venerdì 29 gennaio 2021

Il film della Memoria: Resistance - La voce del silenzio (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/01/2021 Qui - Non conoscevo il passato da Ebreo fuggitivo del mitico Marcel Marceau e sicuramente il pregio di questo film è quello di mettere in scena una vita davvero avventurosa, una storia, seppur non perfetta in ogni punto, coinvolgente. Infatti, una pagina poco nota della giovinezza di costui, che si può affermare senza tema di smentita essere stato il più grande mimo della storia della recitazione e uno dei più grandi performer di tutti i tempi, viene portata sul grande schermo in questa (buona) pellicola del regista venezuelano Jonathan Jakubowicz, appunto Resistance. La vicenda comincia in Francia nel 1940, quando a Strasburgo, città situata al confine con la Germania, un manipolo di giovani ebrei si prodiga per offrire un rifugio ai bambini ebrei tedeschi, orfani delle prime vittime dell'Olocausto. Il giovane Marcel Mangel, questo il vero cognome di Marceau, di giorno lavora nella macelleria kosher del padre, che non vede di buon occhio la sua passione serale, che è quella di esibirsi nei piccoli palcoscenici della città inseguendo il sogno di diventare attore. Oltre all'arte la sua passione è Emma una ragazza impegnata nella resistenza assieme ad Alain, fratello maggiore di Marcel, per far colpo sulla ragazza Marcel si unisce a loro. Dopo la fulminea conquista di Parigi da parte dell'esercito di Hitler, e il momentaneo trasferimento a Lione, nella parte di Francia in un primo momento non occupata direttamente dai nazisti, il gruppo perde ogni speranza quando anche quel lembo di territorio viene occupato dal Reich, e il capo delle famigerate SS è un certo Klaus Barbie, non a caso passato alla storia coll'infamante nomignolo di "Boia di Lione". L'unica via di salvezza per i resistenti e i loro bambini sembra rappresentata dalla fuga verso la vicina Svizzera.

lunedì 25 gennaio 2021

La città verrà distrutta all'alba (1973)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Più generico e meno sorprendente de La Notte dei Morti ViventiThe Crazies (qui da noi La città verrà distrutta all'alba, per una volta un titolo italiano non malvagio) è comunque uno dei film da vedere di George A. Romero, anche perché uno dei suoi più iconici (iconiche come le tute bianche dei militari). Nonostante il budget molto basso, la pellicola risulta attuale ed in questo periodo più che mai, non a caso il virus che si propaga rende pazzi e vedo diverse analogie con quello che succede nei giorni odierni (le reazioni della gente). I risvolti politici e sociali sono presenti, progressivamente sempre più disperato (il pessimismo, malgrado un leggero spiraglio alla fine, è già bello tosto, e non mancano notevoli sgradevolezze e tocchi di umorismo acre, sangue al minimo però), è un film dagli spunti più realistici dei soliti di Romero, ma rimane comunque godibile e poteva essere ancora meglio se avessero avuto più soldi per la realizzazione (i soldi li hanno avuti per fare il remake, del 2009, e si è visto, uno dei pochi esempi dove appunto il remake è quasi meglio dell'originale). E tuttavia vero che l'età ha infierito e che la componente visiva ne abbia risentito (nonché il resto, musiche brutte e interpretazioni modeste), ma la sostanza (ancora) c'è (come detto). È, in ogni caso, un importante antesignano in termini di catastrofismo biologico autentico, poi imitato e anche rifatto in seguito, seppur sminuito del suo significato più puro in favore della semplice azione (non nel caso del remake, addirittura più omogeneo e con un finale non troncato quasi a metà). E infatti, datato e pieno di imperfezioni, ma mantiene ancora una certa carica suggestiva e visionaria. Romero farà di meglio, ma la suspense non manca ed un paio di scene lasciano il segno. Abbastanza violento, un po' rozzo negli effetti ma tutto sommato guardabile. Voto: 6,5

Border - Creature di confine (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Diretto da Ali Abbasi, alla sua opera seconda, Border può essere visto come una variante del classico tema, più volte esplorato da letteratura e cinema, del binomio bruttezza esteriore/bellezza interiore: infatti la protagonista femminile è una persona non certo bella ma una lavoratrice scrupolosa e zelante e anche molto sensibile. Contrariamente ad altre opere, ad un "mostro" buono fa da contraltare una persona "brutta, sporca e cattiva", che circuisce ben presto ella per i suoi loschi e spregevoli scopi secondari. Il film funziona decisamente bene nella prima parte, quando il regista costruisce una favola contemporanea (il bosco, il bestiario animale) improntata sullo studio di due outsider ma, una volta rivelata la componente fantastica, l'autore di origine iraniana si lascia un po' prendere la mano e la troppa carne al fuoco, sia a livello di temi affrontati (traffico di esseri umani, dicotomia tra umani e creature fatate, attrazione/repulsione, nascita, maternità o paternità, maschio/femmina/trasgender) sia di generi (poliziesco, fantasy e horror), soffre di gravi scompensi narrativi e di riuscita finale. Egli vorrebbe creare una pellicola disturbante e, in parte riesce nell'intento, con tutta l'anzidetta prima parte, condita di tanti bei primi piani in cui scruta nell'animo dei due protagonisti, ma poi si lascia andare e indugia su scene in cui scende nei troppo particolari, lasciando ben poco all'immaginazione e dà vita a più di una sequenza rivoltante. Bravissimi i due (irriconoscibili) protagonisti, grazie ad un lavoro di make up a dir poco eccezionale, che ha addirittura ottenuto una candidatura agli Oscar nella categoria. Border è un film di sicuro interesse, che tuttavia non mantiene tutte le sue promesse. Voto: 5

Blinded by the Light (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - "Accecato dalla luce" delle canzoni del boss, un giovane anglo-pakistano cerca di liberarsi dall'angusta vita di provincia. Una commedia garbata "illuminata" da una colonna sonora d'eccezione, ben ambientata (negli anni '80) e interpretata da un buon (abbastanza sconosciuto, a parte Hayley Atwell) gruppo di attori. Una visione piacevole per un film che soffre di una trama un po' scontata (finale edulcorato compreso), e di una caratterizzazione stereotipata dei personaggi. Non male, nel complesso. La regista Gurinder Chadha, che non è solo quella di Sognando Beckham ma anche quella dell'interessante Il palazzo del Viceré, dirige amabilmente la pellicola, una favoletta, sebbene tratta da una storia vera, a lieto fine che cerca affronta temi non nuovi e cerca di portare avanti i soliti valori direi universali e non solo a stelle e strisce. A tratti sa anche divertire ed è sicuramente costruito con sapienza, in modo da saper anche coinvolgere, in tal senso però Sing Street (abbastanza simile) ci riusciva indubbiamente meglio. Da non perdere se si ama Bruce Springsteen, visto com'è tutto costellato delle sue canzoni che, nel mio giudizio, gli fanno guadagnare un plus, altrimenti, chissà. Voto: 6+

Marcia per la libertà (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Il titolo italiano è, come spesso succede, fuorviante: non c'è nessuna marcia, se non in senso figurato, in quanto viene narrata una delle tante sofferte tappe del processo di affermazione dei diritti degli afroamericani in un paese imbevuto di pregiudizi razziali. Ispirato ad un caso di cronaca che all'epoca fece scalpore, un film processuale di stampo classico, discretamente confezionato (la canzone candidata all'Oscar nel 2018 non è male) ed interpretato con professionalità, ma anche molto convenzionale e in alcuni snodi assai prevedibili. È buona la ricostruzione ambientale e il cast ben scelto offre come detto una buona prova (su tutti lo sfortunato Chadwick Boseman, un'altra valida performance dopo quella in City of Crime). La regia non è ispirata più di tanto. Un biopic incentrato sulla battaglia dei diritti civili condotta da colui che poi diventò il primo giudice afroamericano della Corte Suprema degli Stati Uniti (da qui il titolo originale Marshall), comunque interessante e non troppo da sottovalutare. Voto: 6

