sabato 26 gennaio 2019

Le regole del caos (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/06/2016 Qui - Le regole del caos (A Little Chaos) è un posato, delicato, intenso ed anche romantico film (per le atmosfere e le ambientazioni non tanto per il flirt fra i due protagonisti principali) del 2014 diretto ed interpretato dal compianto Alan Rickman. La storia che viene raccontata è ambientata nel 1682 in Francia, durante il massimo splendore del regno di Luigi XIV. In questo periodo sono anche narrate le vicende della giovane e laboriosa donna, Sabine de Barra (Kate Winslet), paesaggista nelle campagne e nei giardini francesi. Nel cast della pellicola spiccano i nomi, oltre che (del già citato) Alan Rickman (l'amatissimo Severus Piton di Harry Potter, regista e interprete del Re Sole), della bravissima Kate Winslet appunto, volitiva e talentuosa donna nel film ma anche straordinaria attrice, e di Matthias Schoenaerts (già visto quest'anno in Chi è senza colpa e Suite Francese). Senza dimenticare la presenza anche di Stanley Tucci nel ruolo di Philippe, Duca d’Orleans, anche se, va detto: relegato ad una parte abbastanza marginale nell'economia del film. Al palazzo di Versailles fervono nuovi preparativi: il re Sole (che sta trasferirsi con la sua corte proprio a Versailles) vuole un nuovo giardino che celebri la bellezza ed il fascino della sua corte. Viene così indetto un bando per trovare l’architetto/paesaggista che affiancherà André Le Notre (Schoenaertsil "giardiniere di corte". E’ lo stesso André Le Notre a condurre la scelta ed inaspettatamente si vede presentare una persona che non si aspettava: un architetto e paesaggista donna. Madame Sabine De Barra è una donna forte, orgogliosa amante della natura, dei fiori e dei giardini poco amante invero delle regole e dei canoni. André Le Notre decide inizialmente di scartare il lavoro di Sabine, ma ne è rimasto talmente impressionato da rifletterci sopra e tornare sulla sua decisione. Perché anche se al primo incontro a corte Sabine viene guardata con notevole diffidenza e distacco (lei non è nobile e non può permettersi abiti fastosi) soprattutto da André (che sembra alquanto infastidito della sua presenza) e nonostante il disappunto e la diffidenza iniziale e forse conscio della sua bravura, sceglie proprio lei per realizzare uno dei giardini principali del nuovo palazzo, la sala da ballo all'aperto (La sala di Rockwork Grove). Il progetto di Sabine non è solo grandioso, oltre i canoni ma è anche innovativo. Tuttavia la realizzazione di questo progetto deve far fronte a numerosi ostacoli, prima di tutto il tempo, ma malgrado (e forse proprio grazie) al poco tempo a disposizione, il valore della ricerca artistica individuale di Sabine, del suo "little chaos" sarà presto riconosciuto anche da Le Notre, l'ambiente, le ritrosie verso il fatto che l'architetto sia una donna ed i sentimenti stessi che si frappongono fra Sabine ed André. Di questi sentimenti, sembra rendersi consapevole la moglie di André, che sebbene sia infedele, ambiziosa e miri soltanto al potere si dimostra gelosa nei confronti del marito tanto da metter in atto un piano di vendetta.

Ma Sabine (che nel frattempo cerca di fare i conti con una tragedia del passato) non demorde e non soltanto riesce a portare avanti un grandioso progetto ma anche ad inculcare nuovi punti di vista in André e nel re stesso, oltre a conquistare la loro stima. Anche il Re infatti viene colpito dal carisma di Sabine, dalla sua semplicità, dalla sua tenacia e della sua capacità di vedere ed apprezzare ciò che è bello anche se non durevole, come una rosa. In tutto questo ovviamente va inserito il contesto amoroso creatosi tra la bella Sabine e l’affascinante artista André, prima diffidente ora ammaliato dall'estro e dalla bontà della donna. Se si analizza il titolo del film, Le regole del caos, sembra quasi un ossimoro, non rende giustizia a quello originale, "A little chaos", che meglio lascia intendere quel po' di caos gettato da uno spirito indipendente e passionale in un mondo finto, dove tutto veniva spettacolarizzato, e nel cuore ferito di un uomo. Il titolo è anche un antitesi dell'intera storia. Come può esserci infatti una regola del caos? O meglio come può il caos essere governato delle regole? A quanto pare però Sabine dimostra come in un mondo governato dal caos (il suo) può esserci una regola e un principio di buon gusto alla base di tutto. Può esserci della genialità a regolare il ritmo frenetico e distruttivo del caos, la stessa che riscontriamo in Sabine. L'acume della donna è solo uno dei tanti esempi del tempo nel quale è vissuta, parliamo infatti della fine del '700: il massimo splendore dell’età regia francese, l'apoteosi del lusso e il grande gusto verso l'arte giardiniera. L'apogeo di questo periodo è senza dubbio la reggia di Versailles, la dimora del Re Sole, punto più alto di ingegneria e architettura toccato dall'essere umano nel corso della sua storia e ultimo grande baluardo prima della tragica rivoluzione del 1789. Le regole del caos è comunque un film molto semplice, non vi sono grandi enigmi, grandi intrighi e misteri da svelare. Le vicende che portano i due (Sabine e André) a confrontarsi sul piano professionale e poco alla volta anche su quello personale, facendo così emergere con delicatezza la solitudine di entrambi, sono semplici anche se intensi. Anche qui difatti, come in Ragione e Sentimento (dove Rickman ha recitato), emergono i conflitti tra la ragione e il cuore. Sabine de Barra è quasi un’antesignana del Romanticismo, come le eroine di Jane Austen, si scontra con i rigidi schemi del razionalismo.
