martedì 7 maggio 2019

Life: Non oltrepassare il limite (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/02/2018 Qui - Non strabilierà per originalità, ma Life: Non oltrepassare il limite (Life), che tenta di assolvere al suo compito di mero prodotto ludico, fornendo basi classiche di fanta-thriller già rodate e che fanno una certa presa sul pubblico, si segnala sicuramente come un signor sci-fi horror. Girato con eleganza dallo svedese d'origine cilena Daniel Espinosa, pur essendo l'ennesimo clone di "Alien", questo film del 2017, risulta infatti costruito con invidiabile cura sfociante in un'escalation tensiva a dir poco ottima, concretizzata grazie ad una sceneggiatura che una volta lanciata non ammette attimi di respiro. Giacché questo agghiacciante thriller, ambientato nello spazio e che affronta l'annoso tema della possibilità di trovare altre forme di vita al di fuori della Terra, anche grazie ad un comparto tecnico eccellente (scenografia e ambientazione sono ben curati ed assolutamente realistici), raggiunge, nonostante una trama non solidissima e oltretutto semplice nei contenuti e nello svolgimento (anche se del tutto funzionale), l'obiettivo di diffondere tensione e ritmo fino alla fine. Anche perché la pellicola ci parla di un team di scienziati, guidato dal capitano Kat (Olga Dihovichaya), che a bordo di una stazione spaziale, dopo aver trovato una traccia dell'esistenza della vita su un pianeta ritenuto sino ad allora inospitale, si ritrovano tutti, i dottori Miranda (Rebecca Ferguson) e David (Jake Gyllenhaal), i tecnici Roy (Ryan Reynolds) e Sho (Hiroyuki Sanada), e lo scienziato Hugh (Ariyon Bakare), in una situazione di grande pericolo. La creatura aliena infatti, alla quale viene dato il nome di Calvin, nata da una cellula biologica fossilizzata, fortemente capace di adattarsi all'ambiente circostante (che comincia via via a crescere e a svilupparsi), dopo essersi liberata non darà tregua all'equipaggio, facendo così iniziare un'incubo senza ritorno.
E' chiaro quindi da questa trama e dallo snodarsi dagli eventi, che Life: Non oltrepassare il limite, diretto dal regista del discreto Child 44, un film di genere che ben si inserisce in un filone cui gran parte dei film di fantascienza ci ha abituati, è un film di fantascienza che incrociandosi con il thriller e l'horror, cerca in qualche modo di omaggiare e creare qualcosa di diverso. Nel guardarlo non si può infatti non pensare ad Alien di Ridley Scott o ancora a Solaris di Andrei Tarkovsky, ma, svincolandoci appunto da quella che è la storia senza tanti preamboli, la pellicola di Espinosa mostra sicuramente degli interessanti tratti originali. È vero che affronta temi già visti come la curiosità e la paura per le forme di vita extraterrestri e il desiderio dell'uomo di andare oltre i propri limiti, anche scientifici, vero anche che la trama si articoli secondo cliché di genere noti, inutile poi dire che Gravity e Arrival sono film molto più profondi, ma Life è davvero un bel prodotto di genere, ben fatto e di impatto che riesce a incutere parecchia paura (tenere alla larga i bambini…) e un certo disgusto. Anche perché se c'è una cosa abbastanza originale nel film è proprio e sicuramente l'elaborazione della creatura aliena. Calvin infatti (veloce, spietato, aggredisce gli astronauti soffocandoli con forza smisurata e dissanguandoli), risulta assai diverso da qualsiasi alieno presente nel nostro immaginario filmico.