La belle époque (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Il regista di Un amore sopra le righe (che personalmente non mi convinse lo scorso anno), Nicolas Bedos, è l'autore di una piacevole sorpresa, La belle époque appunto, un film riuscito e molto gradevole. Si tratta di una produzione basata (nel complesso) su una struttura narrativa di meta-cinema dove la finzione è in un processo di osmosi con la realtà. Il plot fa capire ben presto le proprie intenzioni, La belle époque è un film di romanticismo e di palese nostalgia. I punti di forza del disegno del regista, risiedono principalmente, nella costruzione scenica e nella sceneggiatura. La costruzione della scena è curata in ogni specifico dettaglio, fra il barocco e l'eleganza. Lo scopo della regia, presumibilmente, è quello di creare un cinema d'atmosfera, in effetti, il piano è rispettato alla grande. Si respira quindi, a tutto regime, un alone artistico pieno e pomposo. La sceneggiatura, nel frangente, risulta essere molto artificiosa e regala momenti interessanti. Su questo asse anche la narrazione si destreggia bene anche se presenta punti di non ritorno, nel nome di una scanzonata superficialità. Per chi prende visione al film, comunque, è consigliabile lasciarsi andare alla situazione e di accettare tutto per buono, se lo spettatore si ponesse nelle vesti di un amante delle cose lineari e ortodosse, potrebbe non apprezzare. La belle époque ha quasi tutto per funzionare, anche il ritmo è vibrante, il processo di intrattenimento è portato avanti molto bene. Si ride, ci si diverte, ci si emoziona: non capita così spesso e non certo in modo così continuo. Notevoli le performance attoriali del cast qui corale, ad eccezione forse di Fanny Ardant, costretta in un personaggio costantemente sopra le righe, ecco infatti un bravissimo Daniel Auteuil, ma bravi anche Guillaume Canet ma soprattutto Doria Tillier, già nel precedente del regista però qui più convincente, e pure più bella. Una bellissima storia d'amore raccontata con originalità e brillantezza, decisamente promosso questo nostalgico e romantico lungometraggio. Voto: 7

Il mio capolavoro (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Non possiede lo scavo del Il cittadino illustre, ma questo nuovo film (il suo terzo di finzione ma il primo firmato soltanto da lui) di Gastón Duprat mantiene quella leggerezza di fondo, mostrando attraverso il legame di profonda amicizia di questi due personaggi così antitetici ma uniti, il mondo dell'arte ed il sottobosco che lo circonda, sottolineando quanto sia ambiguo e magmatico tale mondo. Eccellente il lavoro sui due personaggi principali, pittore e gallerista, Guillermo Francella e Luis Brandoni hanno una ottima alchimia reciproca. Non si può dir lo stesso per i caratteri secondari, che peccano di un certo schematismo di fondo. Il film tende ad essere più farsesco rispetto al Cittadino Illustre, però privo di eccessi inutili. Il risultato è un buddy movie godibilissimo, intelligente, nel quale la cialtroneria dei due protagonisti non è meno insulsa dell'inconsistenza di tutta la fauna umana che si assiepa intorno all'arte contemporanea, dai critici agli aspiranti artisti. Il materiale su cui riflettere alla fine non è poco. Voto: 6+

Mia e il leone bianco (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Una ragazzina affezionata a un grazioso leone bianco è costretta a fuggire con l'amico a quattro zampe quando scopre che intendono consegnarlo a bracconieri senza scrupoli. Pensato per un pubblico di giovanissimi, è un film a metà strada tra il racconto di formazione e l'avventura, con lievi tocchi di eco-vengeance. Il fatto di essere stato girato nel corso di tre anni permette un realistico sviluppo della storia, con la protagonista (una bravissima Daniah De Villiers) che si fa sempre più grande parallelamente al felino. I contorni da favola non inficiano la potenza del messaggio (una sentita denuncia contro la pratica della caccia nella gabbia). Regia nella norma, con una sceneggiatura che si focalizza soprattutto sul meraviglioso rapporto della "strana coppia", con una parte avventurosa che coinvolge più del previsto (le location di rara bellezza). Detto ciò, questo prodotto filmico è consigliabile agli appassionati del genere, anche se, proprio per quello che dice, specialmente alla fine, andrebbe visto da più persone possibili. Voto: 6

Piccole donne (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Settimo adattamento cinematografico dell'amato romanzo di Louisa May Alcott diretto da Greta Gerwig alla sua seconda regia dopo l'acclamato (forse troppo) Lady Bird. Non eccessivamente sdolcinato ma neanche particolarmente entusiasmante e toccante. Ricordo di aver visto almeno due versioni precedenti di Piccole Donne, la trama è oramai arcinota ed è difficile migliorare un prodotto così tanto sfruttato in passato. Tuttavia in questo caso la regista (che azzarda, non sempre riuscendoci, la carta dello scombinamento di piani temporali) ci dà la sua versione, più autoriale ma non per questo migliore, una storia familiare condita da buoni sentimenti che racconta le vicissitudini domestiche ed amorose delle quattro sorelle March nel Massachusetts degli anni 1860, Jo la ribelle, Meg la giudiziosa, Amy la viziata e Beth la fragile. Se non si è letto il romanzo o visto le precedenti versioni magari può essere più emozionante. In ogni caso è una buona occasione per vedere all'opera un cast che raccoglie alcune tra le migliori attrici delle loro rispettive generazioni (conferme di livello, in particolare, Florence Pugh e Saoirse Ronan, meno incisiva Emma Watson). Meno riuscita invece la rappresentazione dei personaggi maschili, in particolare di Timothèè Chalamet e Louis Garrel, che non convincono fino in fondo nel panni di Laurie e Fredrich Bhaer. In definitiva, non è male, è di gran classe, tecnicamente e non solo, però non sembra riuscito perfettamente. Ci si augura che la prossima volta andrà meglio, anche se sette possono bastare. Voto: 6,5

Doctor Sleep (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/01/2021 Qui - Dopo l'adattamento de Il gioco di Gerald per Mike Flanagan tocca confrontarsi con il seguito più atteso di sempre per gli amanti di Stephen King e dell'horror in generale. Se inizialmente restano le atmosfere e qualche bel richiamo al primo film successivamente si avverte un po' di fastidio e viene spontaneo chiedersi il significato di questo seguito. Anche perché più che di horror trattasi di un (buon) dark fantasy. Da Shining poi si prende solamente spunto, per raccontare una storia che si discosta quasi del tutto dal capolavoro di Stanley Kubrick, i cui elementi danno l'avvio e la conclusione alla pellicola. Questo determina una certa autonomia della trama rispetto all'ingombrante originale, mossa alquanto furba per evitare paragoni rovinosi, ma che comunque non dissipa lo scetticismo. Una bambina prodigio ed un ex bimbo prodigio (il nostro Danny, un Ewan McGregor alquanto in parte), ora adulto, combattono fianco a fianco una lotta magica contro un gruppo di malvagi cannibali spirituali, guidati da una fascinosa e bellissima Rebecca Ferguson. Per niente noioso, anzi particolarmente stimolante, le vicende sono narrate con buon ritmo, alternando momenti action ad altri di riflessione (le scene migliori sono quelle girate nell'hotel maledetto). Il risultato è un film che intrattiene, ma che sembra poter dare molto più di quello che effettivamente dà (il regista, che dal precedente pesca pure qualche nome, se la cava). Doctor Sleep lascia un ricordo piacevole eppure vago. Voto: 6