Una donna che dopo aver sofferto per vari motivi decide di andare contro le regole e dunque di creare il caos. Andare contro le regole significa andare contro le convenzioni dell’epoca: i suoi colleghi uomini la guardano stupiti e le chiedono se davvero si guadagni da vivere, lei donna, progettando giardini. Sullo sfondo la corte dei nobili francesi e le loro ipocrisie, i vani rituali, le rivalità e le malelingue. Lo stesso Luigi XIV è solo un figurino imbellettato che si muove in questo sontuoso teatrino, sotto cui si nasconde un uomo che deve obbedire a un’etichetta sociale, costretto a interpretare la parte di un semidio, adorato e venerato, ma che alla fine si mostra appunto molto umano, svelandosi soprattutto a Madame de Barra. Che il regista ci presenta in tutta la sua semplicità: immersa nei suoi lavori, in contemplazione della sua natura, fra i progetti della sua umile casetta in cui cresce un giardino che stupisce André e poi appassionata nella costruzione di questo giardino reale che lascerà tutti senza fiato, una celebrazione della bellezza. Da qui il fatto che Le regole del caos sia esso stesso un'opera in cui si celebra la bellezza visiva, non un semplice film in costume, Rickman difatti lo gira come se stesse mettendo in scena un minuetto, come se stesse in realtà pensando ad un'onirica opera teatrale (soprattutto nella scena finale). Quella sfumatura barocca, di opulenza tutta naturale (i paesaggi ed i giardini sono straordinari) rende ancora più fastoso e ricco il film. E poi ci sono intensità, passione e fascino che traboccano dalla relazione accennata fra André e Sabine, irrimediabilmente attratti l’uno dall'altra, ma anche dal lavoro che compiono in sintonia. E' davvero una fortuna che il regista non lo abbia mutato in una tragica storia d’amore melodrammatica, ma si sia limitato a registrare con delicatezza la passione, in tutte le sue sfumature. C’è inoltre una buona armonia fra trasgressività e formalità. Da un punto di vista storico si può capire anche il passaggio dai giardini di concezione italiana, rigidamente regolari e simmetrici, ai giardini inglesi dal paesaggio sinuoso e movimentato, passando appunto dai giardini francesi, che cominciano a infrangere le regole dettate fino a quel momento.
A Madame de Barra è bastato spostare un vaso all'interno di una composizione ordinata e simmetrica, per infrangere subito "la regola", il concetto è che è più difficile prendere coscienza del disordine che dell'ordine, ma la coscienza del disordine è sempre coscienza, anche se una coscienza più alta delle cose, idea che da lì a cento anni porterà alla rivoluzione francese. La verità storica invece, è un po' ardita, ma anche se non era proprio tutto così, non importa. Il cast invece si è rivelato discreto: armoniosi ed in sintonia, comunque bene tutti da Matthias Schoenaerts ad Alan Rickman, alla Winslet a Stanley Tucci. Il film scorre piacevole, non annoia (nonostante la regia un po' piatta), ma allo stesso tempo sembra non accendersi mai e non avere quel guizzo di originalità nella sceneggiatura o in qualche scena particolare. Dà quasi l’impressione di essere un bell'esercizio di stile, ben recitato, con bei costumi (con le scene, gli ambienti che stimolano un po' di interesse), ma un po' fine a se stesso e dove la mano del regista scrive in bella grafia, ma senza grandissima personalità, anche se sufficientemente per l'economia del film. Ciò che però salva il film dalla mediocrità è l’energia interpretativa di Kate Winslet che travolge e nobilita tutto anche i suoi fantasmi e le apre nuovi spiragli. Anche se valuto negativamente però il fatto di aver voluto a tutti i costi inserire la ormai scontata storia con il fantasma di mezzo, cosa di cui non si sentiva proprio il bisogno, e che sembra inserita forzosamente nella trama. In alcuni momenti inoltre, il personaggio di Madame de Barra sembra di una modernità estrema, questo anacronismo forse rende più divertente il film, ma gli fa anche perdere un po' di spessore storicistico. Alan Rickman si conferma quindi ottimo come attore, leggermente meno come regista, pur valendosi di valide collaborazioni nel rappresentare, con un basso budget, alcuni aspetti sfarzosi della corte di Versailles, girando tutto in Inghilterra (in stile troppo british secondo me, ma si può sorvolare), ma puntando anche sui dialoghi come quello del Re e Madame De Barra nel frutteto, che lo porta a comprendere di che pasta diversa è quella donna fiera e laboriosa. Le regole del caos è in conclusione un discreto film, gradevole, leggero, appassionato e interessante. Secondo me è da vedere. Voto: 6,5