Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/02/2019 Qui - Circa due anni e mezzo fa ne Il Risveglio della Forza, abbiamo visto morire Han Solo, interpretato da Harrison Ford, trapassato dalla spada laser cruciforme del figlio Ben (Kylo Ren). Se nel film diretto da J.J. Abrams il sipario della vita si chiudeva su questo personaggio, con Ron Howard torniamo invece alla scoperta delle sue origini. Solo: A Star Wars Story, film di fantascienza del 2018 diretto appunto da Ron Howard, è infatti una origin story, una di quelle storie che raccontano al pubblico come un personaggio noto è diventato quello che conosciamo (in pratica, il Ritratto dell'Eroe da Giovane), ma è soprattutto parte di un piano commerciale di espansione, iniziato un anno e mezzo fa con il più riuscito Rogue One (che aveva il coraggio di un finale tragico ed eroico), difatti da quando la Disney, dopo il vasto universo Marvel, ha inglobato anche il franchise di Guerre Stellari alias Star Wars, nel dichiarato intento di monetizzare il costosissimo acquisto, ha inaugurato, accanto alla terza trilogia legata alla saga degli Skywalker e ai Jedi, una serie di progetti "collaterali". Progetti in cui se allora i personaggi, a parte qualche cameo, erano sconosciuti, solo tangenzialmente coinvolti nelle vicende principali della saga, qui l'eroe titolare è Han Solo, uno dei tre personaggi principali della trilogia originale, indissolubilmente legato per la prima generazione di spettatori alla faccia da schiaffi di Harrison Ford. In tal senso era un po' giocoforza che del terzetto si andasse ad esplorare il contrabbandiere stellare, quello che nonostante la giovane età poteva dare l'idea di avere un "passato". Peccato che il difficile compito di non far rimpiangere il precedente interprete si posi sulle spalle di Alden Ehernreich (in Ave, Cesare! dei fratelli Coen era l'amabile/irritante cowboy che storpiava ripetutamente le battute di una commedia sofisticata), che non riesce proprio a convincere sia per mimica facciale che per movenze. Peccato soprattutto che, la storia scritta dagli sceneggiatori, ma anche gli altri personaggi di contorno (compresa la prima "fidanzatina" di Han, Qi'ra), si accontentino di sfruttare onesti stereotipi di un genere avventuroso su cui, superata la meraviglia per le belle sequenze di azione e qualche invenzione visiva, pesa un po' la tendenza al didascalico e la vocazione commerciale dell'operazione.
Il risultato è un film come un altro, che non prova emozione di fronte a passaggi che dovrebbero essere iconici e appassionanti, risultando a tratti freddo. Da una parte non si lascia andare all'atmosfera giocosa e brillante di Star Wars, dall'altra ha una trama così didascalica ed elementare che risulta ancor più infantile dei predecessori. In Solo: A Star Wars Story c'è tutto quello che ci dovrebbe essere in un film di puro intrattenimento: azione, inseguimenti, sparatorie, momenti ironici, guerre stellari. Quello che manca, e non è certo una cosa di poco conto, è una storia che appassioni il pubblico e che si regga da sola sulle proprie gambe per tutte le oltre due ore di durata. Il film, infatti, appare frammentato, senza una ben precisa continuità narrativa. Solo: A Star Wars Story è una genesi prevedibile e banale, che non può mirare a fare giustizia al personaggio iconico che racconta. Solo: A Star Wars Story non solo è un film che sbaglia, ma quel che è peggio, lo fa per difetto, per mancanza di ambizione, per meccanicità dell'azione. Solo: A Star Wars Story però, non è un brutto film, anzi, ha dei passaggi interessanti, un discreto ritmo e più in generale un incedere che intrattiene dall'inizio alla fine. Il problema di Solo sta nel suo essere eccessivamente "scolastico", portando su schermo in maniera piuttosto asciutta e consequenziale i vari momenti chiave del film, legandoli tra loro senza quella voglia di osare o proporre qualcosa in grado di catturare la magia del franchise. Manca una vera e propria anima a questo film, qualcosa in grado di folgorare e restare impresso. Tutto scorre in maniera piuttosto timida, vacillando tra momenti action e il comedy in maniera confusa. Gran parte di questi problemi, di un film che racconta di come dopo la caduta della Repubblica, i sistemi sempre più nel caos, a causa dell'impero, danno inizio ad un periodo di oscurantismo nella galassia, sono anche da ricercare all'interno di un cast che tolti forse i personaggi di Lando Calrissian (Donald Glover) e Dryden Vos (Paul Bettany), non riescono mai ad emergere per carisma. Peccato soprattutto per Woody Harrelson e il suo Tobias Beckett, un personaggio molto interessante ma in parte limitato da una sceneggiatura che non riesce a valorizzarlo nel modo corretto, l'impegno da parte dell'attore però si è visto.
