Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/03/2018 Qui - Premetto che il musical è il genere cinematografico che meno apprezzo, per il quale, solitamente, non ho il minimo interesse, tanto che non ne ho mai fatto mistero di questa mia avversione. Tuttavia nel corso degli anni alcuni li ho visti e li ho anche un po', anzi, abbastanza amati, non ultimo il discreto Les Misérables, senza dimenticare tra i pochi davvero apprezzati, Chicago, Moulin Rouge!, Mary Poppins, Sweeney Todd, The Blues Brothers e Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (ed alcuni altri di cui non ricordo il titolo), altri invece come Into the woods e soprattutto High School Musical tremendamente odiati. Poi ci sono quelli visti, che per alcuni sono oggettivamente (non solo soggettivamente) capolavori ma per me solo "interessanti". Perciò non che mi aspettassi granché da La La Land, film del 2016 scritto e diretto da Damien Chazelle, ma devo però ammettere che il suddetto, grazie a molti elementi, può tranquillamente far parte della prima categoria. Perché sinceramente, che cos'è un genere se non una semplice etichetta quando ci si trova dinnanzi ad una regia di certi livelli? Una regia che oltre a strizzare l'occhio ai grandi classici del genere e non solo, ha la capacità di integrare al musical puro (anche se fortunatamente a farla da padrone non sono le canzoni, che qui non sono assolutamente superflue e messe un po' a caso ma davvero, più che altresì meglio di altre occasioni, asservite alla narrazione) una storia solida e discretamente sfaccettata. Non a caso le due ore di musica che fa da contorno, non protagonista assoluta, alla bella, magica e credibile storia d'amore tra i protagonisti (che ha un finale non troppo prevedibile), passano piacevoli tra sogno e realtà. Proprio perché questo film è composto da elementi che messi insieme danno vita ad una storia semplice, reale ma che circondata da un'aura di magia grazie soprattutto alla chimica tra i protagonisti, alla fotografia (più tantissimi altri aspetti tecnici) e ad una regia fatta di piani sequenza che sono uno dei punti forti del film, si fa amabilmente apprezzare.
Ma ciò che contribuisce a rendere il lungometraggio bello, affascinante, divertente nonché soprattutto godibile (e classificabile tra i migliori film musicali di sempre) è la capacità dei due attori, Emma Stone che interpreta Mia, un'aspirante attrice, e Ryan Gosling che interpreta Sebastian, pianista jazz, che incrociano le loro strade a Los Angeles, di parlare principalmente attraverso sguardi, movimenti e mimica, a dimostrazione che a volte per comunicare sensazioni, speranze e illusioni non servano le parole. Non a caso entrambi sognatori, si innamorano e si ritrovano a condividere sogni, speranze e illusioni, poiché così come li ha uniti, la città (in questo caso ovviamente Los Angeles, la città dei sogni troppo spesso infranti e delle luci, la città "che venera tutto e che non dà valore a niente") può anche distruggerli, e scopriranno difatti a loro spese che bilanciare amore e arte può risultare essere più difficile di quanto credevano. Ma a colpire, oltre all'originalità della messa in scena e ai vestiti a dir poco graziosi e che ben si prestano al contesto, sono i riferimenti ai classici del cinema. Particolari riferimenti che fanno emergere la volontà del regista di rimanere fedele alle pellicole di un tempo, a quelle della tradizione cinematografica, riuscendo così a mantenere l'attenzione del pubblico per tutta la durata del musical. Inoltre, ogni scena è importante ai fini della narrazione e canto e danza si integrano alla perfezione. Così tanto che sarebbe sbagliato limitarsi a definire La La Land come un semplice musical o un omaggio al cinema anni '50 e '60. Non che il film di Chazelle non sia musical (altrimenti la mia introduzione che c'azzeccava), o non contenga al suo interno innumerevoli omaggi a tanti film o personaggi dell'epoca, semplicemente è questo, e molto altro. E' un riflesso di vita, una metafora dell'esistenza vista sotto la lente dello spettacolo di Broadway, con i suoi crescendo e i suoi fin troppi infiniti colpi di scena che portano spesso a un lieto fine non sempre come ce lo eravamo immaginato.