lunedì 18 gennaio 2021

La ragazza che saltava nel tempo (2006)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Già dal titolo è abbastanza facile intuire di cosa tratti il film, il focus e il resto, ma non per questo banale nella sua disamina o nella sua esplicazione. Il plot è infatti semplice ma allo stesso tempo interessante (per alcuni versi molto simile al videogioco "Life is Strange"), coinvolgendo lo spettatore sin da subito, con la fantascienza che serve da pretesto per farci capire, come recita la scritta sulla lavagna a inizio film ("Time no wait") che il tempo non aspetta nessuno. Nonostante i personaggi siano piuttosto stereotipati, supportano bene una sceneggiatura frizzante e mai scontata. Peccato che alcuni buchi evidenzino incongruenze narrative che minano un po' la godibilità dell'intreccio, tuttavia la storia risulta più che godibile lo stesso. Il film all'inizio sembra una classica commedia scolastica, dai toni leggeri e poco pretenziosi, ma saprà maturare in corso d'opera come la stessa protagonista, regalandoci una parte finale carica di suspense. Il finale è difatti veramente ben orchestrato e non banale, si sviscerano emozioni sentimentali condite con una goccia amara di angoscia e tristezza che non chiude però le porte ad un futuro di speranza. Non sorprendono i numerosi premi attribuiti a questa chicca dell'animazione che colpisce per mille motivi: la trama quasi caotica, la fluidità con cui la pellicola scorre nonostante le emozioni contrastanti che si provano nella visione (prima paura, poi ilarità, tristezza e malinconia). Si affrontano tematiche come lo scorrere del tempo, l'importanza della fortuna e del destino nella nostra vita. La regia (del Mamoru Hosoda già artefice del bel The Boy and the Beast) scorre senza intoppi e ci delizia con delle trovate molto interessanti. Insomma La ragazza che saltava nel tempo non avrà la retrologia degli anime firmati Studio Ghibli, ma è un film tecnicamente eccellente (la resa grafica è buona e ben figura il comparto sonoro) e fa quel che deve egregiamente. Un film leggero e delicato, come la storia d'amore che racconta. La dimostrazione che anche una storia semplice, se ben raccontata, può emozionare. In tal senso, non certamente ai livelli di Your Name., ma esperimento ugualmente riuscito. Voto: 7+

Oltre le nuvole, il luogo promessoci (2004)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Dopo aver visto (il bellissimo) Your Name. mi sono avvicinato con molto entusiasmo a questo lavoro (ambientato in un ucronico presente) di Makoto Shinkai, che oltretutto è il suo primo lungometraggio, appunto l'esordio cinematografico. Mi aspettavo tanto e purtroppo devo dire di essere stato soddisfatto solo in parte. Belle le ambientazioni e di buon livello l'aspetto tecnico in generale, anche perché l'autore riserva una grande cura agli sfondi che donano un tocco di classe alle scene più intense. Rispetto al precedente film però la trama (che paradossalmente utilizza lo stesso tema futuristico, cioè la scoperta dell'esistenza di differenti universi paralleli al nostro) e la sceneggiatura (l'eccessiva presenza scientifica confonde solo le idee) sono di più basso livello. Il punto di partenza è interessante col progetto dei ragazzi di volare sul proprio aereo (come faranno poi due ragazzi delle superiori a costruire un aereo in garage è da vedere, ma sarebbe il problema minore) verso la torre che troneggia in cielo. Ciò che non fa decollare la storia è che ci sono un po' troppi voli pindarici nella narrazione (il trinomio Sayuri in coma, la torre e il finale, sembra tutto troppo forzato). Altro punto debole è che la stessa è piuttosto lenta, alle volte si fa un po' fatica a stare dietro alla storia per via di alcuni passaggi della stessa abbastanza "mosci" (va bene il lirismo, ma che lentezza). Insomma non che sia un anime da buttare, resta comunque una piacevole visione, ma da questo regista mi aspettavo qualcosa di più coinvolgente. Voto: 6

Metropolis (2001)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Ispirato al famosissimo film di Fritz Lang da cui prende anche il titolo, questo Metropolis in salsa anime è sicuramente un buon e gran bel prodotto, seppur non perfetto. Interessante il character design che dovrebbe rifarsi direttamente al lavoro di Osamu Tezuka, che realizzò nel lontano 1949 il fumetto da cui (moltissimi) anni dopo il regista Rintaro e Katsuhiro Otomo (qui nelle vesti di sceneggiatore), hanno preso spunto per realizzare questo film. Purtroppo l'unione di tre grandi nomi dell'animazione giapponese non ha prodotto quel capolavoro che era lecito aspettarsi, il difetto principale è da ricercarsi in alcuni punti eccessivamente statici e noiosi oltre che sull'improbabilità di alcune soluzioni narrative. Detto di questi difetti il film però appare splendidamente realizzato, curato in maniera mirabile e caratterizzato da uno stile retrò che ben si fonde con le ambientazioni futuristiche. Buona la fusione tra disegni animati e la computer grafica. Ambienti e personaggi sono efficacemente delineati ed interessante appare l'approfondimento psicologico dei protagonisti ed in particolare del rapporto tra Tima ed il giovane Kenichi (i due protagonisti di questa favola apocalittica sui pericoli derivanti dall'incontrollabilità del potere). Ottima la colonna sonora a base di un jazz molto "nervoso". La storia (ambientata in un mondo retrofuturistico dove gli umani e i robot vivono insieme, ma non in armonia) è perennemente ammantata da un velo malinconico che rende emozionanti svariate sequenze, ma ciò che rimane indelebilmente impresso nella mente è lo splendido ed apocalittico finale che si dipana sulle note della suggestiva I can't stop lovin'you di Ray Charles, un vero colpo di genio da parte del regista. Voto: 7

Panda! Go, Panda! (1972)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Isao Takahata alla regia, Hayao Miyazaki all'animazione, quando lo Studio Ghibli non esisteva, ma era probabilmente nella sua fase embrionale, nell'età infantile della sua crescita nella mente dei suoi fondatori. Infantile proprio come questo cortometraggio, prodotto al culmine della panda mania in Giappone, che ricorda da vicino Il mio vicino Totoro, di cui questo sembrerebbe appunto un abbozzo (quasi anticipando il design degli stessi, grandi bocche e aspetto rotondeggiante). La trama, essendo una commedia per bambini, è molto semplice, ma anche frivola, superficiale, praticamente diseducativa. Pedagogicamente parlando infatti, Panda! Go, Panda! è un insieme di comportamenti assurdi, roba che, ma i servizi sociali dove sono? Scherzi a parte (ma neanche tanto), l'anime è piacevole, anzi, è vero che è destinato ad un pubblico di bambini, che è molto infantile, ma quanta simpatia che ti fa? tanta, e quella canzoncina? ti entra proprio nella testa (il plus è per la canzoncina). E poi bisogna comunque dire che le animazioni sono sopra la media, considerando l'anno di uscita e il target, e che le ambientazioni sembrano modellini in scala, la città in cui si muove la protagonista è specchio di un'epoca passata, in cui tutti gli abitanti si conoscono tra di loro e tutto sembra essere fuori dal tempo. L'atmosfera è calma e rilassata. Il finale è simpatico nella sua assurdità (anche concettuale). Insomma, un filmetto proprio carino. Comunque già che c'ero, ho visto anche il suo sequel, Il circo sotto la pioggia, in Italia infatti i due film sono stati distribuiti da Dynit in un unico DVD, e da VVVVID (sito legale da cui l'ho visto gratis, basta solo registrarsi) è visibile proprio in questa versione. Un seguito, sempre firmato dalla coppia storica, ambientato un anno dopo l'incontro tra la "Pippi" giapponese e la coppia di panda, seppur più stanco e svogliato (con una seconda parte migliore della prima), ugualmente simpatico. Nel complesso un film d'animazione amabilmente spensierato, che se lo si guarda solo come uno sceneggiato per bambini, può risultare appunto carino, ma più che altro utile per poter conoscere bene l'ascesa dei due grandi autori che ci sono dietro. Voto: 6+

