lunedì 7 gennaio 2019

Dio esiste e vive a Bruxelles (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/07/2016 Qui - Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau testament) è una surreale, ironica e dissacrante commedia del 2015 diretta dal regista Jaco Van Dormael, bizzarro e fantasioso, come i suoi precedenti lavori e mondi creati nelle sue pellicole (per esempio Mr. Nobody). Qui ancora una volta i protagonisti del suo film non conoscono, non sanno, ignorano e ce lo dimostrano. Ce lo dimostrano dandoci la loro visione della realtà, talvolta così strampalata e assurda ai nostri occhi, da regalarci un sorriso e giustificando il genere del film: commedia. Difatti l'inizio è fulminante e sorprendente, già solo la prima frase "Dio si annoiava, per questo creò Bruxelles" mi ha fatto ridere fragorosamente, creando una sorta di empatia, di identificazione emotiva con la pellicola, anche se di emozionante non c'è quasi niente. Quest'opera inizia come una commedia corrosiva e dissacrante e si sviluppa come un apologo poetico sul senso e la qualità della vita ma anche in qualcosa di assurdo e inaspettato. Nella sfrenata fantasia del regista, Dio vive in un trilocale di Bruxelles, crea il cosmo con alcuni click da un computer che tiene nel suo studio, una immensa stanza piena di fascicoli personali dalle pareti interminabili. Beve birra e fuma come un turco, maltratta e sottomette la moglie (una Dea svagata e impaurita interessata alle pulizie domestiche e al baseball) e la figlia (una ragazzina di dieci anni capace di modesti miracoli che parla di nascosto con il fratello, allontanatosi da casa circa 2000 anni fa, per rincorrere chissà quali ideali). Dio non ama l'umanità, anche se la crea a propria immagine e somiglianza, anzi la detesta e gli piace vederla soffrire. Infarcisce la vita di ognuno di dolori, lutti, perdite, separazioni, crea conflitti religiosi tra le persone per un proprio disegno personale o forse solo per combattere la noia. La figlia Ea ad un certo punto però non ne può più di sottostare alle angherie del padre e decide così di dare una svolta alla sua vita ed a quella del mondo sabotando il lavoro dell'impossibile genitore. Manomette il computer paterno, spedisce a tutti gli umani un sms che contiene la data esatta della loro morte, creando un putiferio di proporzioni planetarie e si mette alla ricerca di sei apostoli che si aggiungeranno ai 12 di Gesù, per scrivere un nuovo testamento 2.0 (da qui il titolo originale "Le Tout Nouveau Testament").
E qui ha inizio un racconto che oscilla disordinatamente tra il grottesco, il surreale, l'onirico, l'iperrealistico, favola, dramma sociale, il tutto supportato da battute pregne di sarcasmo ed altre facili perle di saggezza degne di un cioccolatino natalizio, in un amalgama che a tratti stordisce in altri annoia mortalmente in quanto ripetitivo e stucchevole, mentre in alcune scene strappa una sana risata. Ma contrariamente a ciò che queste note farebbero supporre, non ci troviamo davanti a una commedia demenziale, ne a un'opera antireligiosa. Il film di Van Dormael, anzi, sviluppa una spiritualità immanente alla vita. Ea, parlando con uno dei suoi nuovi sei apostoli, dice "Dopo la morte non c'è nulla. Il Paradiso è ora, su questa terra". La ricerca della felicità, della realizzazione, del significato passano attraverso la liberazione dalle catene quotidiane che ci opprimono, attraverso atti che ci consentono di accedere ai nostri desideri autentici. In questo modo, i sei apostoli si mettono alla ricerca di traguardi veri, abbandonano le consuetudini fondate su rapporti di convenienza, lavori insensati, vite mediocri capaci solo di replicare perdita e assenza. "Le Tout Nouveau Testament" narra queste vicende con leggerezza e un pizzico di poesia, strappa il sorriso, fa ridere e, allo stesso tempo, riflettere. Lo fa con un impianto che coniuga la commedia stralunata con folgorazioni improvvise, un incipit dissacrante con uno sviluppo attento alla tenerezza, invenzioni originali e il gusto dello sberleffo. E di questi tempi, non mi sembra affatto poco. Ci sono molte idee, un immaginario spumeggiante e molto da ridere in questa pellicola, il credere che la fila adiacente alla nostra sia la più veloce, il sentir bisogno di dormire ancora un po' ogni mattina, il puntuale squillo del telefono quando entriamo nella vasca. Queste sono tutte rappresentazioni della "superstizione del piccione" già affrontate in Mr. Nobody.