Bocciato invece lo Han Solo di Alden Ehrenreich che come già anticipato non riesce proprio a convincere sia per mimica facciale che per movenze. Il suo giovane Han, che nel caos l'unica cosa che vuole è diventare il più grande pilota della galassia e scappare con la ragazza che ama da una società sempre più oppressa dalla malavita, egli che dopo aver tentato la fuga e il rapimento della sua amata, sempre più deciso a liberarla, si arruola, facendo la conoscenza dell'inseparabile amico Chewbecca e di Tobias Beckett (figura di mentore per l'eroe, che gli fornirà gli strumenti in grado di affrontare la sua nuova vita), e che grazie alle sue capacità e alla furbizia, riuscirà a sottrarre il Millenium Falcon al giovane Lando Callrisian, dando inizio al viaggio dell'eroe, entrando in un mondo, dove la fiducia e le sicurezze di quest'ultimo, vengono messe a dura prova, è asettico. Perché colpa o no dello script (che presenta alcune fastidiose forzature che, accanto a colpi di scena comunque ben calibrati, provocano dei climax e dei rovesciamenti troppo repentini), in generale rimane un no abbastanza convinto per il ragazzo. Non sorprende neanche Emilia Clarke nel ruolo della conturbante Qi'ra (peggio andrà a Thandie Newton, senza voto). A livello visivo invece, il titolo mostra dei momenti interessanti sotto l'aspetto della fotografia e delle inquadrature (e qui la mano del regista si sente eccome, regista che piazza comunque due o tre sequenze memorabili, dirette con mestiere e montate con buon ritmo) ma in linea generale, anche in questo caso, ci troviamo davanti ad una serie di momenti che creano il giusto grado di tensione, ma tenendo sempre ben distaccato lo spettatore da quello che sta osservando. Non c'è pathos, drammaticità, esaltazione. La colonna sonora poi, ad opera di John Powell non depone a favore del film, risultando piuttosto anonima nelle nuove sonorità. E a questo punto sono sicuro che vi starete chiedendo "come fai a dire che non sia un completo disastro?". La risposta è piuttosto semplice: c'è intrattenimento. Nei difetti palesi sopra esposti c'è comunque una certa fedeltà all'universo di Star Wars, ma anche una serie di momenti action ben realizzati.
Ci sono soprattutto, l'incontro tra "Chube" e Han o la prima salita a bordo del Millenium, momenti che fanno davvero piacere ai fan (in tal senso se siete tra coloro che sono alla ricerca del passato dell'eroe, sotto questo punto di vista non rimarrete sicuramente delusi). E tuttavia non si può non rimarcare i precedenti difetti nuovamente ora. Proprio perché, sebbene presenti tutti gli ingredienti tradizionali dei grandi cult del passato, Solo: A Star Wars Story è una pellicola riuscita parzialmente, abile ad intrattenere e a divertire ma che non convince: con un buon cast di personaggi secondari e un protagonista a volte altalenante, l'episodio firmato dal comunque sempre grande Ron Howard (che regala comunque allo spettatore un western in salsa intergalattica con una buona dose di umorismo, un film che lascia intravedere qualche possibilità per un capitolo successivo, non tutto appare concluso, anzi, il finale sembra proprio presagire un seguito) è sicuramente piacevole, ma nettamente inferiori ai due capitoli della nuova trilogia (e forse anche a tutti gli altri, sì anche ai primi tre capitoli, quelli che tutti vorrebbero rinnegare). Manca soprattutto l'incombere di un villain iconico come Dart Fener o il fascino esoterico dei Jedi, per rendere la storia memorabile. A Solo: A Star Wars Story manca il salto nel vuoto e la voglia di cavalcare il mito, riducendosi a spettacolo di sequenze mozzafiato (nemmeno troppo originali) e tratteggiando il carattere del suo protagonista in maniera infantile. Come infantile risulta un po' l'intera operazione, ma non per questo meno efficace. Il film, procede spedito verso l'epilogo tra inseguimenti e romanticismi gratuiti senza mai trovare una chiave di lettura personale, ma offrendosi allo spettatore in maniera del tutto sincera. Dalla storia di chi "non sapeva stare alle regole" però, ci si aspettava qualcosa di diverso. La vicenda tenta anche qualche affondo "politico", tra le rivendicazioni dei diritti degli androidi della copilota di Lando, e, nel finale, l'accenno alla lotta appena intrapresa contro la forza combinata di imperiali e di malvagie multinazionali del crimine, ma va detto che l'operazione di critica sociale suona un po' forzata.