Come difficile era immaginare e poi vedere Damien Chazelle fare questo film, un musical che mette in scena commedia e dramma talmente bene da lasciarci piacevolmente spiazzati per tutto il corso dei 128 minuti. Anche se proprio impossibile non poteva essere, d'altronde il suo precedente lungometraggio, Whiplash, era anch'esso incentrato sulla musica. Quel film, vero e proprio omaggio alla musica, dove ogni immagine sembrava una nota, la pellicola un partito musicale, e i cambi-scena un passaggio tonale, che riuscì a colpire il cuore di tutti con la stessa intensità con cui il suo protagonista, interpretato da uno straordinario Miles Teller, colpiva la propria batteria. La musica torna a farla da padrone anche in La La Land, ma questo non è l'unico elemento che il secondo lungometraggio da lui firmato eredita dal suo scomodo predecessore. I sogni, i desideri, l'ambizione che portavano il giovane batterista a ricercare la perfezione, colpendo in maniera sempre più disperata, sempre più efferata, i piatti della propria batteria, sono le stesse colonne emozionali su cui si basa il sistema strutturale di La La Land, senza per questo ridursi a mera citazione o semplice copia-incolla (seppur il mito del successo e le rinunce che esso comporta è anche qui uno dei temi principali). La La Land prende però il meglio da Whiplash, dopotutto qui l'approccio è completamente diverso da quella "cruda" aggressività (donando in questo caso allo spettatore un profondo e delicato senso di romanticismo che unisce tradizione ed evoluzione, infatti viene da sé che il Sebastian di Gosling altri non è che una versione romantica dello studente di batteria incarnato da Teller) e vi aggiunge universi nuovi, magici e forti di una più solida maturazione da parte del regista (un regista che con questo film musicale e dopo quell'altro film "musicale" rafforza il connubio tra musica e settima arte), senza mai scordarsi di quella dose di innocenza e spensieratezza che ci si aspetterebbe da un ragazzo di trent'anni.
Un ragazzo che con la sua fantasia visiva e libertà espressiva realizza appunto una storia d'amore che è allo stesso tempo un omaggio ai musical hollywoodiani degli anni d'oro. Un regista che per nulla spaventato dall'impresa di richiamarsi a quegli esempi, si confronta con i modelli in questione senza timore di sorta, da una parte dichiarando il suo tributo al cinema che fu, dall'altra reinterpretandoli senza prenderne le distanze ma anzi provando a non sfigurare né in termini di glamour (e in questo senso il binomio Gosling/Stone riesce a non far rimpiangere le star di un tempo) né in termini di performance, con gli attori impegnati da par loro a cantare e ballare con ingenua disinvoltura. Come ingenuamente disinvolto è il film, diretto in maniera estremamente dinamica e ipercinetica ma mai invasiva, che vive (perché studiato per raggiungere il massimo livello di immersività possibile) principalmente di magia e potenza visiva. Non per altro l'effetto della visione di La La Land è proprio questo, un'immediata e colorata ricarica di gioia di vivere a base di musica e romanticismo eclettico. Non contento poi, il regista immerge la sua fiaba in una Hollywood in bilico tra reale e irreale, utilizzando gli studios e i visi dei vecchi divi, nonché una location famosa come l'Osservatorio Griffith per una delle scene più sognanti. E sfruttando appieno technicolor e cinemascope viene fatta volare prima la cinepresa e in seguito pure gli attori in una più che mai esemplare alternanza di passaggi gioiosi, ravvivati dai colori saturi, e altri di maggiore difficoltà immersi nelle mezze tinte quando non avvolti dall'oscurità. A tal proposito davvero fenomenale è il piano sequenza iniziale (ora capisco il perché della non vincita da parte di Tom Cross scatenò molte perplessità, ora anche le mie). Come fenomenali sono le decine di minuti senza dialogo lasciati al solo scorrere delle immagini, che testimoniano della forza del linguaggio cinematografico e della capacità visionaria del regista.
Regista che ha scritto anche la sceneggiatura, che risulta generalmente buona, con dialoghi che non annoiano e anzi raramente, semmai, ammirano lo spettatore, offrendogli momenti di ironia contrapposti a momenti di riflessione (anche se giusto per chiarire, nulla di particolarmente interessante o filosofico). Tuttavia seppur dopo la prima mezz'ora (togliendo la sequenza iniziale) la pellicola esplode nella sua vivacità, è proprio quella parte tantino a rilento a creare qualche fastidio. Anche perché la storia (una storia comunque semplice ma efficace che si dipana scandita da cinque stagioni in cui gli avvenimenti sono in sintonia con il periodo dell'anno, anche se poi a Los Angeles il brutto tempo parrebbe bandito) è una di quelle che nel cinema è stata raccontata decine e decine di volte, due si conoscono, si promettono amore eterno, sono felici, poi la vita divide le strade, si perdono, si ritrovano, ma qualcosa è irrimediabilmente cambiato e la vita va avanti. Senza dimenticare il messaggio e il concetto di fondo piuttosto banale e borghese (altresì deludente), con queste persone che vogliono per forza mirare al successo e diventare delle star. Senza poi contare una sorta di melassa fin troppo finta e delicata che nonostante la notevole messa in scena, vede le medesime persone che tra una coreografia e l'altra prendono e iniziano a volare di sana pianta, tutto ciò, per far instaurare una sorta di effetto "wow poetico" nello stato d'animo dello spettatore. Ma fortunatamente la forza del film non sta nella particolarità della vicenda, sta invece nella maniera con cui ci viene raccontata. Siamo di fronte infatti ad un uso così creativo ed ingegnoso delle immagini che restiamo stupiti di come le stesse siano in grado di catturarci all'inizio per lasciarci andare solo dopo l'apparizione della scritta fine. A tal proposito il finale è un mix di emozioni per gli attori e per gli spettatori, non sappiamo se essere felici perché i due hanno portato a compimento il loro sogno, o tristi perché, proprio per questo, la loro splendida storia è finita.
