Ma Sabine (che nel frattempo cerca di fare i conti con una tragedia del passato) non demorde e non soltanto riesce a portare avanti un grandioso progetto ma anche ad inculcare nuovi punti di vista in André e nel re stesso, oltre a conquistare la loro stima. Anche il Re infatti viene colpito dal carisma di Sabine, dalla sua semplicità, dalla sua tenacia e della sua capacità di vedere ed apprezzare ciò che è bello anche se non durevole, come una rosa. In tutto questo ovviamente va inserito il contesto amoroso creatosi tra la bella Sabine e l’affascinante artista André, prima diffidente ora ammaliato dall'estro e dalla bontà della donna. Se si analizza il titolo del film, Le regole del caos, sembra quasi un ossimoro, non rende giustizia a quello originale, "A little chaos", che meglio lascia intendere quel po' di caos gettato da uno spirito indipendente e passionale in un mondo finto, dove tutto veniva spettacolarizzato, e nel cuore ferito di un uomo. Il titolo è anche un antitesi dell'intera storia. Come può esserci infatti una regola del caos? O meglio come può il caos essere governato delle regole? A quanto pare però Sabine dimostra come in un mondo governato dal caos (il suo) può esserci una regola e un principio di buon gusto alla base di tutto. Può esserci della genialità a regolare il ritmo frenetico e distruttivo del caos, la stessa che riscontriamo in Sabine. L'acume della donna è solo uno dei tanti esempi del tempo nel quale è vissuta, parliamo infatti della fine del '700: il massimo splendore dell’età regia francese, l'apoteosi del lusso e il grande gusto verso l'arte giardiniera. L'apogeo di questo periodo è senza dubbio la reggia di Versailles, la dimora del Re Sole, punto più alto di ingegneria e architettura toccato dall'essere umano nel corso della sua storia e ultimo grande baluardo prima della tragica rivoluzione del 1789. Le regole del caos è comunque un film molto semplice, non vi sono grandi enigmi, grandi intrighi e misteri da svelare. Le vicende che portano i due (Sabine e André) a confrontarsi sul piano professionale e poco alla volta anche su quello personale, facendo così emergere con delicatezza la solitudine di entrambi, sono semplici anche se intensi. Anche qui difatti, come in Ragione e Sentimento (dove Rickman ha recitato), emergono i conflitti tra la ragione e il cuore. Sabine de Barra è quasi un’antesignana del Romanticismo, come le eroine di Jane Austen, si scontra con i rigidi schemi del razionalismo.
Una donna che dopo aver sofferto per vari motivi decide di andare contro le regole e dunque di creare il caos. Andare contro le regole significa andare contro le convenzioni dell’epoca: i suoi colleghi uomini la guardano stupiti e le chiedono se davvero si guadagni da vivere, lei donna, progettando giardini. Sullo sfondo la corte dei nobili francesi e le loro ipocrisie, i vani rituali, le rivalità e le malelingue. Lo stesso Luigi XIV è solo un figurino imbellettato che si muove in questo sontuoso teatrino, sotto cui si nasconde un uomo che deve obbedire a un’etichetta sociale, costretto a interpretare la parte di un semidio, adorato e venerato, ma che alla fine si mostra appunto molto umano, svelandosi soprattutto a Madame de Barra. Che il regista ci presenta in tutta la sua semplicità: immersa nei suoi lavori, in contemplazione della sua natura, fra i progetti della sua umile casetta in cui cresce un giardino che stupisce André e poi appassionata nella costruzione di questo giardino reale che lascerà tutti senza fiato, una celebrazione della bellezza. Da qui il fatto che Le regole del caos sia esso stesso un'opera in cui si celebra la bellezza visiva, non un semplice film in costume, Rickman difatti lo gira come se stesse mettendo in scena un minuetto, come se stesse in realtà pensando ad un'onirica opera teatrale (soprattutto nella scena finale). Quella sfumatura barocca, di opulenza tutta naturale (i paesaggi ed i giardini sono straordinari) rende ancora più fastoso e ricco il film. E poi ci sono intensità, passione e fascino che traboccano dalla relazione accennata fra André e Sabine, irrimediabilmente attratti l’uno dall'altra, ma anche dal lavoro che compiono in sintonia. E' davvero una fortuna che il regista non lo abbia mutato in una tragica storia d’amore melodrammatica, ma si sia limitato a registrare con delicatezza la passione, in tutte le sue sfumature. C’è inoltre una buona armonia fra trasgressività e formalità. Da un punto di vista storico si può capire anche il passaggio dai giardini di concezione italiana, rigidamente regolari e simmetrici, ai giardini inglesi dal paesaggio sinuoso e movimentato, passando appunto dai giardini francesi, che cominciano a infrangere le regole dettate fino a quel momento.
A Madame de Barra è bastato spostare un vaso all'interno di una composizione ordinata e simmetrica, per infrangere subito "la regola", il concetto è che è più difficile prendere coscienza del disordine che dell'ordine, ma la coscienza del disordine è sempre coscienza, anche se una coscienza più alta delle cose, idea che da lì a cento anni porterà alla rivoluzione francese. La verità storica invece, è un po' ardita, ma anche se non era proprio tutto così, non importa. Il cast invece si è rivelato discreto: armoniosi ed in sintonia, comunque bene tutti da Matthias Schoenaerts ad Alan Rickman, alla Winslet a Stanley Tucci. Il film scorre piacevole, non annoia (nonostante la regia un po' piatta), ma allo stesso tempo sembra non accendersi mai e non avere quel guizzo di originalità nella sceneggiatura o in qualche scena particolare. Dà quasi l’impressione di essere un bell'esercizio di stile, ben recitato, con bei costumi (con le scene, gli ambienti che stimolano un po' di interesse), ma un po' fine a se stesso e dove la mano del regista scrive in bella grafia, ma senza grandissima personalità, anche se sufficientemente per l'economia del film. Ciò che però salva il film dalla mediocrità è l’energia interpretativa di Kate Winslet che travolge e nobilita tutto anche i suoi fantasmi e le apre nuovi spiragli. Anche se valuto negativamente però il fatto di aver voluto a tutti i costi inserire la ormai scontata storia con il fantasma di mezzo, cosa di cui non si sentiva proprio il bisogno, e che sembra inserita forzosamente nella trama. In alcuni momenti inoltre, il personaggio di Madame de Barra sembra di una modernità estrema, questo anacronismo forse rende più divertente il film, ma gli fa anche perdere un po' di spessore storicistico. Alan Rickman si conferma quindi ottimo come attore, leggermente meno come regista, pur valendosi di valide collaborazioni nel rappresentare, con un basso budget, alcuni aspetti sfarzosi della corte di Versailles, girando tutto in Inghilterra (in stile troppo british secondo me, ma si può sorvolare), ma puntando anche sui dialoghi come quello del Re e Madame De Barra nel frutteto, che lo porta a comprendere di che pasta diversa è quella donna fiera e laboriosa. Le regole del caos è in conclusione un discreto film, gradevole, leggero, appassionato e interessante. Secondo me è da vedere. Voto: 6,5