Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/03/2018 Qui - Il grande ritorno alla regia di Mel Gibson, a dieci anni da Apocalypto, a dodici dal controverso ma eccezionale La passione di Cristo e a quasi 23 dal capolavoro Braveheart che gli valse anche un meritato Premio Oscar, è una singolare, incredibile ma straordinaria storia di sangue e fede in cui alla violenza della guerra (la battaglia in questione si svolse sull'isola di Okinawa e fu, come altre con i giapponesi, tra le più cruente della guerra) si contrappone la forza della coscienza di un uomo, illuminato dalle sue convinzioni, tanto più forti perché ancorate a un Oltre capace di dar senso alla morte così come alla vita. La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge) infatti, film del 2016 diretto dal regista australiano, racconta la storia vera di Desmond Doss, soldato (pacifista ed obiettore di coscienza) che per ragioni di fede rifiutò di usare le armi, ma che con il suo coraggio salvò la vita di 75 compagni durante la sanguinosa battaglia di Hacksaw Ridge. Perché quello poteva essere un racconto edificante di pacifismo e di rifiuto della guerra (cosa per il quale molti l'avranno forse scambiato) si dimostra invece ben presto di ribaltarsi nel suo contrario, giacché il film, non un film pacifista, ma nemmeno un'apologia della guerra fine a sé stessa, è un film che attraverso la guerra vuole porre un problema di etica e di posizione soggettiva. Attraverso la figura di Desmond Doss difatti, la figura dell'antieroe per eccellenza, la pecora nera alla quale chiunque di noi si affeziona per un motivo o per l'altro, Hacksaw Ridge, altresì un'opera audace e coraggiosa, osa andare controcorrente, sfidare l'establishment del rigido e rigoroso esercito americano, ed in un certo senso osa sfidare un'intera filosofia sociale, militare e politica. Perché Desmond appunto, fervente religioso (avventista Cristiano), che matura presto la ripulsione verso qualsiasi forma di violenza, fisica e psicologica, che tiene sempre vicino la Bibbia come bussola per non smarrire i propri principi e valori, e rifiutandosi perciò di impugnare, e tantomeno usare, una qualsiasi arma, rifiutandosi altresì di completare l'addestramento militare armato e restando fermamente ed irremovibilmente convinto di tener fede al comandamento biblico "non uccidere" (neppure quando si tratta del nemico, la guerra del resto non si limita al portare via delle vite ma anche a salvarle) sceglie di servire la sua Nazione e difendere i suoi connazionali e ideali, in un modo completamente nuovo e rivoluzionario rispetto al mondo che lo circonda.
Anche perché il campo di battaglia di Desmond è anzitutto psicologico e sin da subito verrà ostacolato dai suoi commilitoni e superiori al campo di addestramento militare. Dapprima deriso, poi vessato, umiliato, picchiato. Nessuno conosce con certezza se è un ego smisurato misto ad un senso di superiorità o una pura e candida fede religiosa e convinzioni pacifiste a fare di Desmond quello che è. Un ragazzo determinato e deciso ad aiutare, in veste di soccorritore, i suoi connazionali ma senza ricorrere all'uso della violenza e delle armi. Un rivoluzionario, un eroe, un pacifista ma pur sempre un patriota che decide di servire il suo Paese in una maniera completamente inusuale. Eppure quel ragazzo provinciale dal fisico piuttosto gracile, quel sognatore e romantico idealista che spende le sue serate con la Bibbia tra le mani, riesce a compiere una sorta di miracolo proprio nel mezzo della battaglia di Okinawa, in Giappone, traendo in salvo ben 75 persone. Giacché buttandosi disarmato in un inferno a cielo aperto, sfidando le bombe, i napalm, le granate, Desmond riuscirà, d'altronde mai dubitare della solida forza di volontà e del coraggio del nostro prossimo (in questo caso pronto a sacrificarsi per un ideale elevato e determinato a prestare un servizio non soltanto socialmente utile ma di vitale importanza sul campo di guerra) a compiere la propria missione guadagnandosi lo stupore, l'ammirazione e le scuse da parte di coloro che avevano dubitato e giudicato senza conoscere (dopotutto l'abito non fa il monaco). E per fare ciò Mel Gibson ci catapulta nella guerra più cruda, violenta, esplicita, concreta e tremendamente reale degli ultimi anni.