Jin-Roh - Uomini e lupi (1999)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Pure apprezzandone la realizzazione tecnica e visiva, una grafica molto curata tra luci e colori freddi e cupi come l'atmosfera che traspare, la storia di Hiroyuki Okiura (basata sulla Kerberos saga di Mamoru Oshii, qui in veste di sceneggiatore) non mi ha convinto, coinvolto abbastanza, rendendo la mia visione lenta e svogliata in molti frangenti, senza che riuscissi ad apprezzarla come avrei dovuto e voluto. Vi sono alcuni momenti infatti che appesantiscono il film, come una lunga manciata di minuti in cui seguiamo dei dialoghi, importanti per la trama, ma che portano noia. A proposito di trama, c'è da dire che almeno quest'ultima termina bene, ovvero in maniera coerente, ciò che è giusto è giusto e ciò che deve essere fatto viene fatto, senza esitazione. In questo senso è più impattante il messaggio ("Un lupo nelle vesti d'agnello rimane sempre un lupo") che come lo dice, in modo consono sì, la narrazione non per caso è suddivisa a seconda dei capitoli della fiaba di Cappuccetto Rosso (non quella che ci hanno fatto leggere all'asilo, ma la versione atroce e a tratti cannibalesca), però in questo gioco di vittime e carnefici, e dove i ruoli si interscambiano di continuo (forse troppo), i colpi di scena non fanno scena, repentini e prevedibili. Nel complesso tuttavia, questo fanta-poliziesco cupo e triste come molti cartoni giapponesi non-Ghibli (di cui penso di preferire oggettivamente le sue di storie, o simili), è valido nella sua rilevanza tematica e nella cura del suo buon comparto tecnico. Voto: 6+

Lamù - Beautiful Dreamer (1984)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Non ho mai amato il cartone degli anni '80 di Lamù (anche se lo vedevo abbastanza spesso), perciò ho sempre evitato di leggerne o vederne di cose a lei inerenti. Ma poi, dopo aver letto qualcosa in merito, dopo aver sentito qualcuno lodare questo suddetto film, a detta di molti il migliore di quelli realizzati tratti dal manga omonimo, ho deciso di provare. Il risultato? Inaspettato. Non ero a conoscenza della trama "bolla/spazio temporale" del film, altrimenti l'avrei visto molto prima, giacché i film così fatti mi piacciono parecchio, e infatti proprio per questo particolare (ma non solo) che ho apprezzato questo discreto film d'animazione, che dimostra che anche da una trama banale si può creare qualcosa di incredibile, dando vita a una trama che procede lenta e senza musiche, è vero, ma che risulta entusiasmante per la sua vena thriller-psicologica. Fin dall'inizio del film, privo di una sigla d'apertura, si viene catapultati in un'atmosfera quantomeno disarmante. Per l'intera durata del cartone animato sembra aleggiare instancabilmente un dubbio inesauribile: sogno o realtà? Le parti di maggior comicità sono per lo più dei siparietti movimentati con qualche sprazzo d'ironia, ma non si va molto più in là. E' un lungometraggio che si concentra più sul lato esistenziale e filosofico, il che da un lato risulta abbastanza intrigante, ma dall'altro lato, alla lunga, può stancare, e soprattutto si ride ben poco. Nonostante ciò, bel film, nato da una bella idea (per quello che so dell'universo Lamù). Un esperimento che nell'insieme fa presa, che ha una sua attrattiva e che val la pena di vedere, anche sola una volta. Ecco, per dire, difficilmente rivedrei, non è infatti uno di quei lungometraggi che io andrei a guardare più volte senza mai stancarmi. Di Mamoru Oshii, regista del film, gli preferisco Ghost in the Shell a questo, tuttavia nessun pentimento, anzi. Voto: 7

Steamboy (2004)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Mi è sempre piaciuto lo Steampunk, vuoi per la poeticità del vapore che trasuda da ogni diavoleria meccanica, vuoi per la bellezza della Londra vittoriana (l'epoca in cui il film è ambientato) e dei boulevard parigini, o per la capacità di sposare in maniera del tutto naturale l'antico e il moderno. Così quando ho saputo di questo film ero molto interessato, e sapendo poi che il suddetto fosse stato diretto dal Katsuhiro Ōtomo già autore del mitico Akira (che ritengo comunque più importante che bello), più che interesse, trepidazione. Purtroppo però non che Steamboy mi abbia deluso, ma mi aspettavo di più sul piano narrativo. Perché i contenuti ci sono, in Steamboy dopotutto saltano fuori tutti i lati più oscuri e marci dell'animo umano e certamente spinge a riflettere (sull'insensata guerra e sull'uso benevolo o malevolo della tecnologia), ma ahimè il film non riesce a decollare del tutto, a causa di una trama poco sviluppata e a volte prevedibile. I characters hanno poco mordente, né sono parte integrante di elementi né esaltanti né angoscianti, in poche parole vi è una carenza di pathos, d'emozioni e di attrattiva piuttosto pesante che solo in parte l'oggettivo splendore del comparto tecnico e di una regia eccezionale riescono a colmare. E tuttavia l'ho trovato nel complesso e in conclusione un film piacevole. Certo, rimane quella sensazione di incompletezza, perché possedeva tutte le carte in regola, ma purtroppo sono state mal giocate, risultando un capolavoro mancato. Rimane comunque un'opera più che buona di pregevole fattura. Voto: 6,5

Perfect Blue (1997)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Fulminante esordio per Satoshi Kon che, attraverso una contorta implosione a scatole cinesi, ci inchioda al cospetto di uno scenario a dir poco disturbante, decisamente allucinato (grazie anche al minuziosissimo design sonoro che contribuisce e molto alla creazione dell'atmosfera e della suspense). Impossibile non accostare questo film ad American Psycho o a Il cigno nero, impossibile non rimanere affascinati da un film maturo come questo (destinato solamente ad un pubblico adulto), non è infatti il classico film d'animazione (c'è praticamente di tutto, proprio tutto). Trattasi difatti di un thriller psicologico particolarmente cervellotico soprattutto nella parte conclusiva, il regista guarda palesemente a Hitchcock (ma anche a De Palma) e a sua volta fungerà da ispirazione per tanti registi e sceneggiatori Hollywoodiani che dall'intersecarsi dei piani narrativi, in particolar modo tra quello reale e immaginifico, ricaveranno le loro maggiori fortune (un nome su tutti, David Lynch). Protagonista è Mima, una cosiddetta Idol, la carriera musicale però sembra andarle stretta e su consiglio dei manager decide di passare al cinema. Dapprima piccoli apparizioni in una serie televisiva, ma ben presto il suo ruolo diventa centrale. Questo grazie alla pubblicità ottenuta per aver accettato una scena decisamente forte e per alcuni scatti di nudo finiti su parecchie riviste. Arriva la notorietà, però i fans restano spiazzati da questa svolta radicale, e la stessa Mima sembra perdersi tra l'identità casta e pura incarnata nella precedente vita professionale e questo nuovo mondo in cui per far carriera è disposta a tutto o quasi. Ad accentuare il suo disagio ci pensa un misterioso stalker che utilizza internet (ancora agli albori, interessante notare come la protagonista non sappia neppure come funzioni) per perseguitarla. Inizieranno a fioccare gli omicidi, tutti legati all'entourage della nuova stellina. E mentre gli indizi sembrano non lasciare dubbi il regista ci regala un epilogo inaspettato, decisamente avvincente e tutto sommato credibile. Insomma, un eccellente esordio per Satoshi Kon, il suo percorso sfortunatamente non sarà lungo (morirà prematuramente nel 2010), ma da qui in poi non si è fermato, per fortuna ho ancora da vederne. Perfect Blue è un film d'animazione (tratto da un romanzo di Yoshikazu Takeuchi) assolutamente originale, trattasi probabilmente del primo psycho-thriller della storia dell'animazione mondiale, brillantemente convincente, che sfrutta a perfezione il mezzo del cartone animato, non si sarebbe prodotto un risultato così valido in un film con attori in carne e ossa (chiedere al live action del 2002, che tuttavia non ho intenzione di vedere). Un piccolo gioiello. Voto: 7,5