E tuttavia non un film senz'anima o invenzione, e con il lusso della regia solida di Ron Howard (subentrato ai precedenti registi a lavorazione iniziata) e di un cast di contorno che sfoggia i soliti ottimi comprimari, ma di certo una pellicola meno ispirata e sorprendente di Rogue One. In Solo: A Star Wars Story manca un elemento importante: l'approfondimento, la trama e le storie dei personaggi presenti non vengono approfonditi. È già tanto che qualcosa si intuisca da certi sguardi, soprattutto per quanto riguarda le relazioni tra i protagonisti della storia. Una storia prevedibile sotto molti punti di vista, a partire da quelli che dovrebbero rappresentare i veri colpi di scena della pellicola. Ma il regista non riesce nell'intento di colpire il pubblico. Non riesce a renderlo partecipe e a far sì che si emozioni neppure durante le scene d'azione, che dovrebbero essere invece il centro d'interesse. In Solo: A Star Wars Story non mancano le scene toccanti, anche se, appunto, non toccano le corde più profonde del pubblico, che in determinati momenti vorrebbe provare empatia per i personaggi coinvolti in alcune dinamiche, ma anche provandoci non ci riesce. Per quanto riguarda gli effetti speciali (candidati agli Oscar), non sono suggestivi, ma anzi deludono. E tuttavia, se il film viene preso per quello che è: un nuovo sguardo su un universo che amiamo, un buon film d'intrattenimento di Star Wars (il suo mondo, con citazioni e riferimenti all'universo espanso, anche se manca un po' di misticismo oltre che di spade laser, c'è), un film gradevole nel complesso, anche se di ritmo alquanto altalenante (ha un inizio elettrizzante, perde qualcosa in seguito per poi rifarsi nella seconda parte in cui assistiamo alla vera e propria crescita di Han). A conti fatti non è un brutto film ma è comunque (rispetto a tutti gli altri) uno Star Wars sbiadito e impaurito, che non osa e non fa galoppare l'immaginazione. Si può vedere, anche con un certo piacere, ma ci vuole ben altro per continuare ad alimentare il mito di Han, Leia e Luke. Infatti il film non rispecchia le alte aspettative di chi le vere emozioni le ha provate con "Rogue One" e altri film della saga, ed è un peccato, perché di molto meglio fare si poteva. Voto: 5,5
Il risultato è un film come un altro, che non prova emozione di fronte a passaggi che dovrebbero essere iconici e appassionanti, risultando a tratti freddo. Da una parte non si lascia andare all'atmosfera giocosa e brillante di Star Wars, dall'altra ha una trama così didascalica ed elementare che risulta ancor più infantile dei predecessori. In Solo: A Star Wars Story c'è tutto quello che ci dovrebbe essere in un film di puro intrattenimento: azione, inseguimenti, sparatorie, momenti ironici, guerre stellari. Quello che manca, e non è certo una cosa di poco conto, è una storia che appassioni il pubblico e che si regga da sola sulle proprie gambe per tutte le oltre due ore di durata. Il film, infatti, appare frammentato, senza una ben precisa continuità narrativa. Solo: A Star Wars Story è una genesi prevedibile e banale, che non può mirare a fare giustizia al personaggio iconico che racconta. Solo: A Star Wars Story non solo è un film che sbaglia, ma quel che è peggio, lo fa per difetto, per mancanza di ambizione, per meccanicità dell'azione. Solo: A Star Wars Story però, non è un brutto film, anzi, ha dei passaggi interessanti, un