giovedì 30 settembre 2021

Patema Inverted (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - La morale alla base di questo anime è ancora una volta l'intolleranza mostrata dall'uomo verso tutto ciò che appare diverso: gli uomini che gravitano al contrario possono benissimo essere assimilati a persone di lingua, colore della pelle, cultura diversa dalla propria. La diversità non viene accettata e usata come uno strumento attraverso cui allargare i propri orizzonti e la propria visione della vita, ma come una minaccia allo status quo, e quindi va ghettizzata e tenuta lontana dalla vita tranquilla di tutti i giorni. La genialità dell'autore Yasuhiro Yoshiura va identificata nel tipo di diversità ipotizzata, davvero singolare e originale (si vive in un mondo in cui ci sono due mondi, scusate il gioco di parole, ognuno dei quali ha una attrazione gravitazionale opposta, collegati da un solo "portale"), per il resto i temi e i comportamenti dei personaggi è quello classico: una classe dirigente che si oppone e persone dalla mentalità più aperta che combattono per l'integrazione e che hanno il compito di infondere la speranza che questa, prima o poi si realizzi. Patema Inverted è un buon film, ma che non riesce a trovare spunti degni da differenziarlo da tanti altri dello stesso genere visti fino ad oggi (la trama è poi contorta ed opaca). La mia valutazione è positiva ma ecco, si poteva fare molto meglio, dati anche i presupposti che risultano essere decisamente allettanti per lo spettatore. Voto: 6

The Vigil - Non ti lascerà andare (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Il regista Keith Thomas pesca dalla tradizione religiosa ebraica per dar vita al mazzikin (o mazzik) una sorta di spirito abile a nutrirsi delle paure e dei sensi di colpa radicati nel passato. Metaforicamente, quindi, un'entità dalla valenza simbolica interessante, tormentatrice di un popolo il cui tragico ieri è ben noto a tutti. Volgendo lo sguardo al singolo (in questo caso all'inquieto protagonista) ci troviamo al cospetto di un dolore mai sopito che combinato col senso di colpa diventa (come tradizione horror insegna) terreno fertile per entità soprannaturali poco simpatiche. L'ambientazione lugubre e claustrofobica resa ancor più opprimente da un gran lavoro fotografico, fanno del piccolo appartamento newyorkese uno scenario assai adatto per dar vita alle paure di Yakov (l'attore Dave Davis), che dal disagio per l'ingombrante presenza del defunto (proposta spesso da una sapiente regia) dovrà vedersela con situazioni assai più minacciose. The Vigil tuttavia è film riuscito solo in parte: il regista con un migliore approfondimento psicologico avrebbe sicuramente svoltato e invece si appiattisce in stilemi da cinema mainstream volgendo le proprie attenzioni più sul lato orrorifico cadendo nella trappola del già visto e dello Jumpscare elementare (però Lynn Cohen da i brividi veramente). Uno script a tratti lacunoso ed un finale deboluccio fanno il resto. Si guarda, ma nulla di imprescindibile. Voto: 5,5

Godzilla vs. Kong (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Avevo molto apprezzato Kong - Skull Island, di meno i due Godzilla (soprattutto il secondo, decisamente mediocre, che il primo, firmato Gareth Edwards, non mi era affatto dispiaciuto), questo seguito congiunto non mi ha impressionato più di tanto. Lo spettacolo di certo non manca quando escono fuori i due colossi, ma era doveroso visti i soldi spesi (200 milioni di budget a disposizione dell'Adam Wingard anche di The ABCs of Death), il problema è quando non ci sono loro due. Gli episodi precedenti (soprattutto l'ultimo) sembrano non aver insegnato molto per quanto riguarda la parte umana. Ancora una volta infatti è questo il punto debole. La computer grafica può sopperire ad alcune carenze dal punto di vista delle idee (gli scontri tra mostri sono piacevoli, anche se ormai sanno un po' di déjà vu, cambiando solo i combattenti), ma non può fare nulla con i protagonisti in carne e ossa, spesso poco sopportabili. Il risultato quindi, seppur vedibile nel complesso, non può soddisfare come avrebbe potuto con un minimo di cura in più. Lo scontro tra Godzilla e Kong meritava difatti di meglio. Perché va bene che da questo prodotto non ci aspetterebbe nulla più di un film pieno di combattimenti ignoranti, scene esagerate e spettacolari, ed una trama basica ma funzionale, esattamente quello che il film offre, però di più si poteva sicuramente fare. Voto: 5,5

Jack in the Box (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Che peccato, un'occasione mancata. Il film di per sé non sarebbe stato poi male, anche se l'idea di base è una sorta di patchwork da Masters come Hellraiser e Terrifier, la trama del film che racconta di una scatola sorpresa, tirata fuori dal magazzino di un vecchio museo e messa ad esposizione al pubblico, avrebbe potuto attirare l'attenzione dello spettatore per curiosità, ma per rendere un film appetibile e di presa sul pubblico due elementi che non devono mai essere sottovalutati sono la fotografia e le musiche. Per me il grosso errore del regista Lawrence Fowler è stato personalizzare un po' troppo il colore insistendo sul giallo pallido tendente al grigio verde di fondo e sulla musica svogliatamente banale a mo' di tiritera ridondante. Questi due elementi importantissimi per dare più impatto alla visione, qua sono invece di disturbo perché dissonanti e pertanto distolgono la concentrazione dal film. Non mi è piaciuto e mi dispiace (perché Jack è fatto bene e il finale è "cattivo" al punto giusto), poteva essere un buon horror, se però anche la sceneggiatura (e il resto) avesse ricevuto più cure. Voto: 4,5

Le sorelle Macaluso (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Minato da una tragedia che riguarda una di loro, un gruppo di sorelle affronta con dolore il tempo che passa, in una casa sempre più gravata da astio e conflitti e nella quale l'amore fatica a farsi strada. Emma Dante adatta per il cinema una sua opera teatrale, reclutando un gruppo di brave attrici (tra cui Donatella Finocchiaro) che suppliscono con l'espressività ad una sceneggiatura che penalizza la storia a favore di un simbolismo eccessivo. Un arco temporale esteso dall'infanzia fino alla vecchiaia in cui si percorre la gamma psicologica di un matriarcato pieno di problemi e di contenziosi detti e non detti, che però non riescono a coinvolgere per la dispersività in troppi battibecchi ed appunto estetismi pseudo simbolici. Troppo l'indugiare nostalgico su oggetti e particolari, ma il nucleo del dramma resta nell'ombra. La stessa regia pare indugiare troppo o compiacersi più di una volta e questo impedisce al giudizio complessivo di prendere il volo come le colombe protagoniste del film. Di un film (presentato a Venezia) tecnicamente elegante, molto buona l'ambientazione che privilegia gli interni con qualche suggestiva "escursione" esterna, ma parzialmente affettato oltreché scontato. Voto: 5,5