La pellicola per questo si suddivide in due parti, la prima (che in qualche modo racconta la "formazione" di Doss e dà conto di dove la sua posizione "estremista" lo porta, anche ad un insolito ma interessante risvolto legal, quando il protagonista deve difendere il suo diritto ad andare in guerra, come ufficiale medico, per assistere i compagni come meglio può) dedicata all'approfondimento dei personaggi (altresì il ventaglio dei compagni e l'addestramento, che rientrano nei canoni del racconto di guerra), scavando nel loro passato, nei loro ideali e nelle loro ambizioni in modo più che completo. La seconda metà, invece, ci mostra un'ora buona di pura e spietata battaglia (dove il regista, come nel suo classico ma realistico modo di fare, non si fa mancare ogni possibile dettaglio gore e splatter). Profondamente anti bellico nel messaggio che trasmette al pubblico, Mel Gibson infatti non esita ad esprime tutta la sua maestria registica (anche se lento e profondo nella prima metà del film, poi esplicito e freddo) nella lunga sequenza di battaglia (che dura più di metà film e che mostra le vere dinamiche della guerra) senza risparmiarsi la spettacolarizzazione della guerra, con tanto di alcune cadute di stile proprio nelle scene splatter. Ma la violenza è pur sempre una tematica centrale, al pari del coraggio e della fede, nella filmografia e nella narrativa di Gibson e l'ex attore è certamente noto per la sua mano pesante e l'abbondanza di sequenze di violenza (sangue, corpi mozzati, morte, distruzione, esplosioni, fuoco, il tutto giocando con oggettive e soggettive incredibili e immersive al cento per cento, per poi catapultarci in inquadrature di battaglia davvero mozzafiato e violente, riprendendo la vera ed effettiva arte della guerra).
Senza dimenticare la lunga parte ambientata ad Okinawa, impeccabile da ogni punto di vista, difatti la ricostruzione del caotico e infernale luogo di scontro armato tra americani e giapponesi è reso alla perfezione. La confusione, il fumo, il fuoco, le urla di dolore e le grida di guerra, la sofferenza. Tutto risulta dolorosamente verosimile ed inquietante, il dramma e l'orrore della guerra poi viene fotografato nel modo più vivido crudo e realistico possibile. In Hacksaw Ridge quindi non troviamo solo un regista impegnato che cerca spudoratamente di auto-celebrare le proprie capacità tecniche (e un po' questo elemento penalizza la pellicola) ma vi troviamo un'intero asse di attori che danno il meglio di sé. Andrew Garfield riesce a dare pieno carisma al personaggio che interpreta, un uomo sincero, modesto ed estremamente determinato, disposto a morire per i suoi ideali riuscendo a gestire le multiple sfaccettature imposte dalla sceneggiatura. Straziante e intenso è Hugo Weaving nei panni di un ex veterano di guerra che cerca di affondare i demoni del passato nell'alcol e nei ricordi (con tanto da raccontare e da insegnare) ma che è altrettanto suscettibile alla perdita di autocontrollo che sfoca in violenza domestica (attore sempre molto versatile e bravo come in The Dressmaker). Infine, molto convincente risulta Vince Vaughn quasi irriconoscibile dati i suoi trascorsi comici, qui invece riveste i panni di un sergente severo ma rigorosamente ironico rappresentando un contributo al mitico sergente Hartman di Full Metal Jacket. Nel complesso quindi Hacksaw Ridge rappresenta uno dei film più classici e rigorosi mai creati da Gibson (una storia di eroismo atipico, una pellicola in qualche modo classica, diretta e potente proprio nella sua linearità), sia per la tematica che per la storia narrata con tanto di filmati d'epoca, dei veri personaggi coinvolti, a fine pellicola, tanto per ricordarci di non dimenticarci di loro, delle loro gesta eroiche e dei loro sacrifici ma soprattutto per ricordarci quali orrori provocano le guerre che rappresentano una trappola mortale nella quale non bisogna mai più ricadere.