discreto ritmo e più in generale un incedere che intrattiene dall'inizio alla fine. Il problema di Solo sta nel suo essere eccessivamente "scolastico", portando su schermo in maniera piuttosto asciutta e consequenziale i vari momenti chiave del film, legandoli tra loro senza quella voglia di osare o proporre qualcosa in grado di catturare la magia del franchise. Manca una vera e propria anima a questo film, qualcosa in grado di folgorare e restare impresso. Tutto scorre in maniera piuttosto timida, vacillando tra momenti action e il comedy in maniera confusa. Gran parte di questi problemi, di un film che racconta di come dopo la caduta della Repubblica, i sistemi sempre più nel caos, a causa dell'impero, danno inizio ad un periodo di oscurantismo nella galassia, sono anche da ricercare all'interno di un cast che tolti forse i personaggi di Lando Calrissian (Donald Glover) e Dryden Vos (Paul Bettany), non riescono mai ad emergere per carisma. Peccato soprattutto per Woody Harrelson e il suo Tobias Beckett, un personaggio molto interessante ma in parte limitato da una sceneggiatura che non riesce a valorizzarlo nel modo corretto, l'impegno da parte dell'attore però si è visto.
Bocciato invece lo Han Solo di Alden Ehrenreich che come già anticipato non riesce proprio a convincere sia per mimica facciale che per movenze. Il suo giovane Han, che nel caos l'unica cosa che vuole è diventare il più grande pilota della galassia e scappare con la ragazza che ama da una società sempre più oppressa dalla malavita, egli che dopo aver tentato la fuga e il rapimento della sua amata, sempre più deciso a liberarla, si arruola, facendo la conoscenza dell'inseparabile amico Chewbecca e di Tobias Beckett (figura di mentore per l'eroe, che gli fornirà gli strumenti in grado di affrontare la sua nuova vita), e che grazie alle sue capacità e alla furbizia, riuscirà a sottrarre il Millenium Falcon al giovane Lando Callrisian, dando inizio al viaggio dell'eroe, entrando in un mondo, dove la fiducia e le sicurezze di quest'ultimo, vengono messe a dura prova, è asettico. Perché colpa o no dello script (che presenta alcune fastidiose forzature che, accanto a colpi di scena comunque ben calibrati, provocano dei climax e dei rovesciamenti troppo repentini), in generale rimane un no abbastanza convinto per il ragazzo. Non sorprende neanche Emilia Clarke nel ruolo della conturbante Qi'ra (peggio andrà a Thandie Newton, senza voto). A livello visivo invece, il titolo mostra dei momenti interessanti sotto l'aspetto della fotografia e delle inquadrature (e qui la mano del regista si sente eccome, regista che piazza comunque due o tre sequenze memorabili, dirette con mestiere e montate con buon ritmo) ma in linea generale, anche in questo caso, ci troviamo davanti ad una serie di momenti che creano il giusto grado di tensione, ma tenendo sempre ben distaccato lo spettatore da quello che sta osservando. Non c'è pathos, drammaticità, esaltazione. La colonna sonora poi, ad opera di John Powell non depone a favore del film, risultando piuttosto anonima nelle nuove sonorità. E a questo punto sono sicuro che vi starete chiedendo "come fai a dire che non sia un completo disastro?". La risposta è piuttosto semplice: c'è intrattenimento. Nei difetti palesi sopra esposti c'è comunque una certa fedeltà all'universo di Star Wars, ma anche una serie di momenti action ben realizzati.