Ancora non so che pensare, anche se ad ogni modo il film risplende di un amore intenso, un amore vero, lontano dalla possessività e la fisicità mostrata spesso nel cinema moderno, ma che risplende della gioia per un gesto o più semplicemente per un sorriso, quello che i due si scambiano appunto nel finale. Grazie probabilmente proprio ai due attori principali protagonisti, in un'interpretazione che risulta davvero notevole, perché riescono a trasmettere la giusta empatia e reggono da soli tutto il film. Loro due infatti, Ryan Gosling ed Emma Stone, alla loro terza storia sullo schermo dopo Crazy Stupid Love e Gangster Squad, hanno una chimica meravigliosa che li fa risultare credibili sia nell'iniziale flirt dispettoso (la divertentissima scena della festa in piscina stile anni '80), che nell'amore folle non privo di difficoltà (la cena a sorpresa che finisce per saper di bruciato, in tutti i sensi). Emma Stone infatti (che per questo ha vinto un'Oscar abbastanza meritato e qualitativamente offre una prova migliore che in Irrational Man) ci regala un'interpretazione davvero sentita, tra recitazione e canto, con una voce che trasmette calma e sofferenza. Non dimenticando Ryan Gosling, che oltre ad imparare tutti i passi giusti per le coreografie, suona piano e tastiere in modo davvero professionale. Passando al cast invece troviamo come "special guest" J.K. Simmons (già visto e molto apprezzato in Whiplash) e John Legend, nel ruolo del leader di una band. Ma tutti gli attori in ogni caso, compreso Finn Wittrock, che sono vestiti con degli abiti che danno l'idea del lusso e della buona stoffa, sono bravi e in parte. Di grande impatto è anche la fotografia (non per caso ha vinto l'Oscar, anche se io l'avrei dato ad Arrival come anche nel caso della scenografia), con una sapiente ed essenziale gestione delle luci e dei colori. Abbastanza perfetto è invece il doppiaggio, discreto il sonoro e montaggio sonoro. Meritato il premio per la regia, abbastanza giuste tutte le altre decisioni, compresa quella (almeno personalmente) per il non premio al miglior film.
Tuttavia decisamente d'accordo per la colonna sonora (anche se quella di Lion mi ha emozionato di più) ma soprattutto per la miglior canzone. Ma prima di questo un'appunto sulla musica jazz, che a me piace e che qui, grazie alla passione del protagonista maschile che ambisce ad aprire un club tutto suo (in cui si suoni solo buona musica), ha un ruolo fondamentale. Un genere che nel cielo musicale del film convince e appassiona. L'altra metà del cielo musicale della città delle stelle di Chazelle sono ovviamente le potenti e nostalgiche partiture orchestrali del compositore Justin Hurwitz, automaticamente candidato agli Oscar per la miglior colonna sonora e per ben due canzoni originali (e fortunatamente non doppiate), la suadente e bellissima City of Stars (questa davvero eccezionale), cantata in coppia da Gosling (molto più in parte che in The Nice Guys) e Stone, e l'emozionale Audition (The Fools Who Dream), in cui la brava Emma dà prova di tutta la propria gamma emotiva. Insomma il musical, o quantomeno uno dei musical più belli (visti da me pochi) degli ultimi anni, un cinema che vive d'arte visiva, strizzando l'occhio allo stile rétro, grazie all'ambientazione, al sonoro e soprattutto alla magia che sa dare durante tutto l'arco dei 128 minuti, reggendo abbastanza bene dall'inizio alla fine, senza mai annoiare lo spettatore. Peccato però per lo sfondo sociale un po' borghese e tutto il discorso sul successo un po' banale. Anche se in ogni caso La la land è un lavoro da godere senza retro pensieri, lasciandosi affascinare da una favola raccontata in maniera impeccabile da un regista, Damien Chazelle, che sicuramente nelle intenzioni non aveva la prepotenza di imporsi come il nuovo maestro del musical, bensì di fare un omaggio al genere e ci è riuscito alla grande. Perché La La Land, seppur non è un capolavoro, è un film davvero imperdibile che affascina, diverte, stuzzica e convince. Un film di un folle sognatore che ha donato agli spettatori un sogno folle da cui non voler più uscire o svegliarsi. Voto: 8-