Balloon - Il vento della libertà (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Due famiglie e una mongolfiera in fuga per la libertà, in fuga dalla DDR. Nonostante la durata importante, il film (tratto da una storia incredibilmente vera) riesce ad avvincere lo spettatore sino al bellissimo, adrenalinico finale anche grazie a un cast ben scelto (c'è il David Kross di The Keeper ed il Thomas Kretschmann di A Taxi Driver), paesaggi suggestivi, buoni costumi, un'inquietante musica di sottofondo e numerose sequenze destabilizzanti oltre che toccanti (coinvolgente e comprensibile la paura che domina i protagonisti dopo il primo tentativo miseramente andato in fumo). Dimostrando che certe opportunità non bisogna lasciarsele sfuggire, anche a costo della stessa vita. Un film dove c'è un po' di tutto (azione, avventura e dramma) ma miscelato in maniera abbastanza equilibrata (la suspense con la ricostruzione degli eventi). Non che tali elementi e che i personaggi siano molto approfonditi, ma funzionali quanto basta per rendere il film sufficientemente godibile alla visione, e di conseguenza valido nella riuscita. Voto: 6+

You Should Have Left (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Al di la della presenza di una coppia di protagonisti d'alto livello siamo davanti ad un film piuttosto modesto, fortemente prevedibile e mancante di ogni tipo di tensione e sorpresa (e il titolo tradotto in italiano, ovvero con Ve ne dovevate andare, è la cosa che fa più paura). Un thriller psicologico con inserti esoterici dal sapore classico e dalle dinamiche già sperimentate (quasi mai è una buona idea "prenotare" una bella vacanza in una bella casa per ricaricare le pile). Un thriller più riuscito dal punto di vista visivo, grazie alla caratteristiche intrinseche della casa. Angoli e pareti che si spostano, porte che appaiono e scompaiono, mantengono comunque un certo interesse, tuttavia con una storia di fondo alquanto debole e telefonata, con uno sviluppo piuttosto scontato e banale. Da David Koepp, spesso bravo se non notevole sceneggiatore, specie se al servizio di grandi registi, ci si aspettava decisamente di più. Né Kevin Bacon, pur torvo ed enigmatico quanto opportuno, né tantomeno Amanda Seyfried, da sin troppo tempo ormai priva della verve che la caratterizzava ai suoi esordi, riescono a rendere la pellicola qualcosa di più che una stanca ripetizione di cliché ormai stra-abusati e prevedibili. Vedibile ma con poco appeal. Voto: 5

Judas and the Black Messiah (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Il giovane Shaka King (all'attivo un solo film prima di questo, film che tra l'altro non ho visto) è abile nella regia e nel gestire tempi narrativi che mischiano ricostruzioni storiche con parti romanzate per mettere in scena una storia dolorosa, politica, d'impatto, scomoda. Un argomento complicato da rappresentare con efficacia se non attraverso un efficace accostamento biblico, che ai conti storici, rende molto bene le dinamiche che si creano tra il protagonista William O'Neal (ben interpretato da Lakeith Stanfield, era nel cast di Knives Out) e il leader della Pantere Nere. Daniel Kaluuya (migliore attore non protagonista agli ultimi Oscar, già applaudito per Scappa - Get Out) è perfetto nel rendere credibile e umana la scomoda figura del carismatico Fred Hampton ucciso dalla polizia a soli 21 anni (bravo anche Jesse Plemons nei panni dell'agente dell'FBI, era in The Irishman). Judas and the Black Messiah è una pellicola molto ben fatta. Dall'ottimo ritmo narrativo è in grado di creare riflessioni sulla corrente rivoluzionari di Hampton, l'ultimo salvatore della comunità afroamericana che ha tentato si smuovere le masse proponendo una rivoluzione dal basso, dal popolo, in grado di sovvertire il marcio della politica. Forse il neo del film è quello di concentrarsi troppo sul suo "Messiah" e di mischiare aspetti amorosi, di secondo piano, che non apportano nulla alla poetica di fondo, ma rimane un buonissimo prodotto filmico (non male la canzone da Oscar). Narrativamente, forse, avrebbe giovato di un allargamento della situazione socio-politica per rappresentare con più efficacia la portata dell'ideologia di Hampton, mentre in realtà la pellicola preferisce virare sul sicuro proponendo una duplice prospettiva che mette in parallelo il messia con il suo giuda. Nonostante le sue imperfezioni, rimane uno dei più bei biopic di quest'anno visti da me e in generale. Voto: 7

Coma (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Intrigante e avvincente film di fantascienza/fantasy, un prodotto di matrice russa sufficientemente valido. Koma è un film fra Matrix e l'Inception di Nolan. L'obiettivo dei russi è anche fin troppo palese, cioè di dimostrare di saper fare dei buoni prodotti di intrattenimento che non sfigurino affatto con i blockbuster oltreoceano (e dopo Sputnik, essi ci riescono nuovamente). Certamente la confezione è affascinante con sfoggio di CGI che disegna prospettive impossibili e stranianti, creando un mondo fantastico dove alla fine della fiera si presenta il dilemma della pillola blu o pillola rossa. La storia è piuttosto lineare e si lascia seguire con estrema scorrevolezza. Non originale sicuramente, ma funziona a dovere. C'è più di una forzatura, in particolare nel finale, ma la pellicola nel complesso è ben fatta e ben recitata (da sconosciuti attori russi), con ottimi spunti di riflessione. Decisamente merita la chance di una visione. Voto: 6

Babyteeth - Tutti i colori di Milla (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Il rischio del film era quello di scivolare pericolosamente sul mieloso e sulla lacrima facile, invece è un film brillante che tratta la malattia di una teenager in maniera inusuale e mai retorica. Un film particolare che affronta un tema stra-abusato in questo periodo, ma lo fa con i toni da commedia grottesca alternata a dramma. Proprio la vitalità dell'ammalata (benissimo interpretata da Eliza Scanlen, una delle ultime Piccole donne cinematografiche), una vitalità riacquisita grazie alla conoscenza del ragazzo di strada Moses (anch'esso ben interpretato dal giovane Toby Wallace), pone le base per situazioni di una comicità surreale, con i genitori che fanno viso a cattivo gioco nell'ospitare saltuariamente un soggetto indesiderato (quest'ultimo non è certo uno stinco di santo, a metà fra innamoramento e il bisogno utilitaristico di tale conoscenza). Ma la differenza rispetto ad altri recenti drammi del (o sul) dolore giovanile la fa, più che la scelta non nuova del registro minimalista (antipatico anzi il didascalismo dei capitoletti), la capacità della esordiente regista australiana Shannon Murphy di gestire le ellissi del testo narrativo, di operare in maniera originale sullo stile visivo e di dar conto di ogni personaggio con affetto tanto partecipe quanto mai ricattatorio. Ha il pregio di non scadere nei cliché del genere e di offrire una visione dei rapporti (anche familiari) disincantata e realistica, così come una riflessione esistenziale non priva di poesia ma nemmeno edulcorata secondo schemi hollywoodiani. Validi anche il montaggio e la colonna sonora oltre al cast al completo (buona prova di Ben Mendelsohn), per un film dall'atmosfera sospesa che ben rende il contrasto tra gli anni migliori della vita e il dramma di un male incurabile. E tuttavia capolavoro non è, dopotutto è classico e scontato, ma la sincerità paga. Voto: 7