Ci sono soprattutto, l'incontro tra "Chube" e Han o la prima salita a bordo del Millenium, momenti che fanno davvero piacere ai fan (in tal senso se siete tra coloro che sono alla ricerca del passato dell'eroe, sotto questo punto di vista non rimarrete sicuramente delusi). E tuttavia non si può non rimarcare i precedenti difetti nuovamente ora. Proprio perché, sebbene presenti tutti gli ingredienti tradizionali dei grandi cult del passato, Solo: A Star Wars Story è una pellicola riuscita parzialmente, abile ad intrattenere e a divertire ma che non convince: con un buon cast di personaggi secondari e un protagonista a volte altalenante, l'episodio firmato dal comunque sempre grande Ron Howard (che regala comunque allo spettatore un western in salsa intergalattica con una buona dose di umorismo, un film che lascia intravedere qualche possibilità per un capitolo successivo, non tutto appare concluso, anzi, il finale sembra proprio presagire un seguito) è sicuramente piacevole, ma nettamente inferiori ai due capitoli della nuova trilogia (e forse anche a tutti gli altri, sì anche ai primi tre capitoli, quelli che tutti vorrebbero rinnegare). Manca soprattutto l'incombere di un villain iconico come Dart Fener o il fascino esoterico dei Jedi, per rendere la storia memorabile. A Solo: A Star Wars Story manca il salto nel vuoto e la voglia di cavalcare il mito, riducendosi a spettacolo di sequenze mozzafiato (nemmeno troppo originali) e tratteggiando il carattere del suo protagonista in maniera infantile. Come infantile risulta un po' l'intera operazione, ma non per questo meno efficace. Il film, procede spedito verso l'epilogo tra inseguimenti e romanticismi gratuiti senza mai trovare una chiave di lettura personale, ma offrendosi allo spettatore in maniera del tutto sincera. Dalla storia di chi "non sapeva stare alle regole" però, ci si aspettava qualcosa di diverso. La vicenda tenta anche qualche affondo "politico", tra le rivendicazioni dei diritti degli androidi della copilota di Lando, e, nel finale, l'accenno alla lotta appena intrapresa contro la forza combinata di imperiali e di malvagie multinazionali del crimine, ma va detto che l'operazione di critica sociale suona un po' forzata.
E tuttavia non un film senz'anima o invenzione, e con il lusso della regia solida di Ron Howard (subentrato ai precedenti registi a lavorazione iniziata) e di un cast di contorno che sfoggia i soliti ottimi comprimari, ma di certo una pellicola meno ispirata e sorprendente di Rogue One. In Solo: A Star Wars Story manca un elemento importante: l'approfondimento, la trama e le storie dei personaggi presenti non vengono approfonditi. È già tanto che qualcosa si intuisca da certi sguardi, soprattutto per quanto riguarda le relazioni tra i protagonisti della storia. Una storia prevedibile sotto molti punti di vista, a partire da quelli che dovrebbero rappresentare i veri colpi di scena della pellicola. Ma il regista non riesce nell'intento di colpire il pubblico. Non riesce a renderlo partecipe e a far sì che si emozioni neppure durante le scene d'azione, che dovrebbero essere invece il centro d'interesse. In Solo: A Star Wars Story non mancano le scene toccanti, anche se, appunto, non toccano le corde più profonde del pubblico, che in determinati momenti vorrebbe provare empatia per i personaggi coinvolti in alcune dinamiche, ma anche provandoci non ci riesce. Per quanto riguarda gli effetti speciali (candidati agli Oscar), non sono suggestivi, ma anzi deludono. E tuttavia, se il film viene preso per quello che è: un nuovo sguardo su un universo che amiamo, un buon film d'intrattenimento di Star Wars (il suo mondo, con citazioni e riferimenti all'universo espanso, anche se manca un po' di misticismo oltre che di spade laser, c'è), un film gradevole nel complesso, anche se di ritmo alquanto altalenante (ha un inizio elettrizzante, perde qualcosa in seguito per poi rifarsi nella seconda parte in cui assistiamo alla vera e propria crescita di Han). A conti fatti non è un brutto film ma è comunque (rispetto a tutti gli altri) uno Star Wars sbiadito e impaurito, che non osa e non fa galoppare l'immaginazione. Si può vedere, anche con un certo piacere, ma ci vuole ben altro per continuare ad alimentare il mito di Han, Leia e Luke. Infatti il film non rispecchia le alte aspettative di chi le vere emozioni le ha provate con "Rogue One" e altri film della saga, ed è un peccato, perché di molto meglio fare si poteva. Voto: 5,5