratutto per i due interpreti, Giampaolo Morelli e Andrea Delogu (quest'ultima gnocca accertata), che mostrano un buon feeling, e sono decisamente portati per la commedia. Non male anche la prova dei caratteristi, da Ricky Memphis a Gianmarco Tognazzi. Una commedia fresca e spensierata, che pur non possedendo particolari picchi, si lascia ben vedere, anche perché il tutto viene condotto nei binari di un certo buon gusto. Infatti, in questa commedia romantica e delicata, un po' americana, divertente e mai volgare (anche se i nudi con tanto di lap dance non mancano), semplice e mai eccessiva, non ci sono scivoloni troppo volgari o fuori luogo. Qui quello che vince è l'amore e Umberto Carteni lo racconta bene adoperando una regia scorrevole e poco pretenziosa. Una candida sorpresa questa pellicola quindi, banale sì, ma di buon intrattenimento. Voto: 6

Un amico straordinario (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Racconto di un'amicizia e un omaggio ad un personaggio storico della televisione americana, ovvero Fred Rogers, il vero Mr. Pickles, quello della serie con Jim Carrey. Il film è centrato su un incontro che cambia la vita di un reporter (Matthew Rhys, il "nuovo" Perry Mason) ed è raccontato in modo piano, quasi come un'opera televisiva, ma cercando di spiegare il fascino tranquillo del protagonista che il personaggio del giornalista subisce. Gli elementi personali vengono da un uso particolare della scenografia che fa uso di modellini che ricostruiscono gli ambienti nelle sequenze di raccordo e che richiamano quelli del programma televisivo. Il plot in sé non dice nulla di nuovo (premesse, sviluppi ed esiti rispettano la formula tipica di ogni hero's journey del cinema), ma il personaggio di Mr. Rogers (riuscitissima la prova di Tom Hanks, meritata la candidatura per miglior attore non protagonista agli Oscar 2020), dalla spropositata affabilità e quasi disumana gentilezza, conquista il cuore dello spettatore. Dietro la semplicità di canzoncine e pupazzi destinati a un pubblico infantile si celano piccole grandi lezioni per tutte le età. Un amico straordinario è proprio questo, una bella, sensibile e dolce lezione di umanità. Per Marielle Heller, dopo il buon Copia originale, un altro bel tassello da aggiungersi alla sua breve, ma interessante, filmografia. Voto: 6,5

Hotel Artemis (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Un film connubio tra azione e fantascienza, con alcune buone idee alla base, la cui resa non corrisponde però alle premesse. Le sequenze d'azione sono ordinaria amministrazione, e c'è sì una certa suspense, ma il film stenta a decollare e prenderti, indeciso fra curare maggiormente i personaggi o privilegiare maggiormente la parte thriller. Cercando palesemente di stupire lo spettatore con il gioco dei contrasti (le scenografie claustrofobiche commiste alle mirabolanti capacità della medicina robotica, un luogo di rifugio e di cura, ma solo per gangster e pregiudicati), il regista Drew Pearce al suo esordio cerca probabilmente anche di produrre qualcosa di originale (però tutti gli elementi della società criminale, così come la clinica, somigliano fin troppo, anche se privo della sua dinamicità, al mondo di John Wick), ma il film alla fine risulta zoppicante, non solo nella costruzione dei personaggi ma anche nello sviluppo, quest'ultimo prevedibile e blando. Finale movimentato (fortunatamente), ma che lascia l'amaro in bocca, soprattutto per quello che il film poteva essere e non è stato. Il cast (comprendente una Sofia Boutella più sexy che in Climax) offre una buona prestazione collettiva, anche in considerazione del buon livello qualitativo degli attori (Jodie Foster e Jeff Goldblum ma non solo), nel complesso godibile, ma con la sensazione netta del bicchiere mezzo vuoto. Voto: 5,5