In Darkness - Nell'oscurità (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Una pianista cieca assiste all'uccisione della figlia di un sadico politico bosniaco: trame che si intrecciano più o meno banalmente, mantenendo solo saltuariamente una buona tensione. Un thriller di intrattenimento (non particolarmente originale) che deve tutto a Natalie Dormer, lei regge l'intera sceneggiatura che non è priva di cali, anzi (i personaggi sono psicologicamente statici e per questo discretamente prevedibili). La confezione di certo non dispiace, ma il film non graffia, e soprattutto non decolla mai. Nella seconda metà del film si dipanano i colpi di scena ma, paradossalmente, è anche la parte più statica e con meno interesse. L'inizio invece prometteva cose migliori di quelle che poi effettivamente ha offerto. Per essere efficace, un twist deve sorprendere ma anche risultare congruente con quanto mostrato in precedenza, qui non accade e questo compromette la resa di un film che fino ad allora era risultato una variazione interessante sul tema della donna cieca in pericolo grazie all'innesto di risvolti complottistici su un retroterra drammatico con connesso piano di vendetta. Nell'insieme è un thriller action guardabile, soprattutto grazie alla prova della protagonista (il resto del cast è solo funzionale), ma a conti fatti si fatica a lasciarsi coinvolgere fino in fondo e il calo di intensità e di qualità si nota e si evidenzia con un voto non propriamente positivo. Voto: 5,5

1917 (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2021 Qui - Gran bel war movie che pesca in parte da Apocalypse Now ed in parte da Salvate il soldato Ryan. Il piano-sequenza continuato sulle vicende del caporale, di due giovani soldati incaricati di consegnare un messaggio importante dietro le le linee nemiche, è davvero eccezionale: lo spettatore è immerso totalmente dentro lo schermo ed è partecipe di ogni momento di tensione. In effetti, non si riesce mai a prendere fiato durante la sua visione. Le ambientazioni sono perfette ma la lente del regista Sam Mendes (quello degli ultimi due film di James Bond) evidenzia anche il senso di responsabilità del protagonista, dei protagonisti, per il fondamentale compito che devono portare a termine, in condizioni quasi impossibili ma per un obiettivo di drammatica importanza. Egli con 1917 riesce insomma e con successo ad esporre (in maniera personale) le vicende sanguinose del primo grande conflitto mondiale (un'esperienza di vera e propria immersione nel fango, nel sudore e nel dolore del più cruento conflitto bellico). Filmando in questo modo la sua pellicola più convincente raccontando una storia semplice (ecco, questo il "difetto" maggiore) eppure coinvolgente, una pellicola anche poetica ed emozionante, di grande intensità. Molto potente il breve momento di calore che uno dei due vive riparandosi in una casa semidistrutta in mezzo alle bombe, all'interno della quale si nascondono una donna ed una neonata. Le esigenze di trama hanno posto in primo piano il solo George MacKay, alternandogli vicino vari attori nello svolgersi della pellicola, da Colin Firth a Benedict Cumberbatch, passando per altri, ma tutti perfettamente calzanti. Di pregevolissima fattura, il film merita il successo e i premi (Oscar ma non solo) ottenuti (di quelli importanti ben 3, tecnici sì, nel film fondamentali, ma di eccellente qualità). Ma Oscar/non Oscar, secondo me è comunque un film da vedere. Anche perché 1917 è davvero, insieme a Hacksaw Ridge e Dunkirk, uno dei migliori film di guerra degli ultimi anni. Voto: 7,5

martedì 21 settembre 2021

Furia cieca (1989)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/09/2021 Qui - Rutger Hauer interpreta il "solito" reduce dal Vietnam raddrizzatore di torti di tante pellicole action americane, qui reso cieco da una granata esplosagli in faccia, ma salvato in extremis e addestrato all'uso della Katana e a sfruttare gli altri quattro sensi che gli sono rimasti (un po' come il Daredevil dei fumetti Marvel, anche se lui usa dei bastoni e non una spada da samurai per combattere). Nulla d'eccezionale, la pellicola, una pellicola che palesemente cita il personaggio di Zatoichi, il samurai massaggiatore-giustiziere  cieco, portato al cinema più volte in patria persino da Takeshi Kitano, in un film in costume del 2003 (un film recentemente visto) è e resta uno dei tanti film minori interpretati in quegli anni dell'attore olandese (che alternava cinema di qualità a film di serie B), però, sa intrattenere facendo arrivare lo spettatore fino alla fine. Questo di Phillip Noyce (che si ricordi essere ottimo mestierante action, e non solo, prima trilogia di Jack RyanIl santo e Il collezionista di ossa, nel 2014 gira il fantascientifico The Giver - Il mondo di Jonas) è in realtà un discreto film d'azione, un action ottantiano fino al midollo, con molti cliché presi in prestito da altre pellicole dal trascorso in Vietnam al bimbo con cui fare amicizia, ma che si lascia (appunto) guardare senza problemi. Caciarone, veloce e ricco di scene d'azione girate un po' a casaccio, con divertenti scene al casinò ed improbabili inseguimenti in auto dove l'eroe cieco s'improvvisa guidatore. Nel finale poi compare anche l'atletico karateka giapponese Sho Kosugi, protagonista di un ottimo scontro di spada con Rutger Hauer. Egli che, se la cava molto bene nel suo ruolo e intenerisce, il cast di contorno invece non è il massimo ma poco importa (e tuttavia ecco il Terry O'Quinn di Rocketeer, la Meg Foster e la Lisa Blount dei Carpenteriani Essi vivono e Il signore del male). A proposito del combattimento con la spada, potrebbe sembrare una cosa violenta o truce, niente di tutto questo, anzi, sterza facilmente sul sentimentale e sull'happy end telefonato, non si prende mai sul serio, tanta ironia ed è un bene, viste le tante assurdità. Poteva essere migliore, ma resta ugualmente un film piacevole seppur abbastanza leggero. Voto: 6+

I falchi della notte (1981)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/09/2021 Qui - Dopo aver scatenato il panico in Europa, Wulfgar, pericoloso e sfrenato terrorista, si sottopone ad una operazione di chirurgia plastica per recarsi negli USA con un nuovo volto e nuovi obbiettivi (ed è qui che Rutger Hauer entra in scena calandosi perfettamente nel ruolo, facendo peraltro guadagnare punti al film stesso). Viene istituita, pertanto, una squadra speciale incaricata di fermare il pericoloso attentatore: tra i membri delle forze armate vi è Deke Da Silva, un poliziotto che dovrà abbandonare la propria virtù morale per svolgere il suo lavoro. I falchi della notte rappresenta uno dei maggiori classici polizieschi metropolitani, la cui sceneggiatura, lineare e sobria, oltre a rifarsi ai marchi principali del genere, erige caratteri notturni e noir, che colmano l'atmosfera del film. Di un cult di inizio anni ottanta (nello stile di quegli anni) che pure un'impronta sicuramente e successivamente darà. Nighthawks infatti, diretto con buon mestiere dal buon mestierante Bruce Malmuth, è sulla strada che porta alla futura versione del poliziotto al cinema (brutale, reazionaria e salvatrice) e quella tradizionale-classica, ormai passata e datata. Il rapporto tra Da Silva e Wulfgar diverrà un personale scontro in cui ad essere evidenziate saranno le analogie che legano il poliziotto alla sua nemesi. Il confronto tra i due protagonisti, centralizzato sulla destabilizzazione tra bene e male, funziona a metà, rendendo ancora più interessante ed intrigante la storia ma concretizzandosi quasi per nulla nel film. La regia dona stile e qualità alle scene notturne e alle sequenze dedite agli inseguimenti e alle sparatorie, dando carattere e spirito alla pellicola (una pellicola veloce, emozionante, ricca di adrenalina e con un gran ritmo), ed inoltre rendendo la storia tesa e coinvolgente, nonché credibile (travestimenti a parte). Finale carino grazie ad un colpo di scena "quasi" inaspettato. Positivo anche il cast di contorno (c'è pure il Billy Dee Williams di Star Wars e La donna bionica alias Lindsay Wagner), oltre ovviamente a quello "principale" dove a sorprendere è soprattutto Sylvester Stallone, perché anche se Rutger Hauer, nel ruolo dell'antagonista, batte tutti, lui è altrettanto e perfettamente calato. Fornendo, e non scherzo, una delle sue performance migliori (travestimento a parte). Non un capolavoro, ma sicuramente un gran bel poliziesco classico. Voto: 7