Ancora non so che pensare, anche se ad ogni modo il film risplende di un amore intenso, un amore vero, lontano dalla possessività e la fisicità mostrata spesso nel cinema moderno, ma che risplende della gioia per un gesto o più semplicemente per un sorriso, quello che i due si scambiano appunto nel finale. Grazie probabilmente proprio ai due attori principali protagonisti, in un'interpretazione che risulta davvero notevole, perché riescono a trasmettere la giusta empatia e reggono da soli tutto il film. Loro due infatti, Ryan Gosling ed Emma Stone, alla loro terza storia sullo schermo dopo Crazy Stupid Love e Gangster Squad, hanno una chimica meravigliosa che li fa risultare credibili sia nell'iniziale flirt dispettoso (la divertentissima scena della festa in piscina stile anni '80), che nell'amore folle non privo di difficoltà (la cena a sorpresa che finisce per saper di bruciato, in tutti i sensi). Emma Stone infatti (che per questo ha vinto un'Oscar abbastanza meritato e qualitativamente offre una prova migliore che in Irrational Man) ci regala un'interpretazione davvero sentita, tra recitazione e canto, con una voce che trasmette calma e sofferenza. Non dimenticando Ryan Gosling, che oltre ad imparare tutti i passi giusti per le coreografie, suona piano e tastiere in modo davvero professionale. Passando al cast invece troviamo come "special guest" J.K. Simmons (già visto e molto apprezzato in Whiplash) e John Legend, nel ruolo del leader di una band. Ma tutti gli attori in ogni caso, compreso Finn Wittrock, che sono vestiti con degli abiti che danno l'idea del lusso e della buona stoffa, sono bravi e in parte. Di grande impatto è anche la fotografia (non per caso ha vinto l'Oscar, anche se io l'avrei dato ad Arrival come anche nel caso della scenografia), con una sapiente ed essenziale gestione delle luci e dei colori. Abbastanza perfetto è invece il doppiaggio, discreto il sonoro e montaggio sonoro. Meritato il premio per la regia, abbastanza giuste tutte le altre decisioni, compresa quella (almeno personalmente) per il non premio al miglior film.
Tuttavia decisamente d'accordo per la colonna sonora (anche se quella di Lion mi ha emozionato di più) ma soprattutto per la miglior canzone. Ma prima di questo un'appunto sulla musica jazz, che a me piace e che qui, grazie alla passione del protagonista maschile che ambisce ad aprire un club tutto suo (in cui si suoni solo buona musica), ha un ruolo fondamentale. Un genere che nel cielo musicale del film convince e appassiona. L'altra metà del cielo musicale della città delle stelle di Chazelle sono ovviamente le potenti e nostalgiche partiture orchestrali del compositore Justin Hurwitz, automaticamente candidato agli Oscar per la miglior colonna sonora e per ben due canzoni originali (e fortunatamente non doppiate), la suadente e bellissima City of Stars (questa davvero eccezionale), cantata in coppia da Gosling (molto più in parte che in The Nice Guys) e Stone, e l'emozionale Audition (The Fools Who Dream), in cui la brava Emma dà prova di tutta la propria gamma emotiva. Insomma il musical, o quantomeno uno dei musical più belli (visti da me pochi) degli ultimi anni, un cinema che vive d'arte visiva, strizzando l'occhio allo stile rétro, grazie all'ambientazione, al sonoro e soprattutto alla magia che sa dare durante tutto l'arco dei 128 minuti, reggendo abbastanza bene dall'inizio alla fine, senza mai annoiare lo spettatore. Peccato però per lo sfondo sociale un po' borghese e tutto il discorso sul successo un po' banale. Anche se in ogni caso La la land è un lavoro da godere senza retro pensieri, lasciandosi affascinare da una favola raccontata in maniera impeccabile da un regista, Damien Chazelle, che sicuramente nelle intenzioni non aveva la prepotenza di imporsi come il nuovo maestro del musical, bensì di fare un omaggio al genere e ci è riuscito alla grande. Perché La La Land, seppur non è un capolavoro, è un film davvero imperdibile che affascina, diverte, stuzzica e convince. Un film di un folle sognatore che ha donato agli spettatori un sogno folle da cui non voler più uscire o svegliarsi. Voto: 8-