Honey Boy (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Molto probabilmente la risposta del perché Shia LaBeouf sia una testa calda (documentato dai suoi numerosi arresti) sta proprio in questo film che ripercorre parte della sua adolescenza. Un'infanzia piuttosto complicata di un dodicenne, attore di sit-com, in perenne conflitto psicologico con il padre, alcolista e violento, alla ricerca dell'affetto desiderato e del dialogo perduto, dove neanche il tempo trascorso riesce a mitigare ferite ancora aperte. La storia è abbastanza interessante, la regia (di Alma Har'el) non mostra sbavature e la recitazione è convincente (il giovanissimo Noah Jupe fa un'interpretazione toccante e Lucas Hedges si riconferma il grande talento che è, entrambi nei panni di un LaBeouf targato, rispettivamente, 1995 e 2005 con Shia che interpreta, magistralmente, suo padre), così anche i dialoghi che inquadrano bene il ritratto descritto dalla sceneggiatura, scritta dallo stesso attore, capace di incuriosire e intrattenere discretamente. Discreta è anche la fotografia, sebbene risenta di un'estetica indie. Nel complesso quindi un buon film, in cui il protagonismo dell'attore viene per una volta messo da parte in favore di una messa a nudo che sa di auto-analisi, chissà se anche il vero Shia sia cambiato davvero col tempo. Voto: 6,5

giovedì 1 luglio 2021

Il mistero Henri Pick (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Questo film francese (diretto da Rémi Bezançon, adattamento cinematografico del romanzo omonimo scritto da David Foenkinos) è una sorta di detective story condita da una certa ironia ed anche un pizzico di cinismo che riflette il carattere del suo protagonista, critico letterario molto elitario che non digerisce il fatto che un capolavoro nascosto per anni sia stato scritto da un pizzaiolo. Oltre alla risoluzione del mistero, tipico dei romanzi giallo, questo film offre spunti non solo sul potere eterno della parola scritta in grado di sconvolgere le vite dei singoli individui, ma anche sul fare la tara, molta tara, sull'effettivo valore letterario di un'opera e il suo riscontro commerciale. Un giallo senza la classica suspense dei gialli, ma non è certo l'obiettivo di questo film, sorretto dalla buona prova degli attori, il Fabrice Luchini de Il meglio deve ancora venire in primis. Belle le ambientazioni a Crozon, cittadina della Bretagna ideale per l'ambientazione di una vicenda ricca di mistero e colpi di scena. Finale coerente con lo sviluppo e a tratti inaspettato. Un buon film. Voto: 6+

Scooby! (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Simpatica e movimentata rivisitazione aggiornata ai tempi di internet e dei social di un classico delle serie animate, in cui non mancano ammiccamenti anche ad altri personaggi dell'universo Hanna & Barbera oltre che una celebrazione del valore dell'amicizia. La pellicola (diretta da Tony Cervone) è realizzata interamente in CGI e l'effetto che ne deriva appare decisamente moderno (con omaggi che vanno da Harry Potter a Netflix fino ad A Star Is Born). Modernità, tuttavia, diventa spesso sinonimo di freddezza, se si vogliono considerare sia gli aspetti positivi che quelli negativi. L'emotività viene fortemente ricercata nelle primissime scene (quando Shaggy e Scooby si incontrano per la prima volta) e nel finale, quando i due affermano una volta di più la loro amicizia. Peccato però che la resa scenica non sempre sia in grado di supportare questo desiderio. La trama è semplice, adatta ad un pubblico di giovanissimi (il target ideale), ma anche sufficientemente briosa. Il problema, semmai, è l'incapacità di aggiungere qualcosa al ben navigato franchise. La visione nel complesso è piacevole, anche se lascia un po' tiepidi. Un reboot grazioso ma non eccezionale, che fa sorridere ma non arriva al cuore. Voto: 5,5