Japan Animation

Post pubblicato su Pietro Saba World il 18/01/2021 Qui - Son passati poco meno di sei mesi da quando ho (finalmente) finito di vedere tutti i film dello Studio Ghibli, prodotti e co-prodotti, che fino agli scorsi anni formavano la loro intera filmografia (che ricomincerà a breve a produrre), ma sapevo già all'epoca che il mio percorso non si sarebbe fermato, altri titoli da vedere, case di produzione da conoscere mi attendevano, dopotutto l'animazione giapponese non è mai stata soltanto Ghibli, solo ora però, dopo aver approfondito (consigli da un po' qui e un po' lì), sono pronto a ricominciare, anzi, ho già ricominciato, e per tutto l'anno vedrò (uno ci sarà sempre ad ogni "periodo" cinematografico) film d'animazione made in Japan. E sono partito riscoprendo la filmografia di alcuni vecchi registi (che in questo campo sono divenuti maestri) e nuovi registi (che in questo campo maestri aspirano a diventare, se già non lo sono) che con l'animazione si son fatti conoscere. Questo percorso che inizio oggi non è altro infatti che un viaggio alle origini della Japan Animation, ma non solo, difatti anche un viaggio che punta alla riscoperta di alcuni titoli (personalmente) "dimenticati" (per alcuni immagino invece sarà il contrario) ed alcuni altri recenti non ancora visionati, anche di registi parecchio conosciuti (ora come prima). Ed ecco cosa ho visto.

Perfect Blue (1997)
Steamboy (2004)

lunedì 11 gennaio 2021

American Animals (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Gradita sorpresa cinematografica diretta dall'inglese Burt Layton, che ci presenta questa storia vera raccontata dai reali protagonisti della vicenda e mescolata alla finzione, nella quale quattro giovani protagonisti fanno la loro ottima figura nei panni di universitari improvvisati rapinatori. Il racconto stile documentaristico non incide negativamente sul film, anzi, rafforza ancora di più la tensione e fornisce il giusto realismo del quale l'opera è impregnata. Costruito attorno al rapporto tra vero e falso nella rappresentazione, American Animals si fa infatti racconto di strade che si aprono in più direzioni, di scelte di vita e dei conseguenti gesti umani, buoni o cattivi, volontari o involontari che siano. Un tema che rimanda inevitabilmente anche alla giovane età dei protagonisti, adolescenti che affrontano situazioni più grandi di loro e che attraverso piccoli gesti e piccole decisioni entrano sempre più in un mondo soffocante e in dinamiche incontrollabili. A metà tra Tonya e Bernie, questa tragicommedia americana su un furto d'arte realmente avvenuto (bravi Evan PetersBarry Keoghan e tutti gli altri), funziona bene e si fa tanto apprezzare (discrete le musiche scelte, così come la cangiante fotografia). Voto: 6,5

Star Wars: L'ascesa di Skywalker (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - L'epopea di Guerre Stellari si conclude (forse) con questo nono capitolo che per la verità non mette in campo molte idee originali, rimasticando situazioni già viste, riesumando personaggi come Palpatine che avevano ormai già dato tutto alla causa e guarnendo il tutto con camei fuori contesto degli eroi della prima saga. Ce n'è abbastanza per far spazientire anche il fan meno oltranzista (incongruenze e sbalzi improvvisi) eppure in un modo o nell'altro (che per la Disney significa inseguimenti, battaglie ed effetti speciali a profusione) un minimo di spettacolo è garantito. Proprio un minimo perché il film non è destinato a passare alla storia come capolavoro del genere, neanche lontanamente. Do la sufficienza solo perché sono affezionato alla saga e comunque a livello tecnico e visivo appunto funziona tutto. J. J. Abrams comunque delude, forse aveva poco tempo a disposizione, ma la sensazione è che abbia cercato di rimediare alle soluzioni introdotte da Rian Johnson e non concordate (dell'Episodio VIII), peccato che lo faccia male. Voto: 6

Love (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Per me Gaspar Noè qua sgarra di brutto, l'ho discretamente apprezzato per alcuni suoi film (soprattutto Enter the Void) ma qua c'è una evidente esagerazione nelle scene sessuali che prendono gran parte del film. Non è una questione di scandalo, quanto che manca il contenuto essenziale, e si tappa i buchi con sesso su sesso in maniera esplicita e col tentativo di far parlare di sé. Ovviamente un film che non si dimentica facilmente, ma a livello di essenza è abbastanza da dimenticare. Perché pellicola eterea, sfuggente, monca, con una parte finale imbarazzante incapace di suscitare la benché minima empatia. Un plauso al coraggio degli attori, quasi tutto il resto è forma senz'anima, spirito senza carattere. E va bene che le scene hard sono notevoli, che la protagonista è bellissima, che Karl Glusman si dev'essere sicuramente divertito, ma i dialoghi di una vuotezza e insignificanza micidiali e rendono arduo giungere al termine. Ah, ultima cosa, ma forse la più importante, se volete visionare Love, fatelo in lingua originale, perché il doppiaggio è imbarazzante. Voto: 4,5

Tesnota (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - L'opera d'esordio di Kantemir Balagov è un film fortemente intimista, sussurrato, capace di entrare nelle pieghe di una comunità rigidissima e solo all'apparenza coesa, nella quale l'isolamento (Tesnota, appunto) è soverchiante (un film quindi da maneggiare e visionare indubitabilmente con cura). Da una parte il regista privilegia molto i caratteri e le loro problematiche, dall'altra non esita quando si tratta di mettere in scena filmati drammatici sulla guerra cecena. Ne guadagna la brava Darya Zhovner che mostra una intensità espressiva niente male, insieme ai due ruoli genitoriali. Ne soffre un po' l'insieme del film, soggetto ad alcuni rallentamenti e contesti ripetitivi (il ragazzo di lei e i suoi amici). Nel complesso comunque riuscito, anche se sfilacciato in coda. Voto: 6

Trolls World Tour (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Tornano i Trolls in versione extralarge e lo fanno in un film che funziona per tutta la famiglia (molto meglio comunque il primo film). Al di là dell'ovvio, visto il target, trionfo dei buoni sentimenti e di valori edificanti, le idee carine non mancano. Tecnica a parte, naturalmente di alto livello (livello ottimale per animazione, grafica e sfondi), ad essere appagati sono sia l'occhio con un trionfo di tutti cromatismi, sia le orecchie con un uso disinvolto, simpatico ed efficace della musica in tutte le sue varianti. E proprio quest'ultimo aspetto sembra essere la migliore freccia all'arco del film, a patto di accettare le tante, troppe, canzoncine, che peraltro non vantano un cast canoro italiano all'altezza come quello in originale. Voto: 6