Tuttavia il film, certamente il colossal meno hollywoodiano degli ultimi tempi, pur avendone in sé tutti i pregi (il senso dello spettacolo, la love story, il dramma interno e esterno) e i difetti (qualche scenetta d'accatto, come il momento dell'harakiri), è davvero un film di guerra, altresì biografico, drammatico e storico, eccezionale. Perché nonostante questi limiti o difetti narrativi, bisogna arrendersi alla realtà del fatto che la sua filmografia è sempre di forte impatto visivo e ancor più emotivo, riesce a catturarti, emozionarti ed coinvolgerti anche quando si tratta di assistere alla più classica delle storie americane ambientate durante il periodo bellico. Hacksaw Ridge infatti traspira una massiccia dose di retorica americana, patriottismo e valori nazionalisti che trionfano sul nemico, il quale viene mostrato solo in veste di aggressore senza ritegno e pietà che si scaglia furiosamente contro i 'nostri' eroi (l'altro, dunque si presente senza alcun dovuto spessore motivazionale o ideologico), inoltre talvolta tende a stereotipare, essendo che ne sono usciti a centinaia di film sulle ostilità, ma riesce a distaccarsi da essi per la sua profondità. Sì, perché Gibson costruisce un film di guerra con eroe superiore (perché posseduto da un ideale di ferro dal quale non si sposta nemmeno con le cannonate) come ne abbiamo visti tantissimi in tutta la storia del cinema americano, altresì la costruzione, la struttura (in mezzo la più classica storia d'amore, in questo caso la bellissima Teresa Palmer di Codice 999, e commilitoni leggermente bastardi, Sam Worthington di Everest e Luke Bracey di Point Break), la musica, i personaggi, gli eroismi, la retorica, tutto è classico che più classico non si può.
Senza dimenticare la lunga parte ambientata ad Okinawa, impeccabile da ogni punto di vista, difatti la ricostruzione del caotico e infernale luogo di scontro armato tra americani e giapponesi è reso alla perfezione. La confusione, il fumo, il fuoco, le urla di dolore e le grida di guerra, la sofferenza. Tutto risulta dolorosamente verosimile ed inquietante, il dramma e l'orrore della guerra poi viene fotografato nel modo più vivido crudo e realistico possibile. In Hacksaw Ridge quindi non troviamo solo un regista impegnato che cerca spudoratamente di auto-celebrare le proprie capacità tecniche (e un po' questo elemento penalizza la pellicola) ma vi troviamo un'intero asse di attori che danno il meglio di sé. Andrew Garfield riesce a dare pieno carisma al personaggio che interpreta, un uomo sincero, modesto ed estremamente determinato, disposto a morire per i suoi ideali riuscendo a gestire le multiple sfaccettature imposte dalla sceneggiatura. Straziante e intenso è Hugo Weaving nei panni di un ex veterano di guerra che cerca di affondare i demoni del passato nell'alcol e nei ricordi (con tanto da raccontare e da insegnare) ma che è altrettanto suscettibile alla perdita di autocontrollo che sfoca in violenza domestica (attore sempre molto versatile e bravo come in The Dressmaker). Infine, molto convincente risulta Vince Vaughn quasi irriconoscibile dati i suoi trascorsi comici, qui invece riveste i panni di un sergente severo ma rigorosamente ironico rappresentando un contributo al mitico sergente Hartman di Full Metal Jacket. Nel complesso quindi Hacksaw Ridge rappresenta uno dei film più classici e rigorosi mai creati da Gibson (una storia di eroismo atipico, una pellicola in qualche modo classica, diretta e potente proprio nella sua linearità), sia per la tematica che per la storia narrata con tanto di filmati d'epoca, dei veri personaggi coinvolti, a fine pellicola, tanto per ricordarci di non dimenticarci di loro, delle loro gesta eroiche e dei loro sacrifici ma soprattutto per ricordarci quali orrori provocano le guerre che rappresentano una trappola mortale nella quale non bisogna mai più ricadere.
Tuttavia il film, certamente il colossal meno hollywoodiano degli ultimi tempi, pur avendone in sé tutti i pregi (il senso dello spettacolo, la love story, il dramma interno e esterno) e i difetti (qualche scenetta d'accatto, come il momento dell'harakiri), è davvero un film di guerra, altresì biografico, drammatico e storico, eccezionale. Perché nonostante questi limiti o difetti narrativi, bisogna arrendersi alla realtà del fatto che la sua filmografia è sempre di forte impatto visivo e ancor più emotivo, riesce a catturarti, emozionarti ed coinvolgerti anche quando si tratta di assistere alla più classica delle storie americane ambientate durante il periodo bellico. Hacksaw Ridge infatti traspira una massiccia dose di retorica americana, patriottismo e valori nazionalisti che trionfano sul nemico, il quale viene mostrato solo in veste di aggressore senza ritegno e pietà che si scaglia furiosamente contro i 'nostri' eroi (l'altro, dunque si presente senza alcun dovuto spessore motivazionale o ideologico), inoltre talvolta tende a stereotipare, essendo che ne sono usciti a centinaia di film sulle ostilità, ma riesce a distaccarsi da essi per la sua profondità. Sì, perché Gibson costruisce un film di guerra con eroe superiore (perché posseduto da un ideale di ferro dal quale non si sposta nemmeno con le cannonate) come ne abbiamo visti tantissimi in tutta la storia del cinema americano, altresì la costruzione, la struttura (in mezzo la più classica storia d'amore, in questo caso la bellissima Teresa Palmer di Codice 999, e commilitoni leggermente bastardi, Sam Worthington di Everest e Luke Bracey di Point Break), la musica, i personaggi, gli eroismi, la retorica, tutto è classico che più classico non si può.
