sabato 26 gennaio 2019

A gang story (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2016 Qui - A gang story è un poliziesco film francese del 2011, diretto da Olivier Marchal, che ricorrendo a una lunga serie di flashback, racconta la vera storia degli atti criminali commessi dalla Banda dei Lionesi. Edmond Vidal (Gérard Lanvin), per tutti Momon, ha ormai sessant'anni e vive tranquillo insieme alla moglie ma in lui sono ancora vivi i ricordi della sua lunga carriera criminale che lo ha visto, insieme al complice e fratello di vita Serge Suttel (Tchéky Karyo) e alla banda da loro messa in piedi, terrorizzare la Francia dal 1967 al 1974, compiendo più di trentacinque rapine, compresa quella milionaria all'Hotel delle Poste di Strasburgo, fino all'inevitabile e drammatico arresto. Rivivendo quegli attimi, Momon ripensa anche a come tutto ebbe inizio in seguito a uno spiacevole episodio della sua infanzia quando venne prelevato con l'inseparabile Serge dal campo nomadi in cui viveva e condotto in riformatorio per aver rubato delle ciliegie. La loro è un'amicizia indistruttibile che è passata anche attraverso la cattura e la tortura da parte della polizia senza che nessuno dei due cedesse e denunciasse l'altro. Ora che sono passati molti anni Serge è nei guai e ha di nuovo bisogno che il suo amico, ormai benestante e ritirato dalla scena criminale, lo aiuti di nuovo. Questo porterà solo nuova violenza, per tutti, ma scoprirà anche che in passato non tutto andò come aveva sempre creduto. Alternando sapientemente i piani temporali Marchal ci racconta la storia di giovani diventati adulti troppo presto che con la loro stagione di piombo hanno messo le basi per la loro vita futura e allo stesso tempo il suo sguardo malinconico è rivolto a questi gangsters di oggi, con rughe profonde come canyons, volti modificati dal tempo e voci cariche delle migliaia di sigarette fumate. Ma il codice d'onore è intatto.

In realtà pur non trovandoci di fronte a un'idealizzazione del gangster, perché il regista non perde occasione di renderci sgradevoli i protagonisti impedendo di fatto qualsiasi processo identificativo, quello che stupisce è che da questa parte della barricata l'onore è un concetto basilare che non può essere bypassato da subdoli intrighi di bottega. La figura di Momon, recitata in modo straordinario da un intenso Gerard Lanvin, è esemplificativa in questo senso: è un uomo che ha superato le intemperie della vita e che si sta godendo la sua famiglia, la sua vecchiaia, sempre tenendo ben presente che tutto è frutto della sua attività criminale. Però emerge sempre il suo carisma anche se le vecchie abitudini sono dure a morire. Rispettare la legge non ha mai fatto per lui e anche adesso in nome dell'amicizia rischia tutto quello che ha guadagnato con gli anni. Emerge anche per "statura morale" perché non ha mai accettato di trafficare in droga come invece ha fatto il suo amico Suttel. Anche quello è onore. Ma questo film di Marchal è in fondo la storia di un'amicizia virile, di una vita sconquassata dai vizi e dai rischi, un film con i soliti volti giusti (non è una novità per il regista francese) e con la consueta regia avvolgente che ingloba personaggi da tragedia greca. Les Lyonnais (titolo originale) non solo è pieno di voci straordinarie, ma è caratterizzato da un montaggio frenetico e una fotografia dalle tonalità pop nella parte ambientata nel passato, sequenze più lunghe, articolate e complesse per la parte del film ambientata nel presente, con un uso consistente del pianosequenza. Tutto questo permette un'agevole comprensione da parte dello spettatore anche grazie a un casting illuminato. Nonostante il proliferare di nomi e di volti tutti i tasselli vengono rimessi subito nella giusta collocazione. Il film, basato sulle memorie del vero Edmond Vidal, è inoltre un guardarsi indietro alla stagione di piombo francese, riduttivamente però Les Lyonnais può essere visto come un ulteriore capitolo di un Romanzo Criminale made in France. Un film non eccezionale ma gradevole e non 'cattivo', così che "Les Lyonnais" è un film che si beve tutto d'un fiato, ma che poi in fondo rilascia meno endorfina di quanto si potesse auspicare. Con un pizzico di delusione, si lascia comunque senza dubbio vedere. Voto: 6

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