Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/09/2021 Qui - Per smentire la tesi del cannibalismo un'antropologa newyorkese parte per la giungla della Colombia insieme a due ingenui compagni. Sul posto incontrano due avventurieri: uno dei due, un sadico cocainomane, dopo aver commesso ogni tipo di violenza, scatenerà l'inevitabile reazione dei selvaggi indios. A distanza di un solo anno dall'uscita di Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato, Umberto Lenzi, anche sceneggiatore (nonché padre cinematografico del genere cannibal movie), ne propone una variante alquanto esibizionista e modaiola, una variante che tuttavia non aggiunge praticamente niente di nuovo, che sa di già visto (precedentemente, tra l'altro con due attori nuovamente presenti). Una variante che presenta le efferatezze e le immagini tremende di Cannibal Holocaust ma non ne possiede la profondità, arriva allo stomaco dello spettatore, ma non all'animo (con solo un pizzico di moralità). Un'operazione certamente "limite" e iper-violenta con un primo tempo promettente e agghiacciante che si fa sostituire troppo presto da un intreccio più debole, ripetitivo e incontrollato (c'è in mezzo un po' di poliziesco, ma in una pellicola come questa ha ben poco senso). Le sequenze di sangue possono anche regalare qualche fremito, il problema è che il film in sé, sia di un'insensatezza sconfortante. Violenza sempre esplicita e tendenzialmente gratuita: crani scoperchiati con "sashimi" di cervello umano fresco, donne agganciate per i seni, evirazioni (quella dell'avventuriero Mike è però molto ridicola), piranha affamati, atrocità sugli animali (queste ultime si potevano risparmiare) e chi più ne ha più ne metta: è un film che ha il pregio di funzionare forse più come provocazione che per tutto il resto. Certo però che l'ultima sequenza della laurea (e lo sguardo catatonico della protagonista Lorraine De Selle sopravvissuta) qualche brivido lo dà (per la stronzaggine sia chiaro). Voto: 6
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