Anzitutto, e come detto inizialmente, è semplicemente una cellula e, man mano, nel suo moltiplicarsi sino a diventare un organismo pluricellulare, non dimostra un'intelligenza superiore che pianifica scientemente la distruzione di esseri diversi da lui. Ciò che lo rende più forte è la sua grande capacità di adattamento nonché la sua straordinaria attitudine alla sopravvivenza (tanto da resistere a lungo anche nello spazio), cosa che comunque è alla base di qualsiasi catena evolutiva e che non lo rende poi molto diverso da qualsiasi altro essere vivente, ma proprio in questo sta il problema, dato che se una creatura di questo tipo arrivasse sulla Terra, per il genere umano non ci sarebbe speranza. E proprio nel piano escogitato dai superstiti della navicella per sbarazzarsene sta forse la vera sorpresa del film che, scommetto, difficilmente lascerà o ha lasciato indifferenti gli spettatori. Anche quelli con una lunga consuetudine con il genere sci-fi. D'altronde il film, è pensato più per un pubblico di ragazzi non giovanissimi e adulti, in cui in ogni caso il regista dimostra la sua bravura nel dirigere un cast (seppur non brillantissimo e non sempre eccellente) all'altezza. Anche perché una volta tanto i personaggi colpiscono nel segno anziché essere la solita carne da macello, essi difatti vivono mediante descrizioni ottimali (non tutti però), resi credibili (ma non sempre) da dialoghi difficilmente sopra le righe e da situazioni quasi mai richiedenti grosse sospensioni dell'incredulità.
Ottime invece le scenografie, davvero molto curate, e gli effetti speciali. A tal proposito eccezionale è appunto l'aspetto che Espinosa e la sua equipe hanno scelto per l'alieno, ispirandosi ad organismi primordiali, come funghi o mucillagini, lo ha reso una nuova forma di creatura aliena, dalle sembianze ignote agli uomini e mai viste in un film prima d'ora. Infine la scelta di non ambientare la storia nel futuro e di girare l'intero film all'interno di una stazione spaziale, angusta e inospitale, è assai realistica e si rivela estremamente funzionale e contribuisce a conferire alla pellicola un'ulteriore amplificazione di pathos e suspense. Dopotutto questo film claustrofobico, che si svolge tutto all'interno della navicella spaziale, che altresì è un evidente tributo soprattutto al primo Alien, anche se il film di Ridley Scott rimane epocale e ineguagliabile, è costruito sul fascino e, allo stesso tempo, sulla paura che l'ignoto e il contatto con esso esercita sulla psiche umana, aspetto che rende il film coinvolgente ma anche e soprattutto sconvolgente. Certo, manca una colonna sonora degna ed un po' di dietrologia scientifica ben pensata, senza dimenticare alcune situazioni "imbarazzanti", come la scelta del nome, ma nel complesso il film mi è piaciuto, e tanto. Forse altresì ci voleva un po' più di gore e un finale gestito meglio, anche se lo stesso, che comunque nelle intenzioni vuole essere aperto e beffardo, e che risulta invece intuibile e scarsamente fascinoso, l'ho apprezzato ugualmente, dato che fa scorrere qualche brivido sulla schiena.
Quindi Life: Non oltrepassare il limite (consigliato soprattutto agli estimatori del genere) è un buon film, che rimanda a film epici come Alien, non reggendo il confronto, ma che nel suo piccolo fa il suo dovere, trasmettendo un buona tensione allo spettatore, con scene ben fatte e una parte recitativa ottima dove il migliore è ovviamente Jake Gyllenhaal. Anche perché in conclusione, se per voi innovazione e originalità sono requisiti primari per la scelta dei film da vedere probabilmente Life non fa al caso vostro. Se invece il cinema di genere riuscite a gustarvelo anche nella versione "variazione sul tema" allora è lecito pensare che pensare che questo solido fanta-horror non vi deluderà. Pur nella sua palese semplicità il film offre infatti qualche spunto di riflessione sulla potenziale pericolosità del venire a contatto con forme di vita extraterrestri e la necessità di rigidi meccanismi di protezione per evitare contaminazioni biologiche dagli effetti imprevedibili. Ma lo scopo è chiaramente quello dell'intrattenimento ad alta suspense, e la progressiva trasformazione dei tunnel della ISS in un labirintico castello degli orrori a gravità zero è inquietante e orrorifica, un incubo spaziale con una buona spruzzata di gore e che riserva anche un colpo di scena finale servito a dovere. Insomma roba riciclata ma di notevole spessore. Voto: 7