The Villainess - Professione assassina (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - The villainess è il tentativo della protagonista di estrapolarsi da un mondo disumanizzato. Lavorando per l'una o per l'altra parte, manipolata dall'una e dall'altra parte, è una donna addestrata a uccidere, a compiere missioni su commissione o per desiderio di vendetta. La prima sequenza è un gioiello di action come non vedevo da anni (dai tempi di Hardcore Henry): ripresa in soggettiva come in un videogioco per poi passare ad una semi-soggettiva in cui si apprezzano meglio le evoluzioni fisiche della sequenza (il regista Jeong Byeong-Gil sa il fatto suo). Lo script è abbastanza derivativo e non lo nasconde di certo (stravisti cliché orientali di vendetta, amore, tradimento e massacri, il film è infatti coreano), però dal punto di vista visivo è veramente brillante nella sua violenza iperrealistica. Certamente non ci si annoia a vederlo. Voto: 6,5

Dalle 5 alle 7 - Due ore per l'amore (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Pur nell'ambito di un film tendenzialmente sentimentale quale è, 5 to 7 nasconde una certa grazia e talvolta una originalità che lo fa apprezzare più di quanto ci si aspetti. Non mancano difetti, quali ad esempio alcuni luoghi comuni sul modo di vivere dei francesi, che a mio avviso sono ampiamente superati da altri aspetti del film. Curiosa la scelta dell'attore protagonista, certamente assai meno "charmant" della signora, da cui appare poco credibile l'attrazione alla fine sincera di lei (ma, si sa, l'amore "ci vede poco bene"). Belle le interpretazioni dei personaggi di contorno, tra cui Glenn Close e la simpaticissima Olivia Thirlby, la ragazza che ha una relazione con il marito della donna. Curiosamente, durante uno degli incontri tra Brian e Arielle, compare suggestivamente come colonna sonora "il cielo in una stanza" di Gino Paoli cantata in francese da una interprete femminile. Sufficienza decisamente meritata, e sia la bravura di Anton Yelchin (scomparso anni fa) che la bellezza della Berenice Marlohe ne vale una visione. Voto: 6

In viaggio verso un sogno - The Peanut Butter Falcon (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Storia di Zak, giovane affetto da sindrome di Down che vuole diventare campione di wrestling. Per farlo parte in compagnia di Tyler, un pescatore di granchi. Ambientato lungo la costa degli USA meridionali, un racconto di formazione in cui viene esaltato il rapporto tra i due protagonisti, giovani "losers" in fuga verso una vita migliore. Un film in cui il viaggio dona dimensione e spessore al racconto (un road movie per nulla strappalacrime e pieno di buoni momenti avventurosi e con idee, che non annoiano), con una suggestiva ambientazione (sempre favolosi i paesaggi della Florida) e una discreta prova di Shia LaBeouf (finalmente direi) e del giovane Zack Gottsagen. Piccola ma significativa parte per Bruce Dern, e c'è pure Dakota Johnson, che se vi siete stufati di vederla nuda in "Cinquanta sfumature di grigio-nero-rosso", qua almeno recita (benino) e non si spoglia. Ecco, le storie di contorno come la storia d'amore lasciano il tempo che trovano, pochi i sussulti, in una storia on the road però abbastanza interessante. Non certo originale fa passare una serata con la simpatia del suo protagonista disabile che affronta la sua vita inseguendo un sogno. Voto: 6

Tito e gli alieni (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Una storia senza alcun dubbio fantastica, piena di buoni sentimenti e poco aderente alla realtà per ciò che riguarda lo svolgimento della storia ma non il suo contenuto. In chiave, infatti, un po' surreale (surrealista è però già di base la pellicola) il film affronta la tematica dell'elaborazione lunga e difficile del lutto e degli affetti e della loro nascita e rinsaldamento. Per il resto, la storia, poteva essere ancor più interessante se fosse stata sviluppata meglio, anche perché a momenti tutto sommato validi, si frappongono scene di confusa visionarietà, con macchine tecnologicamente improbabili e macchiettistici personaggi di contorno. Eppure si sorride, anche e soprattutto la storia coinvolge lo spettatore, al punto che appare credibile il finale miracolistico (quest'ultimo che comunque ricorda non poco Contact). Originale a tratti, non sempre coerente, ma opera (diretta dalla Paola Randi di Into Paradiso) comunque discreta, impreziosita da ottime location e buone interpretazioni (Valerio Mastandrea ma non solo). Voto: 6

Nico, 1988 (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Si ripercorrono gli ultimi anni della musa di Andy Warhol e cantante dei Velvet Underground caduta in "disgrazia". Nico (all'anagrafe Christa Päffgen) cerca di barcamenarsi tra piccoli concerti e affetti, in primis del figlio avuto da una relazione fugace con Alain Delon. Persi la maggior parte dei fans la regista Susanna Nicchiarelli ci mostra la sofferenza di una donna che cercherà di uscire dal tunnel della droga e ritrovare la persa creatività. Il formato 4:3 di certo regala intimità a questo biopic che si voleva più personale possibile, concepito per dare integrità e dignità alla figura della donna e non del mito, frutto di una ricerca autoriale concreta (cadenzando la narrazione sulla laconicità elusiva e talora perversamente ironica di Nico, il film lambisce più volte la scialba prosaicità, salvo sterzare improvvisamente con passaggi di lunare, emozionante poesia), ma il resto è discutibile: una messa in scena scarna dal piglio quasi televisivo (salvata solo in parte dalla fotografia), una prova attoriale della Trine Dyrholm spesso forzata e a tratti fastidiosa (colpa dell'ex-modella che cantava male e faceva brutte canzoni o del pessimo doppiaggio?), un cast internazionale per lo più mediocre. Asciutto e senza troppi fronzoli sì, ma insufficiente. Voto: 5,5

Il gioco di Gerald (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Per un gioco erotico finito male, una donna si ritrova ammanettata al letto in una casa isolata. Come è noto, non è per niente facile realizzare bei film basati sui romanzi di Stephen King. Questa volta ci prova Mike Flanagan, giovane autore di svariate pellicole horror, a trasporre in immagini l'omonimo libro, che io peraltro non ho letto. La prima parte l'ho trovata interessante e riuscita, con la creazione della situazione angosciosa della protagonista. Poi cominciano le ansie irrazionali e la riscoperta degli antichi sensi di colpa, fattori tipici della scrittura di King. Ed infine c'è pure la didascalica spiegazione finale che chiarisce l'incredibile realtà della situazione. La pellicola si poggia completamente sulla notevole performance attoriale della brava Carla Gugino, che riesce a ben manifestare il crescendo di orrori che la protagonista prova. Garantiscono un efficace supporto Bruce Greenwood ed il viscido Henry Thomas, in cui si fa veramente fatica a riconoscere il simpatico bimbetto di ET. Non convince molto a mio avviso la sotto-trama del serial killer che porta ad un finale bruttino e tutto sommato evitabile. Comunque visione tutto sommato valida, anche dal punto di vista registico, che risulta abbastanza scorrevole e senza punti morti, e per una pellicola ambientata dentro ad una stanza questa è una gran cosa. Una produzione Netflix abbastanza soddisfacente. Voto: 6+