Buffy l'ammazzavampiri (1992)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/09/2021 Qui - Una delle mie serie tv preferite, ma dal film me ne sono sempre tenuto alla larga, ed avrei fatto bene a continuare così, invece ho voluto recuperarlo, anche e solo per il cast, non solo comprendente Rutger Hauer ma anche Donald SutherlandBen AffleckHilary Swank e Luke Perry, e purtroppo mi sono fatto male da solo, perché è davvero brutto. Infatti, a dispetto di un cast ricco di nomi illustri, questa pellicola non si propone in maniera interessante e coinvolgente, ma piuttosto risulta abbastanza piatta e poco scorrevole. Sebbene siano presenti tutti gli elementi da commedia che mi erano piaciuti nel telefilm (anche troppi), la regia scialba (del mai più visto Fran Rubel Kuzui) e la totale assenza di effetti speciali (i vampiri non diventano neanche polvere quando vengono infilzati dai paletti) rendono il film quasi inguardabile. Ad un certo punto non si sa se ridere o piangere, stupidaggini adolescenziali oltre misura, la scena peggiore? I vampiri che non entrano nella scuola perché non sono stati invitati! Va bene che si dice questo sui vampiri ma la cosa è stata realizzata malissimo. Ma non è tutto, qui oltre all'assoluta banalità della storia, va registrato un livello molto basso nella caratterizzazione dei personaggi. L'unico di un certo interesse è (ovviamente) quello interpretato (per la verità piuttosto svogliatamente) da Rutger Hauer. Aggiungerei anche la Kristy Swanson, la sua "presenza" diciamo, che comunque non salva questo orrore. Non mi stupisce che questo film sia stato un flop colossale. Nel 1992 Joss Whedon (sì proprio lui, regista tra l'altro di Avengers: Age of Ultron) decise infatti di portare sullo schermo la sua prima versione di Buffy l'ammazzavampiri, purtroppo, ma giustamente, il film fu un flop. L'inesperienza probabilmente pagò. E tuttavia bisogna anche ammettere che se non ci fosse stato questo "film", la serie con Sarah Michelle Gellar (l'unica comunque per me vera Buffy) non esisterebbe, e sarebbe stato un peccato. Ed è solo per questo che non lo boccio totalmente. Voto: 4,5

Detective Stone (1992)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/09/2021 Qui - Fanta/horror di vecchio stampo che purtroppo risente parecchio degli anni trascorsi, in cui bisogna ammettere che in realtà c'è ben poco da salvare. Tony Maylam, regista di cui si hanno ben poche tracce al di fuori di questo film, in effetti si lascia prendere la mano ed eccede nel mescolare il materiale (mischia fantascienza, poliziesco e horror, con ignoranza old school) in maniera non proprio omogenea, finendo per spiazzare lo spettatore, non aiutato peraltro da una sceneggiatura talvolta lacunosa. Peraltro di questa creatura (un ibrido tra un Alien e un Creepozoids) si capisce ben poco o niente, sembra che sia una sorta di ratto mutato che agisce per conto di Satana, mah. Che poi peccato per quest'ultimo, che a causa del basso budget non è il massimo in fatto di realizzazione e viene intravisto solo a cinque minuti dalla fine. Eppure nonostante questi difetti la pellicola riesce comunque a salvarsi, merito dell'affascinante ambientazione (davvero molto suggestiva: una Londra del futuro che l'effetto serra ha allagato rendendola simile a una Venezia allucinata e per nulla romantica) e merito anche di un calzante Rutger Hauer (iconico come al solito, Kim Cattrall è buona come il pane) che in un film non del tutto riuscito riesce comunque a piazzare una interpretazione invece assolutamente di qualità. Quindi, pur con qualche doveroso distinguo, Detective Stone risulta un film meritevole di una visione, seppur in maggior parte esso si rivolga soprattutto agli amanti della tensione intrisa di fantascienza e sfumata sull'horror. Talvolta si tocca il trash, ma quel trash piacevole, perfetto per il tipo di film, come perfetto a sua volta (e come detto) è Rutger Hauer, in forma e gigione. Perché in conclusione il film non si prende troppo sul serio e il finale è un po' affrettato e preso alla leggera, ma comunque il divertimento e il ritmo non mancano. Un pasticcio godibile. Voto: 6

In memory of Rutger Hauer

Post pubblicato su Pietro Saba World il 21/09/2021 Qui - E' la prima volta che omaggio con un quartetto di film un attore, recentemente o meno, scomparso, in questo caso parliamo dell'attore Rutger Hauer (olandese di nascita e deceduto all'età di 75 anni nel luglio del 2019), certo è già successo che commemorassi attori di un certo calibro quali Martin Landau e Sean Connery, ma mai in questa modalità. Comunque sia, in sua memoria eccomi qui, ad omaggiare un attore che paradossalmente non è mai stato tra i miei preferiti, ma di cui ho sempre avuto rispetto. Lui che, divenuto iconico con un monologo (tratto da uno dei più grandi film degli anni '80 e di tutti i tempi, dal capolavoro Blade Runner) altrettanto iconico, che tutti certamente conoscono o ricordano (Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi...), nella sua carriera ha partecipato a più di 100 film dal 1973. Non è stato infatti solo un replicante, un lupo od uno psicopatico (tantissimi ruoli diversi), è stato anche (sempre cinematograficamente parlando) un terrorista, un cieco, un detective e persino un vampiro, per l'appunto in questi quattro film con cui ne celebro sue gesta. Quelle di un attore e attivista olandese di grandi qualità, anche umane, forse ingiustamente sottovalutato ma capace di rendersi memorabile agli occhi dello spettatore. Ed anche lui ci manca.

venerdì 17 settembre 2021

The Nightingale (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Il film che non ci si aspettava dopo Babadook, la Jennifer Kent s'arrischia con mirabile temerarietà su tutt'altre sponde e affronta gli orrori dell'imperialismo britannico nella natia Australia (siamo in Tasmania, per la precisione) tra aborigeni massacrati e sevizie sulle donne detenute, creando al tempo stesso un ritratto storico veritiero e una riflessione sulla violenza. Rispetto a molti altri film del genere (è a tutti gli effetti un horror del sottogenere rape and revenge) i tempi sono molto più dilatati e la violenza è molto più brutale e realistica. Oltre alla violenza fisica viene mostrata anche la violenza dell'uomo bianco verso le popolazioni indigene. Ma a parte questo non c'è molto altro. Le riflessioni ci sono ma non si sentono. La narrazione non brillando per originalità va via in (scontata) scioltezza. Una certa prolissità, soprattutto nel finale (che avrebbe beneficiato di un buon taglio di forbici), non toglie comunque incisività ad un film, servito fra l'altro da un'intensa recitazione della protagonista, l'italo-irlandese Aisling Franciosi, coraggioso. Per la Kent tuttavia, dopo il precedente molto riuscito, è un netto passo indietro, nonostante questo The Nightingale resti un sufficiente film. Voto: 6