Gemini Man (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Poteva essere un film promettente, in considerazione del tipo di storia che poteva dare adito a buone soluzioni visive e narrative. Se il primo elemento può dirsi in qualche modo compiuto, anche in presenza di discrete scene action, il secondo purtroppo lascia perplessi dalla pochezza dei personaggi. Se il personaggio maturo di Will Smith è un carattere tutto sommato funzionante, purtroppo la sua controparte "clone" è talmente anonimo e sbiadito da essere ai confini dell'inconsistenza, solo un pallido riflesso privo della benché minima sostanza. Non aiuta nemmeno Clive Owen alle prese con il classico villain tagliato con l'accetta con poca sostanza. Quindi mancando i personaggi e con una storia non certo originalissima, già vista troppe volte, il film promette tanto sulla carta, ma alla resa dei fatti è una promessa mancata. La storia di cloni che provano ad uccidere il loro "originale" e di militari senza scrupoli non meritava di essere trattata come un dramma esistenziale ma solo come un action figo e senza pretese, in questo Gemini Man ha sbagliato. Il regista taiwanese Ang Lee ci mette la sua talentuosa eleganza (Billy Lynn era un buon film), ma il film non riesce a volare molto in alto, restando nel mare della mediocrità, peccato. Voto: 5+

The New Mutants (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Un ibrido non sempre convincente (sembra più un pilot di una serie che di un film vero e proprio). Josh Boone (il regista) tenta di dare ai mutanti un'aria dark e horror che in teoria ben si sposerebbe con i personaggi (provenienti dal mondo dei fumetti), ma la gestazione travagliata del progetto e i tanti reshoots si notano, tanto da dare al film una forma strana tra il teen horror e un fantasy qualunque. La trama è buona finché tenta di esplorare le psicosi dei ragazzi, ma si perde poi tra brutti effetti speciali e colpi di scena telefonati. Buona l'interpretazione del cast (da segnalare la buonissima prova di Anya Taylor-Joy nei panni della bulla schizzata), così come indovinate sono le prime sequenze da "incubo", meno il finale baracconesco. Il film procede con un ritmo troppo sostenuto, e si potrebbe dire che soffra di una sorta di eiaculazione precoce cinematografica. Fretta, troppa fretta, un'impellente (non si sa perché) bisogno di terminare il film, senza concludere nulla e lasciando sotto-trame a metà. Lo sviluppo dei personaggi è incompleto, l'intreccio banale e a volte forzato, alcuni elementi sembrano addirittura ripresi, scopiazzati male da altri film nettamente superiori, e buttati in mezzo, così de botto, senza senso. Un film che si stacca abbastanza nettamente (anche stilisticamente) dalla serie degli X-Men alla quale è in qualche modo collegato, ma che esattamente come la cinematografia del suddetto franchise lascia abbastanza a desiderare. E dopo Dark Phoenix è questo un altro brutto colpo per le speranze di rinascita. Voto: 5

Miss Marx (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/07/2021 Qui - Sarà pure un film coraggioso per le scelte registiche della Susanna Nicchiarelli, in un certo qual modo sperimentate senza tanto successo già in Nico, 1988, ma questo film è un pugno direttamente nei testicoli, tanto è noioso, lento e narcisista. A mio modesto avviso ho trovato il montaggio mediocre, il taglio documentaristico in alcuni punti scontato e banale, le interpretazioni decisamente senza anima, ad eccezione della protagonista, una Romola Garai che si prende l'onere di caricarsi il film sulle spalle, ben consapevole di predicare nel deserto. Anche nei suoi momenti migliori Miss Marx non pare esprimere mai lo spirito della sua epoca, è in ritardo sui tempi, o addirittura controcorrente: puritano e molto ordinato. Non sorprende pertanto che anche le sue scelte migliori assomiglino a una tentata copia di Sofia Coppola nel ben superiore Marie Antoniette. Un 20% di questioni socio-politiche a fronte di un 80% di pettegolezzo familiar-sentimentale, le problematiche della pellicola stanno tutte qui. Perché paradossalmente sarebbe stato preferibile concentrarsi su tutto il resto (battaglie a supporto dei diritti dei lavoratori in primis), che finire con l'incardinarsi su una storia d'amore all'interno della quale Eleanor Marx risulta essere vittima, nonché succube del proprio compagno. Non mi è piaciuto (imbarazzante il balletto finale), non mi ha coinvolto e non lo rivedrò (mai) più. Voto: 4,5