Migliori nemici (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/01/2021 Qui - Negli anni '70 nella Carolina del Nord, un'attivista per i diritti civili e un esponente del Ku Klux Klan formano un'inaspettata alleanza. L'America delle segregazioni razziali fa da sfondo ad una vicenda ispirata ad una storia vera. Senza grandi personalismi, ma con una ricostruzione ambientale e dello spirito dei tempi corretta, il regista (l'esordiente Robin Bissell) racconta una storia interessante in cui i personaggi cambiano le loro prospettive mentali. E' un film infatti che sottolinea la potenza del dialogo tra opposte fazioni. Convivenza dapprima forzata, influenzata dall'impenetrabilità dei blocchi opposti, ma che gradualmente, per curiosità o convenienza, si arriva ad una conoscenza reciproca. Certo non un tema mai visto, tutto girato in maniera convenzionale, ma comunque credibile. Bene i due protagonisti, anzi, il film è anche una buona occasione per la performance di un grande attore come Sam Rockwell, che tuttavia supera in bravura la coprotagonista (Taraji P. Henson, già vista ne Il diritto di contare, in un ruolo analogo a questo), meno bene i personaggi di contorno, poco caratterizzati, in particolare l'ideatore di questi incontri. Ma nel complesso, un racconto interessante e coinvolgente quanto basta per meritare attenzione. Una visione discretamente tratteggiata, capace di offrire spunti di riflessione ed emozioni ben definite. Voto: 6

lunedì 4 gennaio 2021

Natale con Bob (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Filmetto edificante sequel di A spasso con Bob, ispirato alla vita di James Bowen, salvato realmente dalla droga dall'amicizia con un gatto che lo ha costretto a prendersi cura di lui. Nel primo (buonissimo) film si è ripercorso la biografia dell'uomo con tanto di apparizione del vero gatto. Se il primo film aveva dalla sua l'originalità della vicenda umana e l'evidenza della realtà, quest'opera (in cui il protagonista ricorda un Natale passato nel quale rischiava di perdere il suo amato gatto) sa di posticcio, di una storia dai buoni sentimenti che dovrebbe rappresentare una speranza per chi è meno fortunato ma è solo costruzione per sfruttare il filone (uno spettacolo moralistico e senza idee). L'unica vera forza del film sta nel felino che è realmente scomparso prima delle riprese dopo aver accompagnato la resurrezione del vero James Bowen dall'inferno della dipendenza. E in tal senso è questa tuttavia una storia gradevole da seguire (il regista non è lo stesso del primo film e si vede) soprattutto per chi ama la compagnia degli animali, ma è solo questo, niente di più. Voto: 5+

A Christmas Horror Story (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Tre storie distinti ma che si svolgono in un'unica unità di luogo più una ulteriore, quella di Babbo Natale, che in un certo senso funge da collante. Non che le storie forniscano spunti particolari o offrano elementi di originalità, ma si lasciano seguire abbastanza bene, specialmente quella del Krampus dove emergono i caratteri di una famiglia disunita in cui ognuno dei singoli elementi ha qualche scheletro nell'armadio che la situazione di pericolo fa emergere. Non male quella dei tre ragazzi rinchiusi nel vecchio convento, anche se piuttosto convenzionale. Non ho apprezzato molto quella del troll mutaforma, a causa di personaggi piuttosto irritanti. Quella di Babbo Natale non è di livello eccelso però il colpo d'ala finale è molto buono e sorprendente. Il film è scorrevole e lineare, equilibrata tra pregi e difetti, ma tutto sommato un prodotto onesto senza molte pretese se non quella di intrattenere. Ben realizzati i mostri e gli effetti splatter (presenti nella giusta quantità). Plausi per i titoli di testa (con canzoncina annessa) e per il William Shatner deejay attempato e stonato. Voto: 6+

A Very Murray Christmas (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Il tocco di classe di Sofia Coppola alla regia e di Paul Shaffer al pianoforte per una parodia dei varietà televisivi celebrativi. Troppo carico di canzoni a tema natalizio, anche se alcune scelte sono originali e le interpretazioni fantastiche, comprese quelle volutamente stonate (Chris Rock, stonato ma simpaticissimo) o quelle volutamente minimali (George Clooney). Bravissima soprattutto Miley Cyrus, la sua interpretazione di "Silent Night" è formidabile. Quanto a comicità, data la classe di tutta l'operazione, non c'è nulla di sguaiato, ma la sola fisicità e espressività di attori come Bill Murray (giustappunto il vero mattatore di questo speciale prodotto da Netflix), Jason Schwartzman e Maya Rudolph porta allegria in contrasto alla finta malinconia presa a pretesto per la storia/filo conduttore. Contro il logorio del natale moderno questo racconto sommesso coccola la mente e scalda il cuore. A Very Murray Christmas è un gioioso e delicato mediometraggio che pare riportarci alle atmosfere disincantate, talvolta ingenue, talvolta al contrario maliziose, delle commedie sentimentali anni '50, magari quelle con Doris Day, al posto di quel simpatico, rissoso, irascibile, carissimo Bill Murray canterino. Voto: 6

Black Christmas (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Del film di Bob Clark del 1974 (considerato uno dei capolavori del genere horror ed il "capostipite" del sottogenere slasher) ha solo il nome, tecnicamente è decente e comunque fa il suo sporco mestiere, intrattenendo. Slasher senz'altro femminista (metafora riuscita così così), con qualche elemento sovrannaturale ed un minimo, ma proprio un minimo, di tensione. Non male il primo omicidio, che fa una sorta di angelo nella neve. Cast discreto (c'è pure Imogen Poots), con un Cary Elwes redivivo che fa il cattivo. Lo definirei quindi un film un po' sottovalutato e furbastro a richiamare il film del '74, e più o meno sullo stesso piano del precedente remake. Già, il "Black Christmas" del 2006 diretto da Glenn Morgan interpretato da Mary Elizabeth Winstead non era proprio memorabile (già di per sé era un remake, dopotutto). Il film è bruttino ma almeno è diverso rispetto ad altri del genere. Voto: 5,5

Klaus - I segreti del Natale (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Un film d'animazione (dallo spirito squisitamente natalizio) commovente, affascinante e meraviglioso che ripropone la storia delle origini di Babbo Natale in un modo nuovo e interessante, ovvero in maniera intelligente e spesso geniale. Ti attendi un filmino e scopri invece un gioiello (e pensare che questo è il primo lungometraggio a cartoni animati di Netflix). Perché questa rilettura della leggenda di Santa Klaus è proprio sbalorditiva per come essa viene raccontata, immaginandone la genesi senza ricorrere a miracoli e magie, ma con questa storia tenera e commovente (di cui sarebbe meglio non dire niente, basta avere pazienza per i primi 10' iniziali e poi via, decolla e ciao), ambientata in mezzo alla neve però capace di riscaldare il cuore (tutto molto lineare, per una storia che in definitiva è classica ma che funziona a meraviglia). Grafica accattivante e animazione molto curata (personaggi, ambienti, movimenti e illuminazione sono magistralmente realizzati), Klaus è portatore di un messaggio universale sulla solidarietà e lo spirito di comunità. Il Natale è il perfetto simbolo della riunificazione che parte dai bambini per estendersi agli adulti. Un film animato (diretto dallo spagnolo Sergio Pablos) piacevole e ben fatto (adeguata la colonna sonora), che si rivolge ad un pubblico trasversale. Se piace il genere, direi quindi imperdibile. Interpretato da un cast di voci che comprende Jason SchwartzmanJ. K. SimmonsRashida Jones e Joan Cusack, il film è non a caso destinato a divenire un futuro piccolo classico. Voto: 7,5

Fatman (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Ricco bambino malvagio (stronzo) riceve carbone per Natale e assolda un killer (un Walton Goggins decisamente bastardo) per uccidere Babbo Natale. La premessa folle è seguita da un film che si muove sui binari del fantastico partendo dal presupposto che sia la realtà, di conseguenza anche il Santa di Mel Gibson (maledettamente in parte) è fuori dagli schemi e certamente spassoso nella rappresentazione, così come tutto il sistema legato al tema natalizio. Non mancano scene action e di violenza pulp per un lavoro curioso (che ha ben poco del cinema per famiglie), a tratti con intuizioni geniali ma anche con molti dettagli lasciati alla sospensione dell'incredulità. I fratelli in regia (Ian Nelms e Eshom Nelms) sanno però nel complesso ben sviluppare la storia e si arriva alla fine soddisfatti. Favola nera incompleta sì, ma con buone idee. Poteva essere parecchio migliore, ma si lascia vedere. Voto: 6