Il passo avanti in questo film è però il consiglio che ci dà il regista, ossia quello di accettare l'idea che la sfiga di un Dio malefico che ha creato le leggi "della sfortuna" non esista, ma che tutte queste creazioni pessimiste sono generate dal modo sbagliato di vedere e sentire le cose. Da questo concetto si passa al prossimo: la concezione del buon vivere. Nessuno al mondo è nato con coscienza di sé o del suo percorso e soprattutto nessuno è uguale all'altro. Ea, la figlia di Dio, non conosce il senso ed il significato di tante cose (non ha mai mangiato una mela, simbolo della conoscenza), ma allo stesso tempo è capace, poiché bimba, di vedere nel cuore delle persone ed effettuare una ribellione spirituale pura e libera, come solo una ribellione di un bimbo può essere. Il film, quindi, finisce con il tradursi in una ribellione contro dogmi e pensieri che possono essere stravolti da qualsiasi mente libera capace di creare una nuova versione della realtà. Si trasforma tutto all'improvviso in una rivoluzione del vivere, le cui radici risiedono nel bisogno di un pensiero libero e nella comprensione del prossimo e del suo punto di vista. Il vero spunto generatore si rivela però essere la diffusione su scala mondiale delle date di scadenza degli esseri umani (fatto che, sbraita l'Altissimo, gli toglie lo strumento con cui "tenerli per le palle"). Ci è sempre stato detto che non conoscere il giorno della nostra morte ci aiuta a vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. E se fosse anche questa una balla? se invece conoscere il giorno della nostra morte ci aiutasse maggiormente a vivere una vita straordinaria? Chi ce lo dice? nessuno. "tutto potrebbe essere completamente diverso ed avrebbe comunque senso". Tutto può essere! Ma in questo cambiamento di prospettiva i nuovi apostoli, più che riportare vita e parole di una profetessa, saranno chiamati ad essere loro stessi profeti, imparando grazie ad Ea a conoscere se stessi, ascoltarsi e a dar senso al tempo che rimane. Dalle loro esperienze nasceranno i passi di un testamento tutto nuovo fatto a misura d'uomo.
La macchina comico-immaginifica di Van Dormael procede sicura e produttiva. Sfoggia dapprima tutti i paradossi che si generano dal cercare di evitare una morte scritta o dal voler sfidare la morte quando non è il tuo momento (qui c'è spazio per del bell'umorismo nero) e in seconda battuta punta su degli improbabili apostoli, sulle loro vite e sulla bizzarria dei loro desideri più profondi. La storia conserva una forza creativa che non manca di produrre diverse trovate visive (l'uomo guidato dallo stormo d'uccelli, i polli al cinema, il cielo...) e momenti più intimi e sentiti affidati alla divina ingenuità di Ea (il suo amare l'odore forte e composito del suo accompagnatore/barbone/scrivano, la capacità di sentire la musica interiore delle persone...e non in senso figurato), o affidati al viaggio verso la piena realizzazione degli apostoli, viaggio costellato di ricordi e di esperienze sensoriali e sensuali. Comunque nonostante il tema interessante alla pellicola viene messa troppa carne al fuoco, come si dice, e qualche pezzo risulta bruciato mentre altri poco cotti. Non è ben chiaro dove il regista voglia andare a parare alla fine, è stato un tentativo di metterci in guardia da uno stile di vita super tecnologico o semplicemente trasmettere il caro vecchio messaggio di vivere ogni giorno come fosse l'ultimo? Forse tutte e due o uno solo, su tutto però una cosa è certa, la sua convinzione che tutto il mondo sia diretto da un Dio è più che salda, sia esso un uomo cinico e maschilista sia una fragile (...ma non troppo...) romantica Signora. Non saremo mai liberi, non saremo mai in grado di gestire la nostra vita, soltanto seguire gli eventi e decidere di conseguenza con però la certezza che ad ogni momento quelle Mani e quella Mente saranno sempre pronte a manovrare le nostre scelte. .magari seguendo un capriccio..in buona o cattiva fede. Ma nonostante ciò in definitiva questo è un lavoro comunque discreto grazie soprattutto ai tre protagonisti principali, un Dio superlativo interpretato da Benoit Poelvoorde, la Madre Jolande Moreau benissimo in parte e la deliziosa Ea, Pili Groyne, secondogenita acuta ed intraprendente. Il finale positivo, colorato, stralunato e decisamente umanistico, risolleva certamente lo spirito ma non ottimamente il film, che sicuramente non è un capolavoro ma un goliardico e divertente film da non perdere. Voto: 7

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