sabato 9 febbraio 2019

La regola del gioco (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/11/2016 Qui - La regola del gioco (Kill the Messenger), political drama (del 2014) ottimamente architettato ed interpretato da un Jeremy Renner sempre più impegnato (questo è anche il suo primo film da produttore) e qui in forma veramente smagliante, nei panni di Gary Webb del quale racconta la difficile battaglia nel far emergere la verità su uno dei molteplici scandali della CIA (uno di quei soliti scandali che il governo americano ha più interessi a mascherare piuttosto che ammettere le enormi responsabilità del gioco sporco) e diffonderla. Inutile dunque ribadire che il film si ispira non solo a una storia vera, quella del tenace giornalista di una piccola e indifferente testata giornalistica, ma racconta in modo coerente e lucido di fatti realmente avvenuti (e frettolosamente insabbiati), fatti raccontati dallo stesso Webb nel libro Dark Alliance sui cui si basa il film di Michael Cuesta, regista che ha fatto tanta gavetta in tv (S.F. Under, Dexter, Homeland), insieme ai libro Kill the Messenger di Nick SchouLa regola del gioco infatti riporta alla luce del sole degli scandali che vennero a galla solo negli anni '90 (ma riguardanti la decade precedente) grazie al meticoloso e alquanto ostacolato lavoro investigativo di Webb che riusci a scoprire il coinvolgimento della CIA nello spaccio di droga (cocaina) negli USA. Droga che aveva come principali destinatari la popolazione afro-americana, e il ricavato delle vendite andava a sostenere i Contras del Nicaragua nella loro lotta per destabilizzare il governo comunista. E per raccontare ciò il regista e lo sceneggiatore (Peter Landesman), scelgono il metodo più semplice e popolare possibile, seguendo rigorosamente lo schema di altre pellicole del genere (Tutti gli Uomini del Presidente, State of Play, Insider, etc.), non aggiungendo nulla di particolarmente innovativo al canovaccio, ma in modo semplice ed avvincente riesce a raccontare una storia, una storia ovviamente interessante. Difatti nel film vengono riportate tutte le fasi dell'inchiesta iniziata e portata avanti dal giornalista che, per puro caso come spesso accade (anche se in questo caso grazie all'avvenente pupa di un boss del narcotraffico, una stupenda Paz Vega), viene in possesso di un documento che proverebbe un certo intrallazzo tra agenti governativi ed i Contras, il tutto sommato a qualche discrepanza tra la mole di droga in circolazione allora nel paese e l'effettivo potere di spaccio dei gruppi malavitosi realmente conosciuti. Ma il film non si limita a questo perché le sue indagini, che iniziano ad essere scomode un po' per tutti, lo porteranno a sprofondare, contro di lui infatti inizia una campagna diffamatoria, che colpirà anche la sua famiglia, che lo porterà vicino al suicidio.
Per questo La regola del gioco è un film potente, spiazzante ed anche sconcertante, che fa riflettere e pensare, un film che avvalendosi di un cast di contorno ottimo (tra cui Michael Sheen, Andy Garcia, Ray Liotta, Barry Pepper, Mary Elizabeth Winstead, Rosemarie DeWitt, Oliver Platt, Richard Schiff e Michael K. Williams) avvince e convince. Il regista infatti mette a punto un dramma personale e politico dal forte impatto narrativo, anche se leggermente carente dal punto di vista del coinvolgimento emotivo. Manca difatti una buona dose di pathos che riesca a coinvolgere e far appassionare lo spettatore medio alla storia che viene raccontata. La sceneggiatura poi (come detto in precedenza) è strutturata in maniera lineare, semplice (forse troppo), tanto da darti l'impressione di seguire un vero e proprio reportage piuttosto che una pellicola cinematografica. Non vi sono infatti alcuni picchi emotivi o colpi di scena eclatanti o memorabili. Addirittura il film, comprime anche troppo l'attività investigativa (e se vogliamo questa è un po' una pecca) decidendo di puntare e facendo comunque bene sugli effetti che tali scoperte ebbero sull'opinione pubblica americana, sui mass media, sui servizi e soprattutto sulla vita personale del giornalista. Paradossalmente però, tutte queste mancanze e lacune della sceneggiatura non rovinano affatto la visione del film, il quale riesce a tenere acceso l'interesse dello spettatore complice il ritmo serrato che sostiene la pellicola e la storia veramente interessante, nonché praticamente (almeno personalmente) sconosciuta, che ci viene esposta. Il merito però non va solo al regista che dimostra di cavarsela bene anche confezionando prodotti di levatura impegnativa come il suddetto lungometraggio, ma anche e soprattutto a Jeremy Renner (che si dimostra finalmente attore vero, sfoderando un'interpretazione di spessore). Lui è infatti la vera colla che tiene insieme l'intera pellicola, riuscendo a far esaltare il personaggio di Gary Webb, al quale dona spessore armandolo di verosimiglianza e facendone trapelare tutta la determinazione, il coraggio e l'integrità morale di un reporter della vecchia scuola, che resta fermamente convinto che la missione principale del suo mestiere sia far conoscere la verità, esponendola, divulgandola a quante più persone possibili e pagandone le conseguenze. Una verità scomoda che in molti hanno però cercato di insabbiare, ostacolando più volte lo stesso Webb e segnandone il rapido declino. Insomma una pellicola che scava nelle acque torbide dei coinvolgimenti americani nelle faccende continentali in ottica anti-comunista o anti-castrista e in questo caso i fari sono puntati sul Nicaragua. Per questo e per tanto, La regola del gioco è un film di denuncia che merita di essere visto per (ri)spolverare una parte di Storia contemporanea alla quale i Media hanno dato ben poco risalto e per capire meglio alcune dinamiche della politica statunitense. Quel genere di film/inchiesta che a prescindere da limiti e debolezze va apprezzato in quanto ha il merito di divulgare notizie importanti al grosso del pubblico, spesso all'oscuro di certi eventi o meglio ancora sapientemente distratto da notizie scandalistiche più appetibili. Ma anche per onorare la memoria di un uomo onesto che ha sacrificato tutto (inclusa la sua vita) a servizio della verità la quale venne definitivamente comprovata pochi anni dopo la sua morte. Un film quindi imperdibile, perché a volte il cinema sociale riesce a lasciare il suo marchio distintivo. In più ciliegina sulla torta, la soundtrack rock/punk che tra gli altri propone la classica Know Your Rights dei Clash. In definitiva, buon ritmo e buona tensione per un film che nonostante non sia spettacolare potrà appassionarvi. Voto: 6,5

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