Mi stai ammazzando, Susana (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Commedia messicana che racconta, in modo brillante anche se con un ritmo piuttosto discontinuo, un rapporto matrimoniale reso fragile dall'infantile maschilismo di lui, attore di second'ordine di telenovelas, incapace di comprendere la voglia di autonomia della moglie, scrittrice agli esordi. Un viaggio di crescita, divertente e doloroso, film ambiguo nella sua essenza che, nonostante tutto, si fa vedere. E a rendere piacevole la visione è soprattutto Gael García Bernal, che riesce a dare spessore al personaggio di Eligio. L'attore comunica con il suo corpo i sentimenti e lo stato d'animo del protagonista, poco evidenziati da una sceneggiatura che non riesce a conferire giusta rilevanza ai dialoghi. Il film di Roberto Sneider (adattamento del romanzo del 1982 intitolato Ciudades DesiertasCittà deserte, scritto dall'autore messicano José Agustín) è una dramedy piacevole, ma che non riesce ad entrare nella profondità dei sentimenti. Tuttavia, l'affiatamento tra i due protagonisti (ad affiancarlo una presenza femminile di tutto rispetto, della sempre sensualissima Verónica Echegui), l'originalità del soggetto, riescono in parte a sopperire, nel complesso apprezzabile. Voto: 6

The Cave - Acqua alla gola (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Resoconto semi-documentaristico dell'incidente di Tham Luang del 2018, in cui dodici ragazzini e un adulto, rimasti intrappolati in una grotta allagata, furono tratti in salvo dopo più di due settimane. E se il regista ha documentato in maniera pedissequa la reale disavventura dei ragazzini thailandesi e del loro allenatore imbecille, allora il film merita la sufficienza poiché mette a nudo i tanti difetti del governo autoctono, imbrigliato nella burocrazia più assurda, tanto da mettere ancora più in difficoltà soccorritori e vittime. Se, invece, Tom Waller si è preso delle libertà nel romanzare l'accaduto, il giudizio cambia e da positivo diventa negativo. Sono diverse, infatti, le scene che non mi hanno convinto del tutto, perlopiù riguardanti il contorno creatosi all'esterno delle grotte, anche se di breve durata. Mentre la parte più tensiva, inerente al salvataggio dei ragazzini, riesce a trasmettere delle sensazioni interessanti che coinvolgono lo spettatore in maniera sincera. A differenza di The 33, in The Cave non ci sono attori di fama internazionale (il subacqueo Jim Warny interpreta se stesso), ed è certamente un merito, trasmettendo così una forte carica di realismo, il doppiaggio fortunatamente limitato, a conti fatti riuscito. Voto: 6

Non odiare (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Il soggetto (che traeva spunto da un fatto di cronaca avvenuto in Germania) era molto accattivante: un medico di origini ebraiche che rinuncia a soccorrere un uomo di fede neonazista. Così come lo sviluppo legato al senso di colpa poteva portare a una serie di accadimenti di un certo rilievo. La verità è che il film si sgonfia su se stesso, chiudendosi in quei silenzi che voleva narrare ma che alla fine non portano quasi da nessuna parte. Nonostante siano evidenti il peso delle azioni e le loro conseguenze, i personaggi sembrano essere tutti in grado di avere una seconda possibilità. Al film manca la benzina proprio quando doveva accelerare. L'attrazione tra la Sara Serraiocco e Alessandro Gassman (che comunque le loro interpretazioni l'unica cosa buona) mi è parsa una inutile forzatura (tanto per ravvivare il film alquanto noioso). Un po' monocorde nei toni, elusivo nei temi, nelle problematiche, un'elusività che sa d'incompiutezza. Esordio dai nobilissimi intenti per Mauro Mancini, che tuttavia firma un film che è didascalico e prevedibile in ogni dettaglio, e che gli è riuscito a metà. Voto: 5

The Keeper - La leggenda di un portiere (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Bel film che presenta la biografia (parabola sportiva ed umana) di Bert Trautmann (interpretato da David Kross), leggendario portiere tedesco del Manchester City (dapprima prigioniero di guerra, alla fine della seconda guerra mondiale, e successivamente estremo difensore della porta dei Citizen inglesi). Una narrazione avvincente e soprattutto veritiera in cui si analizzano le nefandezze belliche salvo poi esaltare le imprese sportive del protagonista minato anche da un grave lutto familiare. Non sempre un film sul calcio riesce a rendere bene l'idea, ma questo appare notevole (anche se non s'impegna tanto). Una pellicola senz'altro riuscita, soprattutto nella prima parte (quella dell'iniziale prigionia del protagonista e della sua difficile integrazione). La seconda metà è più lenta e meno incisiva, ma questo non intacca la bontà di un'opera interessante sotto molti punti di vista e apprezzabile da un vasto pubblico (in particolare dagli amanti dello sport e dagli appassionati di storia). Nel complesso un biopic senza infamia e senza lode. Voto: 6

Guida romantica a posti perduti (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Un'occasione sprecata, specie se hai disposizione nel cast attori come Clive Owen e Jasmine Trinca. Un road movie che sembra il genere perfetto per sviluppare ed evolvere questi due personaggi, ma le situazioni procedono per accumulo senza che venga a crearsi una vera e propria sintonia tra i due caratteri che evolvono molto meno di quello che potrebbero fare, perlomeno a livello potenziale. Un film sbagliato (capisco i luoghi perduti ma il romanticismo è totalmente campato in aria) di una regista (Giorgia Farina) che aveva fatto intravedere lavori (poco) migliori di questo come Amiche da morire o Ho ucciso Napoleone. In questo caso è la noia che lentamente e gradualmente sale fino alla fine. Eppure il film ha i suoi bei momenti, con comprimari come la brava Irene Jacob che qui interpreta la moglie di Owen. Non così brutto come pare, ma si poteva e si doveva fare di più. Voto: 5+

Fantasy Island (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - La Blumhouse Productions (quella di Jason Blum) fa un reimagining della serie televisiva Fantasilandia virando l'idea originale nel proprio stile, si resta quindi perennemente in bilico tra commedia (l'inizio), mystery (il build-up) e thriller/horror dai toni sci-fi (tutta la seconda ora di film), nella suggestiva cornice delle isole Fiji. A parte Michael Peña, cast insopportabile (si presume scelto apposta), fotografia brillante, buon ritmo e qualche riflessione sull'impossibilità di cambiare il corso del destino. I troppi twist nel finale risultano un po' forzati e la durata è eccessiva, però non male. Perché certo, troppi personaggi e troppe storie sgradite, perché certo, è una fusione di generi che, non funziona o funziona a tratti (e in tal senso peccato non avere sfruttato il potenziale nel migliore dei modi), ma almeno (al contrario di altre peggio fesserie) ci si diverte ed è piacevole a vedersi, magari sorseggiando un cocktail (tropicale). Per il regista Jeff Wadlow tuttavia passo indietro da Obbligo o verità, piccolo passo in avanti da Bloodshot, dov'era sceneggiatore. Voto: 5,5

Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo (2012)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Del regista giapponese Mamoru Hosoda ho già visto La ragazza che saltava nel tempo e mi era piaciuto molto, ho visto anche Summer Wars e non mi era troppo dispiaciuto, anzi, ma questo Wolf children non mi ha entusiasmato. Tecnicamente è fatto molto bene, sia per i disegni sia per i colori, ma la storia (una metafora sulla vita) poteva essere migliore. La storia di questa famiglia "strana", non è male, l'ho trovata interessante e carina, ma a tratti noiosetta, ci sono troppi tempi lenti, e la durata non aiuta di certo. Ammetto che ho fatto fatica a finirlo. Mi dispiace dire così perché io amo gli anime giapponesi, sia tecnicamente, sia per le storie molto particolari, o anche semplici, che in mano loro diventano quasi dei capolavori, ma in questo Wolf children si poteva fare di meglio (comunque non è un brutto cartone, mi è piaciuto abbastanza ma non mi ha soddisfatto al 100%). Mi è piaciuta di più la prima parte del cartone, poi la seconda l'ho trovata senza mordente e un po' tirata per le lunghe, cioè mi aspettavo un qualcosa che poi non è mai arrivato. Mi è piaciuto abbastanza ma non tanto da dargli un voto più alto. Wolf children è un film semplice e dalla trama lineare, che parla dell'amore universale, della crescita e dell'accettazione di sè, che tratta il tema della "diversità" in maniera delicata e non stereotipata, bello ma non un capolavoro. Voto: 6,5

Amore a seconda vista (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Ingegnosa pellicola romantica sull'importanza di non perdere i veri affetti nella quale il protagonista si ritrova improvvisamente a vivere in una realtà parallela (nella quale sua moglie è la fidanzata di un altro). L'idea del soggetto sa di vecchio ma lo sviluppo che ne segue è abbastanza gradevole, grazie anche all'alchimia tra i due protagonisti che riescono a rendersi simpatici agli occhi dello spettatore (tra François Civil, già nel bellissimo Someone Somewhere, e la deliziosa Joséphine Japy) e alle piacevoli dinamiche che si dipanano in corso d'opera. Il difetto più evidente è la durata che appare forse un po' eccessiva, ma non è un ostacolo insormontabile, e comunque non ci si annoia, giacché la sceneggiatura è solida e scorrevole, il cast ben scelto e non manca quel pizzico di umorismo che alleggerisce i toni (da segnalare inoltre l'azzeccato finale). Non un capolavoro della commedia sentimentale questa diretta da Hugo Gélin (all'attivo anche Famiglia all'improvviso - Istruzioni non incluse) ma abbastanza riuscita da meritare una considerazione positiva (nonostante i pochi veri sforzi di fantasia). Niente di nuovo certo, prevedibile nei suoi sviluppi (gag comprese), ma raccontato bene e la visione risulta piacevole. Voto: 6+

The Secret - Le verità nascoste (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Anche se non proprio inedita, la tematica è interessante perché stuzzica riflessioni importanti sul labile confine tra vittime e carnefici, e tra vendetta e giustizia. Anche la tensione è quella giusta, ma purtroppo il film (che presenta delle dinamiche abbastanza scontate e si regge molto sull'interpretazione degli attori, ma se la Noomi Rapace riesce in qualche modo a reggere bene il suo ruolo, gli altri sembrano o incompleti oppure non utilizzati al loro meglio) si arena proprio sul traguardo, culminando in un epilogo insoddisfacente e frettoloso, molto vendicativo e anche molto americano, nel senso più negativo del termine. La regia (di Yuval Adler) cerca sempre di non dare approcci a delle solide certezze, instilla il dubbio ogni volta che si presenta l'occasione, ma è proprio uno dei personaggi cardine del film, quello intermedio tra vittima e carnefice che nel twist finale ha un colpo d'ala sorprendente ma francamente fuori contesto, per come si erano sviluppate tali dinamiche. Assolutamente guardabile (anche per la natura del soggetto che pone inevitabilmente pesanti interrogativi morali), ma le premesse lasciavano presagire un risultato ancora migliore. Voto: 5,5

Fino all'ultimo indizio (2021)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Non mi ha convinto del tutto, un noir che sembra non decollare e appassionare mai, nonostante le buone premesse, date dal cast, dal nome in regia, e dal resto. Una trama intricata e che richiama nemmeno troppo velatamente il (ben migliore) Se7en di David Fincher. Poliziesco d'altri tempi che scava sotto la polvere dei ricordi e degli errori personali per trattare i classici temi del dovere e della colpa. Bella confezione ma personaggi abbastanza stereotipati: Rami Malek è (purtroppo) fuori parte, Denzel Washington resta (stranamente) a galla grazie al suo carisma. L'unico che si salva è l'ambiguo (fino alla fine ed all'ultimo indizio) Jared Leto. Passi indietro nella filmografia di un buon regista come John Lee Hancock (si ricordi di The Founder) che fidandosi troppo di un cast importante si limita a fare il compitino mostrando la solita storia della caccia al killer psicopatico. I rimandi al film di cui sopra sono palesi, anche per come finisce il film. Ecco forse il lato migliore della pellicola sta proprio nella sua parte finale, forse un po' diversa dal solito (non necessariamente in positivo), ma fino a quel momento più di un'ora di film con il pilota automatico. Perché sì, thriller psicologico che lascia incollati alla poltrona ma che purtroppo sa di minestra sapientemente riscaldata. Non lo butterei comunque, però difficilmente rivedrei. Voto: 5,5

La vita straordinaria di David Copperfield (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/09/2021 Qui - Il romanzo di Charles Dickens non l'ho letto perciò evito di fare paragoni. Il film è piuttosto particolare, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, tra il grottesco e il surreale, ed è in possesso di un ritmo narrativo discreto, una confezione particolareggiata nell'esporre colori, suoni ed emozioni ma anche leggermente pesante in alcuni passaggi che stentano a coinvolgere degnamente. Altalenante, c'è del buono e del meno buono (alcuni momenti British insopportabili ed altri invece geniali), ma sinceramente di "straordinario" c'è ben poco, nella pellicola e nella storia di questo personaggio ingenuamente pittoresco. Il film dura un due orette, si fa seguire volentieri ma manca di qualcosa, non bene definibile, forse omogeneità? Disavventure decisamente troppo episodiche. Perché okay, va certamente riconosciuto ad Armando Iannucci (di cui Morto Stalin, se ne fa un altro apprezzai particolarmente) di non essersi limitato all'ennesima riproposizione di un classico vittoriano tanto corretta quanto anonima: la sua è infatti una commedia brillante dai toni favolistici che smussa gli aspetti drammatici e punta molto sull'eccentricità di alcuni personaggi, se a questa impostazione si aggiunge l'incongrua multi-etnicità del cast, l'impressione è quella di trovarsi di fronte ad un Favoloso mondo di David ultra-politicamente corretto, approccio sicuramente originale, ma può lasciare più perplessi che affascinati, ed è quello che è successo a me. Il film è comunque fatto molto bene, benissimo ambientato, con un cast di livello e in ottima forma (dal protagonista Dev Patel, alla zia Tilda Swinton, a Hugh Laurie e così via), non è però un film che rivedrei volentieri. Voto: 6