Last Christmas (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Commedia romantica (d'ambientazione natalizia) che è una sorta di variazione del tema dickensiano, sviluppata intorno al testo di "Last Christmas" degli Wham! La Emilia Clarke (mai così convincente come questa volta sul grande schermo) è perfetta nel ruolo della giovane donna problematica (in alcuni tratti in termini di goffaggine ricorda Bridget Jones) che deve dare un senso alla propria esistenza. Discreta la sceneggiatura (leggera ma non troppo banale che non si prende sul serio fino in fondo, tranne che nel finale strappalacrime) della Emma Thompson (in veste di attrice si cuce addosso un personaggio curiosissimo) dal forte sentore britannico (soprattutto per il senso dell'umorismo). Le canzoni di George Michael sono un'ottima cornice per una buona commedia. Una commedia che inizia in sordina, con la sfigata di turno belloccia e combina guai, per poi prendere corpo pian piano rivelando una trama semplice, commovente e spiazzante. Il clima natalizio qui non è caramelloso come in certe produzioni americane, c'è una Londra che fa da sfondo in maniera poco appariscente ma, a suo modo, magica. E c'è anche qualche spruzzata di argomentazioni impegnate che non guastano. Un film passabile quello di Paul Feig (anche pelino migliore di Un piccolo favore, precedente a questo), una visione che a Natale (ma non solo dopotutto) ci sta benissimo. Voto: 6,5

Il primo Natale (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/01/2021 Qui - Idea buona, belle location, sceneggiatura simpatica. Peccato che il film, benché non risulti mai noioso, non riesca quasi mai a far ridere (o, almeno, sorridere). Cento minuti che scorrono senza pretese e senza emozioni (e, per fortuna, senza sbadigli). Pure la recitazione, a parte un Massimo Popolizio sprecato, non convince. Insomma, un prodotto guardabile ma che non lascia alcun segno (tanti cliché e poche gag memorabili, ma soprattutto penuria di sentimenti, un pizzico di pathos emotivo in più non avrebbe fatto male). E comunque l'idea del viaggio nel tempo con interazione di personaggi storici si era già vista in Non ci resta che piangere (1984), con ben altra resa filmica. Non c'è riuscito il recente Non ci resta che il crimine, non riesce neanche questo, di cui resta tuttavia da ammirare la capacità del duo Ficarra & Picone di trattare argomenti religiosi col loro usuale humour anti-volgare, senza esagerare con la satira. Voto: 5,5

Bellezze cinematografiche/serialtelevisive edizione 2020

Classifiche pubblicate su Pietro Saba World il 31/12/2020 Qui - Un momento molto atteso, è il momento infatti della mia ode alla bellezza ed alla sensualità. Il Saba Beauty Awards è un premio difatti, per il terzo anno in un'unica versione (sia cinematografica che serialtelevisiva), che appunto premia le più belle donne apparse in tutte le pellicole e serie tv viste durante l'anno. In tal senso, poiché è ovvio che la scelta può essere stata "condizionata" dalle scene particolarmente hot di alcune di queste protagoniste, raccomando ai lettori che se le foto di seni nudi o altro vi infastidiscono e le trovate disdicevoli, di ignorare questo post. Agli altri invece, che apprezzeranno il suddetto post, di non essere volgari e di non esagerare nei commenti. A tutti comunque calma e sangue freddo. Ma prima di cominciare vediamo chi è la madrina di quest'anno, l'anno scorso fu Doris Day (la fidanzata d'America, qui) oggi ed ora, se non l'avete ancora riconosciuta, è Olivia de Havilland, scomparsa a luglio scorso all'età di 104 anni. Se non sapete chi è (cosa comunque plausibile visto che attiva come attrice dagli anni trenta ai sessanta) vi invito a rivolgervi a Google (ha recitato in Via col vento per dire). Detto ciò, torniamo a noi, e vediamo chi quest'anno non ci sarà, anche se ne avrebbe avuto tutto il diritto. Sì perché per evitare di vedere sempre le stesse protagoniste, devo rinunciare a qualcuna. E quest'anno in ambito cinematografico devo rinunciare alla bellissima Lily James di Yesterday, alla deliziosa Dove Cameron di Descendants 3, alla graziosa Lola Le Lann di Bluebird in my heart, alla sensualissima Emily Ratajkowski di Welcome Home, alla dolce Rosa Salazar di Alita, alla bella Kaya Scodelario di Un cavallo per la strega e poi a Shailene Woodley di Resta con me, Stacy Martin di Taj Mahal, Kelly Rohrbach di Un giorno di pioggia a New York, a Zoey Deutch di Zombieland: Doppio colpo, a Haley Bennett di Swallow (peraltro già vincitrice) ed a Kristen Stewart di Seberg e Underwater, mentre in ambito televisivo nuovamente al fantastico trio di giovani donzelle (ma non solo queste tre) Lili Reinhart, Camila Mendes e Madelaine Petsch della terza stagione di Riverdale, e poi alla Miriam Leone di 1994, a Emily Meade della terza stagione di The Deuce, a Evan Rachel Wood della terza stagione di Westworld, a Enrica Guidi della settima stagione de I delitti del BarLume, ad Annabel Scholey della seconda stagione di Britannia ed alla Liv Lisa Fries della terza stagione di Babylon Berlin. Ma non è finita qui, perché se anche non c'è stata l'occasione di citarle o più semplicemente lo spazio a disposizione, vorrei comunque mandare un bacio alla Amber Heard di Aquaman, ad Anne Hathaway di Attenti a quelle due e Serenity, a Felicity Jones di Una giusta causa, a Lily Collins di Ted Bundy e Tolkien ed alla Milla Jovovich di Hellboy, grazie di essere sempre così belle.

Le migliori attrici e i migliori attori, più altri premi e le migliori colonne sonore, dei film visti nel 2020

Classifiche pubblicate su Pietro Saba World il 26/12/2020 Qui - Quest'anno ho ridimensionato un poco le classifiche, e se con i peggiori ed i migliori qualcosa già si è visto (qui la classifica finale dei migliori film visti quest'anno, qui i peggiori), è con questo post che il tutto è spiegato. Ho raggruppato infatti in unico post (fino all'anno scorso erano scissi, qui e qui) tutti gli altri "premi" ancora non assegnati, ovvero quelli ai migliori attori ed attrici, quelli tecnici più importanti e quelli alle musiche e colonne sonore. Così tanta roba che giustamente ho dovuto restringere leggermente il podio, allargato a più posizioni prima e invece ridotto adesso, ma comunque sempre il meglio del meglio (personalmente parlando) c'è qui oggi. E quindi senza ulteriori indugi vediamo le ultime robe da assegnare (Nota: i link alle recensioni ci saranno in ordine di apparizione).

I MIGLIORI ATTORI

4. Ex aequo per la coppia Steve Coogan/John C. Reilly, che fa letteralmente rivivere Stanlio & Ollio nel film omonimo,
per il redivivo Robert Redford, che per la sua ultima interpretazione (in Old Man & the Gun) tira fuori gli artigli,
per il lanciatissimo Sam Rockwell, che sforna un'altra prova di gran talento (anche nei panni di un nazista come quello in Jojo Rabbit è sempre perfetto),
ed infine per la new entry Marcello Fonte, che ha convinto tutti grazie al ruolo mica facile interpretato in Dogman.