Tuttavia egli sa costruire un prodotto perfetto nonostante ciò, che conquista e commuove. Perché Mel Gibson è un uomo di cinema esperto e sa indubbiamente toccare le corde giuste nei suoi racconti, inoltre il film non manca mai di ritmo (seppur la prima parte è leggermente melensa mentre la seconda è certamente molto più avvincente). Infine ci troviamo davanti ad un film di guerra completo. Mel Gibson mette in campo un'opera spietata, cruenta e più che mai reale, facendoci riflettere sulla determinazione, e su cosa porta un uomo a compiere tali sacrifici, per la sua fede, per se stesso, e per i suoi colleghi soldati che in addestramento non facevano altro che dargli del vigliacco, e che tutt'ora devono lui la vita. La qualità e il contenuto di questa posizione potranno magari non piacere a chi è allergico per ragioni politiche contingenti all'estremismo conservatore americano, ma è indubbio che Gibson riesca a costruire questo sguardo con un coinvolgimento che difficilmente può farci rimanere "neutrali" e distaccati. Perché diamo a Gibson l'onore delle armi e riconosciamo che il suo film è potente e merita, anche se le 6 candidature all'Oscar e i 2 premi vinti nell'edizione del 2017 sembrano apparentemente troppo, in tal senso però meglio specificare. Tra il lotto dei migliori film la sua candidatura è francamente giusta, la candidatura a Mel Gibson forse anche, dopotutto in quest'ultimi due le chance erano pari a zero, quindi poteva starci, come attore invece ad Andrew Garfield (che offre un'interpretazione migliore del suo ultimo film visto 99 Homes) altamente meritata e poteva anche vincere, ma per lui ci sarà tempo in futuro (il talento non gli manca), come meritava forse la candidatura, che non è arrivata, alla colonna sonora, che accompagna il tutto rendendo ancora più profonda ogni scena, con brani drammatici, potenti, che lasciano un'impronta rilevante nel nostro cuore creando un tripudio di emozioni più che rilevante.
Ma andiamo con le mie perplessità alle altre 3 candidature con l'aggiunta del montaggio sonoro, e quindi alle due vittorie come miglior montaggio e miglior sonoro. Perché so che sembra riduttivo ma in confronto a Dunkirk, che li ha vinti tutti e tre, è poca roba. Giacché seppur tecnicamente valido, il film non raggiunge i picchi emotivi di capolavori bellici sulla seconda guerra mondiale usciti negli ultimi 20 anni come Salvate il Soldato Ryan, La Sottile Linea Rossa o Lettere da Iwo Jima (o anche il bellissimo lavoro di Christopher Nolan). Si certo, il montaggio è discreto e dinamico, più che buono è il sonoro ed ovviamente il montaggio sonoro è altrettanto buono, ma sono davvero eccessivi questi due riconoscimenti, anche perché al montaggio, stando e vedendo anche di striscio la lunga sequenza di La la land di Tom Cross, quest'ultimo meritava ampiamente di vincere, mentre per il miglior sonoro c'erano Rogue One ma soprattutto Arrival, non per caso gli ha "soffiato" il premio del miglior montaggio sonoro, a meritarselo di più. Anche se in ogni caso, seppur non sarà Hacksaw Ridge un capolavoro, è però un film di guerra onesto (uno dei tanti più che discreti degli ultimi anni, sicuramente un po' meglio di 13 Hours e American Sniper) e non ingannerà mai lo spettatore. E poco importa che vi siano fiumi di retorica (il regista non fa nulla per sottrarvisi) e che Gibson attinga a piene mani da altri film di guerra, quel che conta è che il messaggio arriva diretto, il problema della guerra non è militare, ma etico, si combatte in primis per difendere i propri ideali, ciò in cui si crede, con o senza fucile. Inoltre la storia di Desmond Doss (che non conoscevo) è davvero coinvolgente, tanto che si rimane davvero increduli ma felici e compiaciuti d'aver visto un film di guerra così bello. Voto: 7,5