giovedì 9 settembre 2021

Deliria (1987)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Debutto alla regia di Michele Soavi, dopo le comparsate in vari film di genere di Dario ArgentoLamberto Bava (in Dèmoni per esempio), Joe D'Amato. Buon esordio il suo, con uno dei primi slasher di stampo italiano. Il regista riesce infatti a confezionare una pellicola interessante e sotto alcuni aspetti davvero caratteristica. Trama solida, dinamica buona, fotografia accettabile sono gli elementi positivi di Deliria. I difetti invece sono gli effetti sonori e la musica, essi allontanano in modo quasi strutturato la tensione, attori improvvisati ma in linea di massima "simpatici". Michele Soavi prende indubbiamente diversi spunti da alcune pellicole del (suo) Maestro Argento, difatti sono evidenti diversi richiami, ma comunque in linea di massima egli riesce a farsi "rispettare" presentando un prodotto accattivante e davvero crudo, dopotutto in questa pellicola lo splatter/slasher è padrone, da notare, sottolineare la crudeltà, il cinismo del Killer che si "sbarazza" facilmente delle sue prede. L'inizio della pellicola è buono, il regista presenta le personalità dei vari protagonisti, i passaggi iniziali ricordano a tratti quelli di "Halloween" pellicola di John Carpenter, ma non la raggiunge in qualità. Come accennato, dinamica ben costruita "incastra" beffardamente tutti nel teatro. Segue una inevitabile, efferata carneficina, grande lavoro della regia che regala allo spettatore omicidi interessanti, particolari (a volte un po' grotteschi) che accompagnati da una valanga di urli e di "sostanza" rossa deliziano (o disgustano, è pura soggettività) il palato di ogni spettatore. Ben curata anche l'icona del Killer, inoltre il suo "abito" è davvero suggestivo. Il finale è abbastanza teso, la trazione non mancherà, il regista riesce a costruire sequenze mozzafiato e molto movimentate. Ovviamente il (forzato) colpo di scena finale è una grossa stonatura, inoltre il regista dona al suo film una (inopportuna) vena umoristica (occhio al Killer nell'ultimissima scena) che fa abbassare inesorabilmente le quotazioni del film. Deliria è in fin dei conti un prodotto da apprezzare, film che sotto alcuni aspetti segue il solito filone cinematografico anni '80 e pone le basi sul solito "gruppetto" di ragazzi che cercheranno di sopravvivere al maniaco di turno, le musiche quasi rock (Must anni 80) come detto risultano essere banali, film che comunque allo stesso tempo si distingue in buona parte dalla massa grazie ad alcune trovate "fantasiose" che oggigiorno scarseggiano "mostruosamente" nel mondo cinematografico Horror. Voto: 6,5

Cannibal Ferox (1981)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Per smentire la tesi del cannibalismo un'antropologa newyorkese parte per la giungla della Colombia insieme a due ingenui compagni. Sul posto incontrano due avventurieri: uno dei due, un sadico cocainomane, dopo aver commesso ogni tipo di violenza, scatenerà l'inevitabile reazione dei selvaggi indios. A distanza di un solo anno dall'uscita di Cannibal Holocaust di Ruggero DeodatoUmberto Lenzi, anche sceneggiatore (nonché padre cinematografico del genere cannibal movie), ne propone una variante alquanto esibizionista e modaiola, una variante che tuttavia non aggiunge praticamente niente di nuovo, che sa di già visto (precedentemente, tra l'altro con due attori nuovamente presenti). Una variante che presenta le efferatezze e le immagini tremende di Cannibal Holocaust ma non ne possiede la profondità, arriva allo stomaco dello spettatore, ma non all'animo (con solo un pizzico di moralità). Un'operazione certamente "limite" e iper-violenta con un primo tempo promettente e agghiacciante che si fa sostituire troppo presto da un intreccio più debole, ripetitivo e incontrollato (c'è in mezzo un po' di poliziesco, ma in una pellicola come questa ha ben poco senso). Le sequenze di sangue possono anche regalare qualche fremito, il problema è che il film in sé, sia di un'insensatezza sconfortante. Violenza sempre esplicita e tendenzialmente gratuita: crani scoperchiati con "sashimi" di cervello umano fresco, donne agganciate per i seni, evirazioni (quella dell'avventuriero Mike è però molto ridicola), piranha affamati, atrocità sugli animali (queste ultime si potevano risparmiare) e chi più ne ha più ne metta: è un film che ha il pregio di funzionare forse più come provocazione che per tutto il resto. Certo però che l'ultima sequenza della laurea (e lo sguardo catatonico della protagonista Lorraine De Selle sopravvissuta) qualche brivido lo dà (per la stronzaggine sia chiaro). Voto: 6

Zeder (1983)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Pollice "medio" per il secondo horror padano di Pupi Avati, dopo il folgorante esordio de La casa dalle finestre che ridono. Quasi impossibile evitare il paragone: Zeder è molto probabilmente una spanna sotto al precedente lavoro, ma mantiene lo stesso fascino per quanto riguarda le originali ambientazioni per degli horror e la trama intrigante, tuttavia pagando pegno anche stavolta per la lentezza. Se infatti da una parte rimangono intatte l'atmosfera e il senso di angoscia, dall'altra vengono meno la solidità della trama (poco più che un canovaccio) e la lucida analisi dei personaggi. Le invitanti premesse vengono difatti vanificate da uno sviluppo narrativo alquanto "scontato", e i pochi momenti degni di menzione (l'incipit, il risveglio di don Luigi Costa) vengono penalizzati da un incedere eccessivamente lento e farraginoso. I protagonisti poi, sempre appesi sul filo di una "perversa" ambiguità, avrebbero potuto ricevere un trattamento migliore in sede di sceneggiatura (stavolta Maurizio Costanzo non "morde"), risultando a volte bidimensionali e alquanto stereotipati. Il bravo Gabriele Lavia interpreta Stefano, giovane scrittore bolognese incuriosito dalla traccia lasciata sulla bobina della macchina da scrivere regalatagli dalla moglie, vi si parla di un fantomatico terreno K, in grado di ridare la vita alle persone che vi sono sepolte, terreno riconducibile ad una zona di necropoli di Rimini dove una società francese sta costruendo un albergo. Esattamente come il restauratore de La casa dalle finestre che ridono, Stefano si appassiona fin troppo alla vicenda, scoprendo verità nascoste dietro una torbidezza d'animo generale e mettendo a repentaglio la vita propria e della moglie. Gli effetti speciali e orrorifici sono quasi del tutto assenti, Zeder è senz'altro un buon film che punta sulle atmosfere e sulla tensione in crescendo, regalando anche qualche discreto momento di spavento. Tuttavia nella "metaforica" massa Zeder non brilla certamente, ma si mantiene vivo a spallate. Ultime note, musiche efficaci ma un po' invadenti di Riz Ortolani, curiose analogie col libro (successivo) di Stephen King "Pet Sematary" da cui verrà tratto nell'89 il buonissimo film omonimo. Voto: 6

Dèmoni (1985)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Se non fosse per l'ultima mezz'ora Dèmoni sarebbe un pregevole splatter-movie, realizzato con mestiere e ben elaborato. La pellicola infatti comincia nel migliore dei modi, grazie ad una trama semplice e diretta, che pur non priva di ingenuità e frivolezze, si lascia seguire con entusiasmo (idea interessante sul cinema come luogo dove si compie la maledizione). Lamberto Bava ce la mette tutta dietro la macchina da presa, non è certo ai livelli del leggendario padre Mario (recentemente ho visto Gli orrori del castello di Norimberga), che tra l'altro cita con un chiaro omaggio a La maschera del demonio, ma non delude, forse aiutato anche da Dario Argento. Questi, accreditato come produttore e sceneggiatore, diresse probabilmente in prima persona alcune sequenze. Impossibile inoltre non notare in svariate scene l'utilizzo di luci e colori caratteristico della filmografia Argentiana. Il crescendo orrorifico è ben studiato, nulla di innovativo intendiamoci, ma la tensione regge anche quando il film entra nel vivo dell'azione. Gli effetti speciali sono di buon livello, come anche la colonna sonora, seppur questa, affidata ai Goblin ed a pezzi di note band hard rock, un po' stona (le orecchie). Il cast svolge il compito attestandosi sulla media di queste produzioni. Costituito da volti più o meno noti annovera, tra gli altri, il regista Michele Soavi e Natasha Hovey, starlette lanciata da Carlo Verdone, apparentemente destinata ad una magnifica carriera ed invece scomparsa ben presto nell'anonimato. L'ultima parte però è improponibile, si boccheggia alla ricerca di soluzioni shockanti per chiudere in bellezza ed invece si scade in ridicolaggini di bassa lega. L'elicottero che si schianta all'interno del cinema, il protagonista che katana alla mano e moto sotto le chiappe affetta demoni a tutto spiano sono invenzioni fin troppo grottesche per poter essere considerate riuscite. Anche il finale è scontato, troppe analogie con i canonici zombie-movie e colpo di scena finale per nulla sconvolgente. A conti fatti non riuscitissimo, ma piuttosto divertente. Voto: 6

...e tu vivrai nel terrore! - L'aldilà (1981)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - A detta di molti il capolavoro di Lucio Fulci, ma dato che questo è solo il suo secondo film che vedo (il primo è stato Una lucertola con la pelle di donna), non posso dire niente. Di certo è ingenuo e carente in tantissime sue componenti, però è anche vero che delle scelte splatter da un lato "artigianale" sono ben fatte, così anche dei guizzi registici. Egli con L'aldilà raggiunse infatti un notevole livello artistico, con un prodotto altamente disturbante (soprattutto per l'epoca), realizzato in maniera artigianale ma dotato di uno spirito macabro non indifferente. Nonostante una sceneggiatura (appunto) piuttosto scadente e a tratti pasticciata, il regista romano riuscì difatti lo stesso a dare vita ad una pellicola morbosamente affascinante, riuscendo a donare alla sua opera uno stampo quasi onirico che appare evidente nel finale angosciante e disperato, di una potenza visiva inimmaginabile, un finale così tanto leggendario da essere stato spesso omaggiato, anche recentemente (vedasi The Void - Il vuoto). Il film presenta incubi d'ogni sorta partoriti dalle porte dell'inferno ed ovviamente abbonda in scene cruente e parecchio sanguinarie rese molto verosimili dagli ottimi effetti speciali. Bellissime alcune sequenze ed alcune inquadrature, impreziosite dagli eccellenti movimenti della macchina da presa, ottima la scena iniziale realizzata con un angosciante color seppia e tutta giocata su chiaro-scuri decisamente azzeccati, indimenticabili la maggior parte degli omicidi sui quali svettano per crudeltà quello iniziale del pittore, seguito da quello del malcapitato Michele Mirabella immobilizzato e alla mercé di tarantole carnivore. Buona la colonna sonora e le ambientazioni, peccato perché una trama meno approssimativa avrebbe fatto de L'aldilà non solo un opera di culto ma un vero capolavoro del brivido. Però tutto sommato un bel horror. Voto: 7

Cannibal Holocaust (1980)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Nel 1980 Ruggero Deodato partoriva questo film destinato a diventare una perla del genere cannibal e a generare delle polemiche per le vere scene di violenza a discapito di animali realmente riprese dal regista. Cannibal Holocaust, le cui vicissitudini post-produttive (tra cui processi, condanne, ritiro delle pellicole dai cinema e successive riabilitazioni, censure in svariati paesi del mondo) lo hanno reso ben più famoso che per le sue doti filmiche intrinseche, ha dalla sua il merito di aver anticipato di circa una ventina d'anni film come The Blair witch Project o Rec, basati sull'idea del Found Footage, cioè del ritrovamento di un (finto) documento filmato, celante storie raccapriccianti. Il film è diretto con mano sicura e buon senso del racconto da parte di Deodato e si avvale anche della bella colonna sonora di Riz Ortolani, dai toni melodiosi, che fa da contrappunto alle immagini, ma spesso eccede in sensazionalismi e sgradevolezze varie, perpetrate nei confronti tanto di animali quanto di essere umani. Omicidi, violenze sui malcapitati di turno che culminano in stupri da parte della spedizione formata da tre uomini e una donna, che, alla fine, verrà ripagata della stessa moneta, in un crescendo fatto di crudo realismo, dove l'occhio di chi guarda è messo a dura prova. Interessanti le trovate della pellicola graffiata e traballante, che suggerisce l'idea dell'effetto realtà e senza infamia e senza lode le tanto criticate prove recitative del cast, mentre la morale secondo cui sono i civili, gli abitanti delle metropoli occidentali ad essere i veri selvaggi e non gli indigeni delle foreste, appare un po' semplicistica e riduttiva rispetto ad un fenomeno così complesso come quello dell'Imperialismo. Ma bisogna dire che l'effetto su chi guarda, per questo e per il resto, è (sempre e comunque) a tratti devastante (a distanza di quarant'anni la pellicola rimane ancora impressionante e capace di far venire i brividi, soprattutto di disgusto, anche agli amanti dello splatter più estremo). Potrà piacere o non piacere, facendo anche ribrezzo, ma ciò che vuol dire è reso con estrema efficacia. Giustamente controverso, un film disturbante, osceno, astutissimo e ben diretto, probabilmente il cannibal movie per eccellenza. Voto: 7

Speciale Cinema Italiano Anni '80

Post pubblicato su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Per come l'avevo concepito, si chiude oggi, al suo secondo giro, lo speciale sul cinema italiano, e dopo quello su gli anni Settanta di maggio scorso, ecco gli anni '80. Anni non esattamente floridi per i nostri, dalla fine degli anni settanta si avvertono infatti i primi sintomi di una crisi che esploderà a metà degli anni ottanta e che si protrarrà, con alti e bassi, fino ai giorni nostri. Tuttavia qualcosa di buono c'è stato (per giunta con qualche exploit clamoroso), una piccola parte c'è pure qui, film di cui alla regia non solo nuove leve troviamo, ma anche alcuni grandi, che in precedenza hanno dato valore alle categorie del thriller e dell'horror, poi divenute successivamente marchio di fabbrica. Però di giallo all'italiana poche tracce, ecco che invece l'horror, peraltro sconfinante nello splatter e nel gore, rimane "vivo", dando vita a diversi sottogeneri, lontani per trame e ambientazioni ma equiparati dalla presenza di effetti grandguignoleschi dal grande impatto emotivo. Suscita interesse internazionale il genere cannibalistico (o cannibal movie), e tanti altri non sfigurano. Addirittura con l'allentarsi dei confini della censura ecco spuntare la commedia sexy all'italiana, che non farà felice la critica ma solo il pubblico, ma questo è un altro discorso, collegandomi a quello appena scritto/detto, vediamo come mi è andata con i film scelti per espletare questo Speciale e conseguentemente la mia Promessa cinematografica in corso.